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Recupero delle acque reflue: possibile aiuto contro la siccità.

By : Aldo |Settembre 09, 2024 |Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su Recupero delle acque reflue: possibile aiuto contro la siccità.

L’estate del 2024 è stata una delle più calde dell’ultimi anni e non è ancora finita. I problemi di siccità si sono verificati, come purtoppo, in tutti questi anni, con problematiche più o meno accentuate a seconda delle regioni. È ben noto che in Italia siano necessari dei grandi lavori di manutenzione della rete idrica, viste le grandi perdite. D’altra parte, sono ormai chiare a tutti le ripercussioni delle nostre azioni, quindi gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, grazi alla ricerca sembrano esserci delle nuove soluzioni in merito, che includono l’utilizzo delle acque reflue.

Siccità nel mondo

Nell’estate del 2024, l’Italia ha vissuto una situazione critica a causa della siccità, colpendo in modo particolare le regioni meridionali come la Sardegna e la Sicilia. Le ondate di calore estremo, accentuate dai cambiamenti climatici, hanno provocato una drastica riduzione delle precipitazioni, portando a condizioni di siccità molto gravi. Uno studio di World Weather Attribution ha rilevato che il riscaldamento globale ha aumentato del 50% la probabilità di eventi di siccità estrema. Questo determina gravi difficoltà nell’approvvigionamento idrico e causa danni significativi alle colture e agli ecosistemi locali. Molte città hanno introdotto misure di razionamento dell’acqua, mentre il lago di Pergusa, in Sicilia, è quasi scomparso per la prolungata mancanza di pioggia. Secondo gli studi, a livello globale, questa è stata l’estate più calda mai registrata con temperature superiori di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali.

Le acque reflue possono aiutarci

Proprio per tali ragioni, la correlazione tra i problemi di siccità e la gestione delle acque reflue è sempre più evidente. Soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici e riduzione delle risorse idriche. Durante i periodi di siccità, la scarsità di acqua potabile spinge a considerare alternative per il riutilizzo delle acque reflue trattate, che possono essere impiegate per l’irrigazione agricola, il ripristino ambientale e altri usi non potabili. Tuttavia, qeusti processi richiedono infrastrutture adeguate e sistemi avanzati per rimuovere contaminanti e agenti patogeni, garantendo la sicurezza per l’ambiente e la salute umana. Quindi, investire in questo settore, può contribuire a mitigare gli effetti della siccità, ridurre la pressione sulle riserve d’acqua dolce e promuovere una gestione più sostenibile delle risorse idriche globali.  A tal proposito Gradiant, uno spinoff dell’MIT di Boston sembra aver trovato una soluzione.

La tecnologia di Gradiant

Gradiant, uno spin-off del MIT di Boston fondato nel 2013, è un’azienda specializzata nello sviluppo di tecnologie avanzate per il trattamento delle acque. La startup si concentra su soluzioni innovative per la desalinizzazione, il riciclo e il trattamento delle acque industriali, utilizzando tecnologie proprietarie che migliorano l’efficienza e riducono i costi dei processi idrici. Infatti, opera principalmente nel settore ambientale e dell’energia. Più precisamente è specializzata in soluzioni sostenibili per la gestione delle risorse idriche, come il settore petrolifero, del gas, minerario e manifatturiero.

In particolare, la soluzione che prevede l’uso di acque reflue per contrastare la siccità, si rifà a dei sistemi naturali. Il processo innovativo, si basa su un principio simile a quello della formazione della pioggia, in cui il vapore acqueo viene condensato e trasformato in acqua pulita, riducendo così i costi di depurazione del 50%.  Il co-fondatore e direttore tecnico di Gradiant, Prakash Govindan, afferma che la tecnologia studiata e brevettata è in grado di recuperare fino al 99% delle acque reflue altamente contaminate. Dunque, siamo di fronte ad un risultato nettamente superiore rispetto alle tecnologie tradizionali, che ne recuperano solo il 50-60%.

Tale tecnologia permette di massimizzare il recupero dell’acqua, ridurre l’uso di risorse idriche fresche, recuperare minerali e altre sostanze preziose, e diminuire l’impronta di carbonio e di acqua delle operazioni industriali. Non a caso Gradiant detiene centinaia di brevetti relativi al metodo (in esame) che ha attirato l’interesse di grandi aziende come Coca-Cola, Tesla, BMW, TSMC, Micron e Pfizer. Inoltre, Gradiant è riuscita a ridurre significativamente il consumo idrico in un impianto di semiconduttori, portandolo da 37 milioni a 757mila litri al giorno. Inoltre, per GlaxoSmithKline, ha risolto il problema delle acque reflue contenenti sostanze pericolose nell’impianto di amoxicillina di Singapore, estraendo circa cinque tonnellate di rifiuti al giorno.

La differenza del “singolo”

Gradiant ha creato una soluzione completa, gestendo oggi, oltre 600 impianti nel mondo, trattando circa 8,5 miliardi di metri cubi di acque reflue al giorno. Così facendo garantisce un riciclo del 98% delle acque contaminate, e risparmia così 6,4 miliardi di litri d’acqua quotidianamente, equivalente al consumo di circa 48 milioni di persone.

L’adozione della tale brevetto in Italia potrebbe migliorare significativamente il trattamento delle acque reflue. Soprattutto perché, secondo un report Istat 2020-2023, gli impianti italiani gestiscono oltre 6,7 miliardi di metri cubi di acque reflue annualmente, di cui 4,7 miliardi derivano da acqua potabile. Attualmente, il 70% di queste acque subisce un trattamento avanzato, rendendole idonee per l’irrigazione e l’uso industriale.

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La ricerca americana fa progressi nell’ambito del biogas dall’erba.

By : Aldo |Agosto 27, 2024 |Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su La ricerca americana fa progressi nell’ambito del biogas dall’erba.

La natura ci dona quotidianamente da migliaia di anni delle risorse fondamentali per la nostra vita, che dobbiamo saper usare al meglio. Soprattutto ora che siamo consapevoli della loro importanza e della loro precarietà, dovremmo capire come gestire al meglio anche i rifiuti. Gli scarti infatti hanno un valore economico non indifferente e un’ampia gamma di possibili nuove vite che renderebbero la nostra quotidianità più sostenibile. Ancor di più se dai rifiuti si può produrre una cosa importante quanto l’energia.

Il biogas

Il biogas è una fonte di energia rinnovabile composta principalmente da metano e anidride carbonica, prodotto attraverso la decomposizione anaerobica di materia organica, come rifiuti agricoli, letame, residui alimentari e altre biomasse. Si tratta di un processo che avviene in assenza di ossigeno, grazie all’azione di microrganismi che degradano la materia organica. Il tutto, all’interno di digestori anaerobici, dove la materia organica viene raccolta e mantenuta in condizioni controllate di temperatura e umidità.

Il biogas prodotto può essere utilizzato per generare elettricità, calore o può essere purificato e trasformato in biometano, un combustibile rinnovabile. Pertanto, i suoi vantaggi ambientali sono molteplici. Riduce le emissioni di gas serra, poiché sostituisce i combustibili fossili e riduce la quantità di rifiuti organici in discarica, dove decomponendosi emettono metano. Inoltre, il digestato risultante dal processo di produzione del biogas può migliorare la qualità del suolo e ridurre la necessità di fertilizzanti chimici, promuovendo pratiche agricole più sostenibili. Senza escludere che il biogas rappresenta una soluzione efficace per la gestione dei rifiuti, contribuendo a un’economia circolare e sostenibile.

Il biogas dall’erba

La produzione di biogas dall’erba di sfalcio è una possibilità già esplorata, come dimostrato dal progetto europeo GR3 – Grass to green gas, avviato circa dieci anni fa. Questo progetto mirava a sviluppare tecnologie per trasformare l’erba di scarto in una miscela di metano e anidride carbonica attraverso la digestione anaerobica, un processo naturale che avviene in assenza di ossigeno. Nonostante il potenziale del biogas prodotto da residui erbacei, il suo utilizzo rimane limitato in Europa e negli Stati Uniti. Le ragioni includono una conoscenza insufficiente delle tecnologie di raccolta e digestione, la mancanza di cooperazione tra gli operatori della filiera e la scarsa convenienza economica, che porta a un uso marginale di queste risorse.

I nuovi studi americani

L’interesse per la produzione di biogas dall’erba di sfalcio è riemerso grazie alla ricerca di Lisa Schulte Moore della Iowa State University. Schulte Moore ha studiato come trasformare l’erba raccolta in gas rinnovabile conveniente per gli agricoltori che convertono porzioni dei loro terreni in praterie energetiche. Uno studio pubblicato su “BioEnergy Research” ha sviluppato un modello con 10 digestori anaerobici, alimentati da erba, letame e altri rifiuti, situati intorno alla città di Ames. Il biogas prodotto avrebbe un costo livellato di 0,011 dollari/kWh, con costi di produzione superiori a quelli del gas tradizionale, ma con la possibilità di ridurli sfruttando l’economia di scala nei comuni più grandi.

Un altro studio invece, pubblicato su “GCB Bioenergy”, ha valutato l’impatto economico e ambientale di due digestori per biomassa erbosa, stimando un profitto di oltre 400 milioni di dollari in 20 anni e una riduzione dell’83% dell’impronta di carbonio rispetto al gas fossile. I risultati tengono conto dei sussidi federali per la produzione energetica sostenibile e dell’uso di terreni agricoli poco produttivi per le praterie.

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“Act 1.5”. I Massive Attack si mettono in gioco per il clima.

By : Aldo |Agosto 25, 2024 |Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su “Act 1.5”. I Massive Attack si mettono in gioco per il clima.

La sfida del clima è una missione importante per tutto il mondo. Non si tratta di un’opinione personale, tantomeno di una diceria. Sempre più persone nel mondo stanno capendo l’importanza di un’azione concreta ed immediata e fortunatamente tra queste, c’è chi ha un’influenza molto più grande rispetto a quella del singolo cittadino. Si tratta dei VIP, in questo caso, dei cantanti di fama internazionale e no.

La musica ed il clima

I grandi tour internazionali e i concerti delle star hanno un impatto ambientale significativo, principalmente a causa delle elevate emissioni di CO2, del consumo di energia e della produzione di rifiuti. Questo perché l’organizzazione di eventi di massa, come questa, determina un’infinita quantità di spostamenti massivi di persone e attrezzature, che contribuiscono a un aumento sostanziale delle emissioni di gas serra. Per esempio, un festival medio possa generare circa 500 tonnellate di CO2, con ogni partecipante che produce fino a 5 kg di emissioni al giorno.

Senza calcolare poi la produzione del merchandise, tipico di questi eventi e dei rifiuti di plastica che vanno per la maggiore (viste anche le regole per la sicurezza). Tuttavia, ci sono iniziative in corso per rendere i concerti più sostenibili. Non a caso, artisti come i Coldplay hanno implementato pratiche eco-friendly, riducendo le loro emissioni di CO2 del 47% rispetto ai tour precedenti e piantando milioni di alberi per compensare l’impatto ambientale.

La crescente consapevolezza riguardo all’impatto ecologico ha portato a un aumento delle iniziative per la sostenibilità nell’industria musicale, con molti artisti e organizzatori di eventi che cercano di adottare pratiche più responsabili, come l’uso di energie rinnovabili e la riduzione dei rifiuti. Nonostante ciò, la sfida rimane complessa e richiede un impegno continuo da parte di tutti gli attori coinvolti per bilanciare l’amore per la musica con la necessità di proteggere l’ambiente. Quindi anche e soprattutto degli spettatori.

I Massive Attack

I Massive Attack sono un influente collettivo musicale britannico, fondato nel 1988 a Bristol. Sono considerati i pionieri del genere trip hop, infatti, il loro primo album, “Blue Lines”, è stato pubblicato nel 1991 segnando un punto di svolta nella musica alternativa. Con questa raccolta hanno introdotto sonorità innovative e collaborazioni con artisti di diverse estrazioni. Nel corso della loro carriera, hanno pubblicato cinque album e ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui un Brit Award per il miglior gruppo di danza britannico e due MTV Europe Music Awards. Hanno venduto oltre 13 milioni di copie in tutto il mondo e continuano a essere attivi nella scena musicale, sostenendo anche cause politiche e ambientali.

L’attenzione per l’ambiente

I Massive Attack iniziarono ad interessarsi alla questione già anni fa, quando nel 2019 hanno incaricato il Tyndall Center for Climate Change Research di studiare l’impatto ambientale dei loro concerti. L’obiettivo di questa richiesta era quello di trovare soluzioni concrete per ridurre l’impronta ecologica dell’industria musicale. Tale studio si concentrò sulle emissioni generate dai viaggi della band, dagli spostamenti del pubblico e dall’impatto sulle location e i suoi risultati saranno condivisi con l’intero settore per promuovere concerti a basso impatto ambientale. Così facendo i Massive Attack, organizzarono un concerto “super-low carbon” a Liverpool nell’estate 2020 come parte di questa iniziativa.

Ma non si sono fermati lì, poiché hanno proprio quest’anno, la loro idea è diventata realtà con un concerto-festival. Il gruppo di Bristol sarà vita ad “Act 1.5”: concerto che mette al centro la crisi climatica e con le emissioni più basse di sempre. Mai nessun big della musica si è mai spinto a tal punto per il clima. Di certo I Coldplay in Italia hanno tentato di dar vita a spettacoli con un’elevata attenzione all’ambiente, promuovendo metodi alternativi per le fonti energetiche (persino le bici che generano elettricità su cui pedalano gli spettatori. Ma la band inglese vuole andare oltre.

Act 1.5

Si chiama “Act 1.5” con lo scopo di richiamare alla necessità di agire tutti insieme per restare entro i +1,5 gradi di riscaldamento globale, e promette di essere il “concerto più green di sempre”. Il cibo sarà completamente vegano, i bagni compostabili, e l’energia per il palco e le bancarelle sarà fornita da furgoni elettrici. I 34.000 fan sono invitati a raggiungere il concerto a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici, senza parcheggi disponibili.

Altre iniziative includono navette elettriche gratuite, uso di energia rinnovabile, utensili compostabili, e una drastica riduzione dei mezzi di trasporto dell’attrezzatura. Lo show, alimentato al 100% da energia rinnovabile, mira a diventare un modello per la musica dal vivo sostenibile. Mentre una grande priorità è stata data ai residenti locali nella prevendita, e sarà piantato un nuovo bosco nelle vicinanze. I Massive Attack vogliono dimostrare che concerti a basso impatto ambientale sono possibili, e sperano di influenzare positivamente il settore musicale.

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Accordo di Parigi. Grazie all’accordo con la Svizzera, arrivano a Bangkok gli e-bus.

By : Aldo |Gennaio 17, 2024 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su Accordo di Parigi. Grazie all’accordo con la Svizzera, arrivano a Bangkok gli e-bus.

Si sente spesso parlare di compensazione della CO2, di riforestazioni e progetti di sviluppo oltre oceano. Sembra che questi siano gli unici modi con cui uno stato possa compensare le sue emissioni, ma un’articolo dell’Accordo di Parigi cambia tutto.

Articolo 6 Accordo di Parigi

L’articolo 6 è un punto fondamentale dell’Accordo di Parigi poiché consente le collaborazioni tra Stati per raggiungere i propri obiettivi climatici. Il punto ammette due tipi di riduzioni delle emissioni conseguite all’estero (Internationally transferred mitigation outcomes, ITMOS) divise in 2 sottoclassi:

  • quelle che risultano da un meccanismo regolato dall’Accordo di Parigi (art. 6.4);
  • quelle che risultano da accordi bilaterali e multilaterali (art. 6.2).

Con tali premesse c’è la possibilità di creare una rete di cooperazione internazionale sul mercato del carbonio per ridurre le emissioni di gas serra. Tuttavia, anche questi meccanismi devono seguire delle regole specifiche, affinché i progetti di compensazione non siano vani. Più precisamente, esiste una procedura obbligatoria che entrambi gli stati devono seguire per evitare il doppio conteggio delle riduzioni delle emissioni. Quindi

  • un paese trasferisce unità di emissioni a un altro paese
  • il venditore sottrae tali unità di emissioni dal proprio obiettivo di emissioni
  • l’acquirente deve aggiungerle al proprio obiettivo.

Grazie a questo articolo, esiste un gran numero di operazioni possibili per la riduzione del carbonio, con lo scopo di agire contro i cambiamenti climatici.

    

Svizzera e Thailandia

La notizia che circola da qualche giorno riguarda proprio l’applicazione di tale articolo. In Thailandia sono arrivati gli e-bus o bus elettrici dalla Svizzera per compensare le emissioni di CO2. Un’operazione nuova, prima del suo genere che apre le porte a nuovi piani internazionali, sviluppati semrpe sulla base delle direttive dell’Accordo di Parigi.

    

Il programma di Energy Absolute Public Company Limited è sostenuto dalla Foundation for Climate Protection and Carbon Offset Klik (Klik Foundation). Ma anche da South Pole, società svizzera specializzata in queste specifiche operazioni. L’accordo bilaterale serve per ridurre le emissioni e l’inquinamento atmosferico di Bangkok attraverso l’introduzione di veicoli elettrici nel trasporto pubblico gestito da operatori privati. A tal proposito, il quotidiano “La Repubblica” ha intervistato Aurora D’Aprile, consulente di Carbonsink, parte di South Pole dal 2022. Nella conversazione si spiegano i motivi per cui questo, è considerato un piano unico nel suo genere.

    

Il primo progetto

La partnership tra Svizzera e Thailandia è considerata una novità poiché prevede lo scambio di crediti di carbonio tra Stati e non solo tra privati. La sorpresa deriva dal fatto che tale pratica è consentita dall’Articolo 6 ma nessuno ancora aveva applicato tale norma. Un fatto, questo, incomprensibile, poiché l’articolo mirava proprio alle collaborazioni tra governi. Inoltre, era chiaro che con la cooperazione si sarebbero ridotte maggiormente le emissioni, rispetto ad una pratica solitaria e privata.

   

Un secondo motivo per cui il progetto è ritenuto primo nel suo genere è il fatto che sia il primo in cui l’iter, legato al mercato del carbonio, sia stato completato. Più precisamente, il credito va sviluppato secondo dei criteri condivisi, dopodiché il Paese in cui il credito viene maturato deve autorizzarne l’esportazione, e questo è avvenuto.  Di certo la collaborazione tra stati rende il piano più influente e sicuro, visto che gli Stati possono dare maggiori garanzie sull’effettiva consistenza dei crediti. Soprattutto per quanto riguarda il doppio conteggio. Infatti, con l’applicazione dell’Articolo 6, rende teoricamente impossibile che la stessa riforestazione (o piano) venga usato per la compensazione di clienti diversi.

    

Un terzo motivo per definire il programma tra Svizzera e Thailandia è il suo oggetto: il rifornimento di bus elettrici nella metropoli di Bangkok. Effettivamente quando si parla di compensazione si punta sempre alle riforestazioni o ad impianti per energie rinnovabili. Quindi il piano in esame dimostra un nuovo settore in cui si può operare ossia il settore della mobilità elettrica.

    

Conclusioni

Tuttavia, non sono mancate critiche anche in questa situazione, soprattutto contro la partnership stessa. Le lamentele si basano sull’idea che he prima o poi Bangkok avrebbe dovuto comunque cambiare la sua flotta di bus obsoleti. Pertanto, non si assiste ad un’”addizionalità”, non è un’operazione che si fa in più per il clima.

   

Ma è pur vero che dietro tali progetti ci sono talmente tante dinamiche e questioni da seguire che criticarne lo scopo, non risulta produttivo. Soprattutto perchè si tratta di stati diversi sotto ogni punto di vista; quindi, aver trovato un accordo è già una vittoria.

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Bonus Colonnine Domestiche: in Italia stanziati 80 milioni di euro.

By : Aldo |Ottobre 05, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su Bonus Colonnine Domestiche: in Italia stanziati 80 milioni di euro.

Le vetture elettriche sono spesso tema di dibattito, perché ci si domanda sul loro reale contributo alla riduzione delle emissioni e non solo. Nonostante ciò, resta fondamentale incentivare la transizione ecologica per una maggiore sostenibilità del pianeta. Per questo in Italia arriva il bonus per le colonnine domestiche.

   

Il Bonus colonnine

Il momento tanto atteso è arrivato! Mancano pochissimi giorni e sarà possibili richiedere il bonus colonnine di ricarica auto. Un aiuto che non si limita solo ai privati ma è esteso anche ai condomìni, per favorire la sostenibilità domestica e cittadina. Si tratta di due “click day” nei quali si potrà richiedere un aiuto finanziario per l’acquisto e l’installazione di autovetture elettriche.

Con tale mossa si mette in pratica un decreto pubblicato durante la scorsa estate dal Presidente del Consiglio dei ministri. La decisione presa era quella di introdurre un contributo dell’80% per le colonnine di ricarica domestiche tra gli ecobonus per i veicoli. Dunque, parliamo di un’iniziativa che incentiva la transizione ecologica, la mobilità sostenibile e quindi la riduzione delle emissioni di CO2.

    

Come funziona

Il Governo ha stanziato 80 milioni di euro per tale progetto che prevede di coprire l’80% del prezzo di acquisto e posa per ogni domanda. Sono state designate ben 2 fasi per richiedere il bonus, tra cui la prima partirà dal 19 ottobre e terminerà il 2 novembre 2023. Il contributo rimborsa l’80% delle spese effettuate per l’acquisto e l’installazione di wallbox domestici o colonnine fino ad un massimo di €1.500 per i privati. Mentre per i progetti condominiali si arriva anche agli €8.000.
Nel prezzo sono comprese ulteriori voci quali:

  • i necessari lavori sull’impianto elettrico;
  • le opere edili strettamente collegate;
  • gli impianti e i dispositivi per il monitoraggio;
  • le spese di progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi;
  • i costi per la connessione alla rete elettrica, tramite attivazione di un nuovo POD (point of delivery).

Al contrario sono escluse imposte, tasse e oneri di qualsiasi genere e le spese relative a terreni e immobili. Promotore del programma è il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che ha promesso successivi avvisi per gli interventi del 2023.

   

Requisiti, scadenze e piattaforme.

Ai fini dell’ammissibilità, le infrastrutture di ricarica devono essere:

  • nuove di fabbrica;
  • di potenza standard;
  • collocate nel territorio italiano e in aree nella piena disponibilità dei soggetti beneficiari;
  • realizzate secondo la regola d’arte ed essere dotate di dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale n. 37/2008.

È importante ricordare che l’incentivo copre solo spese già effettuate e che prevedano sia l’acquisto che la posa, ossia l’installazione. È importante ricordare che riguarda esclusivamente gli interventi eseguiti dal 4 ottobre 2022 al 31 dicembre 2022.

  

Come per altri bonus, le domande e i relativi avvisi saranno gestiti digitalmente, sulla piattaforma online indicata dal MIMIT. Il ministero, entro novanta giorni dalla data di chiusura dello sportello pubblicherà il decreto di erogazione del Bonus Colonnine Domestiche. Il tutto nel rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle domande. Tuttavia, l’importo complessivamente stanziato di 80 milioni di euro, si divide a metà per le domande del 2022 e del 2023: dunque 40 milioni per anno.

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L’isola di Arholma è autonoma grazie ad un sistema di accumulo energetico italiano.

By : Aldo |Settembre 22, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su L’isola di Arholma è autonoma grazie ad un sistema di accumulo energetico italiano.

Si sa che il Made in Italy, per quanto dimentica in certi ambiti, resta sempre una cifra di stile, bontà del prodotto e sicurezza. Quello esportato gode di una certa fama e con il passare del tempo si fa strada anche nel settore energetico, grazie a studi e innovazioni.

 

Il marchigiano in Svezia

In Svezia, una piccola striscia di terra nel nord-est dell’arcipelago di Stoccolma, chiamata Arholma è diventata autonoma grazie ad un sistema italiano. Arholma è oggi energeticamente autonoma, per via della collaborazione tra l’azienda marchigiana Loccioni e la società svedese “Vattenfall Eldistribución”.

La prima è un’impresa nata nel 1968 come un progetto che integra idee, persone e tecnologie, che lavora per il benessere della persona e del pianeta. Nello specifico si occupa di realizzare sistemi di misura e controllo per migliorare la qualità, la sicurezza e la sostenibilità di processi e prodotti industriali. La seconda invece è una delle maggiori società svedesi produttrice di energia elettrica, venduta anche per Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito.

Tale collaborazione ha reso possibile la realizzazione un prototipo che aiuti concretamente la piccola isola nei momenti di necessità.

    

Arholma

Si parla di una striscia di terra lunga 5 chilometri e larga 2 chilometri ed è l’isola più settentrionale dell’arcipelago prima del mare delle Åland. É caratteristica per la pittoresca combinazione di edifici tradizionali in legno, terreni agricoli, foreste e coste rocciose, motivo per cui è affollata durante l’estate. Nel 1963 Skärgårdsstiftelsen (la Fondazione Arcipelago) ha avviato un programma di conservazione della natura su Arholma. Pertanto, una vasta area comprese delle isole limitrofi sono parte di una riserva naturale, nella quale sono conservate anche metodi tradizionali si silvicultura e agricoltura.

    

L’istituzione di un’area protetta definisce l’importanza dell’ambiente nell’area che tuttavia in estate diventa una meta turistica gettonata. Appunto l’isola ha una popolazione di circa 70 persone che aumentano in estate toccando le 600. Proprio questa è una delle ragioni principali della costruzione del sistema. Infatti il prototipo prevede la fornitura di un sistema di accumulo energetico capace di sostenere carichi eccessivi, molto comuni durante l’estate. Oppure per interruzioni improvvise delle forniture, come durante forti temporali. La possibilità deriva dal fatto che il sistema energetico della microrete consente di interfacciarsi con la rete elettrica esistente sull’isola.

   

La microrete

Dunque, il sistema in esame è una smart microgrid, un sistema energetico intelligente su piccola scala per fornire energia in tutto il mondo. Nel caso specifico, la microrete dell’isola è stata realizzata ad Ancona tramite la cooperazione di entrambi gli enti. Il sistema è collegato a 2 batterie di accumulo, pronte a immagazzinare energia quando arriva quella elettrica dalla terraferma. Queste garantiscono l’approvvigionamento elettrico dell’isola per più di due ore. Ma è anche collegato ad un impianto fotovoltaico, che produce energia; di conseguenza il meccanismo ne accumulerà per via dei sistemi di accumulo. Successivamente verrà distribuita alla popolazione locale e poi la esporterà.

   

La CEO di Vattenfall Eldistribution AB, Annika Viklund afferma che il progetto ha lo scopo di capire come le microreti interagiscono con la rete principale. Una volta studiato tale processo, l’azienda valuterà se questi sistemi possono essere utilizzati in una circostanza più ampia, per soddisfare altre necessità della rete. Così facendo potrebbero garantire una risposta efficiente, ad una elevata richiesta della rete elettrica e una maggiore qualità dell’offerta locale.

     

Loccioni in Italia e in Svezia

Tuttavia non si tratta nè della prima opera dell’azienda marchigiana, nè del primo progetto in collaborazione con la Svezia. Un esempio di sistemi energetici di micro-rete mirati alla completa autonomia energetica è quello realizzato lungo il fiume Esino (Marche), nominato “Due chilometri di futuro”.

  

Mentre in Svezia, Loccioni, ha inaugurato la prima isola energetica della Scandinavia, precisamente a Simris (costa sud ovest). Anche in questo caso il progetto è frutto di una collaborazione con LES, Local Energy System, ed EO.N, il colosso tedesco dell’energia. Grazie a tale lavoro, l’energia che alimenterà la cittadina sul mare sarà esclusivamente prodotta in loco, rinnovabile, senza emissioni di CO2 e disponibile al bisogno. Ad oggi invece, lo smart microgrid di Arholma è considerato un progetto pilota.

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E se il tuo monopattino elettrico si trasformasse in un power bank?

By : Aldo |Agosto 28, 2023 |Emissioni, energia, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su E se il tuo monopattino elettrico si trasformasse in un power bank?
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La mobilità elettrica sta crescendo negli ultimi anni, grazie alle nuove tecnologie ma anche per via di bonus e investimenti da parte dello Stato.

Comunque nella “mobilità elettrica” sono inclusi oltre alle macchine, biciclette e monopattini elettrici che prendono sempre più consensi tra i cittadini.

Mukuta

Mukuta è il nome di un progetto all’avanguardia che unisce due ambiti rilevanti della sostenibilità, ossia l’energia e la mobilità.  Si tratta di un prototipo della società di e-moblity Splach, che ha da tempo altri prodotti sul mercato, tra cui e-scooter ed e-bike.

Un monopattino elettrico unico nel suo genere grazie ad una considerevole innovazione e pensato per massimizzare la sua efficienza.

Il nuovo prodotto infatti è un mezzo di locomozione elettrico che può trasformarsi in una fonte di energia portatile per la ricarica di altri dispositivi. Il piano è quello di realizzare un sistema con batteria estraibile e “riutilizzabile”, come un power bank che possa alimentare eventualmente anche il veicolo stesso.
   

Il monopattino in dettaglio

La società SPLACH, fondata tra Los Angeles e Taiwan, è impegnata nella ricerca di materiali, tecnologie e design che soddisfino le esigenze dei clienti.

Pertanto, il mezzo ha una serie di caratteristiche che descrivono l’alta qualità del prodotto:

  • telaio in lega di alluminio 6082-T6;
  • sopporta fino a 120 kg di peso;
  • robusti pneumatici airless;
  • doppia sospensione regolabile;
  • sistema di luci a LED (sia sul manubrio, sia ai lati della pedana per illuminare in sicurezza la strada e aumentare la visibilità);
  • freni a doppio disco;
  • E-ABS.

Presenta un doppio motore, che si combina per una potenza pari a 2.208 watt, che consente di raggiungere i 45 km/h in 5,9 secondi. Può essere guidato su strada o fuori strada ed affrontare pendenze del 40%.

Tuttavia, la parte più innovativa, il punto di forza di questo prodotto è la batteria (il sistema d’accumulo) da 748,8 Wh. Questa può fornire a Mukuta un’autonomia di 62km ad ogni ricarica, ma durante l’inattività del veicolo può essere utile per altro.

Infatti, c’è la possibilità di rimuoverla ed usarla per ricaricare dispositivi e piccoli elettrodomestici, grazie al convertitore con 2 porte USB e una tipo C.

Gli inventori hanno portato degli esempi concreti della potenza di tale batteria e delle due capacità. Per esempio, se fosse piena al 100%, potrebbe alimentare 11 volte un laptop, 56 uno smartphone e 14 un frullatore.

 

Investimenti

Un’altra particolarità alle spalle di Mukuta è la modalità con la quale hanno messo alla luce tale progetto. Si tratta della campagna Indiegogo, che la società ha attivato per finanziare la produzione del mezzo, che ora parte da un prezzo di 921 euro. Trattandosi di una società e non di un grande brand, il crowdfunding serve per poter raggiungere il miglior risultato possibile. Non a caso, nella descrizione vengono ringraziati i donatori e i clienti per la fiducia ma anche per l’attesa.

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Intelligent Cities Challenge: quando la tecnologia supporta la transizione ecologica.

By : Aldo |Agosto 20, 2023 |Emissioni, energia, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Intelligent Cities Challenge: quando la tecnologia supporta la transizione ecologica.

L’Unione Europea spesso è nominata come una delle realtà più virtuose al mondo in termini di sostenibilità.

Sicuramente questa qualità è dettata da fondi e bandi pubblicati per nuovi progetti volti alla salvaguardia del pianeta e al miglioramento della vita di tutti.

    

Intelligent Cities Challenge

Quando la transizione ecologica chiama, l’Europa, di solito risponde con bandi e finanziamenti per migliorare la vita su questo pianeta.

Negli ultimi anni sono state indette molteplici gare e bandi per investimenti volti al miglioramento delle azioni ritenute necessarie per contrastare il cambiamento climatico.

Tra le decine di programmi pensati per le città europee e la loro trasformazione verde, si nomina anche l’ Intelligent Cities Challenge.

Si tratta, come riportato nel nome, di una sfida che vede come protagonisti, le migliori tecnologie per la formazione di smart cities e tanto altro.

Il bando scaduto il 31 maggio 2023, sostiene le città europee selezionate, nella transizione verde e digitale grazie a strumenti e conoscenze all’avanguardia.

    

Edizione 2023-2025

Per l’edizione 2023-2025 hanno partecipato 64 città europee, selezionate per favorire la crescita dell’ecosistema smart city e applicare sui luoghi e le città i principi del Local Green Deals. Il piano prevede che ogni territorio scelto, potrà usufruire di due anni di consulenza strategica da esperti internazionali su vari filoni tematici classificabili in 3 punti:

  • costruzioni e ambiente edificato
  • energia e rinnovabili;
  • mobilità e trasporti.

Questi sono i settori chiave delle città che hanno un alto grado di influenza locale, mentre quelli secondari sono

  • turismo;
  • piccole e locali vendite al dettaglio;
  • agroalimentare;
  • tessile;
  • settore creativo culturale.

O ancora, ambiti come economia verde, digitalizzazione della pubblica amministrazione, transizione verde e digitale del turismo, resilienza delle catene di approvvigionamento locale, riqualificazione dei territori. A ciascuna città partecipante sarà chiesto di attuare un Green Deal locale e una serie di azioni concrete per adottare economie più resilienti e sostenibili.

    

Le scelte dell’Italia

Il bando ha selezionato ben 9 centri urbani italiani, che si troveranno in prima linea per la transizione digitale e verde. Catania, Firenze, Busto Arsizio, Campobasso, Legnano, Mantova, Pescara, Rete Svezia Emilia-Romagna e l’Unione dei Comuni della Grecia Salentina sono le città scelte dalla Comunità europea.

Queste dovranno lavorare efficacemente di modo da attuare azioni per rendere le città sempre più intelligenti, sicure e sostenibili. In concreto, l’obiettivo è quello di sfruttare a pieno le potenzialità che le tecnologie possono avere sui centri urbani. Tutto questo per migliorare la qualità di vita dei cittadini, la competitività economica e la resilienza sociale.

Tra le 9 città italiane spicca il progetto di Mantova, considerato ambizioso per i suoi obiettivi e la situazione da cui parte.

   

Il calcolatore di emissioni

Mantova ha presentato un progetto basato sul monitoraggio delle concentrazioni di CO2, per mezzo dell’intelligenza artificiale. É un piano che riguarderà tutti i settori economici e amministrativi del centro urbano, così da poterlo trasformare in una smart city.

   

Il progetto però parte dall’EUCityCalc, un programma europeo che ha visto Mantova tra le 10 città pilota per implementare il primo European City Calcolator. Si tratta di un software open source che fornisce una visione completa (o ampia) dei livelli di inquinamento settore per settore.  In tal modo si possono studiare misure che possono essere impiegate per neutralizzare le emissioni e risanare la salubrità dell’atmosfera.

  

Non a caso, il piano è stato proposto da quello che è considerato come uno tra i più inquinati d’Europa. Inoltre, l’obiettivo prefissato è quello di diventare carbon neutral entro il 2030; dunque Mantova si presenta all’Unione Europea come una città super ambiziosa.

Il super calcolatore di emissioni, è supportato dalla tecnologia open source. In questo modo può raccogliere in autonomia e in tempo reale i dati sulle concentrazioni di anidride carbonica che arrivano va vari settori rilevanti. Tra questi citiamo ovviamente trasporti, industria, agricoltura, edilizia, che creano un’immagine completa del livello di inquinamento del territorio.

    

In questo caso, il progetto è supportato dall’Alleanza territoriale Carbon Neutrality, una rete composta da soggetti pubblici e privati impegnati nell’abbattimento delle emissioni. Si occupano anche della creazione di comunità energetiche, dell’incremento della forestazione e del verde urbano, dell’efficientamento energetico degli edifici anche del centro storico.

    

Questo non è il primo e non sarà l’ultimo caso, in cui si parla della centralità delle tecnologie per un futuro migliore. Attualmente il potere del mondo digitale è talmente forte che, se usato bene può essere una delle nostre migliori risorse per contrastare il cambiamento climatico. Senza dubbio servono finanziamenti adeguati a sviluppare certi sistemi e impianti, ma di sicuro non mancano le idee e gli studi.  

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Anche le ferrovie possono produrre energia elettrica: il caso svizzero Sun-Ways

By : Aldo |Aprile 03, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Anche le ferrovie possono produrre energia elettrica: il caso svizzero Sun-Ways

Un ulteriore impiego del solare è stato ideato in Svizzera.

È probabile che tra qualche anno, anche le nostre ferrovie potranno produrre energia elettrica grazie alla luce solare.

Sun-Ways

Sun-Ways è una startup svizzera con sede a Ecublens, nel Canton Vaud (Svizzera occidentale) che vuole superare i limiti del solare.

La scommessa fatta dalla startup (e condivisa dallo stato) ha trovato una disposizione che promette molteplici benefici ambientali ed economici.

Fondata nel 2021, Sun-Ways ha come obiettivo quello di cambiare l’attuale modo di produrre energia elettrica con il solare, installandolo nelle ferrovie.

Lo studio

L’idea di posizionare pannelli fotovoltaici nello spazio tra le rotaie dei binari ferroviari deriva dall’ osservazione accurata del sistema tranviario.

Il fondatore dell’attività, Joseph Scuderi e il co-fondatore Baptiste Danichert hanno trovato una chiave innovativa per incrementare la sostenibilità energetica nazionale e mondiale.

Non a caso, affermano che questo piano potrebbe essere usato nella maggior parte delle linee ferroviarie del pianeta. I primi a credere nel loro progetto sono proprio i tecnici del l’EPFL, l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Losanna.

Pannelli e treni

Il progetto è stato avviato sulla base dall’analisi dettagliata delle rotaie, dei loro spazi e delle misure, della velocità dei treni e via dicendo.

Questa affermò che lo spazio tra le rotaie dei binari era adeguato all’installazione di pannelli standard che non avrebbero ostacolato il movimento dei treni.

I pannelli larghi 1 m vengono posizionati facilmente nell’area descritta per poi essere fissati con un meccanismo a pistone. Mentre l’installazione vera e propria viene eseguita da un treno adibito alla manutenzione dei binari che dispone il fotovoltaico lungo le rotaie.

La caratteristica che differenzia il progetto di Sun-Ways da quello italiano di Greenrail o l’inglese Bankset Energy, è l’amovibilità del sistema.

Tale qualità garantisce la possibilità di svolgere lavori di manutenzione in totale semplicità, assicurando l’efficienza sia delle attività che del prodotto.

Il sistema potrebbe coprire i 5.317 km della rete ferroviaria svizzera, per un totale di 760 campi da calcio. In tal caso si produrrebbe 1 TWh di energia solare all’anno, dunque, il 2% dell’elettricità consumata nel Paese.

 

Cosa riserva il futuro

La startup ha l’obiettivo di espandersi in Europa toccando l’Italia, la Germania e l’Austria, ma guarda anche oltre oceano, verso l’Asia e gli USA.

Questo perchè ci sono 1 milione di km di ferrovie nel mondo; quindi, aumenta la possibilità di produrre energia rinnovabile con il nuovo sistema. Infatti, molti hanno già dichiarato il loro interesse verso il programma svizzero.

Ovviamente come ogni nuovo progetto sono stati sollevati molteplici critiche e dubbi, chiariti subito dai fondatori per via dei loro studi e della loro professionalità.

Le preoccupazioni riguardavano le possibili microfessure dei pannelli, il maggiore rischio di incendi nelle aree verdi e i probabili riflessi di luce sui macchinisti.

Tuttavia, Sun-Ways ha assicurato che i pannelli sono più resistenti degli altri e godono di un filtro antiriflesso per non distrarre i macchinisti. Inoltre, le spazzole all’estremità del treno sono in grado di rimuovere sporcizia dai pannelli che sono controllati per mezzo di sensori integrati.

Insomma, l’impresa è supportata dall’Agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione, da una decina di partner attuali e chissà quanti futuri. Il sistema verrà lanciato il primo maggio, nell’area della stazione ferroviaria di Buttes, nella Svizzera occidentale, grazie all’investimento di 400.000 franchi svizzeri (circa 400.000 euro).

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Il Galatasaray ha uno stadio da record: Guinness per l’energia solare.

By : Aldo |Novembre 25, 2022 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment
stadio

Tra i tanti Guinness dei primati ci sono oggetti, eventi o persone con caratteristiche peculiari.

Questa volta però, il protagonista è uno stadio.

Il primato

Lo stadio Türk Telekom è una struttura situata ad Istanbul inaugurata nel 2011 che ospita 52 223 spettatori.

É parte di un complesso di edifici più ampio legato allo stadio Ali Sami Yen, più piccolo e intitolato al primo presidente del club.

La struttura ha vinto il record grazie alla maggiore produzione di energia solare del mondo: si tratta di 4,2 MW nell’arco di un mese.

Questo primato è stato possibile grazie all’istallazione di pannelli fotovoltaici sul tetto della struttura, che aiuterà l’ambiente ma anche la loro economia.

L’energia da record

Il Türk Telekom ha sorpassato l’Estádio Nacional Mané Garrincha di Brasilia che ha una capacità solare di 2.5 MW. La struttura turca ha installato un impianto da 2,1 milioni di euro, composto da 10.000 pannelli solari su una superficie di 40mila m2.

Il sistema fotovoltaico ha la capacità di trasmissione per fornire elettricità a 2 mila famiglie e inoltre riduce le missioni di CO2 di 3.250 tonnellate. Vale a dire, che nei 25 anni del progetto, lo stadio potrà salvare 200.000 alberi.

L’energia prodotta “sul tetto” garantisce tra il 63 e il 65% del consumo dello stadio, la percentuale restante invece deriva da un fornitore pubblico.

Le cifre in denaro

Il club ha giocato d’anticipo con l’aumento dei prezzi: all’inizio, infatti, si prevedeva un risparmio più lontano nel tempo.

Tuttavia, con la guerra, le cose sono cambiate e di conseguenza è stata constatata l’efficienza del progetto da subito.

Difatti grazie alla stabilità dei prezzi dell’energia solare, il Galatarasay ha già risparmiato 385.000 euro tra gennaio e agosto.

Proprio Ali Çelikkıran, ingegnere elettrico e direttore dello stadio ha affermato che:

“Di questi tempi, che lo voglia o no, una grande azienda deve essere ambientalista perché l’energia è davvero costosa”

Vantaggi economici

Oltre a tutte fantastiche qualità, la struttura offre anche dei vantaggi economici a più enti.

La squadra è attualmente in un contratto di 9 anni con l’azienda energetica Enerjisa, che acquista l’energia prodotta dai pannelli.

Per di più, il sistema di illuminazione viene usato solo 150 ore l’anno (25 partite), quindi viene prodotta più energia di quella che necessita lo stadio.  Proprio da questa abbondanza, il club riesce a guadagnare, perchè rivende energia alla città di Istanbul, ad un prezzo a noi sconosciuto.

La squadra godrà di un beneficio finale quando il contratto terminerà e di conseguenza, non dovrà più pagare nessuno, guadagnando dalla rivendita dell’energia.

Ovviamente non tutti gli stadi possono permettersi una innovazione simile, non solo per quanto riguarda gli investimenti ma per la loro posizione geografica. In ogni modo, questo primato stabilito a marzo 2022, potrebbe essere un’ispirazione per tante altre strutture sportive e non, nel mondo.

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