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Trec: il primo progetto contintale per il monitoraggio delle coste.

By : Aldo |Aprile 17, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Trec: il primo progetto contintale per il monitoraggio delle coste.

Si sa, la ricerca è un lavoro fondamentale in qualsiasi ambito ed ha ancora più potere se portata avanti in collaborazione tra nazioni, enti ed associazioni. Che sia in campo scientifico, culturale, tecnologico o artistico, si tratta sempre di un’importante attività che ci garantisce uno migliore sviluppo e un futuro all’avanguardia. Così anche il progetto continentale Trec, il primo nel suo genere, avrà il suo ruolo nel nostro futuro, grazie al suo lavoro di monitoraggio delle coste europee.

  

La collaborazione nella ricerca

La ricerca nel campo della biologia e dell’ambiente rappresenta una pietra miliare nel nostro impegno per comprendere e preservare il mondo che ci circonda. La collaborazione europea tra nazioni, istituti di ricerca e associazioni riveste un’importanza fondamentale in questo contesto. Grazie alla condivisione di risorse, conoscenze e tecnologie, gli scienziati possono affrontare sfide complesse su una scala più ampia e con una prospettiva interdisciplinare. Tale cooperazione garantisce lo scambio di idee e la creazione di connessioni che accelerano il progresso scientifico.

   

Inoltre, la cooperazione consente la standardizzazione dei metodi di ricerca e dei protocolli, garantendo la coerenza e la riproducibilità dei risultati ottenuti. In questo modo è possibile affrontare questioni globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la gestione sostenibile delle risorse naturali in modo più efficace ed efficiente. Infine, con valori condivisi e collaborazioni tra istituti, si favorisce lo sviluppo di politiche basate su evidenze scientifiche solide, che possono guidare azioni mirate per la protezione dell’ambiente e la promozione della salute pubblica.

  

Quindi la collaborazione europea nel campo della ricerca biologica e ambientale non solo favorisce la crescita della conoscenza scientifica, ma anche la salvaguardia del nostro pianeta per le generazioni future. Ed è proprio da queste esigenze che nasce il primo progetto continentale per il monitoraggio delle coste chiamato Trec.

  

Trec

Trec è il primo progetto al mondo di portata continentale con l’obiettivo di monitorare le coste europee. La spedizione partita un anno fa, intende infatti, monitorare lo stato di tutte le coste dell’Europa e ne studierà tutte e tre le sfere nelle loro diverse caratteristiche. Mare, terra, atmosfera saranno tutte esaminate attraverso metodologie diverse per poi descrivere un quadro complessivo delle coste del continente.

   

L’idea del programma è quella di studiare la salute di un’area precisa, in ogni suo elemento, organismo vivente e substrato. Di preciso le zone costiere sono spazi di transizione preziosi per la qualità delle condizioni di tutti gli ambienti che incrociano aria, acqua e suolo. Non a caso lo studio si concentra sul punto di incontro tra mare e terra, e nei 300 metri verso l’entroterra e nei mille verso il mare aperto a partire dalla battigia.

   

Lo studio prevede la collaborazione tra enti e istituti tra cui:

  • Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (Embl), che guida il programma;
  • la Tara Ocean Foundation;
  • il consorzio Tara Oceans;
  • l’European Marine Biology Resource Centre (Embrc).

Oltre a loro sono inclusi oltre 150 gruppi di ricerca, 70 istituzioni, partner locali dei 21 Stati coinvolti.

    

Criteri, metodologie e strumenti.

Il piano prevede che una squadra di campionatori viaggi tra i paesi dell’Unione europea e replichi le stesse condizioni di recupero di campioni e di analisi. Tale lavoro serve per uniformare i dati ricavati e standardizzare la metodologia, così da consolidare e condividere le ricerche svolte.

    

Tutto questo è possibile grazie alla goletta Tara e all’Advance Mobile Laboratory dell’Embl, ossia un “camion-laboratorio” altamente specializzato. Il camion, infatti, si “apre” diventando un centro analisi da 40 m2, che consente agli studiosi di svolgere i loro studi durante le tappe più ricche e impegnative. In tal modo, i campioni possono essere analizzati in loco, evitando il (solito) processo di congelamento che può alterare alcune caratteristiche del campione.

   

Oltre a questi due mezzi, in Italia sarà coinvolta la nave oceanografica del Cnr Gaia Blu, che contribuirà allo studio della biodiversità microbica, con attenzione particolare alla biogeochimica.

   

Il viaggio di Tara.

La goletta ha già percorso le coste nord-europee e oceaniche, dal mar Baltico al mare del Nord fino all’Oceano Atlantico. Ora invece spetta al Mar Mediterraneo tutta l’attenzione di questa ricerca: si partirà dalla Spagna per arrivare fino in Grecia passando per l’Italia.

   
A tal proposito, nella nostra Penisola sono state individuate specifiche città in cui svolgere le analisi previste. Nella lista figurano Pisa e Napoli, Amendolara (Calabria), Lesina (Puglia) e Chioggia (Veneto), scelte poiché tutte diverse tra loro per avere dei campioni differenziati, quindi un’immagine più completa.

   

Il 15 aprile la goletta è arrivata a Pisa dove, per l’occasione sono state organizzate una serie di attività per bambini e ragazzi proprio per diffondere l’importanza di questo lavoro. Senza dubbio è una modalità che coinvolge i più giovani facilmente e può far accrescere in loro la curiosità e l’interesse verso questo settore.

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Economia circolare: sempre più importante, secondo il sondaggio di Conou.

By : Aldo |Aprile 15, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Economia circolare: sempre più importante, secondo il sondaggio di Conou.

Conoscere e studiare le opinioni di una popolazione è fondamentale per capire le tendenze sociali, economiche dei cittadini. Questo discorso vale soprattutto se si trattano temi che comportano delle novità, poiché possono prevedere le tendenze future, le reali necessità dei cittadini e le possibili soluzioni. L’indagine presa in esame in questo articolo è quella condotta dal CONOU sull’economia circolare.

   

Il CONOU

Il CONOU,è il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Usati. Si tratta di un ente italiano nato nel 1991 con l’obiettivo di gestire in modo efficiente e sostenibile gli oli lubrificanti esausti provenienti da motori e macchinari. La sua importanza in Italia è significativa poiché con il suo lavoro riduce l’impatto ambientale derivante dalla loro dispersione nell’ambiente. Grazie alle sue attività, il CONOU contribuisce inolre la salvaguardia della salute pubblica, garantendo che gli oli usati vengano smaltiti in modo sicuro e conforme alle normative vigenti.

   

La sua rilevanza è nota a livello europeo poiché è un modello all’avanguardia per cui si viene rigenerato circa il 99% dell’olio lubrificante usato raccolto. Questo è un processo che comporta minori emissioni di CO2, riduzione del consumo di acqua e suolo e costi inferiori nella bolletta energetica.


Ecomondo

Ecomondo invece, è una fiera italiana che si svolge annualmente ed è diventata uno dei principali eventi nel panorama europeo dedicato all’ambiente e alla sostenibilità. La sua prima edizione risale al 1997, e da allora è cresciuta costantemente in termini di dimensioni e rilevanza. La fiera rappresenta un punto di incontro per professionisti, istituzioni, aziende e esperti del settore ambientale, offrendo uno spazio per presentare le ultime innovazioni, tecnologie e soluzioni per la gestione sostenibile delle risorse e la protezione dell’ambiente.

    

Ecomondo è importante perché offre un’ampia panoramica su tematiche cruciali come il riciclo, l’energia rinnovabile, la gestione dei rifiuti, la mobilità sostenibile e molto altro ancora. Vi partecipano aziende leader nel settore, istituzioni nazionali e internazionali, associazioni, ONG e centri di ricerca, creando un ambiente ideale per lo scambio di conoscenze e per promuovere collaborazioni. La fiera solitamente dura diversi giorni e si svolge presso il quartiere fieristico di Rimini, offrendo un’esperienza completa e immersiva per i partecipanti.

   

Ed è proprio durante la 26° edizione di questa cornice “green” e innovativa che il CONOU ha deciso di presentare un sondaggio sull’importanza dell’economia circolare. Forse si tratta di un’analisi che non riguarda l’intera popolazione visto il contesto abbastanza specifico, ma riporta pur sempre dei dati interessanti per l’ambito.

 

L’indagine per il futuro

L’indagine svolta dal CONOU presenta dei dati di vario tipo che rappresentano conoscenza e la percezione dei visitatori sul tema dell’economia circolare. Quest’ultima sembra essere una materia sempre più importante nella società odierna tanto che 8 persone su 10 la ritengono indispensabile (passando dal 74% del 2022, al 79%). Quasi 9 su 10 associano, il concetto di Economia Circolare al riciclo e recupero dei rifiuti, mentre si riduce la percentuale di persone che ha ancora un pensiero tradizionale sulla questione (dal 18% al 12%).

   

A livello demografico, rispetto al 2022, è aumentata la partecipazione di:

  • Donne, passate dal 35% al 43%;
  • Adulti, poiché il 73% è maggiore di 24 anni.

Tali cambiamenti dimostrano un approccio consapevole da parte dei cittadini, evidenziando come sempre più giovani si avvicinino a certe tematiche.

Per quanto riguarda obblighi, doveri, il 55% degli intervistati attribuisce ai governi la responsabilità di doversi far carico delle urgenze ambientali. Contemporaneamente il 35% crede che il contrasto all’emergenza climatica spetti principalmente alle industrie e alle imprese. Solo il 9% delle persone invece, pensa sia compito dei cittadini e delle organizzazioni, quello di attivarsi per cambiare le cose.

   
Come descritto con questi dati, il concetto di economia circolare sembra aver cambiato connotati nell’arco di pochi mesi. Anno dopo anno infatti, prende sempre più un’accezione positiva e fondamentale per il futuro. A maggior ragione se si parla di investimenti, non a caso il 63% degli intervistati, ritiene necessario il finanziamento di progetti di economia circolare.

 

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L’impresa agricola torna di moda tra i giovani. Ecco il nuovo bonus.

By : Aldo |Aprile 11, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’impresa agricola torna di moda tra i giovani. Ecco il nuovo bonus.

L’Italia è un paese pieno di natura, di materie prime, di tradizioni e culture.  Senza dubbio molte di queste vengono tramandate di generazione in generazione per poterle conservare anche se i tempi sono cambiati e certe usanze non trovano un vero e proprio riscontro nel presente. Tuttavia, c’è un’attività che sta prendendo piede tra i giovani che è tutt’altro che innovativa. Il settore agricolo torna in voga grazie alle nuove tecnologie e agli investimenti.

  

L’agricoltura in Italia

L’agricoltura in Italia ha radici profonde che affondano nei tempi antichi, risalendo all’epoca dell’Impero Romano e oltre. La sua diffusione ha contribuito significativamente alla formazione dell’identità nazionale e alla diversificazione culturale delle varie regioni italiane. Oggi, l’agricoltura rimane un pilastro dell’economia italiana, anche se la sua importanza relativa è diminuita rispetto al passato. Secondo dati recenti, il settore agricolo contribuisce ancora significativamente al PIL nazionale, rappresentando circa il 2% del totale, con una produzione annua che supera i 50 miliardi di euro.

   

Dal punto di vista demografico, l’agricoltura ha subito una significativa trasformazione nel corso degli ultimi decenni. Infatti, se in passato rappresentava il principale impiego per la maggior parte della popolazione, oggi il numero di agricoltori è diminuito vertiginosamente a causa dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione. Tuttavia, l’agricoltura rimane ancora un importante datore di lavoro, soprattutto nelle aree rurali, e svolge un ruolo chiave nel mantenimento delle tradizioni culturali e della biodiversità.

   

Una tradizione da rinnovare

Per quanto riguarda l’interesse dei giovani nei confronti dell’agricoltura, ci sono segnali di un nuovo interesse verso questo settore. Nel 2024, i dati indicano che circa il 15% dei giovani italiani è coinvolto direttamente o indirettamente nelle pratiche agricole. Ossia, sono veri e propri agricoltori e contadini, oppure investono in aziende agricole o progetti correlati. Tale movimento sta registrando un aumento rispetto agli anni precedenti, indicando una crescente consapevolezza dell’importanza dell’agricoltura per l’economia e l’ambiente.

   

Tuttavia, nonostante questa crescita, i giovani rappresentano ancora una minoranza rispetto agli anziani (o persone di età intermedia) nel settore agricolo. Ciò evidenzia la necessità di incentivare ulteriormente l’interesse dei giovani verso l’agricoltura e creare opportunità per il loro coinvolgimento attivo in questo settore vitale. Proprio per tale esigenza, è stata approvata una nuova legge che possa incentivare i ragazzi italiani ad intraprendere una carriera in questo settore.

   

Bonus per i giovani agricoltori

La legge 36/2024 pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 26 marzo scorso, è entrata in vigore mercoledì 10 aprile e mira a grandi incentivi per i giovani. Tale legge prevede l’istituzione di un fondo che mette a disposizione 15 milioni di euro all’anno per il cofinanziamento di programmi regionali per favorire lo sviluppo del ricambio generazionale.

   

Si articola in vari tipi di supporto per diverse tipologie di attività, ma tutti i finanziamenti hanno l’obiettivo di integrare i ragazzi nel settore agricolo. Come scritto nel paragrafo precedente, non si tratta di un incentivo alla mansione di agricoltore, ma una serie di aiuti, finanziamenti e sviluppo di progetti che possano innovare e soprattutto rendere sostenibile l’agricoltura per via del lavoro fisico e mentale dei giovani.

    

In concreto il bonus lavora in 4 principali ambiti quali:

  • Contributi a fondo perduto per chi avvia un’impresa: un fondo annuo di 15 milioni di euro per sostenere giovani imprenditori agricoli tra i 18 e i 41 anni e le imprese agricole con soci che rispettano tali requisiti. I fondi saranno erogati per l’acquisto di terreni, strutture e beni strumentali, o di aziende già operative.
  • Sconti sulle tasse per gli atti di acquisto dei terreni: riduzione del 40% delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, con il versamento del 60% rispetto alle tariffe ordinarie. Inoltre, è valido uno sconto del 50% sugli onorari notarili per gli atti di compravendita fino a 200.000 euro. Infine ci sono ulteriori agevolazioni per l’acquisto di terreni confinanti con diritto di prelazione, privilegiando giovani agricoltori con specifiche competenze (quali diploma, laurea o corsi inerenti al settore).
  • Regime forfettario per i primi cinque anni: agevolazioni fiscali per le nuove attività gestite dai giovani (a chi non ha esercitato nei tre anni precedenti altra attività d’impresa agricola), con un’imposta forfettaria al 12,5% sull’intero reddito agricolo, sostituendo Irpef e Irap.
  • Credito d’imposta per la formazione: previsto fino all’80% delle spese per corsi di formazione in gestione e innovazione agricola, valido anche per giovani imprenditori dal 1° gennaio 2021.
  • Posti riservati ai giovani nei mercati comunali: disposizioni per agevolare la commercializzazione dei prodotti delle suddette imprese, riservando loro almeno il 50% degli spazi nei mercati per la vendita diretta di prodotti agricoli gestiti dai giovani.

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Da un borgo in Friuli arriva il sistema di illuminazione circolare.

By : Aldo |Aprile 08, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Da un borgo in Friuli arriva il sistema di illuminazione circolare.
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Quando si dice che ognuno di noi può fare la differenza anche con semplici mosse, non si tratta di una falsità. Ogni cittadino del mondo ha il potere di cambiare l’ambiente che lo circonda sotto ogni punto di vista, con un impatto diverso a seconda di molteplici criteri. Ma proprio per questo concetto, possiamo parlare di un caso innovativo partito da un piccolo borgo italiano.

L’illuminazione

La transizione energetica riveste ad oggi, un’importanza cruciale per diversi motivi. Tra questi si possono citare la riduzione di emissioni di gas serra, la riduzione delle fonti di energia fossile e l’adozione di fonti rinnovabili. Tale transizione è applicabile in svariati ambiti come quello dell’illuminazione, settore in cui potrebbe fare una grande differenza. Questo ambito, a livello mondiale produce ben 200 miliardi di kg di CO2 ogni anno rappresentando più dello 0.5% delle emissioni globali. Soprattutto, se si tratta di sistemi tradizionali come le lampadine a incandescenza e le lampade fluorescenti.

   

In Italia, per esempio, si conta 1 lampione per ogni 6 abitanti, per un totale di 10 milioni di punti luce. Di questi circa 3 milioni e mezzo sono stati portati a LED, opzione che ha determinato da sola un risparmio energetico del 50%. In generale, l’investimento in sistemi di illuminazione più efficienti può portare a risparmi economici a lungo termine, oltre a contribuire alla creazione di un’economia più sostenibile e resiliente. Un esempio è il modello usato in un piccolo borgo friulano, che ha finanziato un sistema di illuminazione circolare, unico nel suo genere.

    

Il nuovo modello

Il progetto pilota concluso all’interno del borgo friulano di San Pier d’Isonzo rappresenta una vera svolta nonostante sia stato applicato ad un bacino di sole 2000 persone. Si tratta di un cambiamento che riguarda l’aspetto dell’illuminazione a 360 gradi e in chiave circolare.

   

Non a caso City Green Light una E.S.Co (Energy Service Company) ha confermato il primato del borgo che ha introdotto un’iniziativa più che sostenibile. Un programma che prevede un nuovo sistema di illuminazione creato con il 90% dei materiali provenienti dal riciclo e un risparmio energetico equivalente a quello di cinquanta famiglie. Si tratta del primo piano di illuminazione pubblica circolare ed efficace, che ha superato addirittura gli standard ambientali minimi (CAM) imposti dal governo.

   

Sarà proprio la compagnia City Green Light a gestire e mantenere gli impianti per i prossimi 9 anni, partendo con ottimi risultati che fanno ben sperare. Infatti, nel primo periodo è stato registrato un risparmio energetico superiore al 60%, rispetto al periodo precedente al progetto.

   

Il progetto in numeri

Se il piano potesse essere descritto in numeri, questi sarebbero:

  • 70% del materiale utilizzato per il nuovo sistema deriva da materie prime riciclate;
  • 1 tonnellata e mezzo è la quantità di materiale totale usato proprio grazie ad un’elevata percentuale di riciclo;
  • 407 punti luce sostituiti con altri a maggior efficienza su un totale di 503;
  • 130,54 MWh di risparmio energetico per via della sostituzione di vecchi sistemi d’illuminazione;
  • – 33,4 tonnellate di C02 non immesse nell’atmosfera.

Come ogni iniziativa di questo genere, all’avanguardia e necessaria per il futuro, quella di San Pier d’Isonzo potrebbe essere un modello al quale rifarsi. Anche perché, riducendo i consumi e le emissioni del sistema di illuminazione, se ne riduce l’impatto e quindi l’inquinamento luminoso.

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Pannelli fonoassorbenti dalle potature di ulivo. Ecco l’idea siciliana, sviluppata a Torino.

By : Aldo |Aprile 04, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Pannelli fonoassorbenti dalle potature di ulivo. Ecco l’idea siciliana, sviluppata a Torino.

Che la natura ci regala tutto ciò di cui abbiamo bisogno non è più un segreto. Ma proprio per questa enorme fortuna abbiamo il dovere di usare le risorse che ci dona nel migliore di modi. Ed è qui che entra in gioco la sostenibilità in ogni campo. In questo caso si parla del riuso di scarti agricoli per la creazione di pannelli fonoassorbenti.

   

L’importanza dell’ulivo

L’ulivo riveste un ruolo centrale nel Mediterraneo, non solo come pianta simbolo di tradizione e identità culturale e religiosa. È fondamentale anche a livello economico e ambientale. Pianta riconosciuta e valorizzata sin dall’antichità, l’ulivo e i suoi frutti costituiscono un elemento chiave della dieta mediterranea, celebrata per i suoi benefici per la salute. Nel 2023, l’Unione Europea ha dichiarato che la produzione di olio di oliva ha generato circa 8 milioni di tonnellate di scarti, i quali rappresentano circa il 30% del volume totale di olive lavorate.

   

Questo tema è rilevante soprattutto in Italia, il principale paese produttore di olio d’oliva in Europa che annualmente produce 3 milioni di tonnellate di scarti. Tuttavia, questi ultimi vengono sfruttati in maniera creativa ed efficiente, usando al 100% la risorsa, riducendo i rifiuti e quindi aiutando il pianeta. Per esempio, si usa la sansa come fertilizzante organico o per produrre energia attraverso processi di biomassa. O ancora le vinacce possono essere impiegate nella produzione di grappe e liquori, come materia prima per cosmetici e prodotti farmaceutici. Nei “rifiuti” di questo settore, possiamo considerare anche le potature, tema dell’articolo e dello studio in collaborazione tra Alcamo e Torino.

    

L’osservazione della tradizione

Un’osservazione semplice, ma illuminante, ha portato a un’idea innovativa nel campo dell’edilizia e delle nuove tecnologie.  Rossella Cottone, studentessa di Architettura al Politecnico di Torino, ha notato un contadino che bruciava potature di ulivo nei campi, scatenando la sua curiosità sul motivo dietro a tale pratica secolare. Ovviamente si tratta di processi che nel tempo si sono consolidati e fanno parte della tradizione contadina, che non per questo siano postivi per l’ambiente. Tuttavia, proprio grazie a tale incontro, la studentessa ha colto il grande potenziale della materia che aveva di fronte.

    

Così Louena Shtrepi, docente della studentessa, insieme a Valentina Serra, del Dipartimento Energia e Simonetta Pagliolico del Dipartimento di Scienze Applicate e Tecnologia, hanno deciso di studiare a fondo questa tematica. Pertanto, hanno articolato uno studio sulla trasformazione di uno scarto agricolo in un nuovo materiale, utile per l’edilizia, prendendo spunto proprio dalla tesi di laurea di Rossella Cottone.

     

Dagli scarti all’edilizia

Il processo di trasformazione si basa sull’utilizzo del cippato ottenuto dagli dagli scarti delle potature di ulivo come materiale sfuso, un prodotto naturale sena altri elementi che limitano le lavorazioni. Questa è un’attenzione molto importante in processi simili, poiché consente di preservare e garantire le caratteristiche del materiale originale. Quindi una volta raccolti rami e foglie, si combina tutto con vari processi che portano alla formazione del cippato, che unito a sua volta forma un nuovo materiale. A questo punto si esegue un trattamento ignifugo poiché si parla sempre di materiale combustibile e da lì nasce la nuova “materia prima”. 

   

Il prodotto ottenuto è poroso con caratteristiche simili a quelle di altri materiali acustici, ovvero a fibre di poliestere. Questo consente il suo impiego nel campo dell’edilizia, precisamente in quello dell’isolamento acustico da rumori esterni. Infatti, può essere usato negli interni di appartamenti, come rivestimenti in uffici, scuole e studi di registrazione. Per di più, le cavità del materiale permettono valori di assorbimento superiori a 800 Hz, con i massimi a 1600 Hz e 4000 Hz, e il minimo a 3150 Hz.

   

Conclusioni

La produzione di pannelli fonoassorbenti con questa nuova materia potrebbe togliere tonnellate di scarti dall’ambiente ma non solo. Potrebbero consentire l’isolamento acustico a prezzi modici, quindi anche in questo caso la sostenibilità ci viene incontro in ambito economico e sociale. Anche perché i pannelli in questione, durano tanto quanto il legno, soprattutto se si tratta di applicazioni in spazi interni, quindi meno esposti alle varie condizioni ambientali che variano all’aperto.

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New York: il consigliere Gennaro propone una legge contro le capsule per il bucato.

By : Aldo |Marzo 25, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su New York: il consigliere Gennaro propone una legge contro le capsule per il bucato.

Abbigliamento e fast fashion, fibre sintetiche, bassi prezzi e produzioni che hanno un elevato impatto sull’ambiente. Ormai non c’è dubbio che le microplastiche ritrovate in mare siano correlate principalmente al nostro abbigliamento e quindi al suo lavaggio. Ora però la lotta si è ampliata alle famose pods.

   

Microplastiche nel mondo

Le microplastiche derivanti dal lavaggio di tessuti rappresentano un’importante e preoccupante fonte di inquinamento ambientale su scala mondiale. Le stime affermano che, circa il 35% delle microplastiche presenti nei mari e negli oceani derivino direttamente dal rilascio di fibre plastiche durante il lavaggio dei tessuti. Questo fenomeno è particolarmente diffuso in tutto il mondo che purtoppo consente alle microplastiche di infiltrarsi nei cicli naturali dell’acqua diventando una minaccia per tutti gli esseri viventi, uomo compreso.

    

A livello europeo, non cambiano le percentuali previste per l’intero pianeta. Anche qui, il particolato correlato alle microfibre di plastica costituisce fino al 30% delle microplastiche rilevate nei sedimenti marini e costieri dell’Unione Europea. Questo problema è stato riconosciuto dall’UE, che ha adottato misure per contrastare l’inquinamento da microplastiche, tra cui normative per ridurre l’uso di microplastiche nei prodotti e per migliorare la gestione delle acque reflue contenenti microplastiche. Neanche l’Italia si sottrae a tale tendenza, poiché il 20% delle microplastiche presenti nel Mediterraneo sono costituite da fibre di tessuto.

    

Si tratta quindi di un problema che va affrontato e risolto urgentemente a livello mondiale, con politiche e nuove norme anche per le grandi aziende tessili. Quello che possiamo fare noi cittadini è semplice: prestare attenzione alle etichette dei vestiti, comprare il più possibile tessuti naturali e non solo. Una mossa importante è quella di scegliere adeguatamente i detersivi, questa è la lotta intrapresa dalla startup Blueland e dal consigliere municipale Democratico James Gennaro.

    

La proposta di legge di New York

Il consigliere municipale Democratico James Gennaro ha presentato una legge dal nome “Pods Are Plastic”. La campagna mira a portare l’attenzione su prodotti di uso comune come le pods, piccole capsule contenenti vari tipi di detersivi usate per i lavaggi in lavatrice. Con tale legge il consigliere vuole ribadire un concetto semplice a volte trascurato, ossia che anche queste pods sono composte di plastica, in particolare di PVA o PVOH (alcool polivinilico).

    

Si tratta di plastica, sintetica a base di petrolio e dunque inquinano tanto quanto gli altri tipi di plastica, come ricordato nello studio dei ricercatori dell’Arizona State University. L’analisi da loro compiuta nel 2021 ha incrementato l’attenzione su questo tema, con grande impegno per sensibilizzare sempre più cittadini. Tuttavia, a questa proposta, le aziende hanno risposto in maniera negativa o con dati riferiti ad analisi della American Cleaning Institute. Quest’ultimo si è fatto portavoce delle aziende, ribadendo che

il PVA si scompone in componenti non tossici, rendendolo un’alternativa più sostenibile alle plastiche tradizionali, quando viene esposto all’umidità e ai microrganismi”.

Tuttavia, secondo lo studio universitario, il 77% del PVA (circa 8mila tonnellate all’anno) che arriva negli impianti di trattamento delle acque reflue viene poi rilasciato intatto nell’ambiente. Questo succede perché spesso non ci sono i microrganismi giusti negli impianti. Oppure il tempo di permanenza del materiale è troppo breve, con un massimo di una settimana, quando sarebbero ideali 60 giorni, per una degradazione del 90%.

   

Le critiche

Alla proposta di legge del consigliere Gennaro, ha risposto lo stesso American Cleaning Institute, che invece lo accusa di aver supportato la sua proposta con dati non veritieri. Ed inoltre afferma che la stessa startup Blueland, abbia creato una campagna di disinformazione sul tema, servendosi proprio della ricerca dell’Arizona State University.

    

Un’altra forte opposizione arriva dall’ U.S. Environmental Protection Agency, la quale ha rigettato ogni richiesta dell’impresa, riguardante la rimozione del PVA dall’elenco delle sostanze chimiche sicure. L’ente nazionale ha affermato che le base dati sarebbero incomplete e che gli studi invece confermino la sicurezza del composto.

   

L’unica cosa su cui concordano tutti i ricercatori è che la sorgente di diffusione di microplastiche più vicina ai cittadini è la lavatrice. I dati sono certi e nel 2019 si paralava di ben 1,5 milioni di microfibre di plastica per kg di tessuto lavato. Microparticelle che poi arrivano in mare ogni anno, con un peso specifico tra i 200.000 e le 500.000 tonnellate.  Nel frattempo, Blueland si fa strada nella sostenibilità con la produzione di prodotti di detersione in compresse vegane, prive di PVA, parabeni, fosfati, ammoniaca, candeggina, ftalati e tanti altri elementi chimici nocivi per l’ambiente.  

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Ecopneus: il progetto sul riciclo dei PFU che premia le scuole.

By : Aldo |Marzo 21, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Ecopneus: il progetto sul riciclo dei PFU che premia le scuole.

La formazione dei ragazzi è la soluzione più efficace per crescere delle persone che abbiano una consapevolezza del loro ruolo nel mondo e di quello che li circonda. Per questo sono molto importanti progetti ed iniziative scolastiche che riguardino tutti gli ambiti della vita di una persona, dall’aspetto personale, sportivo a quello di educazione civica, come il progetto Ecopneus.


Il problema dei PFU

I Pneumatici Fuori Uso (PFU) rappresentano un’importante categoria di rifiuti nell’ambito dell’economia circolare. Nel mondo, si stima che vengano generati circa 1,5 miliardi di PFU ogni anno, con una percentuale significativa proveniente dall’Europa. Secondo i dati più recenti, l’Europa produce circa il 25% dei PFU mondiali, pari a circa 375 milioni di pneumatici all’anno. In Italia, invece, se ne generano approssimativamente 180.000 tonnellate annue rappresentando circa il 12% del totale europeo.

Queste cifre sottolineano la necessità di nuove ed efficaci strategie di gestione dei rifiuti, del loro riciclo e riutilizzo per uno smaltimento corretto e sostenibile dei PFU. Ad oggi ci sono varie tecniche di riciclo di questo materiale tra le quali:

  • Triturazione e granulazione, che consentono il loro impiego nell’edilizia o nel settore stradale o ancora per la produzione di tappeti per parchi giochi e pavimentazioni in gomma;
  • Riciclo del tessuto in fibra, sempre usata per tappeti, materassi o isolamento acustico;
  • Riciclo dell’acciaio e della fibra di nylon, materiali estratti dagli pneumatici, recuperati e usati in altri settori.

In particolare, la prima soluzione è stata al centro di un grande progetto nelle scuole italiane volto alla sensibilizzazione sul tema del riciclo dei PFU. Il programma è stato promosso dalla società Ecopneus che ha conferito premi “unici” alle scuole.

   

Ecopneus

Ecopneus è una società senza scopo di lucro, responsabile del rintracciamento, della raccolta, del trattamento e del recupero degli Pneumatici Fuori Uso (PFU) in Italia. Venne fondata dai principali produttori di pneumatici nel paese, ed è obbligata secondo l’articolo 228 del Decreto Legislativo 152/2006 a gestire una quantità di PFU equivalente a quella immessa nel mercato nell’anno precedente, seguendo il principio della Responsabilità Estesa del Produttore. Inoltre, si occupa del loro tracciamento e della rendicontazione verso le autorità, oltre a promuovere l’uso della gomma riciclata e sensibilizzare sul riciclo. Il suo obiettivo è quello di garantire il recupero di circa 200.000 tonnellate di PFU all’anno.

    

Attualmente, conta 50 soci, ossia aziende di produzione o importazione di pneumatici che si sono volontariamente affiliate a Ecopneus.  La società venne incaricata di questo ruolo nel 2011, poiché mancava un sistema nazionale strutturato per la gestione completa dei PFU. Quindi con questo investimento si assistì ad un grande cambiamento, visto che ogni anno in Italia circa 350.000 tonnellate di pneumatici, equivalente a oltre 38 milioni di pneumatici per auto, raggiungono la fine della loro vita utile.

    

Da quel momento la filiera è organizzata su un modello innovativo che racchiude una rete di aziende qualificate, incaricate di tutte le operazioni necessarie. Quindi dalla raccolta al trasporto dei PFU agli impianti specializzati per il trattamento e il recupero, garantendo il raggiungimento degli obiettivi ambientali al minimo costo. Ecopneus però è anche impegnata molto nella sensibilizzazione sul tema e proprio dal 2012 porta avanti questo programma anche nelle scuole per mezzo di differenti iniziative.

 

I progetti educativi nelle scuole

Ecopneus in collaborazione con Legambiente, hanno creato un programma di sensibilizzazione sul tema dei PFU diffuso in tutta Italia. Ad oggi ha coinvolto 11 regione italiane, circa 12.000 studenti e 4.200 docenti e inoltre ha donato ben 11 superfici sportive per la riqualifica delle palestre. In più ha dotato le suole di nuove infrastrutture sostenibili e performanti che rappresentano spazi sportivi e di aggregazione. I beneficiari di tali opere sono i giovani studenti e gli atleti delle associazioni sportive territoriali. Questa volta, hanno partecipato le scuole secondarie di primo e di secondo grado dell’Umbria. Gli educatori di Legambiente hanno aiutato i ragazzi ad approfondire i temi del riciclo in generale e della gomma riciclata da PFU nello specifico.

    

A vincere la XII edizione del premio sono state le classi dell’Istituto Comprensivo Pianciani-Manzoni di Spoleto con il video Nuova vita ai PFU-Ecopneus sei un eroe e quelle del Liceo Linguistico Gandhi di Narni Scalo con il video Destinazione Futuro. I lavori dei ragazzi erano incentrati sul corretto riciclo del materiale in esame e sono stati giudicati dai tecnici del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di Ecopneus e Legambiente. La società, quindi, premierà le due scuole, con un campo da basket 3×3 in gomma riciclata, per promuovere anche la legalità e la tutela ambientale.

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Con il cambiamento climatico cambiano anche i sistemi assicurativi.

By : Aldo |Marzo 18, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Con il cambiamento climatico cambiano anche i sistemi assicurativi.

Come sottolineato più volte, il cambiamento climatico comporta delle modifiche in tantissimi ambiti. Eppure, ogni giorno si parla di un nuovo settore in cui si riscontrano nuove problematiche e/o innovazioni correlate a questo tema. Oggi si parla anche delle assicurazioni.


I danni dei fenomeni estremi

Negli ultimi anni, i danni legati ai cambiamenti climatici hanno raggiunto cifre allarmanti. Nel 2023, in particolare, si è registrato un significativo aumento rispetto agli anni precedenti incrementando esponenzialmente i costi economici ad essi correlati. I numeri da capogiro sono tali da gravare pesantemente sul bilancio delle nazioni coinvolte. In Italia, gli eventi estremi si sono moltiplicati, con un numero record di disastri naturali come alluvioni, ondate di calore, e incendi boschivi. Questi hanno causato danni devastanti alle infrastrutture, all’agricoltura e alla vita delle persone.

    

Pertanto, si rafforza la necessità di adottare misure concrete per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici, poiché il costo umano, economico e ambientale continua a crescere in modo inarrestabile. Il peso economico di tali fenomeni viene studiato ed è diventato una tematica rilevante anche nell’ambito delle assicurazioni, con non pochi dubbi, richieste e scontri di pensiero.

    

Il cambiamento delle assicurazioni

Le assicurazioni di tutto il mondo sono ormai entrate in un vortice che riguarda i risarcimenti per danni legati ai fenomeni estremi, riconducibili al cambiamento climatico. La questione risulta complicata poiché nello stesso momento le compagnie stanno aumentano le franchigie e i premi ed alcune addirittura negano le coperture, con conseguenze che ricadono su cittadini ed imprese.

   

Sebbene non si tratti di una questione semplice è ancora più complicato spiegare i movimenti finanziari e le decisioni alla base di tale mercato, tanto da coniare un termine: uninsurability crisis. Un esempio che può spiegare la situazione è quello riguardante la Florida, dove i prezzi delle assicurazioni per le case sono triplicati. A causa dell’aumento della frequenza degli uragani e della loro potenza, si è passati dai 1988 dollari del 2019 ai 6.000 dollari di oggi.  

   

Sicuramente la Penisola italiana non ha registrato gli stessi danni degli Stati Uniti, ma l’allerta è aumentata da qualche anno. Difatti, dopo le grandinate dello scorso luglio, sono arrivate tantissime segnalazioni dei cittadini che addirittura non riuscivano più ad acquistare coperture per gli eventi atmosferici, vista l’enorme domanda. Fino al 2022 si trattava di un anno stabile, mentre il 2023 ha registrato delle cifre oltre le previsioni, tanto da far dubitare gli esperti sull’eccezionalità della questione.

 

Il sistema assicurativo

Le assicurazioni funzionano poiché esiste il concetto di “mutualità”. Per tale sistema, ci si assicura per tutelarsi dall’imprevisto (che nella gran parte dei casi non si verificherà). Tuttavia, la somma dei premi raccolti consente di risarcire chi riporta il danno: si tratta di una scommessa (calcolata con modelli matematici) per le compagnie e per il singolo, che però alimentano un sistema globale. Quindi se si verifica un uragano, si registreranno perdite ingenti, che saranno compensate comunque dalla raccolta dei premi effettuata in altre aree. Così non si ci sono problemi per il riassicuratore.

   

Sebbene si tratti di un sistema consolidato, si evidenziano le lacune quando si tratta di danni legati al clima, poiché aumenta la frequenza e la potenza degli eventi nello stesso momento in tutto il mondo. In questo caso, non ci si può rifare al concetto di mutualità e per questo diventa difficile calcolare nuove polizze, nuovi premi o contratti.  Soprattutto perché gli obiettivi degli assicuratori è quello di continuare a garantire tali protezioni al cliente, senza venire meno alle logiche economiche del mercato.

   

C’è da dire però, che il rialzo dei premi non dipende solamente dal fattore climatico ma anche dall’inflazione e da tutti i fenomeni macroeconomici globali. Lo Stato italiano si è mosso in questo senso, con la nuova legge di bilancio, la quale impone che le imprese si assicurino contro i rischi catastrofali entro la fine del 2024. Così facendo il bacino dei clienti viene ampliato consentendo lo sviluppo del concetto di “mutualità”.

   

Considerazioni generali

Le perdite economiche globali (calcolate per il 2022) per danni correlati a quattro tra i fenomeni meteo principali (inondazioni, cicloni tropicali, tempeste invernali in Europa e temporali di grande intensità), ammontano a ben 200 miliardi di dollari. Dove solo gli USA ne contano 97 miliardi, mentre l’Italia è al 17° posto con 2.3 miliardi (0.11% del PIL).

   

Il trend dei fenomeni estremi aumenta, ma quelli come la grandine a luglio, sono dei rischi impliciti per chi fa assicurazione. Il caso è diverso se gli eventi sono di portata e frequenza maggiore, per cui è necessario diminuire la vulnerabilità. Per far si che si riduca la vulnerabilità c’è bisogno di investimenti nelle opere di adattamento di ogni Paese, o almeno questo è quello che alcuni gruppi affermano.

    

C’è chi invece è contrario a tale dichiarazione, che sembra quasi uno scaricabarile sugli Stati. Difatti, evidenziano come proprio le assicurazioni finanzino spesso e volentieri attività ed economie che alimentano il cambiamento climatico, come le estrazioni di combustibili fossili. Nonostante ciò, imporre alle compagnie assicurative e ai suoi clienti di ridurre le emissioni, non sembra essere una buona strategia. Questo perché l’obbligo ha portato ad un aumento delle polizze, gas e altri servizi.

   
Sicuramente è un argomento delicato, fatto di tantissime ipotesi, rischi e calcoli matematici. Non si tratta di un tema facilmente comprensibile per tutti, ma in qualche modo, parlarne può potare ad una maggiore sensibilizzazione di tutto il mondo.

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La UEFA introduce il “Carbon footprint calculator” per cambiare il mondo del calcio.  

By : Aldo |Marzo 11, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su La UEFA introduce il “Carbon footprint calculator” per cambiare il mondo del calcio.  

La sostenibilità è un argomento sempre più importante dei nostri giorni, dalla quotidianità dei cittadini agli investimenti delle aziende. Di recente però, questo tema ha raggiunto un grande settore nell’ambito dello sport europeo, la UEFA.

L’impatto del calcio

Il calcio ha una grandissima influenza sulla società e l’economia internazionale. È probabilmente lo sport più seguito e popolare con oltre 4 miliardi di fan in tutto il mondo, un gioco che unisce tutti ed elimina qualsiasi tipo di barriere linguistiche, culturali e socioeconomiche. In questo modo contribuisce alla coesione sociale e comunitaria (nonostante ultimamente si siano verificate situazioni spiacevoli sotto questo punto di vista).

Tale portata è riflessa, anche in modo ampliato, all’economia globale, non a caso le entrate mondiali legate a questo sport hanno toccato i 30 miliardi di dollari annui. Tale processo è definito attraverso le grandi competizioni, come le famose “Coppe” della FIFA, la UEFA, la Champions Legue, l’Europa Legue e tanto altro. Questi eventi hanno un enorme impatto sociale, mediatico, turistico e dunque economico perché i tifosi si spostano, conoscono nuovi luoghi, frequentano ristoranti e alloggiano in hotel, compreranno gadget ed altro.

Sebbene sia una macchina gigante con alle spalle un mercato infinito, non sono solo questi gli ambiti in cui ha un impatto rilevante. Infatti, il calcio, con le sue molteplici attività, iniziative ed altro ha un grande impatto anche sull’ambiente: emissioni di carbonio, consumo di risorse naturali, trasferte, sono solo alcuni dei fattori analizzati.

Il “calcio” all’ambiente

Come citato pocanzi, sono tantissime le attività correlate al calcio, che hanno degli effetti più o meno negativi sul pianeta. In primis si parla di trasferte, che rappresentano il 40% dell’inquinamento ambientale correlato alla mobilità dei tifosi, mentre una partita europea produce ben 4,2 tonnellate di emissioni di CO2 (750 ton l’anno). Senza contare quanto spazio occupano le infrastrutture degli stadi che determinano una maggiore urbanizzazione e all’uso intensivo del suolo, con conseguenti impatti sulla biodiversità e sulle risorse idriche. E poi ovviamente i consumi di energia e tutti i servizi necessari a supportare migliaia di persone ogni weekend negli spalti.

Ovviamente tutto ciò non vuol dire che il calcio abbia solo lati negativi, ma allo stesso tempo ha un’influenza talmente importante che, se potesse apportare dei cambiamenti potrebbe fare veramente la differenza.

Già alcune società hanno iniziato a investire nelle energie rinnovabili per alimentare i propri stadi ma serve di più. Ed è per questo che la UEFA ha presentato il nuovo progetto, per cambiare il settore calcistico e migliorare la sua sostenibilità.

Carbon footprint calculator

Proprio il 6 marzo la UEFA ha presentato il progetto al quale lavorava da ben 2 anni: il cabron footprint calculator. Si tratta del primo calcolatore di impronta carbonica dedicato a tutte le organizzazioni calcistiche europee, uno strumento che le guiderà ad una maggiore sensibilizzazione e approccio alle innovazioni green nel settore. Il programma è stato introdotto dal direttore Social and Environmental Sustainability Michele Uva, durante una conferenza all’Emirates Stadium di Londra, che ha descritto tutte le novità e le iniziative di tale progetto.

Come prima cosa bisogna sottolineare che l’iniziativa promuove un software gratuito che permetterà a tutti i club e federazioni di seguire un metodo unico e certificato, per calcolare la propria impronta. Il programma è basato sul GHG Protocol, un metodo di calcolo certificato a livello internazionale che aiuta aziende, società, amministrazioni ed enti nel conteggio della CO2 emessa. La particolarità di questo progetto riguarda il coinvolgimento delle squadre stesse come l’Arsenal, la Roma e il Manchester City, le Federazioni calcio francese, olandese, austriaca, la Premiere League ma anche l’ONU e l’UNFCCC.

Per quanto riguarda le principali voci di emissioni di CO2 considerate, si citano:

  • la costruzione di nuovi stadi;
  • gli spostamenti di squadre e tifosi;
  • l’elettricità consumata durante gli eventi;
  • la gestione dei rifiuti.

Si tratta di poche voci ma significative, soprattutto quella legata agli spostamenti che sappiamo non essere proprio attenti all’ambiente e ai consumi di energia. Anche perché tutto questo non vale solo ed esclusivamente per i grandi club, ma anche per tutto il mondo dilettantistico o professionale ma di categoria inferiore. Infatti, si conta che ogni settimana 40 milioni di ragazzi in Europa giochino a calcio: questo significa che si spostano, muovendo famiglie e staff. Se poi ci aggiungiamo anche i 450 mila tifosi l’anno per la UEFA, il quadro della situazione è abbastanza chiaro.

In conclusione

Il progetto mira a cambiare l’impegno del calcio, per far si che la sua grande influenza possa anche portare un beneficio ambientale e quindi un miglioramento della vita di tutti. L’idea è quella di calcolare le emissioni di CO2 della finale di Champions, per poi moltiplicare quella quantità per il prezzo di una tonnellata di anidride carbonica (attualmente tra i 50 e i 60 euro, ndr). Così facendo si raccoglierebbe una somma destinata a finanziare progetti sostenibili, nelle squadre di territori più difficili o di piccole squadre, per aiutarle a migliorarsi. Quindi in occasione dei Campionati europei in Germania, è stato aperto un fondo per aiutare  i club dilettantistici che investono sull’ambiente. Un piano da 7 milioni di euro che conta già 1700 richieste.  

  

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Nasce il nuovo database per la neutralità climatica delle regioni italiane.

By : Aldo |Marzo 07, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Nasce il nuovo database per la neutralità climatica delle regioni italiane.
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Che l’Europa si stia muovendo per una neutralità climatica è evidente. Norme, iniziative e obblighi sono all’ordine del giorno e dovrebbero essere anche per i suoi Stati membri. In Italia, per esempio, si è palesata la volontà di monitorare maggiormente le condizioni delle regioni in questo senso. Ecco perché è nato il database CIRO.

    

Neutralità climatica

La sfida della neutralità climatica rappresenta un obiettivo cruciale per il quale, il mondo intero, considera urgente la necessità di ridurre le emissioni di gas serra e mitigare i cambiamenti climatici. In Italia, il percorso verso la neutralità climatica è iniziato con l’adozione di diverse iniziative chiave, tra cui l’approvazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile nel 2017 e l’impegno nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) nel 2020.  Questi testi fissano obiettivi ambiziosi, sebbene la strada verso la neutralità climatica sia ancora lunga e con grandi sfide da affrontare.

    

Ad oggi, l’Italia ha fatto progressi importanti in questo senso con una riduzione delle emissioni di CO2 del 27% rispetto ai livelli del 1990. Tuttavia, c’è ancora molto da fare per raggiungere gli obiettivi stabiliti e superare le sfide legate alla decarbonizzazione di settori dell’economia fondamentali, come l’energia, i trasporti e l’industria. Tale transizione richiederà un enorme sforzo e impegno costante da parte di tutti, dal governo ai cittadini per mezzo di nuove politiche, abitudini e adeguati finanziamenti.

    

Il database CIRO

Italy for Climate ha scelto otto “temi” per valutare le prestazioni climatiche delle Regioni italiane, tra cui emissioni, energia, rinnovabili, edifici, industria, trasporti, agricoltura e vulnerabilità. Questi ambiti sono considerati fondamentali per valutare i progressi verso la neutralità climatica dei territori ma non solo. Sono necessari per comprendere gli effetti delle azioni intraprese finora a livello locale, ma anche i rischi derivanti dal riscaldamento globale a seconda dell’area e delle comunità.

     

Per rendere questo monitoraggio possibile è stato inventato CIRO (il database delle Regioni sul clima) il quale ha identificato due o più “indicatori chiave” per ciascun tema. Così facendo è in grado di mostrare una panoramica aggiornata e dettagliata dei cambiamenti nel tempo. Italy for Climate, per questo programma si è avvalsa dei dati di istituzioni italiane autorevoli nel settore dell’ambiente, dell’energia e della mobilità, tra cui Ispra, Istat, Enea, Gse, Terna, Aci, Mims, Mipaaf. In tal modo le istituzioni sono capaci di migliorare le condizioni del proprio territorio con nuove pratiche per affrontare la sfida della neutralità climatica. Le 8 tematiche evidenziate dall’istituzione, comprendono ben 26 indicatori su cui nasce CIRO.

   

Le emissioni

Gli indicatori considerati per valutare le emissioni in una regione includono le “Emissioni pro capite di gas serra”, che considerano i livelli di consumo energetico, l’uso di fonti fossili, e le attività industriali e agricole, e gli “Assorbimenti”, che misurano le emissioni di gas serra assorbite dai sistemi naturali, soprattutto forestali, in rapporto alla superficie regionale. Valori negativi indicano che le emissioni superano l’assorbimento, come nel caso della Sicilia.

    

Per l’energia Energia e le rinnovabili

In questo caso si valutano i consumi energetici regionali considerando:

  • i consumi finali pro capite, che rappresentano il fabbisogno energetico individuale e includono contributi da tutti i settori,
  • il mix energetico primario ossia la percentuale di energia derivante da fonti, sia fossili che rinnovabili, per soddisfare il fabbisogno energetico regionale.

Secondo dei dati già 14 regioni italiane sono coal free (quindi non consumano più carbone).

Mentre per le fonti energetiche rinnovabili, l’Italia si concentra sullo sviluppo dell’eolico, del solare e dell’idroelettrico. Tra i suoi indicatori sono compresi:

  • La quota di consumi energetici da rinnovabili;
  • Nuovi impianti rinnovabili;
  • Comunità energetiche rinnovabili (attivate nel 2022). Il Veneto si distingue per la maggioranza di 13 nuove.

Per le infrastrutture e trasporti

Per gli edifici si ha una suddivisione in 4 parti quali:

  • Emissioni pro capite di gas serra degli edifici;
  • Consumi di energia degli edifici;
  • Quota di consumi elettrici negli edifici;
  • Quota di edifici in classe A.

In questo caso per mancano i dati della Campania e della Sardegna. Insieme alle infrastrutture, i trasporti rappresentano un punto cruciale della transizione. Infatti, in questo caso gli indicatori riguardano:

  • Emissioni pro capite di gas serra dei trasporti
  • Numero di automobili (ogni mille abitanti)
  • Passeggeri trasportati dal trasporto pubblico locale
  • Quota di auto elettriche nelle nuove immatricolazioni

Per il settore industriale, agricolo e la vulnerabilità 

Anche nell’industria ha il suo dovere e deve portare le sue modifiche e a tal proposito si parla si individuano i seguenti criteri:

  • Emissioni di gas serra dell’industria per valore aggiunto: tonnellate di CO2 equivalente emesse per milione di euro di valore aggiunto dei settori manifatturiero e edile:
  • Consumi di energia per valore aggiunto: tengono conto di tutte le fonti fossili e rinnovabili (come le biomasse), oltre che dei consumi elettrici.

Per concludere si cita anche il settore dell’agricoltura che come già evidenziato ha un grande impatto nell’ambito delle emissioni. Anche qui ritroviamo le emissioni pro capite seguite dai “capi bovini allevati (ogni 1000 abitanti)”, la “quota di agricoltura biologica” e “l’utilizzo di fertilizzanti” (kg di azoto per ettaro). E infine si descrive la vulnerabilità, per descrivere quali aree e regioni siano più soggette a danni ed effetti del cambiamento climatico in base al tasso di consumo del suolo e delle perdite della rete idrica e la quota di popolazione esposta al rischio alluvione.

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