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World Energy Outlook 2024. Le rinnovabili sono il futuro.

By : Aldo |Ottobre 20, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su World Energy Outlook 2024. Le rinnovabili sono il futuro.

Che le rinnovabili stiano prendono sempre più piede nel mondo, è oggettivo. Tale crescita è spinta sicuramente da molteplici ragioni, tra le quali la limitata disponibilità di risorse, i nuovi conflitti e le tensioni geopolitiche. Soprattutto quest’ultime, fanno riflettere maggiormente sulla sicurezza energetica di ogni paese. Tutto ciò è stato affrontato nel World Energy Outlook 2024, che dimostra quali saranno le sorti del settore, nei prossimi anni.

World Energy Outlook

Il World Energy Outlook (WEO) è una pubblicazione annuale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) che offre un’analisi approfondita e proiezioni sullo scenario energetico globale. Solitamente, l’analisi del WEO si sofferma sulle tendenze in atto nel settore energetico, identificando i principali fattori che influenzano la domanda e l’offerta di energia a livello mondiale. Grazie a questo rapporto si presenta una visione d’insieme delle sfide e delle opportunità che caratterizzano la transizione energetica. Analogamente si analizza l’impatto delle politiche energetiche, delle innovazioni tecnologiche e dei cambiamenti climatici sul sistema energetico. Si tratta, di uno strumento fondamentale per governi, imprese e investitori per comprendere le dinamiche del mercato energetico e definire strategie in un contesto in continua evoluzione.

Mercoledì 16 ottobre è stata pubblicata l’analisi del 2024, la quale ha portato una maggiore luce su quello che sarà il futuro dell’energia. In particolare, si evidenzia l’importanza dei questa risorsa a livello globale e quanto influenza i rapporti internazionali tra Stati. Di certo alcune cose non sono una novità, ma anche quest’anno le rinnovabili sono cresciute ad una velocità inaudita.

Lo studio e i suoi temi

Lo studio discute attraverso vari scenari, le prospettive future e globali dell’energia, con particolare attenzione alla sicurezza energetica, alla sostenibilità e alla transizione verso le energie pulite. Questi quadri dimostrano i percorsi che il settore energetico potrebbe seguire, le azioni politiche per raggiungerli, le loro implicazioni per i mercati energetici. Ma anche la sicurezza, le emissioni e per le vite e i mezzi di sussistenza delle persone.  

In particolare, vengono presentate tre panoramiche riguardanti:

  • politiche dichiarate (STEPS) che si basa sui dati di mercato più recenti, sui costi delle tecnologie e su un’analisi approfondita delle politiche in vigore nei vari paesi del mondo.
  • impegni annunciati (APS) esamina cosa accadrebbe se tutti gli obiettivi nazionali in materia di energia e clima, inclusi quelli di zero emissioni nette, fossero raggiunti pienamente e puntualmente.
  • emissioni nette zero entro il 2050 (NZE), la quale delinea un percorso sempre più stretto per raggiungere le emissioni nette zero entro la metà del secolo, limitando il riscaldamento globale a 1,5 °C.

Geopolitica

In questo periodo storico i rischi geopolitici sono vari forse troppi e pertanto il panorama energetico mondiale sta vivendo una profonda trasformazione. Da un lato, la geopolitica instabile e le tensioni internazionali portano ad una situazione di incertezza e aumentano i rischi per la sicurezza energetica. Dall’altro, l’offerta abbondante di combustibili fossili e la sovraccapacità produttiva delle tecnologie pulite (in particolare per il fotovoltaico solare e le batterie).

Di conseguenza si intensifica la competizione tra le diverse fonti energetiche dove i prezzi dei combustibili restano stabili, mentre quelli delle tecnologie pulite diminuiscono. Sebbene in questo modo risultino sempre più competitive, non sarà semplice mantenere e accelerare la transizione con prezzi più bassi per i fossili. Sicuramente saranno decisive le scelte dei consumatori e le politiche di governo, che avranno un forte impatto sulla lotta ai cambiamenti climatici e sulla sicurezza energetica a lungo termine.


La transizione alle energie pulite

Come anticipato, l’energia pulita sta entrando nel sistema energetico con rapidità senza precedenti. Nel 2023 sono stati aggiunti oltre 560 GW di nuova capacità rinnovabile e gli investimenti in tali progetti, hanno raggiunto quasi 2.000 miliardi di dollari all’anno. Si tratta di investimenti duplicati rispetto a quelli per nuove forniture di petrolio, gas e carbone. Dopo una breve crescita post-Covid, i costi delle tecnologie pulite stanno nuovamente diminuendo, favorendo un aumento della capacità di generazione rinnovabile da 4.250 GW attuali a quasi 10.000 GW nel 2030.

Nonostante, si resta sempre sotto l’obiettivo fissato alla COP28, si prevede che questo nuovo raggiungimento sarà sufficiente per coprire la domanda globale di elettricità e ridurre la dipendenza dal carbone. Tuttavia, l’accelerazione della transizione è soggetta alle politiche governative e dalle strategie industriali, di cui l’efficienza è ancora incerta. Non a caso dal 2020, sono state introdotte 200 misure commerciali (maggiormente restrittive) legate alle tecnologie per l’energia pulita, rispetto alle 40 dei cinque anni precedenti. Comunque, entro il 2030, le fonti a basse emissioni, comprese quelle nucleari, produrranno più della metà dell’elettricità mondiale.

Il ruolo della Cina

Nel 2023, la Cina ha dominato il panorama delle energie rinnovabili, contribuendo al 60% della nuova capacità globale. La sua produzione fotovoltaica è destinata a superare, entro i primi anni 2030, l’attuale domanda di elettricità degli Stati Uniti, evidenziando la rilevanza di questo stato. Ad ogni modo, persistono incertezze sulla capacità di integrare rapidamente ed efficientemente questa nuova energia nei sistemi elettrici, sia in Cina che altrove. Tale difficoltà è correlata alla lentezza nell’espansione delle reti e dei tempi di autorizzazione.

Molte economie in via di sviluppo sono frenate dall’incertezza politica e dai costi elevati del capitale, mentre nei paesi avanzati le tendenze sono contrastanti. In più alcune aree vedono accelerazioni, altre rallentamenti, come il calo delle vendite di pompe di calore in Europa nel 2024. Inoltre, l’obiettivo di raddoppiare l’efficienza energetica globale, cruciale per ridurre le emissioni entro il 2030, sembra irraggiungibile con le attuali politiche. Anche se esistono tecnologie per ridurre le emissioni di metano dai combustibili fossili, gli sforzi di mitigazione sono stati irregolari.

In conclusione

In conclusione, è chiaro che nonostante il rapido progresso della transizione energetica, due terzi dell’aumento della domanda energetica globale nel 2023 è stato nuovamente soddisfatto dal fossile. In questo modo le emissioni di CO2 hanno raggiunto un nuovo record di 37,5 miliardi di tonnellate. Comunque, lo slancio dell’energia pulita è sufficiente a far raggiungere un picco nella domanda di petrolio, gas e carbone entro il 2030. Da quel momento in poi, l’economia globale potrà continuare a crescere senza aumentare il consumo di combustibili fossili.

Le economie emergenti e in via di sviluppo, come India, Sud-est asiatico, Medio Oriente e Africa, guidano l’aumento della domanda di energia, mentre i cambiamenti strutturali, soprattutto in Cina, stanno contribuendo a rallentarne la crescita complessiva. Grazie all’elettrificazione e alla maggiore efficienza del sistema energetico basato su fonti rinnovabili, la domanda futura potrà essere soddisfatta interamente da energia pulita. Tuttavia, sfide geopolitiche e politiche frenano il progresso, e le emissioni legate ai combustibili fossili restano un problema critico.

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Cosa chiederà l’UE alla COP29 di Baku?

By : Aldo |Ottobre 16, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Cosa chiederà l’UE alla COP29 di Baku?

Come ogni anno, si sta avvicinando il periodo di un grande incontro globale, che pone nuovi target, obiettivi e cerca di risolvere delle importanti questioni internazionali riguardanti la sostenibilità, quindi l’ambiente, la società e l’economia. Quest’anno la COP si svolgerà a Baku in Azerbaigian, location che già lo scorso anno ha fatto discutere molti per via di politiche, diritti e processi poco chiari rispetto l’ambiente. Ovviamente a tale evento partecipano centinaia di paesi e l’Europa si presenta con delle idee e richieste ben chiare.

La COP

La COP (Conference of Parties) è un incontro annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Nasce nel 1992 per affrontare il cambiamento climatico come organo decisionale supremo della convenzione e riunisce 198 Paesi per negoziare azioni concrete contro il riscaldamento globale. Il suo obiettivo è quello di promuovere la cooperazione internazionale sul clima definendo politiche globali per migliorare la sostenibilità del mondo.

Nel corso degli anni ce ne sono state varie di grande rilevanza, sia per gli accordi sottoscritti o i nuovi obiettivi fissati come la COP 21, grazie alla quale nascono l’Agenda 2030 e gli Accordi di Parigi. In altri casi, gli incontri sono stati quasi fallimentari o controversi a seconda del Paese che ospitava l’incontro o a causa della poca efficienza dell’evento.

Tra un mese si svolgerò la 29 esima edizione della COP nella capitale dell’Afganistan, Baku. Non sno mancate ovviamente le critiche per la scelta dello stato, vista la situazione dei diritti umani e del contesto politico del paese. In particolare, le autorità azere sono accusate di repressione politica, con arresti di attivisti e giornalisti, e censura delle voci critiche. Tale situaizone preoccupa tutti poiché la chiusura dei media e la limitazione della libertà di espressione potrebbero controllare in modo improprio l’evento. Inoltre, c’è preoccupazione che la conferenza diventi un’operazione di greenwashing per migliorare l’immagine del governo, compromettendo la credibilità della COP e le sue finalità climatiche.

 

L’ideale europeo

L’Unione Europea ha definito la sua strategia per la COP29, che si terrà a Baku, Azerbaijan, a novembre 2024. Sebbene non vi siano novità rilevanti, l’UE conferma il proprio impegno a rispettare l’Accordo di Parigi, mantenendo il riscaldamento globale entro 1,5-2°C rispetto ai livelli preindustriali. L’Unione ribadisce l’obiettivo di eliminare gradualmente i combustibili fossili entro il 2050, con l’obbligo di presentare entro il 2025 nuovi impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NDC). Tuttavia, alcuni attivisti ritengono che l’Europa dovrebbe accelerare l’uscita dal carbone entro il 2030, dal gas entro il 2035 e dal petrolio entro il 2040.

 

La finanza climatica sarà al centro dei negoziati. I Paesi ricchi, compresa l’UE, hanno faticato a rispettare l’impegno di versare 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo nella transizione climatica. Nonostante le pressioni per aumentare i contributi, l’UE non ha previsto fondi aggiuntivi. Un altro punto di discussione sarà il ruolo della Cina, che non contribuisce ancora, essendo classificata formalmente come “Paese in via di sviluppo”. Tuttavia, data la sua attuale potenza economica, Europa e Stati Uniti spingono per un suo maggiore coinvolgimento, anche se la Cina ribatte che le responsabilità storiche del cambiamento climatico ricadono principalmente sull’Occidente.

Le grandi questioni

In vista della COP29, c’è attesa per eventuali nuovi impegni climatici da parte dei governi europei. Nonostante ciò, alcuni attivisti, come Climate Action Network Europe, sostengono che l’UE debba accelerare il suo piano per raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Così facendo, eliminerebbe il carbone entro il 2030, il gas entro il 2035 e il petrolio entro il 2040. Tuttavia, molti Paesi, come l’Italia, continuano a investire in infrastrutture per i combustibili fossili, sollevando dubbi sulla possibilità di abbandonarle a breve termine.

Il tema centrale della COP29 sarà la finanza climatica. I Paesi ricchi, pur con difficoltà, stanno cercando di rispettare l’impegno di destinare 100 miliardi di dollari l’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Ad ogni modo, non sono previsti contributi aggiuntivi, nonostante le richieste dei Paesi più vulnerabili. Un altro grande obiettivo è quello coinvolgere la Cina. Poiché tale nazione ancora non contribuisce ancora in quanto classificata come “Paese in via di sviluppo” nonostante sia oggi una forza economica molto diversa rispetto al 1992. Pechino, però, sottolinea che la responsabilità storica del cambiamento climatico ricade principalmente sull’Occidente, a causa della Rivoluzione industriale.

Quindi l’Europa si presenterà a Baku, con la speranza che la Cina cambi le sue prospettive riguardo lo sforzo finanziario necessario per aiutare i Paesi a rischio. Inoltre, L’Unione è in attesa anche delle elezioni statunitensi del 5 novembre, che con una eventuale vittoria di Donald Trump cambierebbero completamente lo scenario delle politiche climatiche.

La posizione italiana

In tutto ciò, la premier italiana Giorgia Meloni ha espresso in Parlamento la sua posizione riguardo alla decarbonizzazione, affermando che perseguire questo obiettivo a discapito dell’industria sarebbe un errore fatale. Questa idea rafforza il pensiero della parte più conservatrice del settore imprenditoriale italiano. Così facendo però si trascurano, i grandi risultati derivati dagli investimenti in tecnologie verdi rappresentano una fonte di crescita economica e creazione di posti di lavoro. Soprattutto in Europa, Stati Uniti e Cina.  

Tuttavia, la politica italiana sembra operare su due fronti: da un lato, fa dichiarazioni interne rivolte all’elettorato, e dall’altro sottoscrive accordi internazionali che spesso vanno in direzione opposta. Un esempio di questa contraddizione è il contrasto tra le parole di Giorgia Meloni e il documento approvato dal Consiglio dell’UE, che sottolinea i benefici di un’azione climatica ambiziosa per migliorare la vita, l’economia e la sostenibilità. Infatti, nel testo, si afferma che investire in una transizione verde, attraverso istruzione e innovazione, è essenziale e meno costoso rispetto all’inazione.

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Stoccaggio di CO2 in mare: inaugurato l’impianto più grande al mondo in Sicilia.

By : Aldo |Ottobre 13, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Stoccaggio di CO2 in mare: inaugurato l’impianto più grande al mondo in Sicilia.
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La gestione della CO2 è fondamentale per affrontare il cambiamento climatico, dato che i livelli attuali hanno superato i 420 ppm, con un aumento del 50% rispetto all’era pre-industriale. Pertanto giorno dopo giorno si ricercano le migliori soluzione per limitare i danni causati da tale riscaldamento.  Tra queste troviamo la tecnologia di Cattura e Stoccaggio del Carbonio (CCS), che prevede la cattura e lo stoccaggio della CO2 in formazioni geologiche profonde. A riguardo, è recente la notizia di un nuovo impianto di stoccaggio in Sicilia, il primo al mondo in mare.

Lo stoccaggio di CO2

Lo stoccaggio della CO2, noto anche come CCS (Carbon Capture and Storage), è una tecnologia fondamentale per la mitigazione dei cambiamenti climatici, poiché consente di catturare l’anidride carbonica emessa da fonti industriali e stoccarla in formazioni geologiche profonde. Questo processo si articola in tre fasi principali: cattura, trasporto e stoccaggio. Durante la cattura, la CO2 viene separata dai gas di scarico attraverso metodi come l’assorbimento chimico, la combustione in ambiente ossigenato o la criogenia. Una volta catturata, la CO2 viene compressa e trasportata verso siti di stoccaggio, dove viene iniettata in giacimenti di gas esauriti o formazioni saline profonde, a profondità di circa 1-3 chilometri.

L’efficacia dello stoccaggio della CO2 è supportata da studi che mostrano come possa ridurre significativamente le emissioni di gas serra. Tuttavia, ci sono sfide legate ai costi elevati e alla disponibilità limitata di siti adatti per lo stoccaggio. Attualmente, l’Europa detiene solo il 5% della capacità globale di CCS, smaltendo meno di 2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, ma gli investimenti nella tecnologia stanno crescendo. Nonostante le critiche riguardo alla sua efficacia come soluzione a lungo termine per il cambiamento climatico, il CCS rappresenta un’opzione importante per settori difficili da decarbonizzare, come l’industria pesante e i trasporti.

Lo stoccaggio in mare e Limenet.

Lo stoccaggio di CO2 negli oceani è una soluzione innovativa e promettente per combattere il cambiamento climatico, sfruttando il potenziale degli oceani come serbatoi naturali di carbonio. Attualmente, gli oceani assorbono circa il 25-30% delle emissioni di CO2 prodotte dall’uomo, ma l’aumento delle concentrazioni atmosferiche richiede nuove tecnologie per potenziare questa capacità senza danneggiare gli ecosistemi marini. Tecniche come L’ocean Alkalinity Enhancement consentono di convertire la CO2 in bicarbonato di calcio, non a caso startup come Limenet stanno sviluppando processi industriali proprio in questo ambito.

Si tratta di una startup innovativa italiana, fondata nel 2023, che si specializza nella cattura e nello stoccaggio della CO2 nel mare. Nata come community scientifica, ha sviluppato una tecnologia brevettata in grado di trasformare l’anidride carbonica in bicarbonati di calcio, un processo che consente di immagazzinare la CO2 in modo duraturo e stabile negli oceani per oltre 10.000 anni. Questo tipo di tecnologie possono dare un contributo significativo alla riduzione globale delle emissioni e alla protezione della biodiversità marina, trasformando gli oceani in un attore chiave nella lotta al cambiamento climatico.

La rivoluzione parte da Augusta

Ad Augusta, in Sicilia, è stato inaugurato il più grande impianto al mondo per lo stoccaggio di CO2 in mare, sviluppato dalla start-up italiana Limenet. Questo impianto, capace di catturare e trasformare fino a 800 tonnellate di CO2 all’anno in bicarbonato di calcio, rappresenta un passo avanti nella lotta al cambiamento climatico. 


Il processo si basa su un principio naturale per cui la CO2 reagisce con l’acqua marina per formare bicarbonati, che vengono poi stoccati in modo sicuro negli oceani. In tal modo l’impianto contribuisce a ridurre l’acidificazione marina, rimuovendo la CO2 dall’atmosfera e rigenerando gli ecosistemi marini. Il tutto è possibile grazie ad elementi semplici come acqua di mare e carbonato di calcio, che rappresenta addirittura il 7% dell’intera crosta terrestre. Questa soluzione, ispirata a fenomeni naturali, è stata ideata e sviluppata da Limenet grazie alle ricerche di Stefano Caserini, pioniere nel campo del sequestro di CO2 in mare.

Mentre Stefano Cappello, amministratore delegato e fondatore di Limenet, ha spiegato in un’intervista con Wired, che l’impianto di Augusta permetterà di avviare il funzionamento continuo della tecnologia, con una capacità produttiva di 100 kg all’ora di CO2 stoccata sotto forma di bicarbonato di calcio. L’obiettivo per questo impianto, e per i futuri, è raggiungere economie di scala che riducano i costi di rimozione e stoccaggio della CO2. Infatti, l’azienda ha già avviato la vendita di crediti di carbonio, segnando l’inizio della sua applicazione industriale, con l’obiettivo di ridurre i costi e aumentare la scala produttiva in futuro.

Non è un punto di arrivo

Nonostante l’entusiasmo per le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2, esistono diverse criticità. Una delle principali preoccupazioni è che queste soluzioni possano essere usate come scusa per ritardare la transizione energetica, permettendo alle aziende di continuare a dipendere dai combustibili fossili. Appunto è probabile che l’industria energetica utilizzi queste tecnologie come alibi per prolungare l’estrazione e la combustione di petrolio, gas e carbone, sostenendo che le emissioni potranno essere rimosse in un secondo momento. Questo potrebbe rallentare gli sforzi globali di decarbonizzazione, poiché molte delle tecnologie di cattura della CO2 si sono rivelate meno efficaci di quanto promesso dalle multinazionali.

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Cicloni tropicali anche in Europa: l’arrivo di Kirk.

By : Aldo |Ottobre 10, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Cicloni tropicali anche in Europa: l’arrivo di Kirk.

L’autunno è arrivato nell’emisfero boreale e con lui i cicloni e gli uragani che caratterizzano questo periodo dell’anno in specifiche zone del mondo. Lo stato della Florida (USA) per esempio, è già stato colpito da ben due uragani nell’arco di due settimane e gli effetti sono catastrofici. Come sappiamo, con il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature, questi fenomeni diventano sempre più potenti, frequenti e si stanno verificando anche in aree insolite. Un esempio è l’uragano Kirk che arriverà in Europa sottoforma di Ciclone tropicale.

Tempeste, cicloni ed uragani

La differenza tra uragani, cicloni e tempeste risiede principalmente nell’intensità dei venti e nella struttura del sistema. Il termine “tempesta” è generico e si riferisce a vari fenomeni meteorologici, come tempeste tropicali o perturbazioni con venti forti e piogge intense. L’uragano, invece, è un tipo specifico di tempesta tropicale che si forma nell’Oceano Atlantico o nel Pacifico orientale, caratterizzato da venti sostenuti di almeno 119 km/h e da una struttura con un “occhio” al centro. Gli uragani sono classificati in 5 categorie, con la più alta che include venti oltre 252 km/h.

I cicloni tropicali sono fenomeni simili agli uragani, ma si formano in altre aree, come il Pacifico occidentale o l’Oceano Indiano. Quando si spostano su acque più fredde o sulla terra, perdono le loro caratteristiche tropicali e diventano cicloni extratropicali, alimentati dal contrasto tra masse d’aria calde e fredde. Dunque, possiamo dire che, non tutte le tempeste sono uragani, ma tutti gli uragani sono tempeste.

Un ulteriore aspetto da considerare in questo argomento è la variazione di potenza e frequenza di questi fenomeni spesso catastrofici. Infatti, studi recenti, hanno evidenziato un aumento significativo dell’intensità dei cicloni tropicali negli ultimi quattro decenni. Come riportato, la probabilità di eventi di categoria 3 o superiore è aumentata di circa il 15%. Questo incremento è attribuito principalmente al riscaldamento delle acque oceaniche, che ha portato alla formazione di ben 30 cicloni tropicali (record) nella stagione degli uragani atlantici nel 2020.

Cicloni ed uragani in Europa

L’arrivo di Kirk, la prima grande tempesta della stagione autunnale in Europa, si verifica proprio mentre cresce la preoccupazione per un altro uragano che minaccia gli Stati Uniti. Si tratta dell’11 esima tempesta con un nome a formarsi quest’anno, come previsto dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa). L’ente infatti aveva annunciato che ci sarebbero state da 17 a 25 tempeste con un nome nel 2024, un numero fuori dalla norma.

In particolare, l’Europa è stata colpita in passato da diversi uragani e cicloni post-tropicali di notevole intensità. Uno dei più famosi è stato l’uragano Vince nell’ottobre 2005, che raggiunse la terraferma in Spagna come tempesta tropicale; fu il primo caso documentato di un uragano atlantico che colpisce la penisola Iberica. Nel settembre 2006, i resti dell’uragano Gordon causarono danni e vittime in Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Russia. Più recentemente, nel settembre 2017, l’uragano Ophelia ha portato venti di burrasca e piogge torrenziali su Irlanda e Regno Unito.

Anche l’Italia non è immune da questi fenomeni. Possiamo ricordare quando i resti dell’uragano Leslie hanno portato maltempo estremo su gran parte del Paese nel settembre 2018, con allagamenti, frane e danni ingenti. In particolare, la Liguria e il Friuli Venezia Giulia sono state le regioni più colpite, con raffiche di vento fino a 180 km/h e accumuli di pioggia localmente superiori ai 300 mm in 24 ore. Un evento ancora più eccezionale si è verificato nell’ottobre 1996, quando un vero e proprio uragano mediterraneo (o “medicane”) ha colpito la Calabria, causando vittime e distruzioni.

Kirk

La tempesta Kirk, originariamente un uragano di categoria 4 nell’Atlantico, ha perso parte della sua intensità trasformandosi in un ciclone extratropicale, ma continua a rappresentare una minaccia per diverse nazioni europee. Dopo aver raggiunto venti fino a 233 km/h, Kirk si sta dirigendo verso l’Europa, dove è arrivata tra l’8 e il 9 ottobre. Nonostante il declassamento, la tempesta porterà forti raffiche di vento, fino a 145 km/h, e piogge intense, soprattutto in Francia, Belgio, Paesi Bassi e Germania settentrionale. Le condizioni meteorologiche peggioreranno inizialmente nel nord del Portogallo e nella Spagna nord-occidentale, con piogge abbondanti e venti forti tra i 100 e i 150 km/h. Successivamente, la tempesta si sposterà verso la Francia e l’Europa centrale, toccando anche Svizzera e Germania sud-occidentale, portando venti fino a 150 km/h lungo le coste francesi.

La perturbazione è nata come depressione tropicale il 29 settembre al largo delle isole di Capo Verde, evolvendo in uragano il 1° ottobre e raggiungendo la categoria 4 il 4 ottobre. Risalendo verso nord-est, Kirk ha perso energia a causa delle acque più fredde, trasformandosi in un ciclone extratropicale, ma mantenendo una certa intensità grazie alle interazioni atmosferiche. In Italia, la perturbazione non arriverà direttamente, ma il 10 ottobre parte della sua energia residua influenzerà la Liguria e le Alpi, portando temporali, venti forti e mareggiate. Il Centro-Sud, invece, non sarà colpito, con temperature ben al di sopra della media, oltre i 30°C.

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L’UE, vuole rinviare la legge sulla deforestazione tra esultanze e polemiche.

By : Aldo |Ottobre 07, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’UE, vuole rinviare la legge sulla deforestazione tra esultanze e polemiche.

Quando si parla di proteggere la natura ci sono sempre e purtroppo, troppi scontri ideologici, a volte poco condivisibili. Sta di fatto che la protezione della natura e delle sue specie, sia un processo lungo, lento ma di enorme importanza. Tuttavia, spesso e volentieri, “intralcia” gli affari delle aziende di vari settori, tra i quali quello alimentare (il più rilevante). Di recente sembra che l’Europa abbia fato qualche passo indietro rimettendo in discussione la sua propensione ad una forte e corretta transizione ecologica.

 

La deforestazione nel tempo

La deforestazione consiste nell’eliminazione delle foreste o della vegetazione arborea, spesso finalizzata a destinare i terreni ad attività agricole, pascoli o zone urbane. Questo processo ha impatti rilevanti, sia in termini positivi che negativi. Tra i vantaggi si possono annoverare l’incremento dell’agricoltura e lo sviluppo economico in determinate aree, con la creazione di posti di lavoro e un miglior accesso alle risorse alimentari. Tuttavia, gli effetti negativi prevalgono nettamente: la deforestazione causa una grave perdita di biodiversità, contribuisce ai cambiamenti climatici aumentando le emissioni di carbonio e provoca il degrado del suolo, compromettendo la capacità produttiva agricola nel lungo periodo.

In Italia, la regolamentazione della deforestazione ha radici antiche, con il Regio Decreto del 1923 che definiva le prime norme per la gestione delle foreste. Negli ultimi anni, il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali del 2018 ha modernizzato e semplificato la normativa, affrontando le sfide attuali legate alla sostenibilità e alla tutela ambientale. Queste leggi sono cruciali per salvaguardare le foreste e promuovere pratiche agricole sostenibili, contribuendo a un futuro più ecologico e sano per il pianeta.

Regolamento Ue sui prodotti senza deforestazione (EUDR)

Sul piano politico, la deforestazione è diventata una questione di rilevanza globale, spingendo all’adozione di interventi legislativi. Tuttavia è recente la proposta della Commissione Europea di rinviare di un anno la dibattuta legge sulla deforestazione. Tale iniziativa, ha fatto esultare le grandi aziende, poiché il rinvio ola revisione della legge non alzerebbe i prezzi di produzione. Al contrario gli ambientalisti sono sconcertati e invitano a riflettere sui prossimi passi da fare. Perché?

La legge prevede che i produttori che non rispettano il divieto di commercializzare prodotti legati alla deforestazione non possano vendere nei mercati dell’UE. Il testo venne inizialmente apprezzato per la sua finalità di proteggere le foreste, importanti per l’assorbimento di CO₂. Nonostante ciò venne subito criticato per la complessità della sua applicazione, soprattutto da Paesi esportatori come Brasile e USA. Le aziende devono infatti ricorrere a tecnologie come il monitoraggio satellitare e sistemi di tracciabilità per dimostrare che i loro prodotti non provengono da terreni deforestati dopo il 31 dicembre 2020.

Un’altra particolarità è che la legge si rivolge esattamente alle aziende produttrici di materie prime di uso globale quotidiano quali: caffè, cacao, legname, olio da palma e carne bovina. Tutto serviva a proteggere i polmoni verdi della Terra, la biodiversità e a combattere il cambiamento climatico in modo concreto. Si trattava di un incentivo importante, per porre delle basi solide per una produzione (globale) più sostenibile.

Il rinvio

Nonostante la sua importanza, in alcuni Paesi membri, come l’Italia, si sono registrati tentativi di ritardare l’implementazione delle norme, poiché si teme che le imprese non siano pronte a soddisfare i requisiti richiesti. In molti hanno poi definito “”difficile e molto costoso” il cambiamento richiesto e pertanto è arrivata la richiesta di un rinvio o una revisione del regolamento.  Dunque, a inizio ottobre la Commissione Ue ha ceduto, annunciando l’intenzione di un rinvio di 12 mesi. Questo significa che, se la proposta venisse approvata dai ministri dell’UE e dal Parlamento europeo, la legge entrerebbe in vigore il 30 dicembre 2025 per le grandi imprese e il 30 giugno 2026 per le piccole imprese.

Le accuse degli ambientalisti

Gli ambientalisti temono che un eventuale rinvio della regolamentazione possa portare a una deforestazione aggiuntiva di 2.300 chilometri quadrati. Infatti, Christian Poirier, direttore del programma per Amazon Watch, ha criticato duramente le grandi aziende e i governi. Li ha accusati di collaborare per evitare le responsabilità legate alla deforestazione zero nella catena di fornitura, sfruttando i piccoli proprietari come pretesto. Mentre Nicole Polsterer, attivista di Fern, ha affermato che Ursula von der Leyen avrebbe ceduto alle pressioni di aziende e Paesi che, pur consapevoli da anni dell’arrivo della regolamentazione, non si erano preparati adeguatamente.

Analogamente Greenpeace UE ha definito la decisione un grave passo indietro per le politiche del Green Deal e Sébastien Risso, direttore delle politiche forestali di Greenpeace, ha espresso rabbia. Il direttore sostiene che il rinvio permetterà la presenza di prodotti legati alla deforestazione sugli scaffali europei per altri dodici mesi. Infine, Virginijus Sinkevičius, eurodeputato lituano ed ex commissario all’ambiente, ha sottolineato che il rinvio rappresenterebbe un passo indietro nella lotta al cambiamento climatico, aumentando il 15% delle emissioni globali di carbonio e compromettendo la credibilità dell’UE nei suoi impegni climatici.

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Seul sceglie la natura e sostituisce un’autostrada con un fiume pedonale.

By : Aldo |Settembre 28, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Seul sceglie la natura e sostituisce un’autostrada con un fiume pedonale.

Siamo ormai abituati a vivere in città sempre più vaste, ricche di servizi, negozi e di tutto ciò che ci serve. Continuiamo a costruire senza sosta, sfruttando tecnologie avanzate e immaginando città futuristiche, con grattacieli e auto volanti. Nonostante ciò, i luoghi che amiamo di più sono quelli in cui possiamo allontanarci da tutto questo: sentiamo il bisogno di una passeggiata in riva al mare, di un picnic accanto al fiume o di una gita al lago. Così Seul abbraccia la sostenibilità scegliendo il fiume al posto di un’autostrada.

I fiumi: dalle città alle metropoli

I fiumi hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle città, dalla nascita delle prime civiltà alle metropoli moderne. Nelle antiche culture mesopotamiche ed egizie, i fiumi erano essenziali per l’irrigazione, l’acqua potabile e il commercio, favorendo l’agricoltura e la crescita demografica. Durante il periodo medievale, le città si sono sviluppate attorno a corsi d’acqua, che fungevano da risorse strategiche per il commercio e l’industria, come nel caso di Venezia e Firenze.

I fiumi continuano a essere importanti nelle grandi metropoli, non solo per le loro funzioni economiche ma anche come simboli di bellezza e spazi ricreativi. I waterfront urbani attraggono residenti e turisti, migliorando la qualità della vita. Inoltre, la gestione sostenibile dei fiumi è diventata cruciale per affrontare le sfide ambientali attuali, sottolineando il loro valore nel contesto urbano contemporaneo.

Non a caso oggi, è sempre più frequente il fenomeno chiamato “daylighting”. Si tratta dell’iniziativa che propone di “portare alla luce” proprio i fiumi nascosti per rendere l’acqua nuovamente protagonista nelle nostre città. Un esempio famoso di questa trasformazione è il Cheonggyecheon a Seoul, un percorso pedonale di 11 km che è oggi una delle passeggiate più apprezzate della città.

Il progetto Cheong Gye Cheon

Cheong Gye Cheon, un corso d’acqua di Seoul, ha una storia che risale a oltre 600 anni fa, quando la città divenne capitale durante la dinastia Joseon. Inizialmente ampliato per prevenire inondazioni, il canale è stato utilizzato come sistema fognario per circa 500 anni, subendo ripetuti dragaggi a causa dell’aumento della popolazione. Durante l’occupazione giapponese (1910-1945), il fiume si inquinò gravemente e venne coperto con calcestruzzo, trasformandosi in una fogna. Dopo la guerra di Corea, il canale continuò a degradarsi, diventando un simbolo di povertà. Negli anni ’70, fu costruita l’autostrada Cheong Gye Cheon proprio sopra il fiume.

Per questo, nel 2003, l’ex sindaco Lee Myung-bak avviò un progetto di restauro che ha portato alla rimozione dell’autostrada e alla riqualificazione del fiume come area pubblica, completata nel 2005 con un investimento di circa 700 milioni di euro.

Il progetto di Seul

Il progetto di restauro del Canal ChonGae a Seoul mirava a ripristinare un corso d’acqua coperto e inquinato, demolendo circa 4km di autostrada che dividevano la città. Infatti, prima dell’intervento, l’area era occupata da una strada trafficata, con 168.000 auto al giorno, che contribuivano a elevati livelli di inquinamento, compromettendo la salute degli abitanti. In risposta a questa situazione critica, il governo cittadino ha approvato un progetto che metteva l’uomo al primo posto, demolendo l’autostrada e orientandosi verso un approccio più ecosostenibile focalizzato sulla qualità della vita.

L’obiettivo principale era creare una zona pedonale che permettesse alle persone di interagire con l’acqua e mitigare le inondazioni durante i temporali della stagione dei monsoni. La progettazione si è basata sui livelli d’acqua variabili, e il restauro ha rappresentato il primo passo verso una riqualificazione complessiva delle sette miglia di fiume. Inaugurato nell’ottobre 2005, il progetto ha creato un nuovo spazio verde urbano che ha rafforzato il rapporto tra la città e il fiume, attirando continuamente persone.

Grazie al restauro del Cheonggyecheon, sono stati prevenuti allagamenti nella zona per un periodo stimato di 200 anni e si è registrata una riduzione della temperatura di 3-5°C rispetto alle strade circostanti. Questi risultati notevoli sono stati raggiunti riportando alla luce un corso d’acqua che era stato a lungo relegato a canale sotterraneo.

Conclusioni

I corpi idrici nelle aree urbane offrono vantaggi concreti di natura sociale, ambientale ed economica. Sicuramente abbelliscono le città e riducono lo stress mentale dei cittadini, fungendo anche da canali di raccolta in caso di allagamenti, alleviando così la pressione sulla rete idrica. Inoltre, contribuiscono a mitigare le temperature locali. È quindi essenziale che le città integrino questi aspetti nello sviluppo urbanistico, riappropriandosi di elementi naturali spesso trascurati per promuovere un futuro urbano più sostenibile e vivibile.

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Wind Turbine Wall: le nuove frontiere dell’eolico urbano.

By : Aldo |Settembre 26, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Wind Turbine Wall: le nuove frontiere dell’eolico urbano.

Il cambiamento climatico si sta manifestando in maniera sempre più concreta e noi non possiamo più restare fermi a guardare. È ovvio che non ci sia tempo da perdere e che bisogna puntare tutti insieme alla transizione ecologica. Tuttavia il pensiero di molti è negativo a riguardo, e si pensa che non ci siano troppe speranze per un futuro migliore. Nonostante ciò, lo sviluppo tecnologico ci dimostra che possiamo comunque avere fiducia nelle innovazioni e che le soluzioni per migliorare esistono.

La produzione eolica

L’energia eolica è una delle fonti rinnovabili più promettenti, poiché utilizza la forza del vento per produrre elettricità tramite turbine che trasformano l’energia cinetica in energia elettrica. Questa tecnologia è cruciale per la transizione energetica globale, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e le emissioni di gas serra. L’energia eolica è pulita, abbondante e non richiede grandi quantità d’acqua, rendendola competitiva rispetto ad altre fonti. A livello globale, la produzione eolica è in forte crescita: nel 2020 ha coperto il 16% dell’elettricità in Europa e ha superato il carbone come seconda fonte energetica dopo il gas naturale. La Cina è leader mondiale nel settore eolico anche grazie ai massicci investimenti.

In Italia, l’energia eolica sta guadagnando terreno come parte della strategia nazionale per la transizione energetica. Gli investimenti nel settore sono in aumento e si prevede che entro il 2050 saranno necessari circa 2000 km² di impianti fotovoltaici e un ulteriore sviluppo dell’eolico. Attualmente, si sta lavorando per integrare maggiormente queste tecnologie nel mix energetico nazionale, contribuendo così a una maggiore sostenibilità ambientale.

Il mini – eolico urbano

L’eolico urbano, a differenza del fotovoltaico, ha ricevuto meno attenzione nel corso degli anni. Sebbene le soluzioni esistano, è complesso trovare un equilibrio tra risorse disponibili, design e spazi utilizzabili. I pochi progetti che hanno cercato di affermarsi sul mercato infatti, si sono concentrati su turbine con capacità da 1 a 10 kW, installabili su tetti piani, torri di comunicazione e strutture ad altezze elevate. Invece, il mini- eolico urbano è una soluzione innovativa per generare energia rinnovabile nelle città, utilizzando piccoli aerogeneratori integrati negli edifici.

Un esempio è il nuovo progetto del designer Joe Doucet si chiama Wind Turbine Wall. Si tratta di un mini-eolico da parete, composto da 25 micro turbine ad asse verticale, progettato per integrarsi nelle strutture urbane. Il prototipo misura 2,4 metri di altezza e 7,6 metri di larghezza, ma può essere adattato per coprire interi edifici. Doucet sostiene che un solo “muro cinetico” potrebbe coprire il fabbisogno elettrico annuale di una casa americana, sebbene l’efficacia dipenda dal luogo di installazione e i dati debbano ancora essere confermati.

Joe Douchet e il suo design

Doucet, designer e imprenditore di fama internazionale, è noto per coniugare innovazione e sostenibilità nelle sue creazioni, come dimostrato dal suo “Wind Turbine Wall”. Con oltre 50 brevetti e numerosi riconoscimenti, tra cui il Cooper-Hewitt National Design Award, continua a esplorare soluzioni di design che migliorano la vita quotidiana. In questo caso, l’approccio di Joe Doucet rivoluziona l’integrazione dell’energia eolica negli edifici, fondendo estetica e funzionalità.

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Tempesta Vaia: dopo 6 anni cosa è cambiato, i problemi e le possibili soluzioni.

By : Aldo |Settembre 22, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Tempesta Vaia: dopo 6 anni cosa è cambiato, i problemi e le possibili soluzioni.

Alla fine di ottobre 2018, la tempesta Vaia devastò i boschi delle Dolomiti con piogge incessanti e venti fino a 208 km/h, in particolare a Passo Rolle. In poco tempo furono abbattuti oltre 14 milioni di tronchi e 41.000 ettari di foreste distrutti.  Strade e sentieri furono bloccati e la rimozione del legname durò svariati mesi e richiese enormi investimenti. L’area distrutta e le sue popolazioni affrontarono difficoltà tecniche e logistiche, con un danno economico complessivo stimato intorno ai tre miliardi di euro.  Fortunatamente, un gruppo di giovani ha pensato a come risollevare i paesi colpiti, in modo innovativo.  

La missione di “Vaia”

Vaia è una startup italiana fondata nel 2019 da Federico Stefani, Paolo Milan e Giuseppe Addamo, in risposta alla devastante tempesta Vaia che ha colpito le Dolomiti nel 2018. L’azienda si occupa di recuperare il legno degli alberi distrutti per creare prodotti sostenibili. Nello specifico i suoi obiettivi sono la valorizzazione delle risorse locali, l’attivazione delle filiere artigianali e coinvolgimento delle comunità, reinvestimento dei ricavi nei territori colpiti.

La startup si propone di affrontare le sfide socio-ambientali attraverso azioni concrete, come la riforestazione e la creazione di una rete di artigiani locali, contribuendo così a un futuro più sostenibile. Non a caso ha creato dei nuovi prodotti come il “Vaia Cube”, una cassa passiva per amplificare il suono degli smartphone. Questo oggetto non solo rappresenta un’alternativa ecologica, ma simboleggia anche un impegno verso la sostenibilità e la valorizzazione delle risorse locali. Infatti, Vaia si distingue anche per il suo approccio comunitario, cercando di coinvolgere attivamente le persone e sensibilizzarle riguardo alla sostenibilità ambientale.

I problemi odierni

Dopo l’avvenimento, gran parte del legname fu venduto a basso costo all’estero, principalmente in Cina. Senza la protezione degli alberi e delle loro radici, il territorio venne più esposto a frane, valanghe e inondazioni. Inoltre, la situazione si aggravò per l’infestazione del bostrico, una specie di coleottero che attacca gli abeti rossi e ne provoca la morte in poco tempo. Secondo recenti studi, i danni causati dal bostrico hanno ormai superato quelli della tempesta Vaia, colpendo una superficie doppia rispetto a quella del Lago di Garda.

Dunque, gli effetti della tempesta non sono solo ambientali, ma hanno anche rilevanti implicazioni economiche e sociali. Il fenomeno Vaia ha infatti amplificato problematiche preesistenti che affliggono le comunità montane in tutta Italia. Tra le varie questioni si riportala più importante resta lo spopolamento dovuto alla scarsità di opportunità lavorative, allo sviluppo limitato e alla mancanza di servizi. Oltretutto, il recupero del legname caduto si è rivelato costoso e, in alcuni casi, impossibile da realizzare. Di conseguenza sono state sottolineate le difficoltà di coordinamento e gestione tra gli enti responsabili della protezione e della gestione forestale.

A distanza di 6 anni, solo una parte degli alberi abbattuti è stata recuperata, mentre molti restano ancora a terra, lasciando la foresta spoglia e vulnerabile all’infestazione del bostrico. Federico Stefani, co-fondatore della startup, ha evidenziato come, nonostante l’aumento della superficie forestale, la qualità del bosco sia in peggioramento. In più ha evidenziato come gli abitanti, attualmente beneficiari della vendita del legname, rischiano di trovarsi privi di risorse entro 50 anni, poiché il capitale naturale si sta progressivamente esaurendo.

I progetti futuri e le iniziative di Vaia

Vista la missione dei della startup, Stefani sottolinea come la sostenibilità sia possibile solo coinvolgendo l’economia locale e coordinando tutti gli attori del territorio. Per esempio, il primo prodotto di Vaia, il Vaia Cube, è un amplificatore analogico in legno realizzato con alberi abbattuti e lavorato da artigiani locali. Ogni Cube venduto ha permesso di piantare nuovi alberi, raggiungendo 100.000 abeti grazie a oltre mille unità vendute in 38 Paesi. Questo è a tutti gli effetti un piccolo contributo, ma con l’obiettivo di promuovere la rigenerazione e collaborare con amministrazioni e enti forestali. 

In seguito, Vaia ha lanciato il Vaia Focus, un amplificatore per smartphone eco-sostenibile, destinando i ricavi alla ricerca sui ghiacciai in collaborazione con varie organizzazioni. Inoltre, ha riutilizzato teli geotessili per realizzare il materiale protettivo del Focus. L’obiettivo di Vaia è quello di consolidare un modello di business circolare e sostenibile, coinvolgendo 12 laboratori artigianali locali e restituendo dignità alle risorse naturali, come dimostrato dal successo del Cube e del Focus.

La “Foresta degli innovatori”

La startup “Vaia” è arrivata alla sua terza edizione dell’iniziativa “La foresta degli Innovatori”. Si tratta di un evento che si terrà il 21 settembre a Folgaria. Nonostante non tutti possano partecipare di persona, è possibile seguire le dirette di talk, attività e un concerto di Gio Evan sui canali social, con la possibilità di interagire e vivere virtualmente l’atmosfera. Inoltre, chi vuole contribuire a distanza può acquistare una t-shirt e un albero che verrà piantato durante l’evento, con l’obiettivo di piantare oltre 1.000 alberi in un solo giorno. L’evento è gratuito, ma richiede iscrizione, ed è patrocinato dal Parlamento Europeo.

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Con l’IA, Orbisk ci aiuta a quantificare lo spreco di cibo.

By : Aldo |Settembre 16, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Con l’IA, Orbisk ci aiuta a quantificare lo spreco di cibo.

L’intelligenza artificiale oscilla tra l’essere una grande scoperta ad una possibile minaccia. Sta di fatto che si tratta di un nuovo modo di usare la tecnologia, tanto atteso quanto respinto.  Sicuramente l’IA può facilitare tanti lavori, tanti studi e tante operazioni quotidiane e necessarie all’uomo. Ma proprio per questo per molti è quasi considerata come una minaccia. Tuttavia tra i progetti positivi che vedono l’intelligenza artificiale come un mezzo per migliorare la vita di tutti e renderla più sostenibile, troviamo l’idea di Orbisk.

L’IA per il futuro

L’intelligenza artificiale (IA) è una disciplina che sviluppa sistemi in grado di svolgere compiti tipici dell’intelligenza umana, come percezione e problem solving. Nonostante diventi sempre più sofisticata, presenta anche delle sfide etiche e di sicurezza che devono essere affrontate durante la sua evoluzione per evitare che diventi una minaccia. Tuttavia, l’IA è applicabile in vari settori, come sanità, istruzione, industria e sta diventando ogni giorno più importante anche per la lotta contro il cambiamento climatico e nell’adattamento ad esso.

Infatti, grazie alla sua capacità di elaborare grandi quantità di dati, l’IA può aiutare a prevedere e monitorare gli effetti del cambiamento climatico con una precisione senza precedenti. Dunque, può essere utilizzata per ottimizzare l’uso delle risorse, ridurre le emissioni di gas serra e sviluppare soluzioni innovative per affrontare le sfide ambientali. Sembra non esistano confini di utilizzo di questa tecnologia; dall’agricoltura di precisione alle smart grid, dall’analisi dei dati satellitari alla progettazione di edifici sostenibili. Pertanto, investire nel suo sviluppo e nella sua applicazione è fondamentale per garantire un pianeta sano alle future generazioni.

Lo spreco alimentare

Uno tra i tanti settori in cui l’IA può essere impiegata è proprio quello alimentare, visti i grandi problemi mondiali di spreco e allo stesso tempo di malnutrizione. In generale c’è un filo conduttore che unisce cibo, energia, natura e perdite economiche, ossia lo spreco alimentare. Si tratta di un problema crescente in un sistema alimentare globale insostenibile e questo è visibile tramite i dati.

Attualmente, un terzo della produzione alimentare mondiale non viene consumato, con sprechi lungo tutta la filiera, maggiormente nelle case. Secondo gli studi, se non si agisce, entro il 2050 queste perdite raddoppieranno; pertanto, aumenteranno anche i prezzi dei settori affini.  Per esempio, in Italia, si gettano circa 25 kg di cibo a persona all’anno, con un costo complessivo di circa 15 miliardi di euro (un punto di PIL). Nonostante ciò, il 9,4% degli italiani vive in povertà alimentare. Cambiare questo ritmo e optare per un’alimentazione sostenibile, è essenziale e l’ONU ha fissato l’obiettivo di dimezzare lo spreco alimentare globale entro il 2030. Questo perché a livello mondiale, il valore economico del cibo sprecato raggiunge i 1.000 miliardi di dollari, ma con i costi ambientali nascosti arriva a 2.600 miliardi.  È qui che l’IA può venirci incontro, e può portare una nuova attenzione al tema, per provare a risolvere, almeno in parte tale problema. Orbisk, un’impresa innovativa, è riuscita aa creare una tecnologia per la quale, grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, si può quantificare lo spreco alimentare.

Orbisk

Orbisk è una startup olandese nata nel 2017, fondata da Olaf van der Veen, insieme a Bart van Arnhem e Richard Beks. L’impresa innovativa ha l’obiettivo di combattere lo spreco alimentare nelle cucine professionali utilizzando l’intelligenza artificiale. In questo caso, la tecnologia impiegata da Orbisk si basa su un sistema di riconoscimento delle immagini che, tramite una telecamera e una bilancia digitale installate sui bidoni dei rifiuti, rileva gli alimenti scartati. L’algoritmo AI identifica il tipo, la quantità e il momento esatto in cui il cibo viene buttato, fornendo dati dettagliati sui flussi di rifiuti. Queste informazioni poi permettono di individuare inefficienze strutturali nelle cucine di ristoranti e mense, aiutando a ridurre lo spreco alimentare.

Il prototipo

Il dispositivo tecnologico di Orbisk è stato reso disponibile per i ristoranti con una formula di leasing e non richiede spazio aggiuntivo o nuove infrastrutture in cucina, poiché si integra facilmente con il bidone dei rifiuti esistente. Il tutto deve essere connesso ad una rete mobile o ad un Wi -Fi, affinché i dati raccolti vengano inviati automaticamente al cloud. Il software è in grado di analizzare vari aspetti, come il tipo e la quantità di cibo scartato, il livello di lavorazione e il momento e motivo dello smaltimento. Inoltre, rileva anche se il cibo proviene da una padella, un tagliere o un piatto, consentendo di identificare le fasi in cui si verificano inefficienze.

Per far sì che questa tecnologia sia produttiva e aiuti veramente il nostro pianeta, sono previste giornate di formazione per il personale di cucina. Così lo staff è capace di interpretare i dati e utilizzarli, grazie anche ad un focus sui momenti del processo in cui si verificano sprechi e suggeriti i possibili miglioramenti.

Olaf van der Veen ha spiegato che Orbisk sta lavorando per integrare i dati sui rifiuti con quelli di vendita, acquisto, numero di coperti e persino informazioni sulle previsioni del tempo. L’obiettivo è prevedere il consumo futuro per ridurre gli sprechi in modo proattivo.

Nel 2023, Orbisk ha ampliato l’installazione dei suoi dispositivi nelle cucine dei ristoranti olandesi, passando da venti a 120 dispositivi entro giugno, con l’intenzione di installarne altri 300 entro la fine dell’anno. A partire dal 2025, l’azienda prevede di espandersi negli Stati Uniti, noti per l’alto livello di spreco alimentare.

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Sea Beyond Ideas Box: a Napoli i piccoli scoprono come salvare l’oceano.

By : Aldo |Settembre 15, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Sea Beyond Ideas Box: a Napoli i piccoli scoprono come salvare l’oceano.

Spesso si dice che nella vita non si hanno certezze, forse qualcuna. Una di queste è la capacità dei bambini di imparare; non a caso vengono paragonati a delle spugne. Questo è vero ed è una caratteristica che ci dobbiamo ricordare quando pensiamo al futuro. Si, perché se vogliamo salvare il pianeta e crescere persone consapevoli del proprio ruolo nel mondo, dobbiamo partire proprio dai bambini. Ed è a loro che rivolgono le nuove mediateche mobili di Napoli.

I bambini sono il futuro

I bambini hanno una straordinaria capacità di apprendimento, alimentata dalla loro curiosità e dal desiderio di esplorare il mondo. Nei primi anni, il cervello si sviluppa rapidamente, facilitando l’acquisizione di conoscenze e competenze sia cognitive che emotive e sociali, influenzate dall’ambiente familiare e dalle esperienze educative. Certamente, in un periodo in cui i cambiamenti climatici sono una sfida cruciale, è essenziale introdurre i bambini a questi temi fin da piccoli. L’educazione ambientale può promuovere consapevolezza e responsabilità, spingendoli a diventare cittadini attivi. Comprendere questioni come il riscaldamento globale e l’inquinamento li aiuta a capire l’importanza di azioni sostenibili per proteggere il pianeta. Capire come proteggere gli animali e la natura è sicuramente un’attività alla loro portata che può implementare la loro consapevolezza. Investire in questa educazione prepara le nuove generazioni ad affrontare le sfide climatiche e a costruire una società più sostenibile e responsabile.

L’unione fa la forza

FOQUS, acronimo di Fondazione Quartieri Spagnoli, è un’associazione no profit attiva a Napoli dal 2013, dedicata alla rigenerazione urbana e sociale dei Quartieri Spagnoli.  Si tratta di un progetto che ha l’obiettivo di trasformare un’area precedentemente abbandonata in una comunità produttiva. Questo è possibile attraverso la promozione di nuove imprese, auto-imprenditorialità e opportunità di occupazione in settori qualificati. Tra le varie iniziative, FOQUS ha abbracciato l’idea di sensibilizzare i più piccoli alla salvaguardia dell’oceano, grazie anche all’aiuto di Biblioteche Senza Frontiere. Quest’ultima è una ONG francese che si impegna a garantire l’accesso all’informazione e all’istruzione per le persone vulnerabili in tutto il mondo. Il suo obiettivo è quello di combattere l’isolamento culturale e sociale per mezzo di iniziative che facilitano la diffusione della conoscenza e delle risorse educative, in contesti difficili.

Le due realtà prettamente sociali, hanno unito le forze per qualcosa di molto più grande, ossia la protezione degli oceani. Infatti a Napoli, negli spazi gestiti dalla fondazione FOQUS, è arrivata una mediateca mobile chiamata SEA BEYOND Ideas Box. La mediateca mobile è stata realizzata con il supporto di Sea Beyond, il programma educativo ideato dal Gruppo Prada e avviato nel 2019 in collaborazione con la Commissione Oceanografica Intergovernativa (COI) dell’UNESCO, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulla preservazione e sostenibilità dell’Oceano. Progettata pro bono da Philippe Starck per Bibliothèque Sans Frontière, l’Ideas Box festeggerà dieci anni nel 2024, e Napoli sarà una delle oltre 100 comunità nel mondo a beneficiarne.

Il progetto dell’Ideas Box

Secondo quanto riportato dalle interviste, Francesca Santoro, Senior Programme Officer dell’Unesco-COI, ha richiamato l’attenzione sulle minacce che l’oceano affronta. Tra queste il cambiamento climatico, le anomalie termiche, l’invasione di specie aliene e tropicali, e l’innalzamento dei mari. In questo modo ha sottolineato l’importanza di educare i bambini alla tutela dell’ecosistema marino, in linea con quanto recentemente denunciato dal segretario generale dell’ONU, António Guterres, in merito al Pacifico. Rendere partecipi i più piccoli fa sì che si possano crescere dei protettori del pianeta e fa ben sperare in generazioni più consapevoli e proattive al cambiamento.

Le attività previste includono laboratori di educazione all’oceano, guidati da educatori e ambassador del progetto come Carmelo Isgrò e Valentina Gottlieb. Tra le altre pratiche vengono proposti anche esercizi ispirati allo yoga e giochi didattici sugli animali marini. In attesa dell’arrivo dell’Ideas Box, i bambini di Napoli e Palermo hanno creato degli “Atlanti dell’Oceano”, utilizzando materiali riciclati dai mercati locali, ricordando l’importanza di ridurre l’inquinamento plastico.

Non a caso, l’obiettivo di Unesco-COI è rendere l’Ocean Literacy accessibile a più comunità possibili, attraverso testi e materiali audiovisivi pensati per insegnare ai bambini in modo divertente. Questo approccio è già attivo a Napoli, dove è stato avviato un programma annuale di laboratori e attività gestito da Biblioteche Senza Frontiere.

In conclusione

L’Ideas Box, sarà quindi un centro mobile che visiterà vari luoghi simbolici della città e delle isole vicine, promuovendo la sensibilizzazione ambientale. Ilaria Gaudiello, Direttrice di Biblioteche Senza Frontiere, ha ribadito l’impegno di tale iniziativa nel porre l’educazione sull’oceano e la partecipazione al centro delle attività, coinvolgendo giovani e famiglie.

Questo è il punto cruciale da cui partire per garantire un futuro migliore. I bambini, come le famiglie che li circondano sono il fulcro della transizione che necessitiamo, dunque se ben informati ed educati possono far parte dei game changers nell’adattamento e nella lotta al cambiamento climatico.

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