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L’UE, vuole rinviare la legge sulla deforestazione tra esultanze e polemiche.

By : Aldo |Ottobre 07, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’UE, vuole rinviare la legge sulla deforestazione tra esultanze e polemiche.

Quando si parla di proteggere la natura ci sono sempre e purtroppo, troppi scontri ideologici, a volte poco condivisibili. Sta di fatto che la protezione della natura e delle sue specie, sia un processo lungo, lento ma di enorme importanza. Tuttavia, spesso e volentieri, “intralcia” gli affari delle aziende di vari settori, tra i quali quello alimentare (il più rilevante). Di recente sembra che l’Europa abbia fato qualche passo indietro rimettendo in discussione la sua propensione ad una forte e corretta transizione ecologica.

 

La deforestazione nel tempo

La deforestazione consiste nell’eliminazione delle foreste o della vegetazione arborea, spesso finalizzata a destinare i terreni ad attività agricole, pascoli o zone urbane. Questo processo ha impatti rilevanti, sia in termini positivi che negativi. Tra i vantaggi si possono annoverare l’incremento dell’agricoltura e lo sviluppo economico in determinate aree, con la creazione di posti di lavoro e un miglior accesso alle risorse alimentari. Tuttavia, gli effetti negativi prevalgono nettamente: la deforestazione causa una grave perdita di biodiversità, contribuisce ai cambiamenti climatici aumentando le emissioni di carbonio e provoca il degrado del suolo, compromettendo la capacità produttiva agricola nel lungo periodo.

In Italia, la regolamentazione della deforestazione ha radici antiche, con il Regio Decreto del 1923 che definiva le prime norme per la gestione delle foreste. Negli ultimi anni, il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali del 2018 ha modernizzato e semplificato la normativa, affrontando le sfide attuali legate alla sostenibilità e alla tutela ambientale. Queste leggi sono cruciali per salvaguardare le foreste e promuovere pratiche agricole sostenibili, contribuendo a un futuro più ecologico e sano per il pianeta.

Regolamento Ue sui prodotti senza deforestazione (EUDR)

Sul piano politico, la deforestazione è diventata una questione di rilevanza globale, spingendo all’adozione di interventi legislativi. Tuttavia è recente la proposta della Commissione Europea di rinviare di un anno la dibattuta legge sulla deforestazione. Tale iniziativa, ha fatto esultare le grandi aziende, poiché il rinvio ola revisione della legge non alzerebbe i prezzi di produzione. Al contrario gli ambientalisti sono sconcertati e invitano a riflettere sui prossimi passi da fare. Perché?

La legge prevede che i produttori che non rispettano il divieto di commercializzare prodotti legati alla deforestazione non possano vendere nei mercati dell’UE. Il testo venne inizialmente apprezzato per la sua finalità di proteggere le foreste, importanti per l’assorbimento di CO₂. Nonostante ciò venne subito criticato per la complessità della sua applicazione, soprattutto da Paesi esportatori come Brasile e USA. Le aziende devono infatti ricorrere a tecnologie come il monitoraggio satellitare e sistemi di tracciabilità per dimostrare che i loro prodotti non provengono da terreni deforestati dopo il 31 dicembre 2020.

Un’altra particolarità è che la legge si rivolge esattamente alle aziende produttrici di materie prime di uso globale quotidiano quali: caffè, cacao, legname, olio da palma e carne bovina. Tutto serviva a proteggere i polmoni verdi della Terra, la biodiversità e a combattere il cambiamento climatico in modo concreto. Si trattava di un incentivo importante, per porre delle basi solide per una produzione (globale) più sostenibile.

Il rinvio

Nonostante la sua importanza, in alcuni Paesi membri, come l’Italia, si sono registrati tentativi di ritardare l’implementazione delle norme, poiché si teme che le imprese non siano pronte a soddisfare i requisiti richiesti. In molti hanno poi definito “”difficile e molto costoso” il cambiamento richiesto e pertanto è arrivata la richiesta di un rinvio o una revisione del regolamento.  Dunque, a inizio ottobre la Commissione Ue ha ceduto, annunciando l’intenzione di un rinvio di 12 mesi. Questo significa che, se la proposta venisse approvata dai ministri dell’UE e dal Parlamento europeo, la legge entrerebbe in vigore il 30 dicembre 2025 per le grandi imprese e il 30 giugno 2026 per le piccole imprese.

Le accuse degli ambientalisti

Gli ambientalisti temono che un eventuale rinvio della regolamentazione possa portare a una deforestazione aggiuntiva di 2.300 chilometri quadrati. Infatti, Christian Poirier, direttore del programma per Amazon Watch, ha criticato duramente le grandi aziende e i governi. Li ha accusati di collaborare per evitare le responsabilità legate alla deforestazione zero nella catena di fornitura, sfruttando i piccoli proprietari come pretesto. Mentre Nicole Polsterer, attivista di Fern, ha affermato che Ursula von der Leyen avrebbe ceduto alle pressioni di aziende e Paesi che, pur consapevoli da anni dell’arrivo della regolamentazione, non si erano preparati adeguatamente.

Analogamente Greenpeace UE ha definito la decisione un grave passo indietro per le politiche del Green Deal e Sébastien Risso, direttore delle politiche forestali di Greenpeace, ha espresso rabbia. Il direttore sostiene che il rinvio permetterà la presenza di prodotti legati alla deforestazione sugli scaffali europei per altri dodici mesi. Infine, Virginijus Sinkevičius, eurodeputato lituano ed ex commissario all’ambiente, ha sottolineato che il rinvio rappresenterebbe un passo indietro nella lotta al cambiamento climatico, aumentando il 15% delle emissioni globali di carbonio e compromettendo la credibilità dell’UE nei suoi impegni climatici.

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Seul sceglie la natura e sostituisce un’autostrada con un fiume pedonale.

By : Aldo |Settembre 28, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Seul sceglie la natura e sostituisce un’autostrada con un fiume pedonale.

Siamo ormai abituati a vivere in città sempre più vaste, ricche di servizi, negozi e di tutto ciò che ci serve. Continuiamo a costruire senza sosta, sfruttando tecnologie avanzate e immaginando città futuristiche, con grattacieli e auto volanti. Nonostante ciò, i luoghi che amiamo di più sono quelli in cui possiamo allontanarci da tutto questo: sentiamo il bisogno di una passeggiata in riva al mare, di un picnic accanto al fiume o di una gita al lago. Così Seul abbraccia la sostenibilità scegliendo il fiume al posto di un’autostrada.

I fiumi: dalle città alle metropoli

I fiumi hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle città, dalla nascita delle prime civiltà alle metropoli moderne. Nelle antiche culture mesopotamiche ed egizie, i fiumi erano essenziali per l’irrigazione, l’acqua potabile e il commercio, favorendo l’agricoltura e la crescita demografica. Durante il periodo medievale, le città si sono sviluppate attorno a corsi d’acqua, che fungevano da risorse strategiche per il commercio e l’industria, come nel caso di Venezia e Firenze.

I fiumi continuano a essere importanti nelle grandi metropoli, non solo per le loro funzioni economiche ma anche come simboli di bellezza e spazi ricreativi. I waterfront urbani attraggono residenti e turisti, migliorando la qualità della vita. Inoltre, la gestione sostenibile dei fiumi è diventata cruciale per affrontare le sfide ambientali attuali, sottolineando il loro valore nel contesto urbano contemporaneo.

Non a caso oggi, è sempre più frequente il fenomeno chiamato “daylighting”. Si tratta dell’iniziativa che propone di “portare alla luce” proprio i fiumi nascosti per rendere l’acqua nuovamente protagonista nelle nostre città. Un esempio famoso di questa trasformazione è il Cheonggyecheon a Seoul, un percorso pedonale di 11 km che è oggi una delle passeggiate più apprezzate della città.

Il progetto Cheong Gye Cheon

Cheong Gye Cheon, un corso d’acqua di Seoul, ha una storia che risale a oltre 600 anni fa, quando la città divenne capitale durante la dinastia Joseon. Inizialmente ampliato per prevenire inondazioni, il canale è stato utilizzato come sistema fognario per circa 500 anni, subendo ripetuti dragaggi a causa dell’aumento della popolazione. Durante l’occupazione giapponese (1910-1945), il fiume si inquinò gravemente e venne coperto con calcestruzzo, trasformandosi in una fogna. Dopo la guerra di Corea, il canale continuò a degradarsi, diventando un simbolo di povertà. Negli anni ’70, fu costruita l’autostrada Cheong Gye Cheon proprio sopra il fiume.

Per questo, nel 2003, l’ex sindaco Lee Myung-bak avviò un progetto di restauro che ha portato alla rimozione dell’autostrada e alla riqualificazione del fiume come area pubblica, completata nel 2005 con un investimento di circa 700 milioni di euro.

Il progetto di Seul

Il progetto di restauro del Canal ChonGae a Seoul mirava a ripristinare un corso d’acqua coperto e inquinato, demolendo circa 4km di autostrada che dividevano la città. Infatti, prima dell’intervento, l’area era occupata da una strada trafficata, con 168.000 auto al giorno, che contribuivano a elevati livelli di inquinamento, compromettendo la salute degli abitanti. In risposta a questa situazione critica, il governo cittadino ha approvato un progetto che metteva l’uomo al primo posto, demolendo l’autostrada e orientandosi verso un approccio più ecosostenibile focalizzato sulla qualità della vita.

L’obiettivo principale era creare una zona pedonale che permettesse alle persone di interagire con l’acqua e mitigare le inondazioni durante i temporali della stagione dei monsoni. La progettazione si è basata sui livelli d’acqua variabili, e il restauro ha rappresentato il primo passo verso una riqualificazione complessiva delle sette miglia di fiume. Inaugurato nell’ottobre 2005, il progetto ha creato un nuovo spazio verde urbano che ha rafforzato il rapporto tra la città e il fiume, attirando continuamente persone.

Grazie al restauro del Cheonggyecheon, sono stati prevenuti allagamenti nella zona per un periodo stimato di 200 anni e si è registrata una riduzione della temperatura di 3-5°C rispetto alle strade circostanti. Questi risultati notevoli sono stati raggiunti riportando alla luce un corso d’acqua che era stato a lungo relegato a canale sotterraneo.

Conclusioni

I corpi idrici nelle aree urbane offrono vantaggi concreti di natura sociale, ambientale ed economica. Sicuramente abbelliscono le città e riducono lo stress mentale dei cittadini, fungendo anche da canali di raccolta in caso di allagamenti, alleviando così la pressione sulla rete idrica. Inoltre, contribuiscono a mitigare le temperature locali. È quindi essenziale che le città integrino questi aspetti nello sviluppo urbanistico, riappropriandosi di elementi naturali spesso trascurati per promuovere un futuro urbano più sostenibile e vivibile.

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Wind Turbine Wall: le nuove frontiere dell’eolico urbano.

By : Aldo |Settembre 26, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Wind Turbine Wall: le nuove frontiere dell’eolico urbano.

Il cambiamento climatico si sta manifestando in maniera sempre più concreta e noi non possiamo più restare fermi a guardare. È ovvio che non ci sia tempo da perdere e che bisogna puntare tutti insieme alla transizione ecologica. Tuttavia il pensiero di molti è negativo a riguardo, e si pensa che non ci siano troppe speranze per un futuro migliore. Nonostante ciò, lo sviluppo tecnologico ci dimostra che possiamo comunque avere fiducia nelle innovazioni e che le soluzioni per migliorare esistono.

La produzione eolica

L’energia eolica è una delle fonti rinnovabili più promettenti, poiché utilizza la forza del vento per produrre elettricità tramite turbine che trasformano l’energia cinetica in energia elettrica. Questa tecnologia è cruciale per la transizione energetica globale, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e le emissioni di gas serra. L’energia eolica è pulita, abbondante e non richiede grandi quantità d’acqua, rendendola competitiva rispetto ad altre fonti. A livello globale, la produzione eolica è in forte crescita: nel 2020 ha coperto il 16% dell’elettricità in Europa e ha superato il carbone come seconda fonte energetica dopo il gas naturale. La Cina è leader mondiale nel settore eolico anche grazie ai massicci investimenti.

In Italia, l’energia eolica sta guadagnando terreno come parte della strategia nazionale per la transizione energetica. Gli investimenti nel settore sono in aumento e si prevede che entro il 2050 saranno necessari circa 2000 km² di impianti fotovoltaici e un ulteriore sviluppo dell’eolico. Attualmente, si sta lavorando per integrare maggiormente queste tecnologie nel mix energetico nazionale, contribuendo così a una maggiore sostenibilità ambientale.

Il mini – eolico urbano

L’eolico urbano, a differenza del fotovoltaico, ha ricevuto meno attenzione nel corso degli anni. Sebbene le soluzioni esistano, è complesso trovare un equilibrio tra risorse disponibili, design e spazi utilizzabili. I pochi progetti che hanno cercato di affermarsi sul mercato infatti, si sono concentrati su turbine con capacità da 1 a 10 kW, installabili su tetti piani, torri di comunicazione e strutture ad altezze elevate. Invece, il mini- eolico urbano è una soluzione innovativa per generare energia rinnovabile nelle città, utilizzando piccoli aerogeneratori integrati negli edifici.

Un esempio è il nuovo progetto del designer Joe Doucet si chiama Wind Turbine Wall. Si tratta di un mini-eolico da parete, composto da 25 micro turbine ad asse verticale, progettato per integrarsi nelle strutture urbane. Il prototipo misura 2,4 metri di altezza e 7,6 metri di larghezza, ma può essere adattato per coprire interi edifici. Doucet sostiene che un solo “muro cinetico” potrebbe coprire il fabbisogno elettrico annuale di una casa americana, sebbene l’efficacia dipenda dal luogo di installazione e i dati debbano ancora essere confermati.

Joe Douchet e il suo design

Doucet, designer e imprenditore di fama internazionale, è noto per coniugare innovazione e sostenibilità nelle sue creazioni, come dimostrato dal suo “Wind Turbine Wall”. Con oltre 50 brevetti e numerosi riconoscimenti, tra cui il Cooper-Hewitt National Design Award, continua a esplorare soluzioni di design che migliorano la vita quotidiana. In questo caso, l’approccio di Joe Doucet rivoluziona l’integrazione dell’energia eolica negli edifici, fondendo estetica e funzionalità.

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Tempesta Vaia: dopo 6 anni cosa è cambiato, i problemi e le possibili soluzioni.

By : Aldo |Settembre 22, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Tempesta Vaia: dopo 6 anni cosa è cambiato, i problemi e le possibili soluzioni.

Alla fine di ottobre 2018, la tempesta Vaia devastò i boschi delle Dolomiti con piogge incessanti e venti fino a 208 km/h, in particolare a Passo Rolle. In poco tempo furono abbattuti oltre 14 milioni di tronchi e 41.000 ettari di foreste distrutti.  Strade e sentieri furono bloccati e la rimozione del legname durò svariati mesi e richiese enormi investimenti. L’area distrutta e le sue popolazioni affrontarono difficoltà tecniche e logistiche, con un danno economico complessivo stimato intorno ai tre miliardi di euro.  Fortunatamente, un gruppo di giovani ha pensato a come risollevare i paesi colpiti, in modo innovativo.  

La missione di “Vaia”

Vaia è una startup italiana fondata nel 2019 da Federico Stefani, Paolo Milan e Giuseppe Addamo, in risposta alla devastante tempesta Vaia che ha colpito le Dolomiti nel 2018. L’azienda si occupa di recuperare il legno degli alberi distrutti per creare prodotti sostenibili. Nello specifico i suoi obiettivi sono la valorizzazione delle risorse locali, l’attivazione delle filiere artigianali e coinvolgimento delle comunità, reinvestimento dei ricavi nei territori colpiti.

La startup si propone di affrontare le sfide socio-ambientali attraverso azioni concrete, come la riforestazione e la creazione di una rete di artigiani locali, contribuendo così a un futuro più sostenibile. Non a caso ha creato dei nuovi prodotti come il “Vaia Cube”, una cassa passiva per amplificare il suono degli smartphone. Questo oggetto non solo rappresenta un’alternativa ecologica, ma simboleggia anche un impegno verso la sostenibilità e la valorizzazione delle risorse locali. Infatti, Vaia si distingue anche per il suo approccio comunitario, cercando di coinvolgere attivamente le persone e sensibilizzarle riguardo alla sostenibilità ambientale.

I problemi odierni

Dopo l’avvenimento, gran parte del legname fu venduto a basso costo all’estero, principalmente in Cina. Senza la protezione degli alberi e delle loro radici, il territorio venne più esposto a frane, valanghe e inondazioni. Inoltre, la situazione si aggravò per l’infestazione del bostrico, una specie di coleottero che attacca gli abeti rossi e ne provoca la morte in poco tempo. Secondo recenti studi, i danni causati dal bostrico hanno ormai superato quelli della tempesta Vaia, colpendo una superficie doppia rispetto a quella del Lago di Garda.

Dunque, gli effetti della tempesta non sono solo ambientali, ma hanno anche rilevanti implicazioni economiche e sociali. Il fenomeno Vaia ha infatti amplificato problematiche preesistenti che affliggono le comunità montane in tutta Italia. Tra le varie questioni si riportala più importante resta lo spopolamento dovuto alla scarsità di opportunità lavorative, allo sviluppo limitato e alla mancanza di servizi. Oltretutto, il recupero del legname caduto si è rivelato costoso e, in alcuni casi, impossibile da realizzare. Di conseguenza sono state sottolineate le difficoltà di coordinamento e gestione tra gli enti responsabili della protezione e della gestione forestale.

A distanza di 6 anni, solo una parte degli alberi abbattuti è stata recuperata, mentre molti restano ancora a terra, lasciando la foresta spoglia e vulnerabile all’infestazione del bostrico. Federico Stefani, co-fondatore della startup, ha evidenziato come, nonostante l’aumento della superficie forestale, la qualità del bosco sia in peggioramento. In più ha evidenziato come gli abitanti, attualmente beneficiari della vendita del legname, rischiano di trovarsi privi di risorse entro 50 anni, poiché il capitale naturale si sta progressivamente esaurendo.

I progetti futuri e le iniziative di Vaia

Vista la missione dei della startup, Stefani sottolinea come la sostenibilità sia possibile solo coinvolgendo l’economia locale e coordinando tutti gli attori del territorio. Per esempio, il primo prodotto di Vaia, il Vaia Cube, è un amplificatore analogico in legno realizzato con alberi abbattuti e lavorato da artigiani locali. Ogni Cube venduto ha permesso di piantare nuovi alberi, raggiungendo 100.000 abeti grazie a oltre mille unità vendute in 38 Paesi. Questo è a tutti gli effetti un piccolo contributo, ma con l’obiettivo di promuovere la rigenerazione e collaborare con amministrazioni e enti forestali. 

In seguito, Vaia ha lanciato il Vaia Focus, un amplificatore per smartphone eco-sostenibile, destinando i ricavi alla ricerca sui ghiacciai in collaborazione con varie organizzazioni. Inoltre, ha riutilizzato teli geotessili per realizzare il materiale protettivo del Focus. L’obiettivo di Vaia è quello di consolidare un modello di business circolare e sostenibile, coinvolgendo 12 laboratori artigianali locali e restituendo dignità alle risorse naturali, come dimostrato dal successo del Cube e del Focus.

La “Foresta degli innovatori”

La startup “Vaia” è arrivata alla sua terza edizione dell’iniziativa “La foresta degli Innovatori”. Si tratta di un evento che si terrà il 21 settembre a Folgaria. Nonostante non tutti possano partecipare di persona, è possibile seguire le dirette di talk, attività e un concerto di Gio Evan sui canali social, con la possibilità di interagire e vivere virtualmente l’atmosfera. Inoltre, chi vuole contribuire a distanza può acquistare una t-shirt e un albero che verrà piantato durante l’evento, con l’obiettivo di piantare oltre 1.000 alberi in un solo giorno. L’evento è gratuito, ma richiede iscrizione, ed è patrocinato dal Parlamento Europeo.

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Con l’IA, Orbisk ci aiuta a quantificare lo spreco di cibo.

By : Aldo |Settembre 16, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Con l’IA, Orbisk ci aiuta a quantificare lo spreco di cibo.

L’intelligenza artificiale oscilla tra l’essere una grande scoperta ad una possibile minaccia. Sta di fatto che si tratta di un nuovo modo di usare la tecnologia, tanto atteso quanto respinto.  Sicuramente l’IA può facilitare tanti lavori, tanti studi e tante operazioni quotidiane e necessarie all’uomo. Ma proprio per questo per molti è quasi considerata come una minaccia. Tuttavia tra i progetti positivi che vedono l’intelligenza artificiale come un mezzo per migliorare la vita di tutti e renderla più sostenibile, troviamo l’idea di Orbisk.

L’IA per il futuro

L’intelligenza artificiale (IA) è una disciplina che sviluppa sistemi in grado di svolgere compiti tipici dell’intelligenza umana, come percezione e problem solving. Nonostante diventi sempre più sofisticata, presenta anche delle sfide etiche e di sicurezza che devono essere affrontate durante la sua evoluzione per evitare che diventi una minaccia. Tuttavia, l’IA è applicabile in vari settori, come sanità, istruzione, industria e sta diventando ogni giorno più importante anche per la lotta contro il cambiamento climatico e nell’adattamento ad esso.

Infatti, grazie alla sua capacità di elaborare grandi quantità di dati, l’IA può aiutare a prevedere e monitorare gli effetti del cambiamento climatico con una precisione senza precedenti. Dunque, può essere utilizzata per ottimizzare l’uso delle risorse, ridurre le emissioni di gas serra e sviluppare soluzioni innovative per affrontare le sfide ambientali. Sembra non esistano confini di utilizzo di questa tecnologia; dall’agricoltura di precisione alle smart grid, dall’analisi dei dati satellitari alla progettazione di edifici sostenibili. Pertanto, investire nel suo sviluppo e nella sua applicazione è fondamentale per garantire un pianeta sano alle future generazioni.

Lo spreco alimentare

Uno tra i tanti settori in cui l’IA può essere impiegata è proprio quello alimentare, visti i grandi problemi mondiali di spreco e allo stesso tempo di malnutrizione. In generale c’è un filo conduttore che unisce cibo, energia, natura e perdite economiche, ossia lo spreco alimentare. Si tratta di un problema crescente in un sistema alimentare globale insostenibile e questo è visibile tramite i dati.

Attualmente, un terzo della produzione alimentare mondiale non viene consumato, con sprechi lungo tutta la filiera, maggiormente nelle case. Secondo gli studi, se non si agisce, entro il 2050 queste perdite raddoppieranno; pertanto, aumenteranno anche i prezzi dei settori affini.  Per esempio, in Italia, si gettano circa 25 kg di cibo a persona all’anno, con un costo complessivo di circa 15 miliardi di euro (un punto di PIL). Nonostante ciò, il 9,4% degli italiani vive in povertà alimentare. Cambiare questo ritmo e optare per un’alimentazione sostenibile, è essenziale e l’ONU ha fissato l’obiettivo di dimezzare lo spreco alimentare globale entro il 2030. Questo perché a livello mondiale, il valore economico del cibo sprecato raggiunge i 1.000 miliardi di dollari, ma con i costi ambientali nascosti arriva a 2.600 miliardi.  È qui che l’IA può venirci incontro, e può portare una nuova attenzione al tema, per provare a risolvere, almeno in parte tale problema. Orbisk, un’impresa innovativa, è riuscita aa creare una tecnologia per la quale, grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, si può quantificare lo spreco alimentare.

Orbisk

Orbisk è una startup olandese nata nel 2017, fondata da Olaf van der Veen, insieme a Bart van Arnhem e Richard Beks. L’impresa innovativa ha l’obiettivo di combattere lo spreco alimentare nelle cucine professionali utilizzando l’intelligenza artificiale. In questo caso, la tecnologia impiegata da Orbisk si basa su un sistema di riconoscimento delle immagini che, tramite una telecamera e una bilancia digitale installate sui bidoni dei rifiuti, rileva gli alimenti scartati. L’algoritmo AI identifica il tipo, la quantità e il momento esatto in cui il cibo viene buttato, fornendo dati dettagliati sui flussi di rifiuti. Queste informazioni poi permettono di individuare inefficienze strutturali nelle cucine di ristoranti e mense, aiutando a ridurre lo spreco alimentare.

Il prototipo

Il dispositivo tecnologico di Orbisk è stato reso disponibile per i ristoranti con una formula di leasing e non richiede spazio aggiuntivo o nuove infrastrutture in cucina, poiché si integra facilmente con il bidone dei rifiuti esistente. Il tutto deve essere connesso ad una rete mobile o ad un Wi -Fi, affinché i dati raccolti vengano inviati automaticamente al cloud. Il software è in grado di analizzare vari aspetti, come il tipo e la quantità di cibo scartato, il livello di lavorazione e il momento e motivo dello smaltimento. Inoltre, rileva anche se il cibo proviene da una padella, un tagliere o un piatto, consentendo di identificare le fasi in cui si verificano inefficienze.

Per far sì che questa tecnologia sia produttiva e aiuti veramente il nostro pianeta, sono previste giornate di formazione per il personale di cucina. Così lo staff è capace di interpretare i dati e utilizzarli, grazie anche ad un focus sui momenti del processo in cui si verificano sprechi e suggeriti i possibili miglioramenti.

Olaf van der Veen ha spiegato che Orbisk sta lavorando per integrare i dati sui rifiuti con quelli di vendita, acquisto, numero di coperti e persino informazioni sulle previsioni del tempo. L’obiettivo è prevedere il consumo futuro per ridurre gli sprechi in modo proattivo.

Nel 2023, Orbisk ha ampliato l’installazione dei suoi dispositivi nelle cucine dei ristoranti olandesi, passando da venti a 120 dispositivi entro giugno, con l’intenzione di installarne altri 300 entro la fine dell’anno. A partire dal 2025, l’azienda prevede di espandersi negli Stati Uniti, noti per l’alto livello di spreco alimentare.

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Sea Beyond Ideas Box: a Napoli i piccoli scoprono come salvare l’oceano.

By : Aldo |Settembre 15, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Sea Beyond Ideas Box: a Napoli i piccoli scoprono come salvare l’oceano.

Spesso si dice che nella vita non si hanno certezze, forse qualcuna. Una di queste è la capacità dei bambini di imparare; non a caso vengono paragonati a delle spugne. Questo è vero ed è una caratteristica che ci dobbiamo ricordare quando pensiamo al futuro. Si, perché se vogliamo salvare il pianeta e crescere persone consapevoli del proprio ruolo nel mondo, dobbiamo partire proprio dai bambini. Ed è a loro che rivolgono le nuove mediateche mobili di Napoli.

I bambini sono il futuro

I bambini hanno una straordinaria capacità di apprendimento, alimentata dalla loro curiosità e dal desiderio di esplorare il mondo. Nei primi anni, il cervello si sviluppa rapidamente, facilitando l’acquisizione di conoscenze e competenze sia cognitive che emotive e sociali, influenzate dall’ambiente familiare e dalle esperienze educative. Certamente, in un periodo in cui i cambiamenti climatici sono una sfida cruciale, è essenziale introdurre i bambini a questi temi fin da piccoli. L’educazione ambientale può promuovere consapevolezza e responsabilità, spingendoli a diventare cittadini attivi. Comprendere questioni come il riscaldamento globale e l’inquinamento li aiuta a capire l’importanza di azioni sostenibili per proteggere il pianeta. Capire come proteggere gli animali e la natura è sicuramente un’attività alla loro portata che può implementare la loro consapevolezza. Investire in questa educazione prepara le nuove generazioni ad affrontare le sfide climatiche e a costruire una società più sostenibile e responsabile.

L’unione fa la forza

FOQUS, acronimo di Fondazione Quartieri Spagnoli, è un’associazione no profit attiva a Napoli dal 2013, dedicata alla rigenerazione urbana e sociale dei Quartieri Spagnoli.  Si tratta di un progetto che ha l’obiettivo di trasformare un’area precedentemente abbandonata in una comunità produttiva. Questo è possibile attraverso la promozione di nuove imprese, auto-imprenditorialità e opportunità di occupazione in settori qualificati. Tra le varie iniziative, FOQUS ha abbracciato l’idea di sensibilizzare i più piccoli alla salvaguardia dell’oceano, grazie anche all’aiuto di Biblioteche Senza Frontiere. Quest’ultima è una ONG francese che si impegna a garantire l’accesso all’informazione e all’istruzione per le persone vulnerabili in tutto il mondo. Il suo obiettivo è quello di combattere l’isolamento culturale e sociale per mezzo di iniziative che facilitano la diffusione della conoscenza e delle risorse educative, in contesti difficili.

Le due realtà prettamente sociali, hanno unito le forze per qualcosa di molto più grande, ossia la protezione degli oceani. Infatti a Napoli, negli spazi gestiti dalla fondazione FOQUS, è arrivata una mediateca mobile chiamata SEA BEYOND Ideas Box. La mediateca mobile è stata realizzata con il supporto di Sea Beyond, il programma educativo ideato dal Gruppo Prada e avviato nel 2019 in collaborazione con la Commissione Oceanografica Intergovernativa (COI) dell’UNESCO, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulla preservazione e sostenibilità dell’Oceano. Progettata pro bono da Philippe Starck per Bibliothèque Sans Frontière, l’Ideas Box festeggerà dieci anni nel 2024, e Napoli sarà una delle oltre 100 comunità nel mondo a beneficiarne.

Il progetto dell’Ideas Box

Secondo quanto riportato dalle interviste, Francesca Santoro, Senior Programme Officer dell’Unesco-COI, ha richiamato l’attenzione sulle minacce che l’oceano affronta. Tra queste il cambiamento climatico, le anomalie termiche, l’invasione di specie aliene e tropicali, e l’innalzamento dei mari. In questo modo ha sottolineato l’importanza di educare i bambini alla tutela dell’ecosistema marino, in linea con quanto recentemente denunciato dal segretario generale dell’ONU, António Guterres, in merito al Pacifico. Rendere partecipi i più piccoli fa sì che si possano crescere dei protettori del pianeta e fa ben sperare in generazioni più consapevoli e proattive al cambiamento.

Le attività previste includono laboratori di educazione all’oceano, guidati da educatori e ambassador del progetto come Carmelo Isgrò e Valentina Gottlieb. Tra le altre pratiche vengono proposti anche esercizi ispirati allo yoga e giochi didattici sugli animali marini. In attesa dell’arrivo dell’Ideas Box, i bambini di Napoli e Palermo hanno creato degli “Atlanti dell’Oceano”, utilizzando materiali riciclati dai mercati locali, ricordando l’importanza di ridurre l’inquinamento plastico.

Non a caso, l’obiettivo di Unesco-COI è rendere l’Ocean Literacy accessibile a più comunità possibili, attraverso testi e materiali audiovisivi pensati per insegnare ai bambini in modo divertente. Questo approccio è già attivo a Napoli, dove è stato avviato un programma annuale di laboratori e attività gestito da Biblioteche Senza Frontiere.

In conclusione

L’Ideas Box, sarà quindi un centro mobile che visiterà vari luoghi simbolici della città e delle isole vicine, promuovendo la sensibilizzazione ambientale. Ilaria Gaudiello, Direttrice di Biblioteche Senza Frontiere, ha ribadito l’impegno di tale iniziativa nel porre l’educazione sull’oceano e la partecipazione al centro delle attività, coinvolgendo giovani e famiglie.

Questo è il punto cruciale da cui partire per garantire un futuro migliore. I bambini, come le famiglie che li circondano sono il fulcro della transizione che necessitiamo, dunque se ben informati ed educati possono far parte dei game changers nell’adattamento e nella lotta al cambiamento climatico.

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Città più fresche con pochi e semplici lavori: gli studi della Sapienza.

By : Aldo |Settembre 12, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Città più fresche con pochi e semplici lavori: gli studi della Sapienza.

Il caldo estivo è sempre più forte, di anno in anno cresce e i suoi effetti oltre ad essere palesi, li soffriamo tutti. Ormai siamo abituati a intere città soleggiate, senza un minimo di verde, all’asfalto che si scioglie, alle isole di calore che si espandono sempre più. Di certo alcune aree del mondo sono più esposte a questi fenomeni rispetto ad altre; alcune città sono costruite in modo da fronteggiare questi problemi. Tante invece devono capire come adattarsi a tali cambiamenti. Uno studio della Sapienza ci mostra che questo è possibile anche con semplici modifiche.

 

Caldo nei centri urbani

Il caldo estivo nelle metropoli come Roma influisce in modo rilevante sulla salute pubblica e sul benessere dei cittadini. Durante le ondate di calore, che possono raggiungere situazioni di emergenza, si osserva un incremento dei casi di patologie legate alle alte temperature, specialmente tra i gruppi più vulnerabili, come gli anziani e i bambini. Le temperature elevate, combinate con un’elevata umidità, riducono l’efficacia dei meccanismi di termoregolazione del corpo, aumentando il rischio di colpi di calore e altre complicazioni sanitarie. Inoltre, il fenomeno delle “isole di calore” è aggravato dalla densità urbana e dalla carenza di spazi verdi, fattori che determinano un innalzamento delle temperature superficiali in alcune aree della città.

Le superfici impermeabili e la mancanza di vegetazione non solo accentuano il caldo, ma possono anche peggiorare la qualità dell’aria, incrementando l’inquinamento e rendendo più difficili le condizioni di vita. Per attenuare questi effetti, è essenziale adottare misure preventive per la propria salute. Tuttavia, sono necessarie infrastrutture e accorgimenti a livello pubblico in modo da evitare che gravi situazioni di emergenza si manifestino con frequenza maggiore ogni anno.

Lo studio della Sapienza

Uno studio condotto dalla Sapienza Università di Roma, in collaborazione con l’Accademia Araba di Scienze, Tecnologia e Trasporto Marittimo in Egitto (AASTMT), ha dimostrato che semplici modifiche possono rendere più freschi e godibili i giardini urbani, come quelli di Viale Carlo Felice a Roma. Infatti, secondo la ricerca, pubblicata su “Scientific Reports”, l’aumento della vegetazione, l’installazione di fontane alimentate da acqua piovana e l’uso di materiali di pavimentazione più chiari e riflettenti permetterebbero di ridurre la temperatura e migliorare il comfort termico nelle giornate calde.

A tal proposito, l’architetta Paola Altamura, coautrice dello studio, ha sottolineato l’importanza di introdurre piante a basso fabbisogno idrico, superfici d’acqua e materiali riflettenti, preferibilmente riciclati, per abbassare la temperatura percepita. In più ha anche evidenziato che la particolare conformazione dei giardini, situati in un’area storica con forte pendenza lungo le Mura Aureliane, causa ristagni d’acqua durante le piogge. Dunque, la raccolta e distribuzione dell’acqua piovana potrebbe aiutare a prevenire allagamenti e a rinfrescare l’ambiente.

Inoltre, l’aggiunta di vegetazione, attualmente scarsa, contribuirebbe a migliorare la gestione dell’acqua e aumentare la vivibilità dell’area. L’architetta Altamura ha osservato che un giardino poco vegetato tende a diventare inutilizzabile durante i periodi di caldo intenso. Infine, ha suggerito che migliorare l’attrattività e la sicurezza del parco potrebbe avere anche benefici economici, attraverso l’integrazione di percorsi pedonali, aree gioco, punti di ristoro e connessioni Wi-Fi.

Prospettive della ricerca e possibili modelli

Le modifiche alla struttura dei giardini, suggerite dagli autori dello studio non sono invasive, come la rimozione o lo spostamento degli alberi e dei viali. Questo è dettato anche dai vincoli paesaggistici e archeologici presenti nell’area. La proposta invece è quella di un modello di intervento che potrebbe essere applicato anche ad altri parchi e spazi urbani, tenendo conto dei cambiamenti climatici e dell’aumento delle temperature. Se non delle caratteristiche delle possibili aree di intervento.

L’analisi è stata condotta anche in Egitto, dove l’Accademia AASTMT ha avviato il progetto sotto la guida della ricercatrice Nour M. Ahmed. Quest’ultima ha coinvolto l’Università di Roma, la Sapienza per collaborare alla ricerca di soluzioni comuni. L’architetta Altamura ha evidenziato come lo scenario studiato in Egitto fosse ancora più complesso di quello preso in esame a Roma.  Infatti, la zona scelta era un piazzale urbano vicino alla stazione di Assuan, una città nel sud dell’Egitto caratterizzata da temperature molto elevate e da una quasi totale assenza di piogge.

Il gruppo di ricerca del Professor Fabrizio Tucci, di cui fa parte Paola Altamura, sta anche lavorando su altri progetti di riqualificazione urbana, utilizzando modelli e simulazioni per ripensare spazi parzialmente in disuso o abbandonati, spesso degradati. Tra questi progetti è prevista la rigenerazione di ex quartieri di edilizia residenziale pubblica, dove l’intervento prevede la ristrutturazione degli edifici per migliorare la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico, oltre alla revisione degli spazi esterni per mitigare l’eccesso di calore e favorire lo scambio sociale e lo sviluppo economico. Per finire si punta molto sulla ricerca per quanto riguarda l’uso delle biomasse generate dalla potatura della vegetazione di Roma. L’idea è quella di analizzarne i diversi possibili impieghi nei quartieri e nei distretti urbani, incrementando l’economia circolare e la sostenibilità delle strutture.

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Recupero delle acque reflue: possibile aiuto contro la siccità.

By : Aldo |Settembre 09, 2024 |Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su Recupero delle acque reflue: possibile aiuto contro la siccità.

L’estate del 2024 è stata una delle più calde dell’ultimi anni e non è ancora finita. I problemi di siccità si sono verificati, come purtoppo, in tutti questi anni, con problematiche più o meno accentuate a seconda delle regioni. È ben noto che in Italia siano necessari dei grandi lavori di manutenzione della rete idrica, viste le grandi perdite. D’altra parte, sono ormai chiare a tutti le ripercussioni delle nostre azioni, quindi gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, grazi alla ricerca sembrano esserci delle nuove soluzioni in merito, che includono l’utilizzo delle acque reflue.

Siccità nel mondo

Nell’estate del 2024, l’Italia ha vissuto una situazione critica a causa della siccità, colpendo in modo particolare le regioni meridionali come la Sardegna e la Sicilia. Le ondate di calore estremo, accentuate dai cambiamenti climatici, hanno provocato una drastica riduzione delle precipitazioni, portando a condizioni di siccità molto gravi. Uno studio di World Weather Attribution ha rilevato che il riscaldamento globale ha aumentato del 50% la probabilità di eventi di siccità estrema. Questo determina gravi difficoltà nell’approvvigionamento idrico e causa danni significativi alle colture e agli ecosistemi locali. Molte città hanno introdotto misure di razionamento dell’acqua, mentre il lago di Pergusa, in Sicilia, è quasi scomparso per la prolungata mancanza di pioggia. Secondo gli studi, a livello globale, questa è stata l’estate più calda mai registrata con temperature superiori di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali.

Le acque reflue possono aiutarci

Proprio per tali ragioni, la correlazione tra i problemi di siccità e la gestione delle acque reflue è sempre più evidente. Soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici e riduzione delle risorse idriche. Durante i periodi di siccità, la scarsità di acqua potabile spinge a considerare alternative per il riutilizzo delle acque reflue trattate, che possono essere impiegate per l’irrigazione agricola, il ripristino ambientale e altri usi non potabili. Tuttavia, qeusti processi richiedono infrastrutture adeguate e sistemi avanzati per rimuovere contaminanti e agenti patogeni, garantendo la sicurezza per l’ambiente e la salute umana. Quindi, investire in questo settore, può contribuire a mitigare gli effetti della siccità, ridurre la pressione sulle riserve d’acqua dolce e promuovere una gestione più sostenibile delle risorse idriche globali.  A tal proposito Gradiant, uno spinoff dell’MIT di Boston sembra aver trovato una soluzione.

La tecnologia di Gradiant

Gradiant, uno spin-off del MIT di Boston fondato nel 2013, è un’azienda specializzata nello sviluppo di tecnologie avanzate per il trattamento delle acque. La startup si concentra su soluzioni innovative per la desalinizzazione, il riciclo e il trattamento delle acque industriali, utilizzando tecnologie proprietarie che migliorano l’efficienza e riducono i costi dei processi idrici. Infatti, opera principalmente nel settore ambientale e dell’energia. Più precisamente è specializzata in soluzioni sostenibili per la gestione delle risorse idriche, come il settore petrolifero, del gas, minerario e manifatturiero.

In particolare, la soluzione che prevede l’uso di acque reflue per contrastare la siccità, si rifà a dei sistemi naturali. Il processo innovativo, si basa su un principio simile a quello della formazione della pioggia, in cui il vapore acqueo viene condensato e trasformato in acqua pulita, riducendo così i costi di depurazione del 50%.  Il co-fondatore e direttore tecnico di Gradiant, Prakash Govindan, afferma che la tecnologia studiata e brevettata è in grado di recuperare fino al 99% delle acque reflue altamente contaminate. Dunque, siamo di fronte ad un risultato nettamente superiore rispetto alle tecnologie tradizionali, che ne recuperano solo il 50-60%.

Tale tecnologia permette di massimizzare il recupero dell’acqua, ridurre l’uso di risorse idriche fresche, recuperare minerali e altre sostanze preziose, e diminuire l’impronta di carbonio e di acqua delle operazioni industriali. Non a caso Gradiant detiene centinaia di brevetti relativi al metodo (in esame) che ha attirato l’interesse di grandi aziende come Coca-Cola, Tesla, BMW, TSMC, Micron e Pfizer. Inoltre, Gradiant è riuscita a ridurre significativamente il consumo idrico in un impianto di semiconduttori, portandolo da 37 milioni a 757mila litri al giorno. Inoltre, per GlaxoSmithKline, ha risolto il problema delle acque reflue contenenti sostanze pericolose nell’impianto di amoxicillina di Singapore, estraendo circa cinque tonnellate di rifiuti al giorno.

La differenza del “singolo”

Gradiant ha creato una soluzione completa, gestendo oggi, oltre 600 impianti nel mondo, trattando circa 8,5 miliardi di metri cubi di acque reflue al giorno. Così facendo garantisce un riciclo del 98% delle acque contaminate, e risparmia così 6,4 miliardi di litri d’acqua quotidianamente, equivalente al consumo di circa 48 milioni di persone.

L’adozione della tale brevetto in Italia potrebbe migliorare significativamente il trattamento delle acque reflue. Soprattutto perché, secondo un report Istat 2020-2023, gli impianti italiani gestiscono oltre 6,7 miliardi di metri cubi di acque reflue annualmente, di cui 4,7 miliardi derivano da acqua potabile. Attualmente, il 70% di queste acque subisce un trattamento avanzato, rendendole idonee per l’irrigazione e l’uso industriale.

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Il paradosso del “Last chance tourism”: tra bellezze e minacce.

By : Aldo |Settembre 05, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il paradosso del “Last chance tourism”: tra bellezze e minacce.

La curiosità e la scoperta da sempre hanno spinto l’uomo oltre i suoi limiti. Sicuramente anche grazie a queste qualità lo sviluppo della specie umana è stato straordinario e continua a stupirci quotidianamente.
Se solo non fosse che al contempo tale specie sta perdendo, consapevolmente le grandi risorse che gli sono state offerte dalla natura; i suoi prodotti, i suoi processi ed i suoi paesaggi. Così nasce lo strano caso del last chance tourism, una corsa nelle aree più vulnerabili del pianeta, per vederle prima che spariscano per sempre.

Last chance tourism

Il last chance tourism, o “turismo delle ultime opportunità”, è la pratica di visitare destinazioni gravemente minacciate dalla crisi climatica, come ghiacciai in via di scioglimento, barriere coralline in deterioramento e habitat di specie in pericolo. L’obiettivo di tale turismo è quello di vedere e vivere luoghi che potrebbero non essere più accessibili in futuro, spingendo i turisti a esplorare aree vulnerabili prima che scompaiano del tutto. Tuttavia, questo nuovo tipo di viaggi presenta un paradosso: mentre incrementa la consapevolezza riguardo alla bellezza e alla fragilità di questi luoghi, il viaggio stesso comporta un elevato consumo di risorse e un aumento delle emissioni di gas serra. Di conseguenza, si contribuisce maggiormente alla loro ulteriore distruzione. Questo solleva interrogativi sulla sostenibilità di tali pratiche e sulla reale efficacia nel promuovere la conservazione ambientale.

Come peggiora la situazione

Il paradosso del last chance turism si basa proprio sul viaggio. Secondo la Banca Mondiale, questo settore e quello delle vacanze è responsabile di oltre il 5% delle emissioni globali di gas serra. Tale processo, o l’insieme di questi viaggi sta aggravando la situazione delle mete più gettonate. Questo perché ogni viaggio aggiunge un peso all’ambiente, un impatto ancor più significativo nei contesti fragili. Ma nonostante la consapevolezza degli effetti del cambiamento climatico, molti visitatori ritengono comunque necessario vedere questi luoghi prima che sia troppo tardi. Dall’altro lato, una ricerca pubblicata su “Science” lo scorso anno prevedeva che, entro il 2100, metà dei ghiacciai del pianeta si sarà sciolta, anche nel caso in cui gli Obiettivi dell’Accordo di Parigi vengano raggiunti.

Inoltre, il paradosso non si applica solo all’ambiente ma anche all’economia delle aree in esame. Proprio perché l’economia di questi posti, o in particolare dei ghiacciai, spesso dipende proprio da essi, e la loro scomparsa ridurrebbe drasticamente l’attrattiva del territorio. Questo tipo di turismo ci spinge a riflettere su come percepiamo la trasformazione dei paesaggi che amiamo e delle specie che ci affascinano. Purtoppo non abbiamo tanto tempo per pensare a delle soluzioni visto il ritmo del cambiamento climatico, che ci impone di affrontare le conseguenze e di adattarsi rapidamente.



Dunque, l’idea che il fenomeno dei viaggi sia trascurabile è errata: secondo la World Bank, ci sono 1,44 miliardi di arrivi turistici all’anno, contribuendo per oltre il 5% alle emissioni globali di gas serra. Inoltre, è importante ricordare che ciò che per i turisti sono “destinazioni”, per chi ci vive rappresenta “casa”.

Possibili soluzioni

Sicuramente la sensibilizzazione non è una possibile soluzione a questo problema, ma probabilmente non basta. Serve una maggiore consapevolezza da parte di tutti e un cambiamento quasi radicale del pensiero, per far si che le persone siano sempre più rispettose dell’ambiente.

Tuttavia, grazie alle nuove tecnologie, si potrebbero presentare nuove occasioni e nuovi stimoli per arginare questo fenomeno ed altri simili. Per esempio, si potrebbe sviluppare la possibilità di visitare virtualmente luoghi remoti o di creare mostre interattive in zone meno vulnerabili. La “citizen science”, con le sue osservazioni naturalistiche, può aumentare il senso di connessione con l’ambiente, ispirando le persone a rispettarlo di più.

Inoltre, molteplici soluzioni potrebbero essere utili anche per la sicurezza degli esploratori. Infatti, ritornando ai ghiacciai, è fondamentale tenere conto anche dei probabili a cui si può incorrere visitandoli. Perché a causa del cambiamento climatico, diventano sempre più pericolosi per il rischio di crepacci, frane e valanghe aumenta sempre più. Paradossalmente, il valore che attribuiamo a questi luoghi potrebbe essere proprio ciò che ne accelera la scomparsa ed è per tale ragione che dobbiamo preservare tali aree.

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La ricerca americana fa progressi nell’ambito del biogas dall’erba.

By : Aldo |Agosto 27, 2024 |Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su La ricerca americana fa progressi nell’ambito del biogas dall’erba.

La natura ci dona quotidianamente da migliaia di anni delle risorse fondamentali per la nostra vita, che dobbiamo saper usare al meglio. Soprattutto ora che siamo consapevoli della loro importanza e della loro precarietà, dovremmo capire come gestire al meglio anche i rifiuti. Gli scarti infatti hanno un valore economico non indifferente e un’ampia gamma di possibili nuove vite che renderebbero la nostra quotidianità più sostenibile. Ancor di più se dai rifiuti si può produrre una cosa importante quanto l’energia.

Il biogas

Il biogas è una fonte di energia rinnovabile composta principalmente da metano e anidride carbonica, prodotto attraverso la decomposizione anaerobica di materia organica, come rifiuti agricoli, letame, residui alimentari e altre biomasse. Si tratta di un processo che avviene in assenza di ossigeno, grazie all’azione di microrganismi che degradano la materia organica. Il tutto, all’interno di digestori anaerobici, dove la materia organica viene raccolta e mantenuta in condizioni controllate di temperatura e umidità.

Il biogas prodotto può essere utilizzato per generare elettricità, calore o può essere purificato e trasformato in biometano, un combustibile rinnovabile. Pertanto, i suoi vantaggi ambientali sono molteplici. Riduce le emissioni di gas serra, poiché sostituisce i combustibili fossili e riduce la quantità di rifiuti organici in discarica, dove decomponendosi emettono metano. Inoltre, il digestato risultante dal processo di produzione del biogas può migliorare la qualità del suolo e ridurre la necessità di fertilizzanti chimici, promuovendo pratiche agricole più sostenibili. Senza escludere che il biogas rappresenta una soluzione efficace per la gestione dei rifiuti, contribuendo a un’economia circolare e sostenibile.

Il biogas dall’erba

La produzione di biogas dall’erba di sfalcio è una possibilità già esplorata, come dimostrato dal progetto europeo GR3 – Grass to green gas, avviato circa dieci anni fa. Questo progetto mirava a sviluppare tecnologie per trasformare l’erba di scarto in una miscela di metano e anidride carbonica attraverso la digestione anaerobica, un processo naturale che avviene in assenza di ossigeno. Nonostante il potenziale del biogas prodotto da residui erbacei, il suo utilizzo rimane limitato in Europa e negli Stati Uniti. Le ragioni includono una conoscenza insufficiente delle tecnologie di raccolta e digestione, la mancanza di cooperazione tra gli operatori della filiera e la scarsa convenienza economica, che porta a un uso marginale di queste risorse.

I nuovi studi americani

L’interesse per la produzione di biogas dall’erba di sfalcio è riemerso grazie alla ricerca di Lisa Schulte Moore della Iowa State University. Schulte Moore ha studiato come trasformare l’erba raccolta in gas rinnovabile conveniente per gli agricoltori che convertono porzioni dei loro terreni in praterie energetiche. Uno studio pubblicato su “BioEnergy Research” ha sviluppato un modello con 10 digestori anaerobici, alimentati da erba, letame e altri rifiuti, situati intorno alla città di Ames. Il biogas prodotto avrebbe un costo livellato di 0,011 dollari/kWh, con costi di produzione superiori a quelli del gas tradizionale, ma con la possibilità di ridurli sfruttando l’economia di scala nei comuni più grandi.

Un altro studio invece, pubblicato su “GCB Bioenergy”, ha valutato l’impatto economico e ambientale di due digestori per biomassa erbosa, stimando un profitto di oltre 400 milioni di dollari in 20 anni e una riduzione dell’83% dell’impronta di carbonio rispetto al gas fossile. I risultati tengono conto dei sussidi federali per la produzione energetica sostenibile e dell’uso di terreni agricoli poco produttivi per le praterie.

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