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Il paradosso del “Last chance tourism”: tra bellezze e minacce.

By : Aldo |Settembre 05, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il paradosso del “Last chance tourism”: tra bellezze e minacce.

La curiosità e la scoperta da sempre hanno spinto l’uomo oltre i suoi limiti. Sicuramente anche grazie a queste qualità lo sviluppo della specie umana è stato straordinario e continua a stupirci quotidianamente.
Se solo non fosse che al contempo tale specie sta perdendo, consapevolmente le grandi risorse che gli sono state offerte dalla natura; i suoi prodotti, i suoi processi ed i suoi paesaggi. Così nasce lo strano caso del last chance tourism, una corsa nelle aree più vulnerabili del pianeta, per vederle prima che spariscano per sempre.

Last chance tourism

Il last chance tourism, o “turismo delle ultime opportunità”, è la pratica di visitare destinazioni gravemente minacciate dalla crisi climatica, come ghiacciai in via di scioglimento, barriere coralline in deterioramento e habitat di specie in pericolo. L’obiettivo di tale turismo è quello di vedere e vivere luoghi che potrebbero non essere più accessibili in futuro, spingendo i turisti a esplorare aree vulnerabili prima che scompaiano del tutto. Tuttavia, questo nuovo tipo di viaggi presenta un paradosso: mentre incrementa la consapevolezza riguardo alla bellezza e alla fragilità di questi luoghi, il viaggio stesso comporta un elevato consumo di risorse e un aumento delle emissioni di gas serra. Di conseguenza, si contribuisce maggiormente alla loro ulteriore distruzione. Questo solleva interrogativi sulla sostenibilità di tali pratiche e sulla reale efficacia nel promuovere la conservazione ambientale.

Come peggiora la situazione

Il paradosso del last chance turism si basa proprio sul viaggio. Secondo la Banca Mondiale, questo settore e quello delle vacanze è responsabile di oltre il 5% delle emissioni globali di gas serra. Tale processo, o l’insieme di questi viaggi sta aggravando la situazione delle mete più gettonate. Questo perché ogni viaggio aggiunge un peso all’ambiente, un impatto ancor più significativo nei contesti fragili. Ma nonostante la consapevolezza degli effetti del cambiamento climatico, molti visitatori ritengono comunque necessario vedere questi luoghi prima che sia troppo tardi. Dall’altro lato, una ricerca pubblicata su “Science” lo scorso anno prevedeva che, entro il 2100, metà dei ghiacciai del pianeta si sarà sciolta, anche nel caso in cui gli Obiettivi dell’Accordo di Parigi vengano raggiunti.

Inoltre, il paradosso non si applica solo all’ambiente ma anche all’economia delle aree in esame. Proprio perché l’economia di questi posti, o in particolare dei ghiacciai, spesso dipende proprio da essi, e la loro scomparsa ridurrebbe drasticamente l’attrattiva del territorio. Questo tipo di turismo ci spinge a riflettere su come percepiamo la trasformazione dei paesaggi che amiamo e delle specie che ci affascinano. Purtoppo non abbiamo tanto tempo per pensare a delle soluzioni visto il ritmo del cambiamento climatico, che ci impone di affrontare le conseguenze e di adattarsi rapidamente.



Dunque, l’idea che il fenomeno dei viaggi sia trascurabile è errata: secondo la World Bank, ci sono 1,44 miliardi di arrivi turistici all’anno, contribuendo per oltre il 5% alle emissioni globali di gas serra. Inoltre, è importante ricordare che ciò che per i turisti sono “destinazioni”, per chi ci vive rappresenta “casa”.

Possibili soluzioni

Sicuramente la sensibilizzazione non è una possibile soluzione a questo problema, ma probabilmente non basta. Serve una maggiore consapevolezza da parte di tutti e un cambiamento quasi radicale del pensiero, per far si che le persone siano sempre più rispettose dell’ambiente.

Tuttavia, grazie alle nuove tecnologie, si potrebbero presentare nuove occasioni e nuovi stimoli per arginare questo fenomeno ed altri simili. Per esempio, si potrebbe sviluppare la possibilità di visitare virtualmente luoghi remoti o di creare mostre interattive in zone meno vulnerabili. La “citizen science”, con le sue osservazioni naturalistiche, può aumentare il senso di connessione con l’ambiente, ispirando le persone a rispettarlo di più.

Inoltre, molteplici soluzioni potrebbero essere utili anche per la sicurezza degli esploratori. Infatti, ritornando ai ghiacciai, è fondamentale tenere conto anche dei probabili a cui si può incorrere visitandoli. Perché a causa del cambiamento climatico, diventano sempre più pericolosi per il rischio di crepacci, frane e valanghe aumenta sempre più. Paradossalmente, il valore che attribuiamo a questi luoghi potrebbe essere proprio ciò che ne accelera la scomparsa ed è per tale ragione che dobbiamo preservare tali aree.

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La ricerca americana fa progressi nell’ambito del biogas dall’erba.

By : Aldo |Agosto 27, 2024 |Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su La ricerca americana fa progressi nell’ambito del biogas dall’erba.

La natura ci dona quotidianamente da migliaia di anni delle risorse fondamentali per la nostra vita, che dobbiamo saper usare al meglio. Soprattutto ora che siamo consapevoli della loro importanza e della loro precarietà, dovremmo capire come gestire al meglio anche i rifiuti. Gli scarti infatti hanno un valore economico non indifferente e un’ampia gamma di possibili nuove vite che renderebbero la nostra quotidianità più sostenibile. Ancor di più se dai rifiuti si può produrre una cosa importante quanto l’energia.

Il biogas

Il biogas è una fonte di energia rinnovabile composta principalmente da metano e anidride carbonica, prodotto attraverso la decomposizione anaerobica di materia organica, come rifiuti agricoli, letame, residui alimentari e altre biomasse. Si tratta di un processo che avviene in assenza di ossigeno, grazie all’azione di microrganismi che degradano la materia organica. Il tutto, all’interno di digestori anaerobici, dove la materia organica viene raccolta e mantenuta in condizioni controllate di temperatura e umidità.

Il biogas prodotto può essere utilizzato per generare elettricità, calore o può essere purificato e trasformato in biometano, un combustibile rinnovabile. Pertanto, i suoi vantaggi ambientali sono molteplici. Riduce le emissioni di gas serra, poiché sostituisce i combustibili fossili e riduce la quantità di rifiuti organici in discarica, dove decomponendosi emettono metano. Inoltre, il digestato risultante dal processo di produzione del biogas può migliorare la qualità del suolo e ridurre la necessità di fertilizzanti chimici, promuovendo pratiche agricole più sostenibili. Senza escludere che il biogas rappresenta una soluzione efficace per la gestione dei rifiuti, contribuendo a un’economia circolare e sostenibile.

Il biogas dall’erba

La produzione di biogas dall’erba di sfalcio è una possibilità già esplorata, come dimostrato dal progetto europeo GR3 – Grass to green gas, avviato circa dieci anni fa. Questo progetto mirava a sviluppare tecnologie per trasformare l’erba di scarto in una miscela di metano e anidride carbonica attraverso la digestione anaerobica, un processo naturale che avviene in assenza di ossigeno. Nonostante il potenziale del biogas prodotto da residui erbacei, il suo utilizzo rimane limitato in Europa e negli Stati Uniti. Le ragioni includono una conoscenza insufficiente delle tecnologie di raccolta e digestione, la mancanza di cooperazione tra gli operatori della filiera e la scarsa convenienza economica, che porta a un uso marginale di queste risorse.

I nuovi studi americani

L’interesse per la produzione di biogas dall’erba di sfalcio è riemerso grazie alla ricerca di Lisa Schulte Moore della Iowa State University. Schulte Moore ha studiato come trasformare l’erba raccolta in gas rinnovabile conveniente per gli agricoltori che convertono porzioni dei loro terreni in praterie energetiche. Uno studio pubblicato su “BioEnergy Research” ha sviluppato un modello con 10 digestori anaerobici, alimentati da erba, letame e altri rifiuti, situati intorno alla città di Ames. Il biogas prodotto avrebbe un costo livellato di 0,011 dollari/kWh, con costi di produzione superiori a quelli del gas tradizionale, ma con la possibilità di ridurli sfruttando l’economia di scala nei comuni più grandi.

Un altro studio invece, pubblicato su “GCB Bioenergy”, ha valutato l’impatto economico e ambientale di due digestori per biomassa erbosa, stimando un profitto di oltre 400 milioni di dollari in 20 anni e una riduzione dell’83% dell’impronta di carbonio rispetto al gas fossile. I risultati tengono conto dei sussidi federali per la produzione energetica sostenibile e dell’uso di terreni agricoli poco produttivi per le praterie.

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A che punto siamo con la sostenibilità dell’industria alimentare?

By : Aldo |Agosto 26, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su A che punto siamo con la sostenibilità dell’industria alimentare?

La cosa che unisce più di tutte gli italiani è il cibo. Non c’è nulla che rappresenti il legame alla nostra terra meglio delle pietanze italiane, famose in tutto il mondo e di cui siamo orgogliosi. Le caratteristiche migliori sono la qualità degli alimenti che rappresenta a suo modo la qualità di vita italiana e il suo livello di benessere. Nonostante ciò, gli studiosi si sono domandati dove l’Italia, portavoce di questa grande qualità, sia arrivata nella sostenibilità dell’industria alimentare e quale sia la situazione a livello globale. 

Sostenibilità nell’industria alimentare

La sostenibilità nell’industria alimentare rappresenta un approccio fondamentale per garantire un futuro equilibrato e responsabile. È un concetto che implica l’adozione di pratiche volte a minimizzare l’impatto ambientale, promuovendo il benessere sociale e garantendo la sicurezza alimentare. Le aziende stanno sempre più integrando metodi di produzione ecologici, come l’agricoltura biologica e l’uso di tecnologie innovative per ridurre gli sprechi. Dall’altra parte, la filiera corta, che favorisce l’acquisto di prodotti locali, non solo supporta l’economia locale, ma riduce anche le emissioni di carbonio legate al trasporto. Tutto questo è anche dettato dalla sensibilizzazione dei consumatori verso scelte alimentari sostenibili, come il consumo di alimenti di stagione e a basso impatto ambientale. Questo processo è essenziale per promuovere un cambiamento positivo, proattivo e concreto. Anche perché, investire nella sostenibilità non solo migliora la reputazione delle aziende, ma contribuisce anche a un sistema alimentare più resiliente e giusto per le generazioni future.

Il lavoro di Quantis

Quantis è un’azienda di consulenza ambientale internazionale specializzata in sostenibilità.  Dal 2006, fornisce servizi di consulenza scientifica per aiutare le aziende a misurare, gestire e ridurre il loro impatto ambientale. Principalmente si occupa di valutazioni del ciclo di vita, strategie per la decarbonizzazione e analisi ambientali su vari aspetti, come cambiamento climatico, biodiversità e uso delle risorse naturali. LA sua caratteristica è quella di collaborare con imprese di diversi settori per integrare la sostenibilità nelle loro operazioni e strategie.

In questo caso, la società si è soffermata su uno studio che riguardava la sostenibilità dell’industria alimentare, chiamato Recipe for Transformation. Lo scopo di tale lavoro è quello di offrire una panoramica precisa sulle sfide e le opportunità che il settore del food & beverage deve affrontare per realizzare una transizione sostenibile. La ricerca, condotta in collaborazione con Sapio Research, ha coinvolto oltre 600 manager e dirigenti di aziende del settore alimentare (sia negli Stati Uniti che in Europa).

Lo studio afferma che la sostenibilità è ormai cruciale nell’industria alimentare, ma solo il 30% dei manager globali è ottimista sul raggiungimento degli obiettivi entro il 2030. Nello specifico, il 100% dei manager del settore marketing delle aziende alimentari ha notato un cambiamento nelle abitudini di acquisto, con i consumatori sempre più disposti a pagare di più per prodotti sostenibili. Tuttavia, persiste un’incertezza diffusa tra le aziende riguardo al raggiungimento dei target di sostenibilità.

Lo studio

Davide Tonon, Direttore di Quantis Italia, è entusiasta del fatto che in Italia la sostenibilità sia stata costruita “dal basso” grazie all’attivazione trasversale nelle aziende. Ha sottolineato che il 50% del campione nazionale ha già KPI di sostenibilità da oltre un anno, rispetto al 38% a livello globale, attribuendo questo risultato anche all’impegno della catena del valore.

Stringendo il campo della ricerca al Belpaese, è stato evidenziato come la trasformazione sostenibile sia vista come un’opportunità per mantenere competitivo il settore food & beverage. In particolare, ricorda quali sono le priorità per concretizzare questa transizione. Si parla del redesign del portafoglio prodotti, dell’agricoltura rigenerativa e dell’adozione di alimenti plant-based.

Nonostante gli investimenti nella sostenibilità rimangono limitati (12,5% del bilancio annuale destinato a ridurre gli impatti ambientali) l’Italia si dimostra all’avanguardia in questo settore. Tale caratteristica è stata determinata dalla differenza di risposte al sondaggio tra i manager italiani e quelli globali.  Tuttavia, entrambi i gruppi concordano sull’importanza di un clima di collaborazione tra le funzioni aziendali e sulle normative come driver del cambiamento, ritenute cruciali per una transizione responsabile.

Ulteriori dati

Dallo studio svolto sono comunque emersi dei punti critici su cui è necessario lavorare, sia in ambito italiano che globale. Tra questi sono stati evidenziati:

  • la valutazione del portafoglio prodotti: Il 24% degli italiani e il 19% degli esteri ritengono prioritario rivedere il portafoglio, comprese ricette e imballaggi.
  • Packaging: Identificato dal 67% dei manager italiani (e dal 62% a livello globale) come un’area cruciale per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti plastici.
  • Riduzione degli sprechi alimentari: Considerata prioritaria dal 53% degli intervistati in Italia e dal 57% a livello globale.
  • Complessità della supply chain: Una delle sfide più significative, secondo il 37% degli italiani e il 42% dei rispondenti globali.

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“Act 1.5”. I Massive Attack si mettono in gioco per il clima.

By : Aldo |Agosto 25, 2024 |Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su “Act 1.5”. I Massive Attack si mettono in gioco per il clima.

La sfida del clima è una missione importante per tutto il mondo. Non si tratta di un’opinione personale, tantomeno di una diceria. Sempre più persone nel mondo stanno capendo l’importanza di un’azione concreta ed immediata e fortunatamente tra queste, c’è chi ha un’influenza molto più grande rispetto a quella del singolo cittadino. Si tratta dei VIP, in questo caso, dei cantanti di fama internazionale e no.

La musica ed il clima

I grandi tour internazionali e i concerti delle star hanno un impatto ambientale significativo, principalmente a causa delle elevate emissioni di CO2, del consumo di energia e della produzione di rifiuti. Questo perché l’organizzazione di eventi di massa, come questa, determina un’infinita quantità di spostamenti massivi di persone e attrezzature, che contribuiscono a un aumento sostanziale delle emissioni di gas serra. Per esempio, un festival medio possa generare circa 500 tonnellate di CO2, con ogni partecipante che produce fino a 5 kg di emissioni al giorno.

Senza calcolare poi la produzione del merchandise, tipico di questi eventi e dei rifiuti di plastica che vanno per la maggiore (viste anche le regole per la sicurezza). Tuttavia, ci sono iniziative in corso per rendere i concerti più sostenibili. Non a caso, artisti come i Coldplay hanno implementato pratiche eco-friendly, riducendo le loro emissioni di CO2 del 47% rispetto ai tour precedenti e piantando milioni di alberi per compensare l’impatto ambientale.

La crescente consapevolezza riguardo all’impatto ecologico ha portato a un aumento delle iniziative per la sostenibilità nell’industria musicale, con molti artisti e organizzatori di eventi che cercano di adottare pratiche più responsabili, come l’uso di energie rinnovabili e la riduzione dei rifiuti. Nonostante ciò, la sfida rimane complessa e richiede un impegno continuo da parte di tutti gli attori coinvolti per bilanciare l’amore per la musica con la necessità di proteggere l’ambiente. Quindi anche e soprattutto degli spettatori.

I Massive Attack

I Massive Attack sono un influente collettivo musicale britannico, fondato nel 1988 a Bristol. Sono considerati i pionieri del genere trip hop, infatti, il loro primo album, “Blue Lines”, è stato pubblicato nel 1991 segnando un punto di svolta nella musica alternativa. Con questa raccolta hanno introdotto sonorità innovative e collaborazioni con artisti di diverse estrazioni. Nel corso della loro carriera, hanno pubblicato cinque album e ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui un Brit Award per il miglior gruppo di danza britannico e due MTV Europe Music Awards. Hanno venduto oltre 13 milioni di copie in tutto il mondo e continuano a essere attivi nella scena musicale, sostenendo anche cause politiche e ambientali.

L’attenzione per l’ambiente

I Massive Attack iniziarono ad interessarsi alla questione già anni fa, quando nel 2019 hanno incaricato il Tyndall Center for Climate Change Research di studiare l’impatto ambientale dei loro concerti. L’obiettivo di questa richiesta era quello di trovare soluzioni concrete per ridurre l’impronta ecologica dell’industria musicale. Tale studio si concentrò sulle emissioni generate dai viaggi della band, dagli spostamenti del pubblico e dall’impatto sulle location e i suoi risultati saranno condivisi con l’intero settore per promuovere concerti a basso impatto ambientale. Così facendo i Massive Attack, organizzarono un concerto “super-low carbon” a Liverpool nell’estate 2020 come parte di questa iniziativa.

Ma non si sono fermati lì, poiché hanno proprio quest’anno, la loro idea è diventata realtà con un concerto-festival. Il gruppo di Bristol sarà vita ad “Act 1.5”: concerto che mette al centro la crisi climatica e con le emissioni più basse di sempre. Mai nessun big della musica si è mai spinto a tal punto per il clima. Di certo I Coldplay in Italia hanno tentato di dar vita a spettacoli con un’elevata attenzione all’ambiente, promuovendo metodi alternativi per le fonti energetiche (persino le bici che generano elettricità su cui pedalano gli spettatori. Ma la band inglese vuole andare oltre.

Act 1.5

Si chiama “Act 1.5” con lo scopo di richiamare alla necessità di agire tutti insieme per restare entro i +1,5 gradi di riscaldamento globale, e promette di essere il “concerto più green di sempre”. Il cibo sarà completamente vegano, i bagni compostabili, e l’energia per il palco e le bancarelle sarà fornita da furgoni elettrici. I 34.000 fan sono invitati a raggiungere il concerto a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici, senza parcheggi disponibili.

Altre iniziative includono navette elettriche gratuite, uso di energia rinnovabile, utensili compostabili, e una drastica riduzione dei mezzi di trasporto dell’attrezzatura. Lo show, alimentato al 100% da energia rinnovabile, mira a diventare un modello per la musica dal vivo sostenibile. Mentre una grande priorità è stata data ai residenti locali nella prevendita, e sarà piantato un nuovo bosco nelle vicinanze. I Massive Attack vogliono dimostrare che concerti a basso impatto ambientale sono possibili, e sperano di influenzare positivamente il settore musicale.

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Scoperta una nuova fonte di ossigeno nei fondali del Pacifico. Ecco l’”ossigeno buio”.

By : Aldo |Agosto 18, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Scoperta una nuova fonte di ossigeno nei fondali del Pacifico. Ecco l’”ossigeno buio”.

Come spesso si ricorda, lo studio e la ricerca da parte delle università e dei centri specializzati non finiscono mai (soprattutto se ben finanziati).  La ricerca è fondamentale per lo sviluppo e il progresso di ogni popolazione poiché trova nuove soluzioni a questioni ordinarie e straordinarie. Ma soprattutto può trovare risposte o tornare su scoperte storiche ribaltando totalmente quello che sappiamo da una vita. Un esempio è la nuova scoperta dell’“ossigeno oscuro”.

 

Le fonti di ossigeno

Dalle elementari fino alle scuole superiori, nei programmi di scienze, ci troviamo a studiare più volte l’importanza dell’ossigeno sulla terra. Sappiamo quindi che è fondamentale per quasi ogni forma di vita e che principalmente ci viene donato dalle grandi foreste del mondo. Tuttavia, approfondendo questo argomento si scoprono tante altre nozioni che sono rilevanti, soprattutto per infondere in ognuno di noi, una maggiore consapevolezza sull’ambiente e sulla sua salvaguardia.  In questo caso parliamo di ossigeno e delle sue fonti, che sono varie ma essenziali per tutti noi. Generalmente si parla di fonti rappresentate da organismi fotosintetici, che si trovano sia negli oceani che sulla terraferma.

La prima grande fonte, sono gli oceani che grazie alle alghe e ai cianobatteri producono approssimativamente circa 6,1 gigatonnellate di ossigeno all’anno. Di queste, fino al 20% è prodotto da cianobatteri, come il Prochlorococcus (tra i più piccoli organismi fotosintetici). Grazie al loro lavoro, questi esseri viventi contribuiscono alla produzione di oltre la metà dell’ossigeno presente nell’atmosfera.

Mentre per quanto riguarda la terraferma, si individuano le piante verdi (alberi e arbusti), e quindi boschi e foreste, che producono circa 8 gigatonnellate di ossigeno all’anno. La quantità emessa varia in base alla specie vegetale e alla loro area fogliare. Alberi come abeti, aceri e faggi sono tra i più produttivi, mentre piante più piccole o meno sviluppate producono meno ossigeno.

L’ossigeno oscuro

Uno studio condotto recentemente dal professor Andrew K. Sweetman e il suo gruppo di ricercatori presso la Scottish Association for Marine Science (SAMS) ha rivelato che alcune rocce nei fondali marini possono generare elettricità sufficiente a creare elettrolisi, scomponendo l’acqua e producendo ossigeno molecolare. Durante l’esperimento, gli studiosi hanno constatato che in due giorni, l’ossigeno è aumentato fino a tre volte la concentrazione iniziale a 4.000 metri di profondità, dove la luce non arriva. Per tale motivo e quindi è chiamato ossigeno “oscuro” o “buio”.

Questa scoperta potrebbe essere fondamentale per comprendere l’origine della vita sulla Terra, suggerendo che l’ossigeno potrebbe essere stato prodotto nelle profondità marine prima dell’apparizione degli organismi fotosintetici. Il biologo Jeffrey J. Marlow dell’Università di Boston, autore dello studio, ipotizza che questa nuova fonte di ossigeno potrebbe sostenere la vita animale e l’ecosistema dei fondali marini. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per confermare questa ipotesi.

Tale scoperta risale al 2013, quando Sweetman aveva notato anomalie nel flusso di ossigeno, ritrovate in successive misurazioni nel 2021. Tali rilevamenti hanno confermato l’aumento di ossigeno in condizioni di oscurità in assenza di organismi fotosintetici. Dunque, gli scienziati hanno ipotizzato che i noduli polimetallici fossero responsabili, producendo ossigeno attraverso un processo di elettrolisi. Di seguito, anche i test di laboratorio hanno mostrato che questi noduli agiscono come “geobatterie”, generando una piccola corrente elettrica (1 volt circa ciascuno) che scinde le molecole di acqua (H2O) in idrogeno e ossigeno, che viene così liberato. Questo processo è chiamato elettrolisi. Dunque, Sweetman ha dichiarato che potrebbe trattarsi di una nuova fonte naturale di ossigeno, implicando quindi, la possibile produzione di ossigeno per altri mondi, suggerendo la possibilità di vita extraterrestre.

Le possibili controversie

Tuttavia, questo studio sui noduli polimetallici potrebbe avere implicazioni significative per le società minerarie, interessate a materiali essenziali per le tecnologie energetiche rinnovabili. Proprio i noduli, ricchi di terre rare, cobalto, nickel, litio e manganese, sono stati trovati nella zona di Clarion-Clipperton nel Pacifico, un’area ricca di risorse minerarie. L’estrazione di questi materiali potrebbe danneggiare un ecosistema marino che ospita oltre 5.000 specie animali ancora sconosciute, come evidenziato da uno studio pubblicato su Current Biology. Purtoppo però, 16 appaltatori hanno già ricevuto contratti per l’esplorazione di un’area totale di circa 1 milione di chilometri quadrati proprio nella zona di Clarion-Clipperton.

Pertanto, l’industria mineraria in acque profonde sta sviluppando tecnologie per raccogliere i noduli su vasta scala, utilizzando bracci metallici, sottomarini e veicoli telecomandati (ROV) per trasportarli su navi verso i siti di lavorazione.

È ovvio che si tratti di un’ipotesi eccitante, che merita di essere approfondita, ma è necessario supportare e tutelare il più possibile i delicati ecosistemi marini dallo sfruttamento industriale. A tal proposito è stata già creata petizione firmata da più di 800 scienziati marini di 44 paesi diversi volta ad evidenziare i rischi ambientali, chiedendo quindi una pausa nell’attività mineraria.

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Sostenibilità Olimpiadi 2024: totale disastro o l’inizio di un grande cambiamento?

By : Aldo |Agosto 17, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Sostenibilità Olimpiadi 2024: totale disastro o l’inizio di un grande cambiamento?

I requisiti sulla sostenibilità nei grandi eventi sono sempre più richiesti, vista la loro rilevanza. Sono tanti i punti da analizzare, studiare e concretizzare per rendere una manifestazione importante più sostenibile; dunque, è spesso difficile trovare una soluzione per ogni aspetto. Tuttavia, bisogna sempre ricordare che puntare sulla sostenibilità non significa diventare estremisti.

Parigi 2024

Le Olimpiadi di Parigi 2024 svolte dal 26 luglio all’11 agosto 2024 hanno rappresentato la 33ª edizione dei Giochi Olimpici e segnato il centenario dall’ultima volta che Parigi ospitò i Giochi nel 1924. Gli eventi sportivi si sono tenuti in vari luoghi iconici della capitale francese, trasformando la città in un grande parco olimpico. Tra le sedi principali ci saranno il Grand Palais, gli Champs de Mars e la Reggia di Versailles, mentre il villaggio olimpico situato a Saint-Denis, ha ospitato circa 15.000 atleti provenienti da tutto il mondo.

Questa edizione ha portato tante novità, tra cui il basket 3×3 e l’arrampicata sportiva, ma anche una cerimonia d’apertura totalmente diversa, svolta lungo la Senna con 300.000 spettatori. Mentre la grande e rilevante novità dei giochi di Parigi riguarda gli obiettivi sostenibili, che sono stati annunciati con grande fervore ed ambizione.

Non a caso, Parigi 2024 si distingue per il suo impegno ecologico, puntando a ridurre le emissioni di CO2 del 55% rispetto alle edizioni precedenti. Questo è possibile poiché, il 95% delle infrastrutture era già esistente o sarebbe stato temporaneo, e l’80% delle sedi si trovavano entro 10 km dal villaggio olimpico. Inoltre, il cibo servito durante i Giochi era 100% locale e biologico, contribuendo a un evento più sostenibile e responsabile.

I risultati

Parigi 2024 si è imposta di ridurre del 50% le emissioni di carbonio rispetto alle medie di Londra 2012 e Rio 2016.  Quindi l’obiettivo è quello di passare alla media di 3,5 milioni di tonnellate di CO2 di Londra 2012 e Rio 2016 a 1,75 milioni di tonnellate. L’impatto che questa scelta potrebbe avere sarebbe paragonabile all’evitare l’equivalente di 1,3 milioni di voli da New York a Parigi. Un inizio così determinato e volenteroso ha lanciato un forte messaggio a livello mondiale, sulla tutela dell’ambiente.

Sicuramente la città è stata trasformata a questo proposito, con il centro pedonalizzato, corsie preferenziali per i mezzi pubblici e le bici, la plastica quasi scomparsa con la guerra dichiarata alle bottigliette e alle stoviglie usa e getta. Per non parlare del resto, ossia, gli studi per incanalare l’aria fresca che scorre sopra la Senna verso i quartieri più interni per raffrescarli. Oppure gli ecodesigner che hanno progettato oggetti fatti con materiali riciclati o riciclabili. E infine depuratori, bacini di stoccaggio delle acque piovane e nuove fognature, per fare della Senna un fiume balneabile.

Diciamo che l’idea e il messaggio ecologico di Parigi 2024 era incentrato molto su una transizione possibile. Il problema è che, stando ai racconti degli atleti e di chi ha vissuto le olimpiadi in prima persona, i progetti legati alla transizione ecologica non includevano aspetti pratici, importanti e piacevoli di questo evento.  

Le critiche

Infatti, riconoscendo l’impegno dell’organizzazione, gli atleti hanno alzato critiche su vari fronti, riguardanti la gestione dei giochi e la vita presso il villaggio olimpico.

Le condizioni erano discutibili già al principio quando venne annunciata l’assenza di condizionatori nel villaggio olimpico. Questo ha scatenato le ire dei ragazzi che si sono lamentati, fino ad arrivare al famoso scatto del campione olimpico Thomas Ceccon, ripreso a dormire sul prato accanto ad una panchina per trovare un po’ di refrigerio. Stessa cosa per la mensa, che ha fatto discutere molto soprattutto per la scarsa qualità del cibo che ha costretto molti atleti a cambiare aria e procurarsi una differente alimentazione tramite la propria federazione. Anche qui il problema principale è stato quello della “transizione eco-sostenibile“: carne e uova scarseggiavano rispetto ad alimenti per vegani disponibili in abbondanza ma non così tanto richiesti dagli atleti.

Altre polemiche sono state sollevate in merito all’acqua calda nelle borracce ovviamente per le condizioni inaccettabili della Senna, che hanno portato più atleti in ospedale con infezioni gravi. A proposito ci si chiede, se sia giusto o opportuno scommettere tanto denaro e tanta reputazione, per poi dover rimandare le gare giorno per giorno, provocando comunque problemi di salute agli atleti che hanno accettato di tuffarsi nel fiume?

In conclusione

È oggettivo che un evento della portata delle olimpiadi poteva e doveva essere organizzato in modo più curato sotto tutti gli aspetti, senza escluderne uno. Certamente l’intento era nobile ma i risultati non sono stati all’altezza delle aspettative; pertanto, restano grandi dubbi sulla riuscita dell’intera manifestazione.

Tuttavia, bisogna attendere ancora per dare il verdetto finale, in primo luogo perché si svolgeranno le Paralimpiadi dal 28 agosto all’8 settembre. Dopodichè si potrà esaminare quanto rimarrà dei Giochi Green nel futuro di Parigi, quando sarà tutto spento. Solo lì e col passare del tempo, potremmo capire se la città a misura d’uomo, in cui ci si muove in bici, a piedi sarà stato un fuoco di paglia, pensato e realizzato solamente per i media o se invece sarà l’inizio di una nuova vera e propria transizione.  

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Costi elevati e tempi lunghi, rallentano la realizzazione di soluzioni bio-based.

By : Aldo |Agosto 05, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Costi elevati e tempi lunghi, rallentano la realizzazione di soluzioni bio-based.

La ricerca, le innovazioni e le nuove tecnologie sono il motore del nostro futuro in ogni ambito, soprattutto quando si parla di sviluppo. Di certo le nuove scoperte in ambito scientifico sono fondamentali anche per lo sviluppo sostenibile, per aiutare il pianeta e le sue specie a contrastare il cambiamento climatico. Purtoppo però, le istituzioni non agevolano i processi necessari per mettere in atto i nuovi studi e spesso i costi per realizzarli sono troppo elevati per le aziende che mirano al cambiamento.

Le soluzioni bio-based

Le soluzioni bio-based sono materiali e prodotti derivati da fonti rinnovabili come piante, alghe e scarti agricoli, che offrono un’alternativa ecologica ai materiali tradizionali derivati dal petrolio e consistono principalmente in:

  • Biopolimeri e plastiche rinnovabili prodotte da microorganismi che fermentano zuccheri semplici o sottoprodotti dell’industria alimentare e agricola;
  • Vernici e rivestimenti formulati con ingredienti derivati da oli vegetali, resine naturali, biosolventi e pigmenti naturali.

E poi ancora possono essere usati microbi per produrre coloranti sostenibili nell’industria tessile, sviluppare organismi in grado di catturare la CO2 e purificare l’acqua.  Questi materiali bio-based trovano applicazione in vari settori industriali quali, l’imballaggio e il confezionamento, l’edilizia e l’arredamento e il settore tessile. Se non altro possono essere usate nell’ambito dei trasporti, dell’elettronica e della tecnologia.

Tali tipi di alternative offrono degli specifici vantaggi nell’ambito della sostenibilità ambientale, in particolare nella riduzione della dipendenza da risorse non rinnovabili. Senza dubbio hanno un grande impatto in tema di Biodegradabilità e compostabilità, riducendo i rifiuti e per la differenziazione delle fonti di materie prime rinnovabili.


Il parere delle aziende internazionali

Proprio per indagare sulla complessità dello sviluppare o realizzare delle soluzioni bio based, Capegemini Research Institute, ha condotto un report specifico. Il report, intitolato “Engineering Biology: The Time is Now”, evidenzia che il 99% dei dirigenti prevede cambiamenti radicali nei prossimi 5-10 anni grazie alla bioingegneria, che riduce i costi e velocizza l’ingegnerizzazione dei sistemi biologici. Mentre il 70% considera la bioingegneria una leva per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ed il 56% è già attivo in sperimentazioni e progetti pilota. Inoltre, le aziende ritengono che le biosoluzioni possano ridurre inquinamento ed emissioni, migliorare le prestazioni e la sicurezza dei prodotti e ridurre i rischi della catena di approvvigionamento.

Nonostante alcuni ostacoli come costi elevati e tempi lunghi di sviluppo, le soluzioni bio-based rappresentano un’importante componente dell’economia circolare e dell’economia globale, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale delle attività industriali.

Gli ostacoli dell’innovazione

Tuttavia, resta l’incertezza sull’efficacia di queste soluzioni, che devono essere valutate lungo l’intero ciclo di vita del prodotto e dimostrare efficienza di costo e prestazioni superiori. Secondo Umberto Larizza di Capgemini Invent Italia, molte soluzioni di bioingegneria sono ancora in fase iniziale e devono dimostrare benefici ambientali, efficienza e performance migliori rispetto alle soluzioni esistenti.

Altri ostacoli sulla diffusione di tali innovazioni, sono la loro acerbità ma anche i costi elevati e i lunghi tempi di sviluppo, le difficoltà nella scalabilità della produzione e la previsione dei comportamenti cellulari su larga scala. Senza dimenticare la mancanza di infrastrutture adatte per la produzione su vasta scala e la carenza di talenti specializzati.

Per i motivi appena elencati, ci sono vari processi che necessitano di essere attivati o attenzioni e responsabilità da ricordare e sottolineare. Per esempio, è rilevante un maggiore supporto governativo per stabilire normative che favoriscano l’innovazione. Sarebbe opportuno puntare sull’uso delle tecnologie digitali, come intelligenza artificiale, gemelli digitali e robotica, per ridurre i costi e ottimizzare i bioprocessi.

In conclusione

Oltretutto, il report evidenzia che il 70% degli intervistati utilizza già l’IA per accelerare l’adozione delle biosoluzioni, rispetto al 20% per la robotica e all’11% per i gemelli digitali. Di certo tutto questo sarebbe possibile solo ed esclusivamente con un aumento di investimenti per affrontare la carenza di professionisti qualificati nel settore e di una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica e degli stakeholder sui benefici delle biotecnologie, come dimostra il caso della carne coltivata.

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Il 1° Agosto segna l’Earth Overshoot Day 2024.

By : Aldo |Agosto 05, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il 1° Agosto segna l’Earth Overshoot Day 2024.

Il consumo adeguato delle risorse, la lotta contro lo spreco alimentare e l’educazione all’alimentazione sono tutti temi fondamentali che dovrebbero essere alla base di un’alimentazione sana, sicura e sostenibile. Tuttavia, ogni paese nel mondo ha necessità, abitudini, possibilità e risorse diverse; pertanto, non è semplice coordinare ogni popolazione in un’unica azione per garantire la sostenibilità di questo settore. Anche quest’anno infatti siamo arrivati troppo presto all’Earth Overshoot Day.

Earth Overshoot Day nel tempo

L’Earth Overshoot Day 2024 arriva il 1° agosto, un giorno prima rispetto al 2023, questo vuol dire che in soli 7 mesi l’umanità ha consumato tutte le risorse che la Terra impiega 12 mesi a rigenerare. Nello specifico, a livello globale, abbiamo consumato l’equivalente di 1,7 pianeti all’anno, una cifra che potrebbe arrivare a 2 pianeti entro il 2030 sulla base delle tendenze attuali.

Infatti, per soddisfare i nostri bisogni e promuovere il progresso, stiamo continuamente depauperando il capitale naturale. L’uso eccessivo della deforestazione, la pesca intensiva, l’erosione del suolo e la perdita di biodiversità contribuiscono all’accumulo di CO2 nell’atmosfera. Senza contare che tali processi determinano effetti sempre più significanti come ondate di calore, incendi, siccità e inondazioni.

Questi fenomeni aggravano la crisi climatica, causando eventi meteorologici sempre più intensi e frequenti, che a loro volta influenzano negativamente la produzione alimentare. Si tratta di un circolo vizioso da cui non riusciamo a uscire.

La corsa contro il tempo

In poco più di cinquant’anni, il giorno in cui l’umanità va a debito con il pianeta è stato anticipato di quasi centocinquanta giorni. E le prospettive non sono tanto migliori: continuando di questo passo, si stima che nel 2030 arriveremo a consumare due pianeti. La velocità con la quale consumiamo tutte le nostre risorse è a tutti gli effetti un grande problema, per il pianeta ma in primo luogo per noi umani. Questo è vero perché non ci rendiamo conto della gravità della situazione e di conseguenza non le diamo la giusta importanza. Analogamente continuiamo a non prenderci le nostre responsabilità, necessarie per invertire la rotta di questa corsa contro il tempo.  

Non a caso cinquant’anni fa, nel 1974, l’Earth Overshoot Day cadeva il 30 novembre, mentre nel 2004 era il 2 settembre e nel 2014 il 5 agosto. La data si è sempre più anticipata, segno che il nostro debito ecologico è in continua crescita. Tra i Paesi che esauriscono le risorse naturali più velocemente ci sono Qatar (11 febbraio) e Lussemburgo (20 febbraio), e gli Emirati Arabi Uniti (4 marzo). Tra i Paesi che invece termineranno il budget di risorse a loro disposizione in concomitanza con la fine dell’anno compaiono Kirghizistan (30 dicembre), la Moldavia (28 dicembre) e la Guinea (27 dicembre 2024).

Calcoli e possibili soluzioni

Come si arriva però a definire una vera e propria data riguardante un argomento così particolare ed articolato, vista la portata mondiale? Il WWF ricorda che, l’Earth Overshoot Day si calcola dividendo la “biocapacità” del pianeta (la quantità di risorse ecologiche che la Terra è in grado di generare in un certo anno) per l’impronta ecologica dell’umanità (cioè la domanda delle nostre società per quello stesso anno) e moltiplicando tutto per i 365 giorni dell’anno. Generalmente l’impronta ecologica viene calcolata sulla base di sei categorie quali: coltivazioni, pascoli, aree necessarie per i prodotti forestali, aree di pesca, aree edificate e aree forestali necessarie per assorbire il carbonio emesso dai combustibili fossili.

Per limitare e rallentare questo processo, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc) vuole ridurre il 43% le emissioni di gas serra entro il 2030 a livello mondiale, rispetto ai livelli del 2010.

Il debito dell’Italia

Quest’anno in Italia l’Overshoot Day è arrivato il 19 maggio, in leggero ritardo rispetto al 2023 (15 maggio). Il nostro è uno dei paesi con il più elevato debito ecologico al mondo. L’Italia è responsabile di circa il 3 per cento del consumo di risorse a livello globale e si posiziona all’ottavo posto nella classifica mondiale. A fornire in dati è uno studio pubblicato nel 2022 sulla rivista scientifica The Lancet che per la prima volta ha stimato il debito ecologico accumulato da 160 Paesi negli ultimi cinquant’anni.

Im questo contesto, il WWF suggerisce due strategie principali per ridurre il debito ecologico accumulato con la Terra:

  1. Generare energia elettrica per almeno il 75% da fonti rinnovabili, rispetto all’attuale 39%. Questo potrebbe spostare in avanti l’Overshoot Day di ben 26 giorni.
  2. Implementare e migliorare le tecnologie di efficienza energetica esistenti per gli edifici, i processi industriali e la produzione di energia elettrica. Applicando queste tecnologie, si potrebbero recuperare ulteriori 21 giorni.

Complessivamente, aumentando l’uso di energie rinnovabili al 75% e adottando tecnologie di efficienza energetica, si potrebbe guadagnare quasi 2 mesi prima di raggiungere l’Earth Overshoot Day, ritardando significativamente il momento in cui l’umanità esaurisce le risorse che la Terra può rigenerare in un anno.

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Neutralità climatica 2030: successi e barriere delle 9 città italiane.

By : Aldo |Luglio 30, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Neutralità climatica 2030: successi e barriere delle 9 città italiane.

A volte sembra che nulla si stia muovendo, o che niente vada nella direzione giusta, ma dietro le quinte ci sono grandi progetti che potranno cambiare le cose. L’ASviS è un ente che più o meno in sordina, continua a lavorare per rendere l’Italia un Paese migliore basando tutti i suoi studi, ricerche e progetti sulla sostenibilità della vita. In questo caso, riporta successi e difficoltà delle città parte della missione Europea per diventare carbon neutral entro il 2030.

L’importanza dell’ASviS

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) è stata fondata il 3 febbraio 2016, grazie all’iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Il suo obiettivo principale è quello di sensibilizzare la società italiana, le istituzioni e gli attori economici sull’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Di conseguenza ha un grande ruolo nella mobilitazione di tutti questi attori per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Attualmente, l’ASviS riunisce oltre 270 membri, tra cui associazioni, università, enti locali e reti della società civile, creando una rete ampia e diversificata per affrontare le sfide legate alla sostenibilità.

Le attività si concentrano su vari aspetti, come la promozione di una cultura della sostenibilità, l’analisi delle opportunità e delle implicazioni dell’Agenda 2030 per l’Italia, e la definizione di strategie nazionali per il conseguimento degli SDGs. Inoltre, l’alleanza è attivamente coinvolta nella realizzazione di eventi significativi, come il Festival dello Sviluppo Sostenibile, che mira a diffondere la consapevolezza sui temi della sostenibilità attraverso dibattiti, workshop e iniziative pubbliche. In sintesi, la sua missione è fondamentale per garantire che l’Italia non solo aderisca agli impegni internazionali, ma anche per promuovere un cambiamento culturale necessario per un futuro sostenibile.

Climate City Contract

L’ASviS, dunque, direziona le attività sostenibili dell’Italia e coordinandosi con le iniziative e le nuove norme europee, non a caso, si parla di Climate City Contract (CCC). Si tratta di uno strumento innovativo introdotto nell’ambito della Missione “100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030” del programma Horizon Europe (concepito per supportare le città europee nella transizione verso la neutralità climatica).

Questo contratto è stato istituito per affrontare in modo collaborativo le sfide legate alla riduzione delle emissioni di gas serra, con l’obiettivo di raggiungere una diminuzione di almeno l’80% entro il 2030. Pertanto i settori inclusi sono quelli della mobilità, infrastrutture, riscaldamento degli edifici, gestione dei rifiuti e delle risorse idriche Mentre le città italiane che partecipano a questa iniziativa sono Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino, ognuna delle quali ha sviluppato un proprio piano d’azione specifico.

Il Climate City Contract si compone di tre elementi principali:

  • impegni strategici: definiti in collaborazione con attori locali e nazionali;
  • un piano d’azione: identifica le lacune nelle politiche esistenti e propone interventi coordinati;
  • piano di investimenti: valuta costi e impatti delle azioni previste, fornendo una struttura per il finanziamento delle iniziative.

Con questo approccio integrato, il contratto facilitare la partecipazione attiva dei cittadini e garantisce alle città di affrontare efficacemente le sfide climatiche, rendendo il CCC uno strumento fondamentale per la governance urbana sostenibile.

Futuro e barriere

Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, sottolinea che il percorso verso la neutralità climatica è impegnativo ma fattibile, con le città che hanno già registrato significative riduzioni delle emissioni rispetto al 2015. Tuttavia, esistono ancora ostacoli normativi e culturali, come la riqualificazione energetica degli edifici e l’elettrificazione dei trasporti. Per superare queste barriere, è necessario incrementare le risorse disponibili e rafforzare la collaborazione politica e istituzionale a tutti i livelli, coinvolgendo imprese e società.

Tale programma è stato realizzato dal sottogruppo ‘Politiche climatiche’ del Gruppo di Lavoro sul Goal 11 ‘Città e comunità sostenibili’ dell’ASviS. Attualmente, Firenze e Parma hanno già ricevuto l’approvazione dei loro contratti, mentre Bergamo, Bologna, Milano, Prato e Torino sono in attesa. Padova e Roma devono ancora completare e presentare i loro documenti.

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HBI dona un nuovo e vantaggioso destino ai fanghi da depurazione.

By : Aldo |Luglio 28, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su HBI dona un nuovo e vantaggioso destino ai fanghi da depurazione.

Ogni persona ha il suo impatto sul mondo anche quando meno se ne rende conto, o con attività quotidiane e naturali. Ogni città, infatti, si confronta quotidianamente con le attività di depurazione delle acque reflue urbane ed extraurbane, un processo tanto importante quanto delicato.  Questo perché le acque reflue raccolgono tantissimi elementi diversi, tra cui anche materiali pericolosi e patogeni. Pertanto, è necessario che i depuratori funzionino alla perfezione per garantire la salute dei cittadini. È per questo che c’è chi ha concentrato il proprio studio sui rifiuti legati a tale processo, ai loro effetti e ai loro vantaggi.



I fanghi da depurazione

I fanghi da depurazione sono una sospensione liquida, più o meno ricca di solidi di natura organica e inorganica, che si forma durante i trattamenti di depurazione delle acque reflue urbane ed extraurbane. Sono composti per circa il 75% da acqua e per il 25% da rifiuti, tra cui sostanze organiche facilmente degradabili come cellulosa, zuccheri, lipidi e proteine, e sostanze inorganiche inerti come sabbia e ossidi.

Tali fanghi contengono anche microrganismi, che possono includere agenti patogeni come Salmonella e Streptococchi provenienti da deiezioni di soggetti malati. Nonostante il loro riutilizzo in agricoltura come fertilizzante sia una valida soluzione per lo smaltimento, esso presenta alcune criticità dovute alla possibile presenza di composti organici nocivi, metalli pesanti e potenziali agenti patogeni. Infatti, l’uso eccessivo di fanghi in agricoltura può portare a fenomeni di tossicità e inquinamento rilevanti per la catena alimentare e per la qualità delle acque superficiali e sotterranee.

L’Italia, con una produzione annuale di 3.2 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione nel 2021, è il terzo paese europeo in questo settore. Circa la metà viene smaltita in discarica o incenerita senza recupero, mentre la maggior parte, del resto, viene utilizzata in agricoltura senza decontaminazione da materiali pericolosi, come metalli pesanti, e senza recupero di risorse come fosforo e magnesio. Inoltre, circa 480.000 tonnellate di fanghi sono esportate dal Centro e Sud Italia verso il Nord. Per questo l’Unione Europea ha avviato procedure di infrazione contro l’Italia per inadempienze nel trattamento dei fanghi, con costi per la collettività che superano i 60 milioni di euro all’anno.

La tecnologia HBI

Per rimediare a tale problema la startup innovativa fondata a Bolzano nel 2016, HBI, ha sviluppato una tecnologia che offre una soluzione sostenibile per il trattamento dei fanghi di depurazione in Italia. Adottata su scala nazionale, questa tecnologia consentirebbe di generare un risparmio stimato tra i 120 e i 150 milioni di euro annui per imprese e collettività. Nello specifico, HBI permette di chiudere il ciclo idrico integrato, recuperando l’acqua contenuta nei fanghi ed estraendo materie critiche e strategiche come fosforo e magnesio, utilizzabili come basi rinnovabili per la produzione di fertilizzanti agricoli sostenibili, per i quali l’Europa dipende attualmente da forniture extra-UE.

La tecnologia, autonoma dal punto di vista energetico in quanto reimpiega l’energia contenuta nei fanghi stessi, è perfettamente integrabile agli impianti di digestione anaerobica esistenti. Inoltre, consente di trasformare i comuni depuratori delle acque in bioraffinerie poligenerative, in grado di recuperare acqua, materiali strategici critici e energia rinnovabile pulita. In tal modo si recupera e ricicla oltre il 90% della materia contenuta nei fanghi di depurazione e riducendo in modo consistente i costi di gestione e trattamento. Proprio grazie a tale tecnologia e all’intensa attività di ricerca e sviluppo, HBI ha ottenuto certificazioni ISO 9001 e ISO 14001 e la maturità tecnologica dei suoi impianti è stata certificata al livello TRL9 nel 2023.

La sostenibilità dell’innovazione HBI

Il sistema HBI utilizza un processo di separazione molecolare per estrarre dai fanghi materiali sostenibili ad alto valore aggiunto, come ammoniaca, idrogeno e nutrienti per l’agricoltura, producendo al contempo energia pulita e rinnovabile, rendendo l’impianto energeticamente autosufficiente. Questa tecnologia modulare e scalabile rappresenta un esempio concreto di economia circolare, contribuendo a ridurre i rifiuti destinati a discarica o incenerimento. Grazie all’applicazione della tecnologia HBI, i costi operativi per la gestione dei fanghi di depurazione possono diminuire di almeno il 15%, grazie a una riduzione dei rifiuti fino al 90%, al recupero di materiali preziosi e all’estrazione dell’acqua contenuta nei fanghi fino all’85%.

Inoltre, se applicata ai fanghi digestati, HBI può aumentare la produzione di biogas fino al 40%. Installata presso il depuratore di Bolzano e successivamente al sito GP Lab di Fusina, la tecnologia ha ottenuto nel novembre 2022 il certificato ETV (Environmental Technology Verification) da Rina, riconosciuta come la migliore disponibile sul mercato. La startup trevigiana stima che il mercato delle soluzioni innovative per il trattamento dei fanghi di depurazione in Italia possa generare oltre 500 milioni di euro all’anno, mentre la commercializzazione di materie prime recuperate dai fanghi potrebbe aggiungere ulteriori 200-300 milioni di euro.

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Entro il 2025 l’elettricità green sarà al primo posto, superando il carbone.

By : Aldo |Luglio 24, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Entro il 2025 l’elettricità green sarà al primo posto, superando il carbone.

La transizione energetica è necessaria affinché tutto il mondo o quasi, possa lasciare il combustibile fossile come prima scelta per produrre energia. Questo determinerebbe una significativa riduzione della CO2 immessa in atmosfera dalle attività antropiche e ci sarebbe una maggiore sicurezza ed indipendenza dei popoli. Non a caso, lo studio e la ricerca che non si fermano mai stanno dando ottimi frutti in questo settore sempre più importante per l’intero pianeta.

Carbone o rinnovabili

La disputa tra energie rinnovabili e carbone si è intensificata nel corso degli anni, segnando un cambiamento significativo nel panorama energetico globale. Dalla Rivoluzione Industriale, il carbone ha rappresentato una fonte primaria di energia, contribuendo allo sviluppo economico ma anche all’inquinamento e al riscaldamento globale. Negli ultimi decenni, tuttavia, la crescente consapevolezza dei cambiamenti climatici ha spinto molti paesi a considerare le energie rinnovabili come alternative più sostenibili.

Le energie rinnovabili esistono da tempo e sono di molteplici tipi, sono essenziali per una corretta transizione energetica e funzionano. Nonostante ciò, si continuano a registrare discussioni contrarie al loro utilizzo o che mettono in dubbio la loro efficienza. Di certo servono ancora tanti studi per portare tali tecnologie al massimo della loro prestazione, in modo da sostenere il fabbisogno del dei cittadini. Tutto ciò non toglie che i risultati ottenuti fino ad oggi, sono eccellenti e si può sperare solo in un ulteriore miglioramento.

Oggi, la sfida principale rimane quella di bilanciare la sicurezza energetica con la sostenibilità, soprattutto alla luce delle recenti crisi geopolitiche che hanno messo in discussione la dipendenza dai combustibili fossili. La transizione verso un sistema energetico basato sulle rinnovabili è vista come cruciale non solo per ridurre le emissioni di gas serra, ma anche per garantire un futuro energetico più sicuro e accessibile.

 

Gli ultimi risultati

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) ha annunciato che entro il 2025 la quantità di elettricità prodotta da fonti rinnovabili dovrebbe superare per la prima volta quella generata dal carbone.  Keisuke Sadamori, direttore dei mercati energetici e della sicurezza dell’AIE, ha dichiarato che l’aumento della domanda globale di elettricità mette in evidenza il crescente ruolo di questa risorsa. Soprattutto nelle economie moderne, evidenziando anche l’effetto delle intense ondate di calore.

Tuttavia, ha sottolineato che il progresso nello sviluppo delle tecnologie a basse emissioni di carbonio non sta avvenendo con la necessaria rapidità. Nel rapporto Electricity Mid-Year Update sull’elettricità, si legge che idroelettrico, solare ed eolico, le principali fonti rinnovabili, dovrebbero fornire il 35% dell’elettricità mondiale nel 2025, rispetto al 30% del 2023. In particolare, il fotovoltaico da solo dovrebbe coprire la metà della crescita della domanda, mentre solare ed eolico insieme coprono il 75%.

Il controcanto

Nonostante ciò, la produzione di elettricità dalle centrali a carbone non dovrebbe subire una diminuzione nel 2024, a causa di un significativo aumento della domanda, soprattutto in Cina e India. Tuttavia, l’AIE avverte che la capacità idroelettrica cinese potrebbe sorprendere, contribuendo a ridurre la quota di carbone e le emissioni di CO2 nel settore elettrico. Si prevede che la domanda globale di elettricità crescerà di circa il 4% nel 2024, rappresentando il tasso di crescita annuale più alto dal 2007. In India, la domanda dovrebbe aumentare dell’8%, mentre in Cina si prevede una crescita superiore al 6%, sostenuta da un’attività economica robusta. Negli Stati Uniti, la domanda elettrica è attesa in crescita del 3%, spinta dall’attività economica e dalle esigenze di condizionamento. In Europa, si prevede un incremento dell’1,7% dopo due anni di calo. Nel complesso, l’AIE stima che il forte aumento del consumo di elettricità continuerà anche nel 2025, con una crescita simile al 2024.

Le nuove necessità e il cambiamento climatico

La richiesta di energia comunque aumenta anche per le nuove invenzioni quale l’IA. Con il suo rapido la domanda di elettricità da parte dei data center è in crescita. Infatti, il rapporto dell’AIE evidenzia un’ampia gamma di incertezze riguardo ai bisogni energetici legati a questa tecnologia e spiega la necessità di una migliore raccolta di dati sul consumo di elettricità. Questo servirebbe a identificare correttamente gli sviluppi passati e comprendere meglio le tendenze future.

In aggiunta, con il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature, la richiesta di energia aumenta anche per altre motivazioni. Così, Sadamori ha commentato che è incoraggiante osservare l’aumento della quota di energia pulita, ma ha sottolineato l’importanza di accelerare questo processo. Pertanto, ha invitato a rafforzare le reti e a migliorare gli standard di efficienza energetica per mitigare l’impatto della crescente domanda di aria condizionata.

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Arriva il bonus per la pergola bioclimatica: requisiti e vantaggi.

By : Aldo |Luglio 21, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Arriva il bonus per la pergola bioclimatica: requisiti e vantaggi.

Negli ultimi 4 anni i cittadini italiani hanno avuto la possibilità di usufruire di molteplici bonus che potessero rendere più sostenibile la vita dei singoli, come quella di tutta della nazione. Capotti per i palazzi, macchine elettriche, biciclette nuove, filtratori per l’acqua e tante altre soluzioni sono state pensate per la riduzione dei rifiuti, dei consumi elettrici, dell’uso di combustibile fossile e per il miglioramento della salute umana. Tra questi arriva anche il bonus per le pergole, per affrontare in modo sostenibile il caldo dell’estate e non solo.

Il caldo “antropico”

Negli ultimi decenni, le temperature globali hanno mostrato un preoccupante aumento, principalmente a causa del cambiamento climatico causato dall’attività umana. Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), la temperatura media globale è aumentata di circa 1,2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. Questo incremento termico ha portato a fenomeni meteorologici estremi più frequenti, tra cui ondate di calore, siccità e incendi boschivi. In Italia, il riscaldamento globale si fa sentire in maniera particolarmente intensa.

Durante gli ultimi anni, il’Italia ha sperimentato estati sempre più torride, con temperature che spesso superano i 40°C in diverse regioni. Ad esempio, nell’estate del 2023, molte città italiane, tra cui Roma, Firenze e Bologna, hanno registrato temperature record, causando gravi problemi di salute pubblica, soprattutto tra le fasce di popolazione più vulnerabili, come anziani e bambini. Inoltre, l’aumento delle temperature ha avuto impatti significativi sull’agricoltura, riducendo la resa dei raccolti e aumentando la necessità di irrigazione. Anche il turismo ha subito le conseguenze del caldo estremo, con molti visitatori che evitano le città d’arte durante i mesi più caldi.

Infine, l’aumento delle temperature ha contribuito allo scioglimento dei ghiacciai alpini, un fenomeno che minaccia le risorse idriche e l’ecosistema delle regioni montane. In questo contesto, è fondamentale adottare politiche di mitigazione e adattamento per contrastare gli effetti del cambiamento climatico e proteggere l’ambiente e la popolazione.

 

L’edilizia per contrastare il caldo

L’edilizia sostenibile riveste un ruolo cruciale nel mitigare l’impatto ambientale e nel promuovere uno sviluppo urbano più equilibrato e rispettoso delle risorse naturali. Questo approccio costruttivo integra materiali ecocompatibili, tecniche innovative e soluzioni energetiche efficienti per ridurre l’impronta ecologica degli edifici. In estate, i consumi legati al raffreddamento della casa possono essere significativamente ridotti attraverso diverse strategie. L’uso di materiali isolanti di alta qualità nelle pareti, nei tetti e nei pavimenti aiuta a mantenere la temperatura interna stabile, limitando la necessità di aria condizionata.

Inoltre, l’installazione di tetti verdi e giardini verticali migliora l’isolamento termico e contribuisce al raffrescamento naturale. Sistemi di ventilazione naturale, come le finestre posizionate strategicamente per favorire la circolazione dell’aria, insieme all’utilizzo di tende, persiane e schermature solari, possono ulteriormente ridurre il calore entrante. L’adozione di queste pratiche non solo diminuisce i consumi energetici e le emissioni di CO2, ma migliora anche il comfort abitativo e la qualità della vita.

Da qui la necessità di installare pergole nei giardini delle ville; una richiesta che aumenta e per la quale è stato pensato un nuovo bonus.

Ecobonus pergola bioclimatica

Le pergole bioclimatiche offrono un metodo naturale per ridurre l’uso dei sistemi di raffrescamento, creando più ombra e diminuendo la necessità del climatizzatore. Grazie agli emendamenti del decreto Salva casa, queste strutture possono ora essere installate senza permessi comunali, rientrando nell’edilizia libera. Inoltre, fino alla fine dell’anno, è possibile usufruire dell’ecobonus al 50% se si rispettano i requisiti dell’ENEA per le schermature solari. Le pergole bioclimatiche, con lamelle orientabili come le tende veneziane, offrono un’ombreggiatura più efficiente rispetto alle tende solari a braccio. Per essere considerate edilizia libera, queste strutture devono essere ancorate alla casa e non autoportanti, garantendo una riduzione dei consumi energetici e un basso impatto visivo.

Per ottenere l’ecobonus del 50% per l’installazione delle pergole bioclimatiche, è necessario rispettare i requisiti dell’ENEA riguardanti il risparmio energetico. L’agevolazione è valida solo se le pergole sono installate su pareti orientate da Est a Ovest, passando per Sud, mentre non è concessa per quelle esposte a Nord, Nord-Est e Nord-Ovest, poiché la loro efficacia nel riparare dal sole è limitata. Inoltre, è richiesta la certificazione dei risultati: la struttura deve avere un valore del fattore di trasmissione solare totale, in combinazione con il tipo di vetro della superficie coperta, che rispetti i limiti prefissati dall’ENEA per la specifica zona climatica.

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Bactery: la startup che crea energia pulita e a basso costo dal terreno.

By : Aldo |Luglio 18, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Bactery: la startup che crea energia pulita e a basso costo dal terreno.

Il tema dell’energia è uno dei più discussi degli ultimi anni. Si parla di rinnovabile, di energia pulita, nucleare e fossile ma anche di sicurezza ed autonomia. Ci sono tanti pareri diversi, dunque, tanti modi di agire differenti, una varietà che potrebbe non essere la miglior cosa per la transizione ecologica. Tuttavia, la ricerca è sempre in moto e degli studiosi hanno creato delle batterie che possono caricarsi nel suolo, come Bactery.

Le batterie per la transizione

Le nuove tecnologie legate alle batterie stanno rivoluzionando il settore energetico, contribuendo in modo significativo alla transizione verso fonti di energia pulita e rinnovabile. Le batterie al litio, già ampiamente utilizzate in dispositivi elettronici e veicoli elettrici, continuano a migliorare in termini di densità energetica, durata e costi, rendendo più efficiente lo stoccaggio dell’energia prodotta da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico. Parallelamente, le batterie a idrogeno, o celle a combustibile, offrono un’alternativa promettente grazie alla loro capacità di immagazzinare energia in modo altamente efficiente e con zero emissioni di carbonio, trasformando l’idrogeno in elettricità attraverso una reazione chimica con l’ossigeno.

Oltre a queste, stanno emergendo tecnologie come le batterie a stato solido, che promettono maggiore sicurezza e capacità energetica rispetto alle tradizionali batterie al litio, e le batterie a flusso, che sono particolarmente adatte per l’accumulo su larga scala di energia rinnovabile. Queste innovazioni non solo migliorano la capacità di stoccaggio e gestione dell’energia pulita, ma sono anche fondamentali per stabilizzare le reti elettriche e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, contribuendo così a un futuro energetico più sostenibile e a basse emissioni di carbonio.

Dall’agricoltura all’energia pulita.

Le batterie e la tecnologia sono sempre più presenti anche nel settore agricolo. Infatti, l’Internet of Things (IoT) sta trasformando l’agricoltura attraverso una rivoluzione digitale. La combinazione di sensori IoT, intelligenza artificiale e sistemi basati sul Cloud sta migliorando l’agricoltura di precisione e le catene di approvvigionamento, permettendo la raccolta e l’analisi continua dei dati per decisioni informate in tempo reale. Questo tipo di dispositivi raccolgono dati sullo stato dei campi, aumentando l’efficienza, riducendo i costi e massimizzando le rese.

Tuttavia, tali dispositivi funzionano grazie all’energia e ad Internet, non sempre facili da installare e mantenere. Questo, per via dei cavi che possono ostacolare i campi, le batterie chimiche monouso che devono essere monitorate e sostituite, e le fonti di energia rinnovabile come i pannelli solari funzionano a piena capacità solo in determinate condizioni climatiche. Proprio da tali bisogni, nasce una startup che ha trovato la soluzione per generare energia pulita, a basso costo e che non intralcia il lavoro agricolo. Si chiama Bactery e crea batterie che sfruttano i batteri nel terreno per fornire energia pulita 24 ore su 24 a basso costo.


Bactery

Bactery, è uno spin-off dell’Università di Bath fondato dai ricercatori Ben Metcalfe, Jakub Dziegielowski e Mirella Di Lorenzo. I tre studiosi hanno sviluppato una tecnologia rivoluzionaria basata su batterie alimentate da batteri endogeni che raccolgono energia verde dal terreno. Questa scoperta sfrutta i processi naturali dei microrganismi presenti nel suolo, fonte di elettroni prodotti grazie ai quali le batterie si ricaricano. Tutto questo succede solamente inserendole nel terreno, in modo da fornire elettricità pulita e continua anche nelle aree più remote. Con una durata di oltre 25 anni e un costo di 25 sterline per unità senza necessità di manutenzione, queste batterie mirano a rivoluzionare l’agricoltura digitale, migliorando la produttività e riducendo i costi operativi grazie a dati affidabili.


Dai primi prototipi al successo globale

Un primo prototipo è stato testato con successo nel 2019 in un villaggio di pescatori a Icapuí, in Brasile, dimostrando la fattibilità della tecnologia in ambienti remoti con scarse risorse elettriche. Nonostante ciò, negli ultimi quattro anni, la ricerca ha approfondito i processi bioelettrochimici per massimizzare l’estrazione di energia dai batteri del suolo. Nei prossimi 12 mesi, l’azienda perfezionerà i prototipi in vista di una produzione su piccola scala e il lancio del prodotto previsto per i primi mesi del 2026. Mirella Di Lorenzo sottolinea che la tecnologia permette agli agricoltori di generare dati in modo sostenibile, mentre Jakub Dziegielowski evidenzia l’impatto positivo della loro innovazione sull’agricoltura e altri settori, sostenendo la qualità e incrementando i ricavi attraverso pratiche agricole più efficienti e riconosciute. Bactery punta a diffondere la sua tecnologia per un’agricoltura sostenibile in tutto il mondo.

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Copenaghen premia chi sceglie di viaggiare in modo sostenibile.

By : Aldo |Luglio 15, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Copenaghen premia chi sceglie di viaggiare in modo sostenibile.

Quando si parla di grandi cambiamenti è importante ricordare che niente avviene o si modifica se ognuno di noi non si applica. Di solitp si dice che il mare sia fatto da gocce e noi umani siamo quelle gocce che possono creare qualcosa di immenso. Tutto questo è vero per qualsiasi cambiamento, tra cui anche quello climatico che dobbiamo affrontare tutti insieme e uniti. Ecco come Copenaghen rende tutti partecipi di tale transizione.  

Copenaghen è sostenibile

Copenaghen è spesso citata come uno degli esempi più avanzati di sostenibilità urbana in Europa e nel mondo. La città ha adottato un approccio pionieristico alla sostenibilità ambientale, mirando a diventare la prima capitale al mondo a emissioni zero entro il 2025.

Per esempio, la città è famosa per la sua infrastruttura ciclabile. Circa il 62% dei cittadini utilizza la bicicletta per spostarsi quotidianamente. Sempre per parlare di mobilità, gode di un trasporto pubblico è altamente efficiente e comprende autobus, treni e una metropolitana automatizzata. È considerata una delle migliori metropolitane al mondo in termini di puntualità e frequenza.

A livello energetico invece ha investito massicciamente nell’energia eolica offshore, con parchi come il Middelgrunden vicino alla costa di Copenaghen. Inoltre, la città vanta sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento altamente efficienti, che riducono la domanda energetica complessiva.
Si parla anche di inceneritori moderni, edifici sostenibili e del Copenaghen Climate Plan, un piano strategico volto a ridurre le emissioni di CO2 e a migliorare la sostenibilità della città.

L’impatto del turismo

Per quanto sia decisivo a livello economico, il turismo ed il suo flusso può avere un impatto significativo su una città, influenzando vari aspetti ambientali e di sostenibilità. L’afflusso di turisti comporta un aumento della domanda di risorse naturali, come acqua ed energia, oltre a una maggiore produzione di rifiuti e inquinamento atmosferico. La gestione dei rifiuti diventa più complessa, e le infrastrutture esistenti possono essere sovraccaricate, causando degrado urbano e ambientale. Inoltre, il turismo di massa può portare alla perdita di biodiversità a causa della trasformazione di habitat naturali in strutture ricettive e attrazioni turistiche.

Tuttavia, con una pianificazione attenta e l’implementazione di pratiche sostenibili, come il turismo responsabile e la promozione di mezzi di trasporto ecologici, è possibile mitigare questi impatti e garantire che il turismo contribuisca positivamente all’economia locale senza compromettere l’ambiente.

Il piano di Copenaghen

Proprio per questo motivo, l’ufficio turistico di Copenaghen ha promosso il progetto CopenPay. L’iniziativa offre incentivi ai visitatori che adottano comportamenti sostenibili, come spostarsi in bici o con i mezzi pubblici e mantenere pulita la città. Dal 15 luglio all’11 agosto, i turisti che partecipano a questa iniziativa possono ottenere ricompense come un caffè gratuito in un museo o un giro in kayak senza costi.

Una mappa interattiva elenca i premi disponibili: ad esempio, chi arriva in bici o a piedi può fare un tuffo gratuito nel canale presso Kanalhuset, mentre chi raccoglie spazzatura nell’area BaneGaarden può ottenere un pasto biologico gratuito. In totale, 24 attrazioni partecipano al progetto, inclusa la pista di sci artificiale CopenHill, che offre 20 minuti di discesa gratis a chi arriva in modo sostenibile. Il progetto, basato sulla fiducia, non richiede prove formali delle azioni ecologiche compiute, sebbene in alcuni casi potrebbe essere richiesta una foto o un biglietto dei trasporti.

L’intero programma, finanziato dalle aziende partecipanti e non da fondi pubblici, CopenPay mira a promuovere comportamenti sostenibili tra i visitatori e rappresenta un passo verso la transizione verde della città. L’iniziativa sottolinea che il vero valore non risiede nelle ricompense immediate, ma nei benefici collettivi derivanti da scelte consapevoli.

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La “penna” a ultrasuoni contro le microplastiche: l’invenzione di due adolescenti americani.

By : Aldo |Luglio 11, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su La “penna” a ultrasuoni contro le microplastiche: l’invenzione di due adolescenti americani.

La ricerca scientifica è fondamentale per lo sviluppo delle società, lo è sempre stata e continuerà ad esserlo. Soprattutto quando serve per trovare la soluzione a problemi di grande rilevanza nel mondo, come possono essere delle patologie, delle tecnologie, l’inquinamento o tanto altro. In particolare, la ricerca legata agli effetti della plastica nelle matrici ambientali e non solo, è aumentata negli ultimi anni, con degli ottimi risultati. Tra questi anche la nuova tecnologia pensata da due diciassettenni del Texas.

Le microplastiche

Ogni anno, tra 6 e 15 milioni di tonnellate di rifiuti plastici finiscono nell’ambiente, degradandosi in microplastiche di dimensioni tra 0,001 e 5 mm a causa di sole, vento e onde. Si stima che negli oceani ci siano almeno 14 milioni di tonnellate di microplastiche, con un incremento annuo di circa 1,5 milioni di tonnellate. L’inquinamento da microplastiche suscita crescente preoccupazione per i potenziali impatti ambientali e sulla salute, nonostante molte incertezze. Le microplastiche sono ingerite da organismi marini, terrestri e dagli esseri umani, trovandosi in vari alimenti e bevande come frutti di mare, acqua potabile, birra, sale e zucchero. Studi recenti rivelano che ogni settimana inaliamo e ingeriamo l’equivalente di una carta di credito di plastica, con tracce riscontrate nel sangue e negli organi umani.

Di certo questo è uno degli argomenti più trattati degli ultimi anni, a seguito del forte impatto che stanno avendo le microplastiche nel mondo e soprattutto nella salute dell’uomo. Pertanto, è anche il focus di tantissimi studi e ricerche che hanno come obiettivo quello di trovare soluzioni al problema. Un esempio sono i due diciassettenni texani che hanno vinto molteplici premi con la loro invenzione.

La visita che ha cambiato tutto

Lo scorso autunno, Victoria Ou e Justin Huang, 17enni e studenti del college Woodlands in Texas, hanno visitato un impianto di trattamento delle acque nella loro città. Durante il tour, hanno scoperto che l’impianto non aveva strumenti efficaci per rimuovere le microplastiche dalle acque reflue, poiché i metodi disponibili, come l’uso di coagulanti chimici, erano costosi, inquinanti e alteravano il pH dell’acqua.  inoltre, anche le soluzioni biologiche e i filtri esistenti presentavano problemi di efficienza e intasamento. I due studenti, dopo la visita hanno analizzato i problemi legati agli impianti usati e le necessità di mantenere “pulite” le acque dalle microplastiche.

Da questo studio hanno quindi ideato un dispositivo innovativo, piccolo quanto una penna, che utilizza ultrasuoni per rimuovere le microplastiche. Questo sistema, composto da un tubicino con due trasduttori elettrici, respinge le microplastiche mediante onde ultrasoniche, permettendo all’acqua pulita di fluire. I ragazzi hanno testato il prototipo su poliuretano, polistirene e polietilene, con risultati positivi, dimostrati dal fatto che sono state rimosse tra l’84% e il 94% delle microplastiche in un solo passaggio. La tecnologia a ultrasuoni è promettente per eliminare anche altri inquinanti particellari.

Il successo e le possibili applicazioni

La loro invenzione ha vinto il primo posto nella categoria Terra e Scienze Ambientali e il premio di 50.000 dollari del Gordon E. Moore Award (sponsorizzata da Google) alla Regeneron International Science and Engineering Fair (ISEF) di Los Angeles. Questo dispositivo che ha riscontrato subito un grande successo potrebbe essere impiegato in vari ambiti.

Le  microplastiche risultano una grave emergenza ambientale, con 75 trilioni di particelle negli oceani che minacciano la fauna selvatica e la salute umana. Pertanto, lo studio di Victoria e Justin non si ferma qui; ispirandosi ad uno studio del New Mexico Tech del 2022, i due studenti intendono migliorare il loro progetto per renderlo utilizzabile su larga scala, con l’obiettivo iniziale di ripulire l’acqua delle lavatrici e degli impianti di trattamento. Così facendo potrebbero sostituire i metodi attuali che sono tutt’oggi molto costosi o pericolosi poiché usano elementi artificiali ed inquinanti.

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Fotovoltaici “non convenzionali”: a Bolzano si ricerca il pannello adatto ad ogni necessità.

By : Aldo |Luglio 01, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Fotovoltaici “non convenzionali”: a Bolzano si ricerca il pannello adatto ad ogni necessità.
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Il mondo della ricerca è infinito, è un settore in costante evoluzione e sempre attivo ed è fondamentale per lo sviluppo di ogni popolazione. È un ambito in cui probabilmente non si conoscono limiti, e dove a volte ll’unico limite è il denaro mancante per portare avanti certi studi. Tuttavia, i ricercatori non mollano mai, neanche a Bolzano dove stanno studiando dei pannelli fotovoltaici “non convenzionali”.

Il fotovoltaico

I pannelli fotovoltaici non sono più un segreto per nessuno, soprattutto dal momento in cui rivestono un’importanza fondamentale nel contesto della transizione energetica verso fonti rinnovabili e sostenibili. La loro tecnologia è ormai una sicurezza nel campo delle rinnovabili, soprattutto dopo gli ultimi report in cui si afferma che il fotovoltaico sta crescendo di più come capacità installata. Non a caso al 31 marzo 2024 si sono raggiunti i 32 GW, dopo che nel 2023 si erano installati 5,234 GW, nel primo trimestre del 2024 se ne sono aggiunti 1,721 GW (fonte Gaudì-Terna).

Tuttavia, nonostante i loro innegabili benefici ambientali, i pannelli fotovoltaici spesso non sono accolti benevolmente, soprattutto a causa delle loro caratteristiche estetiche. Molti ritengono che la loro presenza sui tetti delle abitazioni o nei paesaggi naturali deturpi l’aspetto visivo, influenzando negativamente l’estetica urbana e rurale. Tali pregiudizi, possono influenzare l’opinione dei più scettici, ostacolando di conseguenza l’adozione diffusa dei pannelli solari. Ed è proprio qui che si evidenzia la necessità di soluzioni innovative e di design che possano armonizzare l’integrazione dei pannelli fotovoltaici con l’ambiente circostante.

Il laboratorio del futuro

È per queste ragioni che nasce a Bolzano, il “laboratorio dei pannelli del futuro”, presso l’Eurac Research. Si tratta di un laboratorio realizzato grazie ai fondi Pnrr di Nest, un partenariato pubblico-privato dedicato alla ricerca di base sulle energie verdi.  All’interno di Eurac, scienziati, ricercatori universitari, ingegneri e responsabili di imprese private si incontrano in un continuo scambio tra il mondo accademico e quello produttivo, con l’obiettivo di testare sia tecnologie universitarie che i prodotti sviluppati dalle aziende che necessitano di essere messi alla prova.

A Bolzano, la ricerca sui pannelli fotovoltaici copre tutte le fasi di produzione: dalla lavorazione di vetro e plastica, all’assemblaggio manuale delle celle, fino alla laminazione del modulo in un forno specifico. Si potrebbe dire che il laboratorio funzioni come un centro di produzione di pannelli, cercando nuove forme, misure e caratteristiche a seconda delle necessità previste, in modo tale da creare delle vere e proprie soluzioni. Successivamente i pannelli vengono testati prima in laboratorio e poi in campo aperto, simulando diverse condizioni climatiche, dalle ideali alle più estreme, per raggiungere l’efficienza dei pannelli tradizionali, viste anche le misure standard di 1 metro per 1 metro, che garantiscono l’efficienza in campo reale, al contrario di quelli più piccoli.  Anche per questa ragione il laboratorio è molto apprezzato dalle aziende.

I prodotti di Eurac research

Chi lavora al centro di Eurac research studia moduli colorati, trasparenti e in grado di adattarsi anche dove finora sono stati visti con diffidenza, per esempio i centri storici o i campi coltivati. Questo perché i pannelli fotovoltaici non sono tutti uguali. Di certo non è smeplice unire un atale tecnologia ai bisogni di tutti o per esempio di un comune che vuole usarli nelle sue strutture storiche che vantano specifiche forme o colorazioni.

Gli obiettivi del centro, infatti, sono vari perché devono cercare di soddisfare più richieste possibili. Per esempio, si parla di integrare i pannelli in contesti diversi dai soliti tetti e solai, magari realizzandoli con componenti e colori tali da simulare tegole, riducendo al minimo l’impatto visivo. Questo potrebbe essere un lavoro di grande impatto vista la cultura edilizia italiana soprattutto all’interno dei paesini.

Una seconda applicazione a cui punta il team è quella “campestre”, per produrre energia senza ostacolare l’attività agricola. Nello specifico stanno studiando dei pannelli che permettano il passaggio di sufficiente luce per la crescita delle piante, proteggendole al contempo dall’eccessivo irraggiamento solare. Si pensa quindi a dei moduli trasparenti o semi-trasparenti, che potrebbero risolvere le controversie legate all’agri-voltaico e alle restrizioni imposte dal Ministero dell’Agricoltura.

Nest punta tutto sulla potenza italiana, quindi sulla ricerca, le tecnologie ed il lavoro, basandosi anche sul piano RePowerUe, rafforzando tutta la filiera italiana ed europea, che ancora dipende fortemente dalla Cina. Solo con questo tipo di progetti a lungo termine, l’Italia può iniziare un percorso per la autonomia energetica e per riprendere punti in determinati ambiti e tra le grandi potenze mondiali. 

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Italia ai primi posti per l’export di tecnologie low-carbon e digitalizzazione.

By : Aldo |Giugno 27, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Italia ai primi posti per l’export di tecnologie low-carbon e digitalizzazione.

L’Italia è un paese pieno di risorse, comprese anche quelle intellettuali di grandi studiosi, ricercatori, scienziati e inventori. L’insieme di queste menti deve essere considerato come un patrimonio nazionale da valorizzare tanto quanto i suoi lavori e i suoi successi. Soprattutto nell’ambito scientifico tecnologico, l’Italia ha un grande potenziale che non viene sempre evidenziato in modo opportuno, ancora di più se si parla di export, in cui l’Italia è tra i primi posti a livello europei e mondiali.  

Le tecnologie low-carbon

Quando si parla di tecnologie low carbon, si intendono strumenti e pratiche progettate per ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas serra, contribuendo così a mitigare il cambiamento climatico. Queste sono fondamentali per la transizione verso un’economia sostenibile e a basse emissioni di carbonio.

Le tecnologie low-carbon comprendono delle grandi categorie, fondamentali per la transizione ecologica e quindi per l’adattamento ai cambiamenti climatici, quali:

  • Energie rinnovabili;
  • Efficienza energetica;
  • Mobilità sostenibile;
  • Tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS);
  • Idrogeno verde.

La loro importanza è correlata ai vantaggi derivanti dal loro utilizzo, poiché aiutando nella riduzione delle emissioni di CO2, incrementando anche il livello di sostenibilità economica (quindi crea nuovi posti di lavoro). Di certo hanno un grande impatto anche nella sicurezza energetica, riducendo così la dipendenza da combustibili fossili importati aumentando di conseguenza la salute pubblica.

Proprio per questi motivi, il loro mercato è in rapida crescita, grazie alle nuove politiche governative favorevoli e agli investimenti in ricerca e sviluppo. Si pensi che secondo le ultime stime solamente il mercato delle energie rinnovabili potrebbe superare i 2 trilioni di dollari entro il 2030. Un ulteriore aspetto positivo riguardo tale settore è il ruolo dell’Europa, che attualmente è uno dei principali paesi nel mondo che guida tale transizione, favorendo crescita economica e opportunità a livello ambientale.

L’export italiano

In questo gioco tra nazioni però è presente anche l’Italia. Infatti, le tecnologie low-carbon e la digitalizzazione stanno guidando l’export del Made in Italy, posizionando l’Italia ai vertici delle classifiche europee e mondiali. Attualmente, il Belpaese è il secondo in UE e il settimo a livello mondiale per l’export di beni a basso contenuto di carbonio, di cui il 55% è rappresentato dalla meccanica strumentale low-carbon. L’export di queste tecnologie è destinato a crescere a un ritmo tre volte superiore rispetto alla media fino al 2027, con previsioni di raggiungere i 50 miliardi di euro entro il 2025, segnando una crescita del 13,7%.

Lo dichiara anche il report “Doing Export Report 2024” di SACE. Il Gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, evidenzia infatti il valore delle esportazioni italiane di beni. In particolare, sottolinea che aumenterà del 3,7% nel 2024, del 4,5% nel 2025 e del 4,2% nel biennio successivo. Mentre il settore delle tecnologie low-carbon avrà una crescita ancora più robusta: 11,1% nel 2024 e 13,7% nel 2025, rappresentando il 7,3% del totale del Made in Italy esportato.

Tali cifre sono straordinarie se si pensa alla ricerca e al lavoro che c’è dietro un solo prodotto, legato all’attività di ben 5.400 aziende italiane, tra cui Manz Italy e la 3Sun Gigafactory.

Un trionfo a Colonia

Un esempio della nostra prossima leadership in tale ambito è quello di Green Silence Group che ha presentato una nuova gamma di motori elettrici innovativi all’International Vehicle Technology Expo di Colonia. Si tratta di nuovi motori caratterizzati da alta efficienza energetica, che consente prestazioni superiori e costanti senza ridurre il rendimento dei motori tradizionali. Sono molto più silenziosi, combattendo così l’inquinamento acustico e sono più sostenibili a livello ambientale, questo perché non hanno magneti permanenti e quindi non contribuiscono all’attività mineraria, migliorando la riciclabilità dei materiali.

Come descritto in precedenza, questo tipo di innovazioni e tecnologie favoriscono dei vantaggi ottimi sia per la transizione ecologica sia per la sicurezza nazionale. Non a caso il progetto in questione consente di lavorare per una maggiore indipendenza dalle terre rare ed è versatile poiché il prodotto può essere utilizzato in vari mezzi quali dai veicoli industriali e commerciali (autobus, camion dei rifiuti) alle macchine agricole e robot umanoidi.

Il gruppo italiano formato da Settima Meccanica, Motive e Spin, con il supporto del fondo Xenon Private Equity, ha oltre 200 dipendenti e un fatturato di 50 milioni di euro. L’azienda opera a livello globale, con il 72% dei ricavi provenienti dall’estero, e si posiziona come leader nelle tecnologie sostenibili per l’elettrificazione industriale e la mobilità sostenibile.

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Il Gazometro di Roma ospita il SIOS 2024. Si punta allaultura dell’innovazione.

By : Aldo |Giugno 24, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il Gazometro di Roma ospita il SIOS 2024. Si punta allaultura dell’innovazione.

L’innovazione accompagna lo sviluppo e la crescita di ogni singola civiltà grazie all’uso (appunto), innovativo, delle tecnologie a disposizione. Ma i tempi cambiano e così cambiano anche i metodi di innovazione e quelli di fare impresa. Oggi, infatti, si parla di startup e di come si può cambiare il mondo passo dopo passo, se si investono energie, studio e soprattutto soldi, in idee innovative per il futuro.

Startup Italia

Le startup sono emerse nei primi anni 2000 come nuove imprese fondate da imprenditori con l’obiettivo di sviluppare prodotti o servizi innovativi, spesso tramite nuove tecnologie. Sono caratterizzate da un ambiente di lavoro dinamico e collaborativo, mirano a risolvere problemi esistenti o migliorare processi e prodotti, e si distinguono per l’elevato potenziale di crescita e la capacità di scalare rapidamente grazie a modelli di business flessibili. Operano in vari settori come tecnologia, biotecnologia, fintech, e-commerce, ed energie rinnovabili, e sono spesso finanziate da venture capital, angel investor e crowdfunding.

Le startup sono un motore fondamentale per l’innovazione e lo sviluppo economico globale, attirando molti giovani intraprendenti. In Italia, il numero delle startup è in crescita, richiedendo finanziamenti adeguati, linee guida burocratiche e punti di riferimento. In questo contesto, è nata Startup Italia, una piattaforma dedicata al supporto e alla promozione delle startup italiane. Offre servizi e risorse per imprenditori e innovatori, notizie, approfondimenti e organizza eventi, workshop e programmi di formazione per favorire il networking e la crescita professionale. Startup Italia facilita l’accesso a finanziamenti, mentorship e opportunità di mercato, lavorando per promuovere l’Italia come hub di innovazione internazionale.

SIOS 2024 Roma

Startup Italia Open Summit 2024, si chiama così la serie di eventi ideata dal capo fila delle startup italiane. Si tratta di giornate dedicate alla presentazione di nuovi progetti, innovazioni e tecnologie, spesso ideate da giovani volenterosi di cambiare il mondo. Giovedì 20 giugno è stata la volta di Roma, precisamente presso gli spazi del Gazometro di via Ostiense, dove tante realtà si sono riunite per collaborare e parlare del futuro di questo mondo.

L’evento intitolato “SIOS24 Summer: Intelligenze Multiple”, ha accolto l’intero ecosistema dell’innovazione italiano con un mix di formazione e intrattenimento. La manifestazione è stata creata in collaborazione con Radio 105, Eni, ROAD (Rome Advanced District), mentre SACE ha partecipato come partner principale condividendo l’obiettivo di supportare l’intero contesto collaborativo e innovativo e poi:

  • partner speciali: Intesa SanPaolo, Microsoft e Range Rover
  • media partener: Rai Cinema, 4Books, Giffoni Film Festival, Luce, Quotidiano Nazionale
  • partner tecnici: Acqua Orsini, Orsini Soda, Helba, Caffè Colorado
  • startup partner: We Short, Fool Farm e Innov Up.

La giornata si è focalizzata su quattro filoni principali: Empatia, Responsabilità, Futuro e ESG, promuovendo valori come sostenibilità, collaborazione e avanzamento tecnologico. Tali argomenti oltre ad essere di interesse per gli speech, sono stati la base per i vari worskhop business matching, networking e interviste. Anche la società E-Cube ha partecipato alla manifestazione per raccogliere idee, informazioni e approfondire le proprie conoscenze per quanto riguarda il mondo dell’innovazione.

Cambiamento, empatia e fallimento

Nella giornata di giovedì di è parlato molto del futuro delle startup, del loro sviluppo e degli ostacoli burocratici e amministrativi che ancora oggi bloccano la vera ascesa di queste imprese.  Tuttavia, è stato dato un grande spazio a quelli che sono dei fattori umani correlati alla creazione e alla crescita di una startup. E-cube è stata colpita principalmente dai discorsi sul rischio ed il fallimento. Due concetti che da sempre creano paure ed ansie a chi vuole iniziare un percorso di vita diverso, a chi vuole cambiare la propria rotta e che nell’ambito dell’imprenditoria sono alla base della sfida legata agli investimenti e quindi alla creazione di una nuova realtà. In particolare, è stato gradito il workshop “Sbagli di successo” della scrittrice Francesca Corrado.

Un altro tema rilevante è stato quello dell’empatia e dell’inclusione. Due principi fondamentali per la crescita funzionale di un gruppo a prescindere che sia un’impresa, una classe di alunni o la popolazione di una città. In questo è stato formidabile Domenico Acampora, fondatore di Pizza Aut, che ha raccontato la sua storia familiare legandola poi alla fondazione ed al successo della sua fantastica realtà. L’uso di parole semplici a efficaci ha consentito di rendere il suo discorso oltre informativo, anche motivazionale. La sua energia nel raccontare il suo percorso nonostante le difficoltà del caso riassumono la determinazione necessaria per poter inseguire i propri sogni e quindi anche aprire una startup.



Ultima menzione, non per ordine di importanza va a Emilia Garito, Founder e Chairman di Deep Ocean Capital SGR SPA e di Quantum Leap srl. Il suo discorso molto improntato sulla valorizzazione delle nostre risorse e delle conoscenze in ambito tecnologico. Il suo è stato un appello per far si che l’Italia possa trovarsi sul podio delle ricerche e quindi delle pubblicazioni nel settore anche delle nanotecnologie, per far si che si possa muovere anche un nuovo mercato, e si possa accrescere la fiducia nei nostri confronti.

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Arriva il SI dell’Austria e viene approvata la Restoration Law.

By : Aldo |Giugno 19, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Arriva il SI dell’Austria e viene approvata la Restoration Law.

L’unione fa la forza. Questa volta il cambiamento l’ha fatto l’Unione Europea unita per un solo grande obiettivo, quello di proteggere la Terra! Una meta tanto bramata quanto combattuta, per la quale tutti hanno il dovere di muoversi per dare il proprio contributo, affinché si possa vivere in un pianeta migliore. Tutti hanno delle responsabilità in questo lavoro, nonostante ciò, qualcuno fa finta di dimenticarlo, e altri si oppongono: ecco il caso dell’Austria.

L’approvazione della legge

Il 17 giugno 2024 è stata approvata dal Consiglio dell’Unione Europea la Nature Restoration Law, una normativa pionieristica volta a ristabilire la biodiversità e la resilienza degli ecosistemi in Europa. Questa legge prevede obiettivi vincolanti per la restaurazione di almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030, con l’intento di estendere la restaurazione a tutti gli ecosistemi bisognosi entro il 2050. Tra gli obiettivi specifici, si elencano:

  • la rigenerazione di habitat come foreste, zone umide e praterie,
  • la promozione della biodiversità urbana,
  • il recupero degli ecosistemi agricoli e marini,
  • il miglioramento della connettività fluviale.
  • invertire il declino delle popolazioni di insetti impollinatori (entro il 2030)

L’approvazione della legge è stata accolta con entusiasmo da diverse organizzazioni ambientaliste e della società civile, sottolineando l’essenzialità di tale normativa per la lotta contro i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. Nonostante le resistenze di alcuni gruppi politici e lobby anti-natura, la maggioranza degli europarlamentari ha sostenuto il testo, evidenziando l’importanza di un impegno comune per la salvaguardia del pianeta.

La legge inoltre prevede che gli Stati membri presentino piani nazionali di restaurazione entro il 2026 e che monitorino regolarmente i progressi, con rapporti periodici alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo.

I contrasti europei

L’approvazione della legge rappresenta un risultato importante, atteso da ambientalisti, scienziati e associazioni verdi. Per mesi, tuttavia, la legge è stata ostacolata da diversi Paesi, tra cui Svezia, Finlandia, Ungheria, Olanda e la stessa Italia che temevano conseguenze economiche negative per il settore agricolo. Questi Paesi si sono opposti anche nell’ultima votazione, creando un’opposizione che impediva di raggiungere il 65% dei consensi necessari per l’approvazione.

La sorpresa è arrivata all’ultimo dall’Austria, che ha cambiato direzione, inizialmente contraria, e votando per il SI ha consentito di raggiungere il 66% dei voti favorevoli, sancendo così il passaggio della legge. Dunque, il regolamento sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE ed entrerà in vigore nelle prossime settimane.

Il caso dell’Austria

Leonore Gewessler, Ministra per la Protezione del clima, l’ambiente, l’energia, la mobilità, l’innovazione e la tecnologia del governo austriaco, è stata determinante nell’approvazione della Nature Restoration Law. Nonostante l’opposizione del cancelliere austriaco Karl Nehammer, che preferiva l’astensione, Gewessler ha votato a favore, garantendo così il raggiungimento del 66% dei consensi necessari per l’approvazione della legge. Questa scelta, vista come un atto di disobbedienza ha suscitato polemiche in Austria, ma Gewessler ha difeso la sua decisione come una scelta di coscienza, pensando al futuro delle sue nipoti e alla bellezza del continente europeo.

La sua presa di posizione lungimirante, volta alla protezione del pianeta e quindi alla salvaguardia del futuro delle prossime generazioni è costata alla ministra. Infatti, poco dopo l’approvazione della legge, il cancelliere Nehammer ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia dell’UE chiedendo l’annullamento del voto e denunciando Gewessler per abuso di potere e violazione della Costituzione. La ministra, sicura della legalità della sua scelta, ha dichiarato di non essere preoccupata.

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Europei di calcio 2024: la UEFA mira alla sostenibilità.

By : Aldo |Giugno 17, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Europei di calcio 2024: la UEFA mira alla sostenibilità.

La sostenibilità è un principio da seguire ormai in ogni ambito, e al quale dobbiamo aspirare, in primis noi cittadini. Grazie alle nuove direttive europee è diventato anche un obiettivo, quasi un dovere per le grandi imprese, per mezzo della CSRD. Da poco anche la UEFA ha pensato si imporsi degli obiettivi in questo senso proprio durante gli Europei 2024 in Germania.

UEFA

La UEFA (Union of European Football Associations) è l’organismo amministrativo e organizzativo che governa il calcio in Europa. Fondata nel 1954, la UEFA è responsabile della supervisione e della regolamentazione del calcio in tutta Europa, organizzando competizioni sia per squadre nazionali che per club, come la Champions League, l’Europa League e il Campionato Europeo di Calcio (euro). La missione della UEFA è promuovere, proteggere e sviluppare il calcio europeo a tutti i livelli, mantenendo alti standard di integrità e fair play.

Quest’anno gli Europei si svolgeranno in Germania dal 14 giugno al 14 luglio 2024. Per la sedicesima edizione, sono state scelte le città di Berlino, Monaco di Baviera e Dortmund nelle quali si sfideranno ben 24 squadre nazionali.  Per questo grande evento, la UEFA ha di grandi obiettivi non solo calcistici ma anche ecologici. Infatti, ha comunicato il suo impegno nel ridurre l’impronta ecologica dell’intero evento sportivo.

Germania 2024

I Campionati Europei di Calcio in Germania mirano a diventare l’evento sportivo più sostenibile di sempre, grazie a una serie di misure ambientali, sociali e di governance adottate dalla UEFA e dal Paese ospitante. Queste includono un calendario che minimizza gli spostamenti delle squadre, biglietti ferroviari scontati per tifosi e giornalisti, trasporti pubblici gratuiti per il personale accreditato e una gestione dei rifiuti basata sul principio “riduci-riusa-ricicla-ripara”.

Sono previsti anche un fondo per compensare le emissioni di CO2 inevitabili, accessibilità per tutti i tifosi (con più di 15.000 biglietti venduti per persone disabili) inclusi servizi di audiodescrizione (per le persone non vedenti) e una valutazione del rischio per i diritti umani. Michele Uva, direttore di Social & Environmental Sustainability della UEFA, ha dichiarato che queste misure, frutto di un investimento di 32 milioni di euro, dovrebbero ridurre del 20% l’impronta carbonica del torneo. Ogni stadio avrà un Sustainability Venue Manager e 500 volontari dedicati ad ambiente, diritti umani.  Inoltre, sarà pubblicato un ESG Event Report entro 90 giorni per garantire la massima trasparenza.

La vera partita

Per raggiungere tale obiettivo, la UEFA ha introdotto il “carbon footprint calculator” per misurare l’impronta ecologica del calcio. Tuttavia, l’impegno per la sostenibilità non è stato pienamente accolto dalle squadre nazionali partecipanti. Se queste avessero adottato comportamenti sostenibili, come l’uso dei treni invece degli aerei per gli spostamenti, si potrebbero risparmiare fino a 1.100 tonnellate di CO2, equivalenti a 200 volte l’impronta di carbonio di un cittadino europeo medio in un anno. Questo è quanto emerge da uno studio di Transport & Environment (T&E), la Federazione europea dei trasporti e dell’ambiente, che ha calcolato le emissioni di ciascuna squadra per il torneo in Germania.

Il report sottolinea che “gli sforzi della UEFA e di alcune squadre per ridurre l’impronta ecologica non dovrebbero essere un’eccezione”. Erin Vera, responsabile della campagna, ha dichiarato: “Gli organizzatori hanno lavorato duramente per ridurre le emissioni di trasporto durante il torneo, rendendolo il campionato europeo più verde di sempre, dimostrando che è possibile”. Tuttavia, ha lamentato che le squadre non hanno ancora seguito l’esempio.

Infatti, secondo il T&E e insieme alla campagna “Travel smart” e altre 18 organizzazioni, ha richiesto a 13 federazioni calcistiche europee di condividere i loro piani di viaggio per il torneo, incoraggiandole a ridurre l’impronta ecologica. A fine maggio, solo tre squadre hanno risposto: la Germania, che non userà l’aereo durante i gironi, il Portogallo, che lo userà una volta e la Svizzera, che utilizzerà treni e autobus per tutta la competizione. L’Italia purtoppo non ha risposto. Di certo la scelta ecologica è più facile per alcune nazioni, come Belgio e Svizzera, rispetto ad altre, d’altra parte, sarebbe opportuno che ogni nazione si unisca a questa partita a modo suo, cercando di cooperare per raggiungere l’obiettivo comune.

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CALL4INNOVIT: le migliori startup voleranno nel cuore della Silicon Valley.

By : Aldo |Giugno 13, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su CALL4INNOVIT: le migliori startup voleranno nel cuore della Silicon Valley.

Quando si pensa al futuro è facile pensare a dei cambiamenti tecnologici, all’innovazione e a qualcosa che mai ci potremmo aspettare. In effetti questo pensiero non è totalmente sbagliato, soprattutto se ci sofferma sull’aspetto della ricerca che non si ferma mai. In questo ambito possiamo includere anche tutti quei progetti legati alle startup che portano sempre una ventata di aria fresca e di innovazione al mondo.

INNOVIT

Innovit è un progetto promosso dalla Direzione Generale Sistema Paese del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con il supporto dell’Ambasciata d’Italia a Washington e del Consolato Generale a San Francisco. Si tratta di un’iniziativa gestita con il sostegno di ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e dell’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco.

CALL 4 INNOVIT è un programma rivolto a PMI e startup italiane che lavorano nell’ambito dell’innovazione tecnologica e della promozione della cultura italiana a livello internazionale.

Il programma è diviso in 3 fasi principali che sono:

  • Readiness: attività online di orientamento, analisi dei fabbisogni, mentorship e tutoring.
  • Experience: batch di accelerazione nella Silicon Valley, con appuntamenti istituzionali, workshop, mentoring session, networking con Startup, big tech, venture capital ed esperti.
  • Follow up: un accompagnamento nei processi di consolidamento delle relazioni e delle attività avviate in Silicon Valley nel corso della Fase 2.

Al programma possono partecipare PMI e startup correlate a molteplici settori quali: Generative AI, Robotics hardware Advanced material, Life science and Digital health, Green Energy, Clean Tech, Climate Tech e AgriFood Tech. E ancora Startup bootcamp, Fintech e Insurtech a Space Economy. INNOVIT è situato in un edificio storico nel quartiere finanziario di San Francisco, con un design diviso in 2 livelli adibiti alle varie attività previste dal programma.

CALL4INNOVIT

La CALL4INNOVIT, invita le PMI italiane a presentare progetti innovativi nei settori Green Energy, Clean Tech, Climate Tech e AgriFood Tech entro il 14 giugno. In questo modo mira a rispondere alle sfide climatiche e ambientali, con investimenti crescenti nel settore cruciali per garantire un futuro sostenibile. Inoltre questi progetti non solo aiutano a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, ma contribuiscono anche a proteggere la biodiversità e a rafforzare la resilienza delle comunità. Inoltre, l’adozione di tecnologie innovative stimola la crescita economica, crea posti di lavoro e favorisce lo sviluppo di nuove competenze. Investire in queste aree è fondamentale per affrontare le sfide ambientali contemporanee e per costruire un’economia verde che possa sostenere le generazioni future.

 Dopo la candidatura, 25 PMI saranno selezionate per un programma di mentorship online di due settimane. Le 15 PMI migliori parteciperanno a un percorso intensivo presso INNOVIT a San Francisco, con una settimana di attività interattive e mentorship. Il programma si concluderà con un DemoDay, dove le imprese presenteranno i loro progetti agli investitori.

Innovit in numeri

Finora, CALL4INNOVIT ha ricevuto 641 candidature, selezionando oltre 360 realtà per programmi online di pre-accelerazione. A San Francisco sono andati 278 giovani imprenditori di startup e PMI italiane, partecipando a oltre 300 sessioni di confronto e formazione con 220 professionisti di grandi aziende tecnologiche e università prestigiose come Stanford e UC Berkeley. Questi imprenditori hanno avuto l’opportunità di creare relazioni di business e finanziamento con l’ecosistema della Silicon Valley. Nel primo anno, l’hub ha accolto oltre 4.500 visitatori, organizzando 68 eventi e più di 100 meeting con enti, università e centri di ricerca.

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Le isole Eolie puntano al geotermico offshore, per l’indipendenza energetica.

By : Aldo |Giugno 10, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Le isole Eolie puntano al geotermico offshore, per l’indipendenza energetica.
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L’indipendenza energetica delle isole è essenziale per ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e per garantire una maggiore sicurezza energetica. Per le isole italiane, questo è particolarmente importante a causa del loro isolamento geografico e della dipendenza energetica dal continente. Pertanto, la promozione del rinnovabile locale può migliorare la resilienza energetica, supportare lo sviluppo economico locale e preservare l’ambiente, facendo delle isole esempi di sostenibilità e innovazione. Ecco l’idea delle Eolie.

La potenza italiana

La produzione di energia geotermica consiste nello sfruttare il calore presente nel sottosuolo terrestre per generare energia elettrica e termica. Questo processo è fondamentale poiché fornisce una fonte di energia rinnovabile, continua e a basso impatto ambientale, contribuendo a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e le emissioni di gas serra.

L’Italia vanta una lunga storia di attività geotermica, scoperta per la prima volta nel 1904 a Larderello, in Toscana, dove venne installato il primo impianto geotermico al mondo. Non a caso l’Italia ha continuato a sviluppare questa tecnologia con nuovi progetti di esplorazione e sfruttamento del potenziale geotermico. Questo è vero soprattutto nelle regioni con maggiore attività vulcanica come la Toscana, il Lazio e la Sicilia. Nonostante l’Italia sia leader mondiale nella geotermia, è ferma da qualche anno su questo fronte.

Proprio lo studio dell’European House Ambrosetti, afferma che con solo il 2% del potenziale geotermico e nei primi 5 km di profondità l’Italia potrebbe generare a emissioni nulle il 10% della produzione elettrica al 2050. In pratica potremmo fare molto di più, ma siamo in una situazione di stallo.

Novità ai Green Salina Energy Days

I “Green Salina Energy Days” organizzati dall’associazione Isole sostenibili ed il sostegno di ANCE Sicilia, sono un evento dedicato alla sostenibilità energetica, con una particolare attenzione sull’energia geotermica. L’ evento si svolge ogni anno sull’isola di Salina, nelle Eolie, con la partecipazione di esperti internazionali, rappresentanti di istituzioni europee, e aziende del settore energetico. Ovviamente i temi trattati riguardano il settore delle politiche energetiche, delle tecnologie innovative e delle iniziative pubbliche volte alla transizione energetica dell’arcipelago.

Durante l’edizione 2024 svoltasi dal 5 al 7 giugno, sono arrivate nuove proposte ed iniziative che potrebbero incentivare l’indipendenza energetica delle isole. In primo luogo, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) con il progetto IRGIE ha iniziato ad aggiornare la mappatura delle fonti geotermiche presenti attorno alle isole minori siciliane. Il lavoro è guidato da Fabio Di Felice, coordinatore INGV con Monia Procesi del progetto che consiste nella creazione di un Inventario delle Risorse Geotermiche delle Isole Eolie, da qui IRGIE. L’obiettivo di tale programma è quello di garantire in maniera sostenibile l’autonomia energetica delle Piccole isole, ad oggi estremamente dipendenti da soluzioni energetiche fossili e non sostenibili.  Alla ricognizione di tali risorse geotermiche seguirà la realizzazione di di un pozzo geotermico sperimentale sui fondali al largo di Panarea.

Si lavora quindi sulla valutazione in dettaglio delle potenzialità geotermiche delle sette isole dell’Arcipelago delle Eolie. L’obiettivo è quello di usare la risorsa geotermica sia bassa (30°C-100°C), che media (100°C-150°C) e alta temperatura (>150°C). Inoltre, si lavora per definire i possibili usi diretti come il raffrescamento e riscaldamento di ambienti o indiretti come la produzione di elettricità.

Dissalatore ed “living lab”

Durante i Green Salina Energy Days, il Comune di Malfa ha lanciato l’idea di creare un “living lab” e un Energy Center per promuovere progetti pilota sull’efficientamento energetico degli edifici, fornendo assistenza a professionisti e imprese locali, oltre a formare giovani e trasferire competenze. Questa iniziativa, supportata dall’associazione Isole Sostenibili con l’assistenza tecnica di ANCE Sicilia e CNA, sarà finanziata tramite i fondi della misura “Isole Verdi” del PNRR.

Parallelamente, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e il Dipartimento regionale Siciliano Energia stanno esplorando la possibilità di utilizzare, circa 200 mila euro, per realizzare un pozzo geotermico sperimentale per l’alimentazione di un mini-dissalatore per fornire acqua potabile all’isola.

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“Planetaria- Discorsi con la Terra”: il cambiamento climatico arriva a teatro.

By : Aldo |Giugno 06, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su “Planetaria- Discorsi con la Terra”: il cambiamento climatico arriva a teatro.

La lotta al cambiamento climatico è un tema semrpe più importante e presente nei nostri pensieri. È declinato in ogni ambito della vita e ora più che mai anche nel settore dell’intrattenimento, dei social e della cinematografia. Questo consente di poter diffondere dei messaggi delicati quanto rilevanti ad un’ampia gamma di persone e proprio per tale motivo nasce “Planetaria”.

“Planetaria”

Dal 7 al 9 giugno, al Teatro della Pergola di Firenze, Stefano Accorsi sarà il direttore artistico e protagonista di “Planetaria – Discorsi con la Terra”. Insieme a Vittoria Puccini, Valentina Bellè e due scienziati, salirà sul palco per esplorare alternative nella lotta al cambiamento climatico.  L’evento, ideato da Accorsi e Filippo Gentili, unisce arte e scienza in un format innovativo che include spettacoli teatrali, workshop esperienziali per bambini, dialoghi con il pubblico e l’intelligenza artificiale Sibilla.

L’idea nasce dall’amore dell’attore per la natura. Accorsi afferma di amare la montagna e di aerla vissuta sotto tanti aspetti. Quindi ha assistito alla riduzione dei ghiacciai e agli sconvolgimenti climatici, come piogge torrenziali e inondazioni che si manifestano da anni. Tali avvenimenti lo hanno colpito al punto di voler fare di più, di portare un cambiamento attraverso il suo lavoro, basato quindi sulla comunicazione.

La scelta del teatro

La scelta di portare tutto a teatro di certo non è casuale, poiché è considerato il luogo dell’empatia, dove le persone riescono a percepire in modo peculiare l’importanza dei temi affrontati sul palco. Inoltre, è stato scelto perché poteva coinvolgere a pieno le famiglie, un nucleo fondamentale per la vita di tutti, in primis per i figli che vengono educati. In secondo luogo, per i più grandi che possono sempre imparare dai giovani.  A questo proposito, sono previste sia attività e workshop durante la mattina per i ragazzi, sia incontri istituzionali il pomeriggio, così possono essere coinvolti tutti, senza distinzioni, ma con dei programmi adeguati.

I ragazzi al primo posto

Come già annunciato l’iniziativa prevede una grande partecipazione di bimbi e ragazzi. Questo perché l’attenzione verso le nuove generazioni è fondamentale per il cambiamento radicale di cui abbiamo bisogno. Si tratta comunque di un modo per responsabilizzare sin da subito i più piccoli con nuove abitudini e nuove consapevolezze. Così facendo si possono aiutare le famiglie a prendere una nuova direzione per il futuro.

Anche perché gli adulti di oggi, hanno commesso molti errori in passato, quindi nella loro gioventù. Si tratta di sbagli legati ad una conoscenza superficiale della questione, o correlati alla mancanza di abitudini virtuose. È quindi di fondamentale importanza che sin da subito, con le opportune tecniche di insegnamento e con il giusto approccio, i ragazzi conoscano il loro potere e il loro ruolo nel mondo, per evitare di ripetere la storia.

È importante che i ragazzi sappiano quali abitudini devono cambiare e la ragione per cui bisogna farlo. Nonostante ciò, ci sono modi e modi di spiegare ai più piccoli come possono portare un impatto positivo nel mondo. Per esempio, Stefano Accorsi afferma che ai suoi figli non chiede di non sprecare l’acqua, ma essendo piccoli gli racconta una storia che possa attrarre la loro attenzione.  Da qui si spiegano i laboratori fisici a sfondo ambientale dove recepiranno delle informazioni, ma all’interno di una storia che lascia un ricordo.

Gli ospiti

Il programma prevede che l’attore e direttore artistico Stefano Accorsi, si accompagnato da due colleghe ossia Vittoria Puccini e Valentina Bellè. Insieme i 3 artisti attueranno uno spettacolo costruito come una lettura a tre.

Gli attori collaboreranno con scienziati noti al panorama italiano tra cui:

  • Claudia Pasquero, professoressa di Oceanografia e Fisica dell’Atmosfera all’Università di Milano Bicocca e Direttrice Scientifica di Planetaria;
  • Stefano Mancuso, divulgatore scientifico, botanico, Direttore del laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale;
  • Giulio Boccaletti, oceanografo e direttore del centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici nel ruolo di Consulenti Scientifici del progetto.

Un’ospite particolare e inaspettato invece è l’intelligenza artificiale Sibilla, creata da Engineering. Quest’ultima interagirà da uno schermo di sette metri per due e risponderà con una serie di dati scientifici inconfutabili, riconosciuti a livello mondiale. Il direttore artistico interagirà con il pubblico portando le loro domande alla Sibilla.

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Releaf Bag: dalle foglie cadute ai sacchetti di carta.

By : Aldo |Giugno 03, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Releaf Bag: dalle foglie cadute ai sacchetti di carta.

Quando si dice che la natura ci regala una miriade di risorse è proprio vero. Purtoppo non riusciamo sempre a trovarne i vantaggi, e tuttavia quando li troviamo ne facciamo un uso smodato senza renderci conto delle possibili conseguenze. A volte però c’è chi studia sia i benefici di una risorsa, sia la possibilità di usufruirne in maniera sostenibile: un esempio è quello di Releaf Bag.

Le foglie in autunno

Le foglie che in autunno cadono dagli alberi hanno un’importanza rilevante a livello ecosistemico, poiché contribuiscono al ciclo naturale dei nutrienti. Quando cadono al suolo, si decompongono gradualmente, rilasciando sostanze nutritive essenziali che arricchiscono il terreno e favoriscono la crescita di nuove piante. Questo processo è fondamentale per mantenere la fertilità del suolo e per sostenere una varietà di forme di vita, dai microrganismi ai funghi, che a loro volta supportano l’intera rete alimentare del bosco.

Al contrario, quando si tratta di un contesto urbano la situazione è differente, poiché spesso, creano problemi. Il principale è l’ostruzione dei i tombini delle strade impedendo il corretto deflusso dell’acqua piovana, aumentando il rischio di allagamenti urbani e danni alle infrastrutture.

Per mitigare questo problema, molte città italiane implementano programmi di pulizia e raccolta delle foglie, che tuttavia vengono bruciate, rilasciando nell’atmosfera emissioni di monossido di carbonio e di altri gas nocivi, danneggiando, di conseguenza, la salute umana e l’ambiente. Attualmente in Italia, ogni anno si raccolgono circa 1,5 milioni di tonnellate di foglie cadute.

Releaf Bag

A proposito di foglie, esiste una startup nata in Ucraina nel 2021 con sede a Kiev, che si occupa della loro raccolta per la creazione di un prodotto di consumo quotidiano. Releaf Technology Research and Production Enterprise conosciuta come Releaf bag, è un’azienda Dal 2022, Releaf produce oltre 100 tonnellate di carta al mese, dimostrando il successo della sua visione sostenibile. La caratteristica di questo business è che la carta che produce deriva dalle foglie cadute dagli alberi.

Tutto è iniziato quando Valentin Frechka (founder), a 16 anni, decise di studiare dei processi alternativi alla produzione di cellulosa per ridurne la deforestazione. Durante un’uscita nella foresta dei Carpazi tuttavia, si rese conto del potenziale delle foglie sul terreno e studiandole scoprì che da esse si potevano ottenere le stesse fibre del legno.

Sfortunatamente i suoi primi tentativi non funzionarono finché nel 2018 riuscì a testare il suo primo prototipo, partecipando e vincendo svariati concorsi quali:

  • l’Ukrainian ecology Olympia,
  • l’Intel Eco Ukraine Scientific and Technical Competition,
  • l’I fest International Olympiad,
  • il Climate Olympiad in Kenya.

Attualmente, l’azienda fondata da Valentin Frechka e Aleksandr Sobolenko potrebbe aiutare a preservare le foreste del nostro pianeta, grazie allo sviluppo di un metodo innovativo per la produzione della carta che utilizza come materia prima le foglie. Ricordiamo infatti che ogni anno, oltre 7,3 milioni di ettari di foreste vengono abbattuti per la produzione di carta, il che significa distruggere l’equivalente di 20 campi da calcio al minuto.

La produzione e il prototipo

Per produrre la carta ecologica, Releaf Bag segue una serie di passaggi. Infatti, dopo averle raccolte, le foglie vengono pulite e granulate, così da poter essere stoccate per lunghi periodi. In questo modo si assicura anche la stabilità del prodotto. Successivamente le foglie vengono trasformate in una fibra speciale che è la base per la creazione della nostra carta. Ed infine viene fustellata.

La carta che produce l’azienda sé impiegata poi nella produzione di sacchetti, definendo una vasta gamma di vantaggi nella sostituzione della carta con le foglie. Sicuramente una tale tecnologia elimina la necessità di abbattere alberi per ottenere la materia prima necessaria. Così facendo si preservano le foreste e i loro ecosistemi. Successivamente si parla anche dei tempi di degradazione 9 volte inferiori rispetto a quelli della solita carta. In tal caso si riducono anche i rifiuti.

Per di più, nella creazione della carta ecologica non sono impiegati composti chimici dannosi come zolfo e cloro, garantendo garantisce una produzione ecologica e una carta più sicura per l’ambiente e la salute umana. Senz’altro questa tecnologia innovativa è in grado di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 78% rispetto alla produzione di carta tradizionale.

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Arriva a Modena la “School of Sustainability”, volta ai protagonisti del futuro.

By : Aldo |Maggio 30, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Arriva a Modena la “School of Sustainability”, volta ai protagonisti del futuro.

La scuola di ogni grado è un luogo in cui i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo e pertanto deve essere un posto in cui devono crescere sotto vari punti di vista. Negli ultimi anni infatti sembra che oltre alle solite materie, importanti per la cultura di ognuno, siano stati introdotti progetti volti all’acquisizione di nuove conoscenze. Un esempio è la crescita dei progetti di educazione civica ed ambientale, che rendono i giovani consapevoli del loro ruolo nel mondo e nel futuro.

L’importanza della scuola

La scuola ha un ruolo cruciale nell’attività di sensibilizzazione su temi fondamentali della vita tra cui anche il cambiamento climatico e la sostenibilità. Educare i ragazzi fin dalla tenera età all’educazione civica ed ambientale non solo contribuisce a formare cittadini consapevoli e responsabili, ma favorisce anche lo sviluppo di comportamenti virtuosi e sostenibili. L’importanza di una buona educazione ambientale è tangibile quando si riesce a trasmettere il messaggio delle sfide ecologiche attuali e delle loro implicazioni future, in modo comprensibile a tutti.

Attraverso programmi scolastici mirati e attività didattiche coinvolgenti, gli studenti apprendono l’importanza della conservazione delle risorse, della riduzione dei rifiuti e dell’adozione di stili di vita eco-compatibili. Questo tipo di sensibilizzazione non solo promuove un senso di responsabilità individuale e collettiva verso l’ambiente, ma prepara anche le nuove generazioni a diventare agenti di cambiamento, capaci di influenzare positivamente le politiche e le pratiche ambientali. Inoltre, una formazione adeguata in questi ambiti può stimolare l’innovazione e l’impegno nella ricerca di soluzioni sostenibili, contribuendo a costruire un futuro più verde e più sano per tutti.

La “School of Sustainability”

L’importanza dell’educazione civica e quindi anche ambientale è ormai chiara a tutti e pertanto sono sempre più le iniziative che portano tali argomenti nelle scuole. Una tra queste è la “School of Sustainability”, promossa da “Bolton Hope Foundation” (Fondazione specializzata sui temi dell’educazione) e “Future Education Modena” (Centro internazionale per l’innovazione in campo educativo). Si tratta di un programma che trasforma l’apprendimento puntando tutto sul futuro dei giovani, parlando quindi di sostenibilità e ambiente.

Il progetto è stato creato a seguito della pubblicazione del nuovo Quadro di competenze per l’educazione alla sostenibilità dell’Unione Europea, il “GreenComp”. Tale convenzione è diventata un vero e proprio riferimento per il lavoro in ambito educativo e alla base della transizione ecologica. È un programma rivolto alle scuole secondarie di primo grado, le medie, del territorio, nelle quali le lezioni su tali argomenti sono solitamente ascoltate in maniera passiva. Invece l’obiettivo di questa iniziativa è quello di far partecipare i ragazzi nella progettazione del presente e del futuro.

L’idea di Solda e Lanfrey

Donatella Solda e Damien Lanfrey, cofondatore di ‘Future Education Modena’, insieme alla Bolton Hope Foundation, hanno creato la ‘School of Sustainability’ mettendo gli studenti al centro del progetto come motore della trasformazione dei territori. L’iniziativa riconosce l’importanza di affrontare l’eco-ansia tra i giovani, promuovendo un’educazione ambientale che vada oltre la semplice rappresentazione dei fenomeni naturali per abbracciare la complessità della transizione ecologica. Un approccio interdisciplinare, che integra conoscenze scientifiche, tecnologiche e socio-culturali, è fondamentale per avere un impatto significativo.

Il progetto si avvale di strumenti digitali avanzati per l’educazione ambientale, come immagini satellitari e modelli matematici per l’analisi del territorio. Questo approccio permette agli studenti di comprendere e sperimentare direttamente le possibilità di trasformazione del loro ambiente. Inoltre, il ‘future thinking’, o la capacità di immaginare scenari futuri, è considerato cruciale per stimolare innovazione e soluzioni sostenibili.

La scuola applica il ‘challenge-based learning’ per affrontare sfide concrete come la riqualificazione urbana e la riduzione delle emissioni climalteranti, coinvolgendo gli studenti in progetti di citizen science e altre attività pratiche. In questo modo, gli studenti non solo acquisiscono nuove competenze, ma contribuiscono attivamente alla creazione di soluzioni realistiche per la transizione ecologica. Secondo Solda e Lanfrey, sono proprio gli studenti a poter fornire il motore cognitivo, sociale ed emotivo necessario per spingere il cambiamento di cui abbiamo bisogno.

In conclusione

Il programma della “School of sustainability”, punta oltre ad un nuovo modello di insegnamento, teorico e pratico ma anche all’incremento del problem solving tra i ragazzi. Il tutto è effettuato attraverso l’uso del rigore scientifico e metodologico, intelligenza collettiva e uno scenario di riflessione basato sulle opportunità di cambiamento e sulla ricerca di soluzioni possibili. I temi che verranno intrapresi in questo percorso sono la transizione energetica degli edifici, le città verdi e la valorizzazione degli ecosistemi urbani, la pianificazione, il clima locale e il miglioramento della qualità dell’aria.

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Cuppy Clean riduce i rifiuti legati alla pausa caffè degli uffici.

By : Aldo |Maggio 27, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Cuppy Clean riduce i rifiuti legati alla pausa caffè degli uffici.

Spesso e volentieri si discute sulle abitudini da cambiare per vivere una vita migliore anche sotto il profilo della sostenibilità. Solitamente ci si concentra sull’alimentazione, sui trasporti o al proprio abbigliamento ma ci sono tanti altri ambiti in cui possiamo fare la differenza ai quali non pensiamo. Tra questi troviamo anche la nostra vita in ufficio che non riguarda solo le ore passate al pc ma anche la pausa caffè.

Gli uffici

In Italia, si stima che ci siano circa 4,5 milioni di aziende attive, molte delle quali operano tramite un totale di circa 10 milioni di uffici (considerando quelli aziendali che quelli degli enti pubblici). Questi uffici, per l’insieme delle loro attività producono una quantità significativa di rifiuti, stimata in circa 800.000 tonnellate all’anno. Di questi, il 40% è costituito da carta e cartone, mentre la plastica il 20% e i materiali elettronici il 10%.  

I consumi e i rifiuti dettati dalla vita degli uffici hanno un impatto di circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente ogni anno. Non a caso la riduzione dei rifiuti e l’adozione di pratiche sostenibili negli uffici sono cruciali per diminuire l’impatto ambientale e contribuire agli obiettivi di sostenibilità del paese. Questo è possibile migliorando operativa l’efficienza nell’uso delle risorse e la soddisfazione dei dipendenti.

Per affrontare queste problematiche, molte aziende stanno implementando soluzioni innovative. Ad esempio, la digitalizzazione dei documenti e l’introduzione di sistemi di raccolta differenziata più efficienti. Inoltre, si punta alla riduzione dei consumi energetici per mezzo di sensori di movimento per l’illuminazione e i termostati intelligenti ha contribuito a un uso più efficiente dell’energia.

Pausa caffè

Nella vita di un dipendente in ufficio è di fondamentale importanza la pausa caffè. Che sia al bar, o in una stanza con i distributori automatici, si tratta di una pausa sacra, per distrarsi e riprendere il ritmo di lavoro. Anche in questo caso però, possiamo essere più sostenibili o forse dovrebbero essere le aziende per prime a definire nuove regole e a investire su macchinari e approvvigionamenti più “green”.  

Per esempio, in Italia un dipendente consuma una media di 3 caffè al giorno. Quindi con i dati citati prima capiamo quanto caffè viene consumato quotidianamente in ufficio, ma soprattutto quanti rifiuti si creano. Per l’esattezza, vengono buttati ogni giorno 30 milioni di bicchieri al giorno, ossia bicchierini di carta ma anche in plastica che vengono consumati per qualche minuto che diventano una quantità enorme di rifiuti.

Le aziende stanno quindi iniziando a promuovere l’uso di alternative più ecologiche, come bicchieri riutilizzabili o compostabili, per ridurre l’impatto ambientale delle pause caffè negli uffici. Ma c’è chi si è spinto oltre.

Cuppy Clean

Per rimediare a tale problematica il CEO di Lamec Cablaggi, ha fondato la startup Cuppy Clean. Si tratta di un’impresa che produce un dispositivo che consente di sostituire i bicchierini di carta usa-e-getta per il caffè, con tazzine di ceramica. La caratteristica principale è quella di non produrre rifiuti, assicurando un minore impatto ambientale, comodità ed igiene, un’opera non facile da portare a termine.

Il macchinario creato sembra un mobiletto da cucina che contiene in meno di 1 m2 sia l’impianto di igienizzazione che 4 cassetti per le 24 tazzine. Il suo successo, proprio negli uffici dell’azienda di cablaggi, è determinato dall’efficienza e la sostenibilità del prodotto, nato dopo quattro anni di sviluppo di un complesso sistema.

Di preciso il macchinario è composto da un impianto di igienizzazione basato sul vapore capace di eliminare fino al 99,997% dei microrganismi (virus, germi, batteri, funghi, spore e lieviti). I getti di vapore a 140° usano solamente 15 ml di acqua, per un lavaggio a 360° nell’arco di 18 secondi. Il vapore durate l’azione viene aspirato sia per preservare gli ambienti che per recuperare una parte di acqua da riutilizzare (quella della condensa). Il serbatoio del macchinario è di 5L i quali assicurano 300 lavaggi per mezzo di un detergente naturale a base di acido citrico.

L’impatto ambientale

Grazie alle sue caratteristiche, Cuppy Clean ha un ridotto impatto ambientale, minore anche a tutte quelle pratiche portate avanti quotidianamente da tutti noi. Il sistema che oggi è un vero e proprio prodotto commerciale ha un consumo di 5W per singolo lavaggio a vapore (simile ad una lampadina a led). Inoltre, secondo uno studio della Carbon Foot Print, un caffè servito con tazzina lavata in lavastoviglie professionale ha un impatto di 4 mg di CO2, mentre con Cuppy Clean addirittura si scende a soli 2,5 mg di CO2. Mentre se si trattasse di un bicchiere di carta, i mg di CO2 emessi sarebbero 22.

Sembra proprio che Cuppy Clean sia un’ottima soluzione ad una questione di cui si parla poco. Solamente scegliendo un’alternativa del genere si risparmiano chili di rifiuti ed altrettante emissioni di CO2 e si migliora anche l’esperienza del caffè in ufficio.

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“Oasi urbane di biodiversità”: il progetto per la protezione degli insetti impollinatori.

By : Aldo |Maggio 23, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su “Oasi urbane di biodiversità”: il progetto per la protezione degli insetti impollinatori.

Anche se il tempo non promette bene, la primavera è arrivata e con essa sono arrivati i profumi e i colori delle piante in fiore. Ogni anno sembra una magia, un colpo di scena che cambia tutti i nostri paesaggi; una trasformazione che mai dobbiamo dare per scontata e che dovremmo proteggere ad ogni costo. Questo perchè si tratta di un processo che è alla base della nostra vita senza il quale non potremmo mangiare e quindi vivere. Per questo è fondamentale la salvaguardia degli insetti impollinatori.   

Maggio e la biodiversità

Il 22 maggio si celebra La Giornata Mondiale della Biodiversità, per riflettere sull’importanza della diversità biologica per il nostro pianeta. Venne istituita il 22 maggio del 1992, in coincidenza con l’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica, durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo (UNCED) di Rio de Janeiro. Il testo approvato è ancora oggi uno degli accordi internazionali più importanti per la conservazione della biodiversità che evidenzia il bisogno di azioni coordinate a livello globale per proteggere gli ecosistemi terrestri e marini.

Tale ricorrenza, rappresenta un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della biodiversità delle specie ed il suo ruolo vitale per il mantenimento dell’equilibrio ecologico. Inoltre, è un momento per promuovere nuove politiche, abitudini volte alla salvaguardia di tale caratteristica quindi di tutte le specie animali e vegetali esistenti sul nostro Pianeta.

Tuttavia, è significativo notare che la Giornata Mondiale della Biodiversità segue di poco la Giornata Mondiale delle Api, celebrata il 20 maggio. La vicinanza di queste due ricorrenze sottolinea proprio la rilevanza di tali argomenti, la loro correlazione ed insieme sono un inno alla Terra e alla sua protezione. Questo perché le api, come tutti gli insetti impollinatori, sono cruciali per l’ecosistema globale poiché è grazie a loro che tantissime piante possono fiorire e darci i frutti di cui ci cibiamo quotidianamente.

La biodiversità degli impollinatori

La Giornata Mondiale delle Api venne istituita nel 2017 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite su richiesta della Slovenia, nel giorno che corrisponde alla nascita di Anton Janša, un pioniere delle tecniche di apicoltura moderna. Anche in questo caso la ricorrenza è volta alla sensibilizzazione dei cittadini, dei governi e degli Stati sul tema, attraverso attività, convegni, manifestazioni e tanto altro.

Queste sono giornate necessarie anche per ricordare e descrivere il rischio di estinzione che molte specie di insetti impollinatori stanno vivendo. Nello specifico il WWF dichiara che ci sono oltre 20 mila specie che garantiscono l’indispensabile servizio di impollinazione da cui dipende quasi il 90% di tutte le piante selvatiche con fiore. Nello specifico, l’80% di queste producono cibo e prodotti per il consumo umano, pari al 35% della produzione agricola mondiale, per un valore economico annuo globale stimato di oltre 153 miliardi e 22 miliardi di euro in Europa. Nonostante ciò, per l’impatto umano, il 9,2% delle 1.965 specie di api presenti in Europa sta per sparire mentre un altro 5,2% potrebbe essere minacciato nel prossimo futuro (dati della Red List IUCN).

Campus X per le api

Di fronte a tali problemi, non si può restare indifferenti e a proposito Campus X ha deciso di dimostrare il suo impegno con un progetto volto alla protezione della natura. CX Campus & Hotel è una società leader nello student housing e short stay, una nuova imprenditoria con lo scopo di rinnovare i campus studenteschi in Italia. La loro idea si ispira ai modelli dei campus nordici, soprattutto per il tipo di strutture, di servizi, comfort e per la loro avanguardia in temi come quello della sostenibilità.

Ed è proprio su questo punto che Campus X vuole migliorare, sia per una questione aziendale, che per una maggiore sensibilizzazione degli studenti che abitano i suoi studentati. La società ha lanciato un progetto insieme alla Fondazione Experience (ente filantropico attivo nelle questioni di mobilità studentesca e del diritto allo studio) e a 3Bee (startup agri-tech specializzata nella salvaguardia e la protezione delle api) per la salvaguardia delle api.

“Creare città a misura di api: oasi urbane di biodiversità” è il nome dell’iniziativa che prevede l’installazione di casette per gli insetti impollinatori. Farfalle, coccinelle, api e altri insetti potranno quindi rifugiarsi e completare i loro cicli vitali in queste piccole scatole in legno composte da canne di bambù. Tali “oasi” si trovano proprio all’interno dei Campus di Roma, Bari, Chieti, Firenze e Torino Belfiore e successivamente arriveranno anche a Trieste, Milano Bicocca e Milano Novate.

Il connubio tra la protezione dell’ambiente e i giovani sembra ormai un tema scontato, forse però è l’incontro più importante per un futuro migliore. Che il progetto sia stato lanciato proprio nei campus degli studenti non è una casualità e sicuramente i ragazzi potranno giovare di tale iniziativa dimostrando che anche queste “piccole” scelte fanno la differenza nel loro futuro.

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Overshoot Day: il 19 maggio l’Italia ha esaurito tutte le sue risorse per il 2024.  

By : Aldo |Maggio 19, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Overshoot Day: il 19 maggio l’Italia ha esaurito tutte le sue risorse per il 2024.  

Cambiare le nostre abitudini è cruciale per ridurre il nostro impatto sul mondo, poiché le azioni quotidiane di ciascuno di noi contribuiscono significativamente alla crisi ambientale globale. Adottare comportamenti sostenibili, quindi uno stile di vita più consapevole, non solo aiuta a preservare l’ecosistema, ma promuove anche una cultura di responsabilità ambientale che può essere condivisa da tutti. Dunque, fare un passo indietro per dare una svolta alle nostre abitudini è un passo fondamentale per garantire un futuro più sostenibile e sano per le generazioni future.

Overshoot Day

L’Overshoot Day, è una data simbolica che segna il punto dell’anno in cui la popolazione mondiale ha consumato tutte le risorse naturali che il pianeta è in grado di rigenerare in dodici mesi. Venne istituita dal Global Footprint Network negli anni ’70, per studiare il crescente squilibrio tra il consumo umano e la capacità della Terra di rigenerare le sue risorse.

Negli ultimi decenni, l’Overshoot Day è stato anticipato progressivamente, evidenziando l’aumento del consumo eccessivo delle risorse da parte dell’uomo.  Per esempio, nel 1987 cadeva il 19 dicembre, mentre nel 2023 è stato il 2 agosto. Questo trend allarmante sottolinea la necessità urgente di adottare pratiche più sostenibili per invertire la tendenza.

In Italia, l’Overshoot Day è stato calcolato per la prima volta nel 2015. Anche nel nostro caso, il giorno retrocede in maniera progressiva. Pertanto, sarebbe fondamentale sensibilizzare tutti, dai governi alle aziende, compresi i cittadini, sull’importanza di ridurre l’impronta ecologica e promuovere uno sviluppo sostenibile.

19 maggio 2024

Per il 2024 l’Italia ha dato il meglio di sé. Il 19 maggio si registra l’Overshoot Day italiano, quindi da questo giorno in poi siamo in deficit con la terra. Precisamente, fa notare il WWF, se tutti vivessero e consumassero come noi, servirebbero le risorse di quasi 3 Pianeti.  O in termini più vicini, oggi per soddisfare i consumi annui degli italiani sarebbero necessarie più di 4 Italie.

Il limite superato dalla Penisola è stato segnalato come di consuetudine dal Global Footprint Network che misura annualmente la domanda di risorse e servizi da parte di una popolazione e l’offerta di risorse e servizi da parte dei loro ecosistemi. Infatti, da domenica gli italiani sono in “deficit ecologico” quindi spendiamo più risorse di quelle che abbiamo e immettiamo in atmosfera più CO2 della capacità che hanno gli ecosistemi di assorbirla.

L’impronta dell’Italia è determinata principalmente dai trasporti e dal consumo alimentare. Pertanto, sarebbe necessario che il governo attui delle politiche in tal senso, provando a incrementare gli incentivi e delle nuove abitudini riguardanti il consumo alimentare e l’utilizzo dei trasporti. Potremmo quindi mangiare meno carne, pesce e derivati, scegliere cibo fresco e di stagione per contribuire ad una maggiore sostenibilità, favorendo il mercato locale. Dopodiché sarebbe opportuno limitare lo spreco alimentare, sia in fase di preparazione dei cibi che dopo il loro consumo, poiché ad oggi buttiamo quasi 30 kg di cibo a testa l’anno.

Per quanto riguarda i trasporti sarebbe adeguato scegliere i mezzi pubblici, la bicicletta se la città in cui si vive e si lavora lo consente o in generale ridurre quanto possibile l’uso delle proprie autovetture. Da anni sono stati investiti grandi premi per incentivare l’acquisto di mezzi elettrici, ibridi e la scelta di ricariche da energie rinnovabili.

Il resto del mondo 

Ovviamente l’Italia non è l’unica Nazione ad aver superato i propri limiti. Senza dubbio è un traguardo tutt’altro che positivo, ma di certo ci sono Paesi che hanno fatto di peggio. Questo non vuol dire che si possa restare indifferenti alla questione, anzi, dovrebbe essere una spinta a fare sempre meglio. Tuttavia, come anticipato, paesi come il Qatar e il Lussemburgo hanno esaurito tutte le loro scorte a febbraio. Mentre Emirati Arabi, Stati Uniti, Canada, Danimarca e Belgio sono riusciti a raggiungere il mese di marzo.

Al contrario il Belpaese che ha un’impronta ecologica di 4 ettari globali (gha) pro capite, si trova in condizioni peggiori rispetto la Spagna che ne registra 3,9 gha pro capite. In ogni caso, l’impronta italiana è più bassa della media europea.

È necessario che tale situazione migliori e per far si che ci sia una maggiore sostenibilità nel nostro pianeta servono azioni concrete in breve tempo. In effetti non possiamo aspettare ancora troppo tempo poiché il cambiamento climatico non aspetta i cambiamenti dell’uomo. Ne tantomeno la Terra cambierà i suoi tempi per favorire la popolazione mondiale.

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“Archeoplastica”: il museo virtuale sulla plastica raccolta in mare e in spiaggia.

By : Aldo |Maggio 16, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su “Archeoplastica”: il museo virtuale sulla plastica raccolta in mare e in spiaggia.

Quando si parla di rifiuti è scontato che si arrivi a discutere della plastica: del suo ruolo nelle nostre vite, della sua comodità, ma anche dei problemi che sta causando al pianeta. C’è poi chi pensa che debba essere eliminata totalmente, chi è favorevole ad una graduale riduzione e chi invece non si fa problemi nell’utilizzarla in modo spropositato. Oggi però si parla di chi ha fatto della plastica, un ricordo, un cimelio storico da osservare e studiare in un museo innovativo.

Il fondatore

Enzo Suma è una guida naturalistica di Ostuni, laureato Scienze ambientali all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha sempre nutrito una forte passione per la natura, pertanto dopo la laurea ha iniziato una carriera dedita alla sua protezione. Tornato in Puglia, intraprende dei percorsi lavorativi nelle aree protette pugliesi specializzandosi nell’educazione ambientale, diventando così una guida naturalistica professionale. Successivamente, la sua attenzione viene catturata dai cosiddetti “ulivi monumentali” tipici della sua terra natia, Ostuni.

L’interesse verso questi esemplari fu tale da far nascere creare un progetto apposito chiamato “MILLENARI DI PUGLIA” volto alla valorizzazione degli ulivi monumentali pugliesi. In questo modo ha sensibilizzato la popolazione sul valore di questi alberi, che senza guida molti non avrebbero avuto modo di conoscere.

Il fondatore di Archeoplastica non si è fermato a questo; infatti, ha continuato a lavorare nell’ambito, per la protezione del fratino e della tartaruga marina. Insomma, si tratta di una persona totalmente dedicata alla salvaguardia della natura, che spazia dal settore botanico a quello zoologico. Ma dal 2018, ha investito il suo tempo anche in un’altra iniziativa che in breve tempo è diventata rilevante sotto vari punti di vista ed anche virale.

Le origini del museo

Nel 2018 decide di impegnarsi anche in un altro fronte e si attiva organizzando giornate di pulizia delle spiagge. Ed è proprio durante tali attività che si rende conto di aver raccolto dei rifiuti di plastica che risalivano addirittura alla fine degli anni ’60. Da quel momento ha fatto sì che la gente controllasse bene i rifiuti che trovava in modo da sensibilizzare “sul campo” i volontari dell’iniziativa.


Raccolta dopo raccolta, Enzo aveva tenuto da parte ben 200 reperti di questo genere ed ha avuto l’idea che lo ha reso virale in poco tempo. Si tratta del suo museo interattivo sui “cimeli” di plastica raccolti durante le pulizie delle spiagge. Così nasce Archeoplastica, un progetto che prevede la creazione di un museo virtuale e mostre fisiche mirati alla sensibilizzazione sul tema dell’inquinamento marino e dell’impatto della plastica sul mondo. Questo messaggio sarà veicolato proprio grazie alla mostra degli oggetti recuperati.

Il progetto è stato ufficializzato poi nel 2021, quando, dopo aver raccolto ben 200 rifiuti “antichi”, è stato possibile creare un museo digitale. Questo vuol dire che Musa, con dei collabatori si è impegnato a ricostruire la storia di ogni oggetto, proprio come in una mostra o in un museo storico.

“Archeoplastica”

Da qualche raccolta in spiaggia al museo digitale, fino ad una vera e propria mostra; Arecheoplastica p diventata il simbolo della sensibilizzazione sul tema, soprattutto online. Partiamo dal museo virtuale, che occupa una sezione del sito dell’ente. Questa è dedicata totalmente ai reperti catalogati: ognuno riporta un’immagine, un nome (solitamente correlato al marchio che lo ha prodotto), una breve descrizione sul suo utilizzo e l’anno di riferimento. Sono anche divisi per annate dagli anni ’60 fino agli ’80. Inoltre è possibile avere un’esperienza diversa nella sezione 3D, nella quale si possono guardare a 360° solo alcuni dei reperti in mostra.


Successivamente è stata allestita una mostra itinerante, un progetto espositivo che racconta la storia senza fine della plastica accumulata nei nostri mari. Si tratta di un’esperienza educativa rivolta a cittadini, turisti e studenti che sottolinea tanti aspetti di questo tema tra cui:

  • l’importanza della sostenibilità
  • l’impatto umano
  • l’impatto della plastica e la sua durata.

Nel tempo poi sia il museo che la mostra sono sbarcati sui social tanto da rendere il progetto virale tanto da poter dire che esiste una vera e propria community sui social. Le cifre toccano il mezzo milione di follower, un numero enorme per il tema di cui si parla e per i messaggi che si diffondono.

Il lavoro di Enzo Suma è stato meticoloso e innovativo ed ha permesso la sensibilizzazione di un grandissimo bacino di persone, cosa non semplice da attuare e di grande rilevanza per il nostro futuro.

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Barriere fonoassorbenti fotovoltaiche arrivano anche nelle autostrade italiane.

By : Aldo |Maggio 13, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Barriere fonoassorbenti fotovoltaiche arrivano anche nelle autostrade italiane.

Quando si pensa alle nuove strutture, bisogna sempre tenere conto della sostenibilità di tale opera. In alcuni casi è più complesso, dispendioso in altri è semplice ed intuitivo. Tuttavia, un buon approccio alla tematica è quella di capire come un nuovo prodotto o una nuova struttura, possa ridurre il suo impatto sull’ambiente o come possa creare vantaggi in questo senso. Autostrade per l’Italia ha pensato di unire un’esigenza ad un beneficio creando delle nuove barriere.

Le strutture

Le strutture fonoassorbenti lungo le autostrade e le ferrovie giocano un ruolo fondamentale nel mitigare i livelli di rumore generati dal traffico. Secondo studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il rumore del traffico stradale può superare i 70 decibel (dB) durante il giorno, superando di gran lunga i livelli considerati sicuri per la salute umana, che si aggirano intorno ai 55 dB. Le barriere fonoassorbenti installate lungo le autostrade possono ridurre di significativamente il livello di rumore fino a circa 10-15 dB, ossia una riduzione del rumore percettibile fino al 50%.

Nel caso delle ferrovie, dove il rumore prodotto dai treni può essere ancora più elevato, le strutture fonoassorbenti possono ridurre il livello di rumore fino a 20-25 dB, garantendo un importante beneficio per le comunità circostanti. Inoltre, un rapporto della Commissione Europea indica che investire in barriere fonoassorbenti lungo le autostrade può portare a una diminuzione dei costi sanitari correlati al rumore del traffico fino al 20%, evidenziando l’importanza di tali infrastrutture per la salute pubblica e il benessere delle comunità locali.

Autostrade per l’Italia e le nuove tecnologie

Attualmente, secondo dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circa il 40-50% della rete autostradale nazionale è dotata di barriere fonoassorbenti, mentre la copertura delle ferrovie è stimata intorno al 30-40% delle tratte principali. L’installazione e la manutenzione di queste strutture sono gestite principalmente da enti pubblici come ANAS per le autostrade e Rete Ferroviaria Italiana per le ferrovie. Per queste infrastrutture il governo italiano investe una media di circa 200-300 milioni di euro per la loro realizzazione e il loro miglioramento. Tuttavia, è importante sottolineare che l’allocazione dei fondi e l’implementazione di progetti specifici possono variare da anno a anno in base alle priorità di investimento e alle disponibilità finanziarie.

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Quest’anno però Autostrade per l’Italia vuole intraprendere un progetto innovativo, presentando le barriere fonoassorbenti fotovoltaiche. Di preciso il piano prevede l’installazione di impianti fotovoltaici integrati nelle barriere antirumore dell’autostrada, sulla A1 Milano Napoli. Il tutto è stato ideato in collaborazione con Elgea, società del Gruppo impegnata nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il tratto che sarà interessato da tale cambiamento riguarda l’area sud di Roma, verso lo svincolo di Valmontone.

Barriere e nuovi vantaggi

Le barriere antirumore fotovoltaiche sono una tecnologia che unisce pannelli solari e barriere fonoassorbenti per ridurre il rumore e generare energia solare. Introdotti in Svizzera nel 1989, si sono diffusi in Europa, specialmente in Germania e Svizzera, con varie configurazioni. I moduli fotovoltaici offrono diverse opzioni di installazione: possono essere posizionati inclinati sul tetto, verticalmente come prolungamento della struttura grazie alla tecnologia bifacciale, oppure integrati direttamente nel corpo dell’edificio come scandole o stringhe sulla superficie.

L’obiettivo di questa iniziativa è quello di installare 4.000 metri di nuove barriere antirumore, di cui 2.500 in direzione nord e 1.500 in direzione sud. La caratteristica e la novità del progetto sta nell’introduzione di pannelli fotovoltaici che consentiranno alle comuni barriere, di produrre energia. 300 m delle nuove barriere saranno infatti dotati di 432 moduli fotovoltaici in silicio monocristallino. Nello specifico saranno inserite ben 72 stringhe per una potenza di picco di 140 W posizionati tra i 3 e i 9,5 metri dal piano della carreggiata. Questa disposizione rappresenta consente il massimo grado di irraggiamento, con un’inclinazione di 33° ed esposizione a sud. Si stima che l’energia prodotta dalle nuove barriere sarà di circa 80MWh, contribuendo all’alimentazione del casello di Valmontone.

In questo modo una struttura usata da decenni solo per ridurre il rumore dovuto al traffico e di conseguenza il suo inquinamento acustico, garantisce un doppio beneficio dal momento in cui può produrre energia. La massimizzazione di tale opera rientra nel pensiero di un progetto innovativo sostenibile per quanto possibile. 
Magari in futuro tutte le autostrade avranno tale caratteristica.

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Pellicole e packaging a base di alghe? Grazie a “Sway” nasce una nuova circolarità.

By : Aldo |Maggio 09, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Pellicole e packaging a base di alghe? Grazie a “Sway” nasce una nuova circolarità.

Quando si parla di circolarità o di economia circolare è facile imbattersi in opinioni contrastanti derivanti da esempi inesatti o comportamenti errati. C’è una cosa che però ultimamente ai giovani riesce bene, ossia la creazione di startup incentrate sulla circolarità di prodotti, cibi o strumenti. Un esempio è quello di Sway, startup californiana attiva nell’ambito del packaging sostenibile a base di alghe.

I packaging e le pellicole

Le pellicole sono materiali plastici sottili e flessibili comunemente utilizzati per una vasta gamma di scopi, dalla fotografia e il cinema alla conservazione degli alimenti e l’imballaggio. Generalmente composte da polimeri come polietilene (PE), polipropilene (PP), poliestere (PET) o PVC, offrono una combinazione unica di proprietà come trasparenza, flessibilità e resistenza alla lacerazione.

Le pellicole plastificate sono ampiamente diffuse in tutto il mondo e si stima che nel 2020 la produzione globale di pellicole in plastica abbia superato i 60 milioni di tonnellate, con un tasso di crescita annuo intorno al 4%. In particolare, il loro uso nell’imballaggio rappresenta circa il 40% di tutta la plastica utilizzata per questo scopo.

Nonostante rappresentino una grande comodità quotidiana, tali prodotti hanno un impatto significativo sull’ambiente. La loro produzione e smaltimento contribuiscono in modo significativo all’inquinamento plastico, poiché le pellicole sono spesso difficili da riciclare e possono persistere nell’ambiente per centinaia di anni. E come ogni altro prodotto di matrice polimerica, si disperdono in microparticelle che inquinano e danneggiano interi ecosistemi.

SWAY la nuova frontiera

Per affrontare questa sfida, è necessario promuovere pratiche di consumo più sostenibili, riducendo l’uso delle pellicole in plastica e investendo in alternative biodegradabili e compostabili. Senza dubbio è fondamentale migliorare i mezzi e le strutture per il riciclo e sensibilizzare le persone.

In questo senso la designer Julia Marsh ha investito il suo tempo e le sue conoscenze per poter creare una startup che offrisse una soluzione a tale problema. Per questo ha lanciato insieme a Matt Mayes (COO) e Leland Maschmeye, “Sway” una startup fondata a Berkeley che produce sostituti compostabili a base di alghe del mare al posto degli imballaggi in plastica. Il gruppo nato nel 2020, ha impiegato i primi anni nella ricerca e sviluppo di questo materiale innovativo che segue dei precisi criteri e principi della sostenibilità in ogni sua fare di produzione e sviluppo. E non si tratta dei soliti ragionamenti fatti per apparire “green”, poiché il pensiero della CEO è ben preciso:

Crediamo che i materiali di uso quotidiano debbano contribuire a rifornire il Pianeta, dal mare al suolo. Il lancio dei nostri materiali termoplastici a base di alghe rappresenta un progresso tangibile verso un futuro più circolare”.

La bio resina TPSea

La startup ha studiato una tecnologia che, per la prima volta, consentirà la sostituzione della tipica pellicola di plastica flessibile con un film composto di alghe del marine.  Il prodotto creato è una nuova resina biopolimerica di alghe termoplastiche denominata TPSea. È un ingrediente 100% biologico, compostabile e privo di microplastiche ottenuto per mezzo di una coltura oceanica rigenerativa in grado di ricostituire gli ecosistemi e sostenere le comunità costiere. Tale elemento viene usato per la produzione di sacchetti, buste per la vendita al dettaglio e packaging alimentari e non solo. Perché nel sito di SWAY si vende anche il “polimero” sfuso, per dare spazio alla fantasia del cliente.

La prima apparizione del prodotto è avvenuta a Parigi durante il Biofabricate 2024 a gennaio, dopo essersi aggiudicata il primo posto al Tom Ford Plastic Innovation Prize powered by Lonely Whale lo scorso anno. Dopodiché il progetto ha ottenuto un grande successo che gli ha permesso di ricevere un finanziamento da 5 milioni di dollari da Third Nature Investments (che include investimenti anche da parte di altri investitori allineati al settore della eco sostenibilità).

Una caratteristica fondamentale di questo programma è la sostenibilità relativa anche alla coltura delle alghe, che si basa su specifici principi quali:

  • la coltura internazionale, poiché l’azienda collabora con allevatori di tutto il mondo. Questo è importante perchè consente alla startup di restare indipendente dai fornitori e dalle aree di coltura. Inoltre, diventa un fattore di sicurezza nella produzione, poiché se una coltura subisce degli eventi estremi, non intacca l’intera società;
  • la rimozione dell’alga prevede il solo taglio in superficie e non l’eradicazione, in modo tale da non rimuovere totalmente e in modo ripetuto le alghe. Così facendo si assicurano i vantaggi tipici di questi organismi nei vari ecosistemi in cui si trovano;
  • i fornitori sono stati scelti a seconda di standard ambientali e sociali imposti dalla Aquaculture Stewardship Council.

Il futuro di SWAY sembra luminoso e pronto o in fase di preparazione ad una produzione su larga scala, mirato oltre che ai marchi di moda anche al cibo e agli articoli per la casa.

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Il nuovo grattacielo di Londra a zero emissioni di “18 Blackfriars Road”.

By : Aldo |Maggio 03, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il nuovo grattacielo di Londra a zero emissioni di “18 Blackfriars Road”.

Gli skyline del mondo offrono dei paesaggi mozzafiato, soprattutto se vissuti all’interno di uno dei migliaia di grattacieli che esistono. Senza dubbio si parla di strutture straordinarie, con impieghi commerciali e forme particolari, ma sono pur sempre edifici immensi di cemento con un impatto significativo sull’ambiente circostante, per questo a Londra si mira alla sostenibilità con il nuovo progetto di “18 Blackfriars Road” .

Lo skyline di Londra

Lo skyline di Londra, si trova principalmente nella zona finanziaria conosciuta come “The City”, un’area con una vista mozzafiato. Tale paesaggio rappresenta la fusione tra l’antico e il moderno concentrando in una sola zona la finanza della Capitale.  Infatti, i grattacieli presenti sono principalmente adibiti ad uffici, rappresentando il cuore pulsante delle attività commerciali e finanziarie della città.

I primi esempi furono il “Tower 42” e il “NatWest Tower” (ora noto come “Tower 42”), costruiti negli anni ’70 e ’80, segnando l’inizio di un’epoca di crescita verticale nella skyline londinese. Attualmente, si contano più di 30 grattacieli tra cui il più alto è “The Shard”. Si tratta di un’icona architettonica di 310 metri di altezza, che offre una vista spettacolare sulla capitale britannica e oltre.

Questi edifici, con le loro forme particolari e le loro diverse funzioni, sono testimoni della prosperità, dell’innovazione e della vitalità di Londra come centro globale. Ma è proprio per la loro rilevanza che due grandi società hanno deciso di conferire un nuovo ruolo e un nuovo valore al prossimo grattacielo londinese.

La sostenibilità edilizia

Nell’ambito dell’edilizia sono ancora tanti i passi in avanti da compiere, soprattutto se ci si concentra nel tema della sostenibilità. È fondamentale, infatti, realizzare progetti e quindi costruire nuovi edifici con la consapevolezza delle nuove necessità a livello ambientale, sociale ed economico, nonché sanitario.Non a caso il complesso di Southwark “18 Blackfriars Road” progettato da Foster + Partner ha ricevuto l’ok, per poter erigere i nuovi edifici. La particolarità però non sarà l’altezza o il numero di edifici, ma la possibilità di ottenere la prima certificazione WELL Community Gold di Londra.

La promessa di tale valutazione deriva dal fatto che il piano delle società è quello di creare il grattacielo Net Zero (a zero emissioni di carbonio) che al contrario riattiverà il 150% di biodiversità. Se il progetto riuscisse nell’intento, diventerebbe il primo edificio londinese ad aggiudicarsi tale riconoscimento.

Le specifiche del progetto

La sostenibilità del piano parte dall’area scelta dalla società progettista. Per l’appunto i due edifici verranno costruiti in un terreno soggetto a riqualificazione della superficie di 2 acri, inusato per 20 anni. Il programma prevede la realizzazione di 2 blocchi residenziali da 400 unità, di cui il 40% è destinata ad alloggi con prezzi accessibili e una torre di 45 piani per uffici innovativi.

Per rispettare l’ambiente, il piano prevede la piantumazione di oltre 100 nuovi alberi e altri elementi verdi, in modo tale da riattivare addirittura il 150% della biodiversità. Mentre, la domanda di calore di uffici e alloggi sarà soddisfatta al 95% da pompe di calore geotermiche che condividono, immagazzinano e compensano l’energia. Per quanto riguarda la costruzione vera e propria, è previsto un miglioramento del 39% rispetto alle norme più recenti sull’edilizia sostenibile.

Tuttavia, è importante ricordare che una struttura è sostenibile anche se crea vantaggi e benessere alle persone che la frequentano. Ovviamente il progetto di 18 Blackfriars Road non ha lasciato nulla al caso. Il piano è quello di creare un’area di case, uffici e negozi ma anche di luoghi e strutture per la cultura e la comunità e le attività pubbliche. Così facendo, il grattacielo non è più simbolo di finanza e di un’elite inarrivabile, ma rappresenta un concetto di condivisione non solo di spazi ma anche di idee e proposte per il futuro della città.

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Giornata internazionale della Terra. Stop alla plastica e il doodle di Google.

By : Aldo |Aprile 22, 2024 |Arte sostenibile, Home |Commenti disabilitati su Giornata internazionale della Terra. Stop alla plastica e il doodle di Google.

Da anni si parla di salvaguardia della natura, della protezione del nostro pianeta e di come salvare il nostro futuro. Col tempo la ricerca sul tema è avanzata, così come la consapevolezza, gli strumenti per contrastare i problemi e la nostra sensibilità. Oggi, 22 aprile 2024 si celebra la Giornata Internazionale della Terra, precisamente la 50° giornata dedicata ad un tema fondamentale, come quello della protezione e della cura del nostro Pianeta.

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La Giornata Internazionale della Terra

La Giornata della Terra, celebrata il 22 aprile di ogni anno, è un momento dedicato all’ambiente e alla protezione del pianeta. Questa iniziativa venne promossa per la prima volta dalle Nazioni Unite, dopo la pubblicazione, nel 1962, del libro manifesto ambientalista “Primavera silenziosa” della biologa statunitense Rachel Carson. Dopodiché nel 1969, in una conferenza dell’UNESCO a San Francisco, l’attivista per la pace John McConnell propose una giornata per onorare la Terra e il concetto di pace. Queta ricorrenza venne poi istituita con una proclamazione dell’attivista firmata dall’allora Segretario generale dell’ONU, U Thant.

Così, partendo da una manifestazione studentesca, è stata istituita una giornata all’insegna dell’educazione e della sensibilizzazione a tematiche oggi discusse quotidianamente. Il 22 aprile del 1970, 20 milioni di cittadini americani, rispondendo a un appello del senatore democratico Gaylord Nelson, si mobilitarono in una storica manifestazione a difesa del nostro pianeta. Di seguito venne istituito l’Earth Day Network (EDN), un’organizzazione diventata poi internazionale per coordinare le iniziative dedicate all’ambiente durante tutto l’anno.

La sfida del 2024

La tematica principale di quest’anno, comunicata dal sito ufficiale dell’Earth Day, riguarda la riduzione della plastica nel mondo. Di preciso si pone come obiettivo quello di ridurre del 60% la produzione di tutte le plastiche entro il 2040. È stato scelto questo argomento, perché effettivamente unisce tutti in un impegno rilevante, ossia quello di chiedere la fine della plastica per il bene dell’intero pianeta. La meta di una tale manifestazione è quella di un futuro sano per tutti gli ecosistemi.

Tale obiettivo può essere raggiunto, secondo la piattaforma, attraverso una serie di azioni concrete legate alla nostra quotidianità ma non solo. Si parla infatti della sensibilizzazione delle persone sul tema ma anche sui danni causati dalla plastica alla salute di tutti gli organismi viventi. In secondo luogo, si ricorda la necessità di eliminare tutte le plastiche monouso entro il 2030 per poi arrivare e per fare ciò servono delle leggi adatte. Questo è un altro punto fondamentale, poiché con le leggi, certi processi avvengono più velocemente e in maniera controllata. Senza dubbio, bisogna investire nelle nuove tecnologie e nelle innovazioni al fine di creare un modello di sviluppo o concepire una vita senza plastica.

Non solo plastica

Tuttavia, come detto precedentemente, la Giornata della Terra non affronta una sola tematica. Ossia si sensibilizza sulla protezione del Pianeta, un processo possibile grazie ad un’ampia varietà di cambiamenti, azioni concrete e tanto studio. Di certo si discute dei temi attuali e dell’impatto negativo e delle possibili rimedi; senz’altro si può citare l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, la perdita di biodiversità e la distruzione degli ecosistemi. Ed è proprio così, che Google ha voluto celebrare questo giorno, attirando l’attenzione di tutti.

Il motore di ricerca, oltre ad essere il più usato al mondo è anche molto famoso per i suoi doodle che ci accompagnano da oltre 20 anni. Tali alterazioni speciali e temporanee del logo sulla Home page di Google, vengono usate per commemorare eventi, personaggi storici e festività. Sono sempre più interattivi e spesso mirano all’informazione, semplice ma diretta.

Quest’anno Google ha deciso di creare un doodle dedicato all’impatto visivo; una serie di foto volte a  ricordare il motivo per cui oggi, si celebra Madre Terra. Infatti, possiamo notare che il nome del motore di ricerca sia scritto con lettere “naturali”, ovvero forme createsi sulla Terra che dimostrano come l’impatto dell’uomo abbia cambiato il pianeta.

In particolare:

  • la G è formata dalle Isole Turks e Caicos che ospitano importanti aree di biodiversità, minacciate dal cambiamento climatico;
  • la prima O rappresenta il Parco Nazionale di Scorpion Reef nel Messico, il quale ospita, la più grande barriera corallina nel sud del Golfo del Messico (area marina protetta e riserva della biosfera Unesco);
  • la seconda O è tratta dal Parco Nazionale di Vatnajökull, Islanda, patrimonio mondiale dell’UNESCO, protegge l’ecosistema intorno al più grande ghiacciaio d’Europa;
  • la seconda G associata al Parco Nazionale di Jaú, Brasile, la quale accoglie le riserve forestali più grandi del Sud America
  • la L descrive la Grande Muraglia Verde, in Nigeria, sito sotto osservazione e oggetto di studi contro la desertificazione;
  • e la E che mostra le Riserve Naturali delle Isole Pilbara, Australia, in cui si proteggono habitat ed ecosistemi fragili e rare con specie minacciate di estinzione.

Con lo scorrere di varie foto di possono notare i grandi cambiamenti di questi territori, spesso molto lontani da noi, ma pur sempre importanti per tutto il mondo. Non c’è da dire che il doodle abbia fatto centro, anche con i giochi interattivi riguardanti l’importanza delle api e del loro ruolo sul Pianeta. 

Ognuno di noi, può fare la differenza ogni giorno, in modi diversi ed anche con semplici cambiamenti. Oggi potrebbe essere il giorno giusto per prendere nuove abitudini, informarsi maggiormente e rispettare sempre più la nostra amata Terra. 

 

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Trec: il primo progetto contintale per il monitoraggio delle coste.

By : Aldo |Aprile 17, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Trec: il primo progetto contintale per il monitoraggio delle coste.

Si sa, la ricerca è un lavoro fondamentale in qualsiasi ambito ed ha ancora più potere se portata avanti in collaborazione tra nazioni, enti ed associazioni. Che sia in campo scientifico, culturale, tecnologico o artistico, si tratta sempre di un’importante attività che ci garantisce uno migliore sviluppo e un futuro all’avanguardia. Così anche il progetto continentale Trec, il primo nel suo genere, avrà il suo ruolo nel nostro futuro, grazie al suo lavoro di monitoraggio delle coste europee.

  

La collaborazione nella ricerca

La ricerca nel campo della biologia e dell’ambiente rappresenta una pietra miliare nel nostro impegno per comprendere e preservare il mondo che ci circonda. La collaborazione europea tra nazioni, istituti di ricerca e associazioni riveste un’importanza fondamentale in questo contesto. Grazie alla condivisione di risorse, conoscenze e tecnologie, gli scienziati possono affrontare sfide complesse su una scala più ampia e con una prospettiva interdisciplinare. Tale cooperazione garantisce lo scambio di idee e la creazione di connessioni che accelerano il progresso scientifico.

   

Inoltre, la cooperazione consente la standardizzazione dei metodi di ricerca e dei protocolli, garantendo la coerenza e la riproducibilità dei risultati ottenuti. In questo modo è possibile affrontare questioni globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la gestione sostenibile delle risorse naturali in modo più efficace ed efficiente. Infine, con valori condivisi e collaborazioni tra istituti, si favorisce lo sviluppo di politiche basate su evidenze scientifiche solide, che possono guidare azioni mirate per la protezione dell’ambiente e la promozione della salute pubblica.

  

Quindi la collaborazione europea nel campo della ricerca biologica e ambientale non solo favorisce la crescita della conoscenza scientifica, ma anche la salvaguardia del nostro pianeta per le generazioni future. Ed è proprio da queste esigenze che nasce il primo progetto continentale per il monitoraggio delle coste chiamato Trec.

  

Trec

Trec è il primo progetto al mondo di portata continentale con l’obiettivo di monitorare le coste europee. La spedizione partita un anno fa, intende infatti, monitorare lo stato di tutte le coste dell’Europa e ne studierà tutte e tre le sfere nelle loro diverse caratteristiche. Mare, terra, atmosfera saranno tutte esaminate attraverso metodologie diverse per poi descrivere un quadro complessivo delle coste del continente.

   

L’idea del programma è quella di studiare la salute di un’area precisa, in ogni suo elemento, organismo vivente e substrato. Di preciso le zone costiere sono spazi di transizione preziosi per la qualità delle condizioni di tutti gli ambienti che incrociano aria, acqua e suolo. Non a caso lo studio si concentra sul punto di incontro tra mare e terra, e nei 300 metri verso l’entroterra e nei mille verso il mare aperto a partire dalla battigia.

   

Lo studio prevede la collaborazione tra enti e istituti tra cui:

  • Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (Embl), che guida il programma;
  • la Tara Ocean Foundation;
  • il consorzio Tara Oceans;
  • l’European Marine Biology Resource Centre (Embrc).

Oltre a loro sono inclusi oltre 150 gruppi di ricerca, 70 istituzioni, partner locali dei 21 Stati coinvolti.

    

Criteri, metodologie e strumenti.

Il piano prevede che una squadra di campionatori viaggi tra i paesi dell’Unione europea e replichi le stesse condizioni di recupero di campioni e di analisi. Tale lavoro serve per uniformare i dati ricavati e standardizzare la metodologia, così da consolidare e condividere le ricerche svolte.

    

Tutto questo è possibile grazie alla goletta Tara e all’Advance Mobile Laboratory dell’Embl, ossia un “camion-laboratorio” altamente specializzato. Il camion, infatti, si “apre” diventando un centro analisi da 40 m2, che consente agli studiosi di svolgere i loro studi durante le tappe più ricche e impegnative. In tal modo, i campioni possono essere analizzati in loco, evitando il (solito) processo di congelamento che può alterare alcune caratteristiche del campione.

   

Oltre a questi due mezzi, in Italia sarà coinvolta la nave oceanografica del Cnr Gaia Blu, che contribuirà allo studio della biodiversità microbica, con attenzione particolare alla biogeochimica.

   

Il viaggio di Tara.

La goletta ha già percorso le coste nord-europee e oceaniche, dal mar Baltico al mare del Nord fino all’Oceano Atlantico. Ora invece spetta al Mar Mediterraneo tutta l’attenzione di questa ricerca: si partirà dalla Spagna per arrivare fino in Grecia passando per l’Italia.

   
A tal proposito, nella nostra Penisola sono state individuate specifiche città in cui svolgere le analisi previste. Nella lista figurano Pisa e Napoli, Amendolara (Calabria), Lesina (Puglia) e Chioggia (Veneto), scelte poiché tutte diverse tra loro per avere dei campioni differenziati, quindi un’immagine più completa.

   

Il 15 aprile la goletta è arrivata a Pisa dove, per l’occasione sono state organizzate una serie di attività per bambini e ragazzi proprio per diffondere l’importanza di questo lavoro. Senza dubbio è una modalità che coinvolge i più giovani facilmente e può far accrescere in loro la curiosità e l’interesse verso questo settore.

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Economia circolare: sempre più importante, secondo il sondaggio di Conou.

By : Aldo |Aprile 15, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Economia circolare: sempre più importante, secondo il sondaggio di Conou.

Conoscere e studiare le opinioni di una popolazione è fondamentale per capire le tendenze sociali, economiche dei cittadini. Questo discorso vale soprattutto se si trattano temi che comportano delle novità, poiché possono prevedere le tendenze future, le reali necessità dei cittadini e le possibili soluzioni. L’indagine presa in esame in questo articolo è quella condotta dal CONOU sull’economia circolare.

   

Il CONOU

Il CONOU,è il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Usati. Si tratta di un ente italiano nato nel 1991 con l’obiettivo di gestire in modo efficiente e sostenibile gli oli lubrificanti esausti provenienti da motori e macchinari. La sua importanza in Italia è significativa poiché con il suo lavoro riduce l’impatto ambientale derivante dalla loro dispersione nell’ambiente. Grazie alle sue attività, il CONOU contribuisce inolre la salvaguardia della salute pubblica, garantendo che gli oli usati vengano smaltiti in modo sicuro e conforme alle normative vigenti.

   

La sua rilevanza è nota a livello europeo poiché è un modello all’avanguardia per cui si viene rigenerato circa il 99% dell’olio lubrificante usato raccolto. Questo è un processo che comporta minori emissioni di CO2, riduzione del consumo di acqua e suolo e costi inferiori nella bolletta energetica.


Ecomondo

Ecomondo invece, è una fiera italiana che si svolge annualmente ed è diventata uno dei principali eventi nel panorama europeo dedicato all’ambiente e alla sostenibilità. La sua prima edizione risale al 1997, e da allora è cresciuta costantemente in termini di dimensioni e rilevanza. La fiera rappresenta un punto di incontro per professionisti, istituzioni, aziende e esperti del settore ambientale, offrendo uno spazio per presentare le ultime innovazioni, tecnologie e soluzioni per la gestione sostenibile delle risorse e la protezione dell’ambiente.

    

Ecomondo è importante perché offre un’ampia panoramica su tematiche cruciali come il riciclo, l’energia rinnovabile, la gestione dei rifiuti, la mobilità sostenibile e molto altro ancora. Vi partecipano aziende leader nel settore, istituzioni nazionali e internazionali, associazioni, ONG e centri di ricerca, creando un ambiente ideale per lo scambio di conoscenze e per promuovere collaborazioni. La fiera solitamente dura diversi giorni e si svolge presso il quartiere fieristico di Rimini, offrendo un’esperienza completa e immersiva per i partecipanti.

   

Ed è proprio durante la 26° edizione di questa cornice “green” e innovativa che il CONOU ha deciso di presentare un sondaggio sull’importanza dell’economia circolare. Forse si tratta di un’analisi che non riguarda l’intera popolazione visto il contesto abbastanza specifico, ma riporta pur sempre dei dati interessanti per l’ambito.

 

L’indagine per il futuro

L’indagine svolta dal CONOU presenta dei dati di vario tipo che rappresentano conoscenza e la percezione dei visitatori sul tema dell’economia circolare. Quest’ultima sembra essere una materia sempre più importante nella società odierna tanto che 8 persone su 10 la ritengono indispensabile (passando dal 74% del 2022, al 79%). Quasi 9 su 10 associano, il concetto di Economia Circolare al riciclo e recupero dei rifiuti, mentre si riduce la percentuale di persone che ha ancora un pensiero tradizionale sulla questione (dal 18% al 12%).

   

A livello demografico, rispetto al 2022, è aumentata la partecipazione di:

  • Donne, passate dal 35% al 43%;
  • Adulti, poiché il 73% è maggiore di 24 anni.

Tali cambiamenti dimostrano un approccio consapevole da parte dei cittadini, evidenziando come sempre più giovani si avvicinino a certe tematiche.

Per quanto riguarda obblighi, doveri, il 55% degli intervistati attribuisce ai governi la responsabilità di doversi far carico delle urgenze ambientali. Contemporaneamente il 35% crede che il contrasto all’emergenza climatica spetti principalmente alle industrie e alle imprese. Solo il 9% delle persone invece, pensa sia compito dei cittadini e delle organizzazioni, quello di attivarsi per cambiare le cose.

   
Come descritto con questi dati, il concetto di economia circolare sembra aver cambiato connotati nell’arco di pochi mesi. Anno dopo anno infatti, prende sempre più un’accezione positiva e fondamentale per il futuro. A maggior ragione se si parla di investimenti, non a caso il 63% degli intervistati, ritiene necessario il finanziamento di progetti di economia circolare.

 

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L’impresa agricola torna di moda tra i giovani. Ecco il nuovo bonus.

By : Aldo |Aprile 11, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’impresa agricola torna di moda tra i giovani. Ecco il nuovo bonus.

L’Italia è un paese pieno di natura, di materie prime, di tradizioni e culture.  Senza dubbio molte di queste vengono tramandate di generazione in generazione per poterle conservare anche se i tempi sono cambiati e certe usanze non trovano un vero e proprio riscontro nel presente. Tuttavia, c’è un’attività che sta prendendo piede tra i giovani che è tutt’altro che innovativa. Il settore agricolo torna in voga grazie alle nuove tecnologie e agli investimenti.

  

L’agricoltura in Italia

L’agricoltura in Italia ha radici profonde che affondano nei tempi antichi, risalendo all’epoca dell’Impero Romano e oltre. La sua diffusione ha contribuito significativamente alla formazione dell’identità nazionale e alla diversificazione culturale delle varie regioni italiane. Oggi, l’agricoltura rimane un pilastro dell’economia italiana, anche se la sua importanza relativa è diminuita rispetto al passato. Secondo dati recenti, il settore agricolo contribuisce ancora significativamente al PIL nazionale, rappresentando circa il 2% del totale, con una produzione annua che supera i 50 miliardi di euro.

   

Dal punto di vista demografico, l’agricoltura ha subito una significativa trasformazione nel corso degli ultimi decenni. Infatti, se in passato rappresentava il principale impiego per la maggior parte della popolazione, oggi il numero di agricoltori è diminuito vertiginosamente a causa dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione. Tuttavia, l’agricoltura rimane ancora un importante datore di lavoro, soprattutto nelle aree rurali, e svolge un ruolo chiave nel mantenimento delle tradizioni culturali e della biodiversità.

   

Una tradizione da rinnovare

Per quanto riguarda l’interesse dei giovani nei confronti dell’agricoltura, ci sono segnali di un nuovo interesse verso questo settore. Nel 2024, i dati indicano che circa il 15% dei giovani italiani è coinvolto direttamente o indirettamente nelle pratiche agricole. Ossia, sono veri e propri agricoltori e contadini, oppure investono in aziende agricole o progetti correlati. Tale movimento sta registrando un aumento rispetto agli anni precedenti, indicando una crescente consapevolezza dell’importanza dell’agricoltura per l’economia e l’ambiente.

   

Tuttavia, nonostante questa crescita, i giovani rappresentano ancora una minoranza rispetto agli anziani (o persone di età intermedia) nel settore agricolo. Ciò evidenzia la necessità di incentivare ulteriormente l’interesse dei giovani verso l’agricoltura e creare opportunità per il loro coinvolgimento attivo in questo settore vitale. Proprio per tale esigenza, è stata approvata una nuova legge che possa incentivare i ragazzi italiani ad intraprendere una carriera in questo settore.

   

Bonus per i giovani agricoltori

La legge 36/2024 pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 26 marzo scorso, è entrata in vigore mercoledì 10 aprile e mira a grandi incentivi per i giovani. Tale legge prevede l’istituzione di un fondo che mette a disposizione 15 milioni di euro all’anno per il cofinanziamento di programmi regionali per favorire lo sviluppo del ricambio generazionale.

   

Si articola in vari tipi di supporto per diverse tipologie di attività, ma tutti i finanziamenti hanno l’obiettivo di integrare i ragazzi nel settore agricolo. Come scritto nel paragrafo precedente, non si tratta di un incentivo alla mansione di agricoltore, ma una serie di aiuti, finanziamenti e sviluppo di progetti che possano innovare e soprattutto rendere sostenibile l’agricoltura per via del lavoro fisico e mentale dei giovani.

    

In concreto il bonus lavora in 4 principali ambiti quali:

  • Contributi a fondo perduto per chi avvia un’impresa: un fondo annuo di 15 milioni di euro per sostenere giovani imprenditori agricoli tra i 18 e i 41 anni e le imprese agricole con soci che rispettano tali requisiti. I fondi saranno erogati per l’acquisto di terreni, strutture e beni strumentali, o di aziende già operative.
  • Sconti sulle tasse per gli atti di acquisto dei terreni: riduzione del 40% delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, con il versamento del 60% rispetto alle tariffe ordinarie. Inoltre, è valido uno sconto del 50% sugli onorari notarili per gli atti di compravendita fino a 200.000 euro. Infine ci sono ulteriori agevolazioni per l’acquisto di terreni confinanti con diritto di prelazione, privilegiando giovani agricoltori con specifiche competenze (quali diploma, laurea o corsi inerenti al settore).
  • Regime forfettario per i primi cinque anni: agevolazioni fiscali per le nuove attività gestite dai giovani (a chi non ha esercitato nei tre anni precedenti altra attività d’impresa agricola), con un’imposta forfettaria al 12,5% sull’intero reddito agricolo, sostituendo Irpef e Irap.
  • Credito d’imposta per la formazione: previsto fino all’80% delle spese per corsi di formazione in gestione e innovazione agricola, valido anche per giovani imprenditori dal 1° gennaio 2021.
  • Posti riservati ai giovani nei mercati comunali: disposizioni per agevolare la commercializzazione dei prodotti delle suddette imprese, riservando loro almeno il 50% degli spazi nei mercati per la vendita diretta di prodotti agricoli gestiti dai giovani.

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