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Coibentare gli edifici: le nanotecnologie superano i classici interventi.

By : Aldo |Maggio 24, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Coibentare gli edifici: le nanotecnologie superano i classici interventi.

Tra mini-case, edifici autonomi, nuovi programmi energetici, anche nel campo dell’edilizia si fanno passi avanti.

La sostenibilità in questo settore riserba tante eccezioni che potrebbero accelerare la transizione ecologica nel nostro paese.

    

La norma europea.

La richiesta dell’ultima direttiva europea è chiara e mira all’azzeramento delle emissioni in tale settore, entro il 2050.

Gli edifici devono raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033.

Tutto sarebbe perfetto se solo il 60% degli edifici non arrivasse a malapena alla classe F o addirittura G. Questo risulta essere un grave problema che non favorisce un cambiamento necessario e rapido.

   

Senza dubbio non si può mettere in discussione la necessità di tali lavori, ma gli ostacoli ci sono e sono abbastanza rilevanti.

Rispetto ad altri ambiti, è uno dei più difficili da affrontare a seguito dei costi e delle difficoltà degli interventi.

    

Coibentazioni classiche

Le tecniche di coibentazione degli edifici sono varie e consentono di rendere efficienti a livello energetico case e uffici.

Ad oggi però, i tetti coibentati in modo scarso aumentano la dispersione di energia del 30%, mentre un condominio può raggiungere anche il 65%.

Molte sono tecniche che prevedono mesi di lavori, impalcature, accordi di interi condomini e normative molto restrittive.

Tuttavia, sono stati sviluppati interventi senza cappotto, che hanno lo stesso fine.

  • Intonaco termico interno: solitamente se lo stabile si trova in un centro storico, quindi è difficile rifare la facciata. Non è efficace come un vero cappotto ma ha i suoi vantaggi, tra i quali anche la prevenzione di muffe e condense sulle pareti
  • Insufflaggio in intercapedine: valida tecnica che prevede l’iniezione dell’isolante all’interno di tetti, muri e facciate. Di norma vengono usati i fiocchi di cellulosa o la lana di vetro e isolano anche a livello acustico.
  • Pannelli isolanti a basso spessore: sia per interni che per esterni. Sono pannelli spessi meno di 15 mm.
  • Mattoni in laterizio termoisolanti: che garantiscono un’ottima conducibilità termica in poco spazio. Dotati di un alveolo formato da intercapedini sottili, riducono gli strati di malta tra i mattoni, eliminando i ponti termici.

 

SWISS THERMO

L’idea di un metodo di coibentazione alternativo nasce in Polonia ma viene perfezionato nella nostra penisola.

Si tratta di un prodotto isolante liquido che serve per migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Protegge dal caldo e dal freddo e può essere usato nelle pareti interne e in quelle esterne.

     

Il prototipo si basa su nanotecnologie messe a punto da Tecnoindustries Srl (brevettate dalla NASA), attualmente il rivenditore esclusivo del prodotto.

Infatti, al contrario dei classici metodi è molto più comodo da applicare ed è più semplice il suo utilizzo in termini burocratici.

In breve, viene applicato con un macchinario spray su una superficie, che viene coibentata senza costi eccessivi e in pochissimo tempo.

     

Questo è possibile grazie all’ampia possibilità d’intervento: non c’è bisogno di impalcature o ponteggi e si può spruzzare ovunque.

Pertanto, è possibile mettere mano anche nei palazzi storici, nelle “tower” con vetrate o edifici con vincoli urbanistici (edifici solitamente difficili da trattare).

      

Risparmi e benefici

Le solite tecnologie proposte per questo tipo di interventi comportano un risparmio energetico intorno al 25%. Al contrario con il nuovo prodotto si va oltre il 50% e si risparmia anche in tempo.

Infatti, se di solito, per la realizzazione di un cappotto si necessitano almeno 6 mesi, con lo SWISS THERMO si parla di massimo 30 giorni.

     

A tutti, offre anche una possibilità più concreta di cambiare rotta: questo metodo permette a chiunque di fare il suo passo verso la sostenibilità.

Quindi se in un condominio non tutti fossero d’accordo per procedere con la coibentazione, un singolo potrebbe scegliere rendere efficiente la propria casa ugualmente.

Sarà possibile semplicemente perchè si lavora dall’interno dell’appartamento, lungo i muri perimetrali.

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Mico materiali: quando la natura è una soluzione per il futuro.

By : Aldo |Maggio 22, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Mico materiali: quando la natura è una soluzione per il futuro.

Studi, ricerche, finanziamenti e speranze per trovare le migliori soluzioni per il pianeta sono tantissime.

Ma come spesso accade, l’uomo non si rende conto che la scelta migliore, il luogo più adatto e meno pericoloso in cui cercare è proprio la natura.

    

Funghi per il futuro

I funghi sono i protagonisti di un mondo peculiare, pieno di curiosità, insidie ma anche di ottime qualità.

Sono un alimento ma possono essere usati in medicina, sono allucinogeni ma anche un buon rimedio per l’ambiente.

E bene si, secondo vari studi e applicazioni messe in atto da alcune aziende, i funghi possono aiutarci nella lotta contro l’inquinamento da plastica.

Aziende americane e l’Università di Sydney hanno trovato il modo più sostenibile di usare delle caratteristiche della natura, proprio per salvaguardarla.

       

La nuova sostenibilità

È bastato studiare il ciclo vitale dei funghi per carpire dei dettagli che avrebbero potuto fare la differenza in questo mondo.

Infatti, aziende come Ecovative o l’Università di Sydney hanno osservato la riproduzione e le qualità dell’organismo per ricavarne un rimedio.

   

L’apparato vegetativo dei funghi, il micelio, si compone di un intreccio di cellule filamentose (le ife) che creano una rete nel suolo.

Quest’ultima ha la capacità di legarsi alla materia organica presente nel substrato e viene usata per accrescere il proprio corpo vegetativo.

    

Seguendo questo processo, gli studiosi hanno dedotto che la materia organica del suolo poteva essere sostituita da altre matrici, pertanto si sono sbizzarriti.

Ci sono molteplici scelte come materiale organico su cui far crescere il micelio: fondi di caffè, frammenti di cartone, trucioli e gusci d’uovo.

Tale scoperta rappresenta un grande traguardo, poiché in questo modo si possono generare materiali 100% biodegradabili, resistenti e duraturi.

       

Natura e tecnologia

Si parla di biomateriali compostabili, oppure di “mico materiali” (quindi derivati dai funghi) che rendono la materia prima sostenibile, un concetto alla portata di tutti.

Rappresentano una risorsa per i paesi più poveri, visto che possono essere impiegati in vari settori e sono efficienti anche dal punto di vista energetico.

Per ora ci sono due programmi noti, che riguardano tale innovazione.

   

L’università australiana ha puntato tutto sull’utilizzo dei funghi su calchi stampati in 3D con la materia organica.

Si tratta di un metodo che comprende anche le applicazioni in strutture con componenti elettroniche. Per esempio, è stato inventato un vaso, che monitora le condizioni del suolo (tramite un dispositivo), che si decompone quando la pianta deve essere travasata.

   

Mentre l’azienda Ecovative fondata nel 2007 è riuscita a convertire il micelio in una sorta di polistirolo naturale. L’impresa ha già avviato collaborazioni con Ikea, Dell e Biomason per rendere le grandi catene più sostenibili.

Il loro composto si chiama Mycosomposite, e comprende un mix di micelio e sostanza organica che viene inserito in uno stampo.

Al suo interno il micelio cresce, formando una colla attorno alla forma; di seguito viene inserito in forno per uccidere le spore ed è pronto. È dunque composto dal 95% di substrato e 5% di micelio.

Mentre il Mycoflex è fatto interamente di micelio ed è impiegato in prodotti morbidi, non a caso potrebbe sostituire la gomma piuma.

        

Altri prodotti

Nello specifico Ecovative produce allo stesso modo packaging, componenti per mobili, schiuma modellabile, tavole da surf e altri oggetti.

Inoltre, l’azienda produce materiali da cantiere (pannelli, blocchi, mattoni) e tessuti di lusso.

     

Perciò si può affermare che la natura comprende risorse di ogni tipo, basta studiarla attentamente, per usufruirne nel modo più adeguato e sostenibile.

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Relicta: la bioplastica creata con gli scarti della produzione ittica

By : Aldo |Aprile 24, 2023 |Consumi, Emissioni, Home, menomissioni, Rifiuti |Commenti disabilitati su Relicta: la bioplastica creata con gli scarti della produzione ittica

L’economia circolare non ha segreti, ma solo tanto potenziale da scoprire soprattutto per proteggere il nostro futuro.

Spesso, in questo settore, il mare è una base esemplare per molteplici progetti di sostenibilità e salvaguardia della natura.

Dai laboratori universitari

Ancora una volta le startup fondate da giovani studenti hanno la meglio.  Nello specifico Relicta è formata da 5 studenti sardi legati dall’amore per il mare e da competenze acquisite nei loro percorsi di studio.

Si sono conosciuti nel 2017, durante il concorso universitario Contamination Lab, dopo il quale hanno unito idee e studi per il grande risultato. Successivamente nel 2020 è stata fondato il gruppo.

L’impresa, infatti, ha creato un materiale che potrebbe cambiare le sorti del mondo o almeno quelle del Mar Mediterraneo.

Si tratta di una bioplastica, che deriva dal mare nel quale può scomparire: è stata chiamata Relicta come l’azienda ed ha riscosso un grande successo.

La bioplastica

Il prototipo di bioplastica ideato da Davide e Matteo Sanna, Andrea Farina, Giovanni Conti e Mariangela Melino si compone di materiali di scarto.

In particolare, sono stati scelti gli rifiuti della produzione ittica quali scaglie e lische di pesce per produrre plastica di due tipi diversi.

Il gruppo ha infatti sviluppato due modelli, uno flessibile e uno rigido per poterli applicare a vari e molteplici impieghi.

Non a caso Relicta può essere è usata come film per il packaging di alimenti, cosmetici e dispositivi elettronici ma anche col sottovuoto.

In quel caso, si applica per prodotti delicati come mascherine chirurgiche, cibi da conservare e medicinali, poiché le proprietà isolanti restano intatte per 12 mesi.

Inoltre, la pellicola è inodore e solubile in acqua, grazie alla sua base naturale e ai processi a cui viene sottoposta la materia prima.

L’economia circolare

Anche Relicta, come tanti altri progetti, nasce dal recupero di “rifiuti”, in questo caso scarti di produzione ittica. Il gruppo di studenti ha pensato di produrre la pellicola con materie derivanti dall’acquacultura che garantisce un grande quantitativo di scarti utili all’azienda.

Pertanto, si rifornisce da una multinazionale di salmone, che utilizza la stessa biopellicola per il suo packaging. Al momento, l’impresa può ottenere 300 g di bioplastica da 1 kg di scarti che vale tra i 0,20 € a 1,5 €, quindi i margini di guadagno sono elevati.

Resta comunque la caratteristica migliore, la sua capacità di decomposizione in acqua nell’arco di 20 giorni. Di questo passo, la bioplastica creata dal mare può scomparire nel mare senza lasciare traccia o produrre danni, favorendo l’economia circolare di cui abbiamo bisogno.   

La startup ha una missione, quella di essere parte della soluzione al grande problema dell’inquinamento scaturito dalla plastica.

Senza dubbio, Relicta può raggiungere il suo obiettivo anche grazie al finanziamento di 500 mila euro. L’investimento arriva dalla Scientifica Venture Capital insieme all’acceleratore di startup Terra Next (nell’ambito della Bioeconomia) e Vertis SGR attraverso il fondo Venture 3 Technology Transfer.

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La zizania sostituisce il riso: come adattarsi al cambiamento climatico.

By : Aldo |Aprile 16, 2023 |Consumi, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, plasticfree |Commenti disabilitati su La zizania sostituisce il riso: come adattarsi al cambiamento climatico.
Rebel-Grains

Il cambiamento climatico è in grado di creare fenomeni estremi ma anche di modificare pian piano attività abituali come l’agricoltura.

Di conseguenza è fondamentale capire come adattarsi ai cambiamenti trasformando colture, abitudini e tecnologie.

    

La zizania

La zizania è proprio uno dei cosiddetti “cibi del futuro” poiché dotata di caratteristiche che rendono la sua coltivazione e il consumo più sostenibile.

Questo significa che la pianta potrebbe sostituire uno tra i cereali più consumati al giorno d’oggi, garantendo la sicurezza alimentare nei prossimi anni.

    

Nello specifico la zizania è una pianta tipica delle coste atlantiche degli USA e appartiene alla tribù delle Oryzeae (a cui appartiene il comune riso).

Effettivamente sembra riso, ma differisce per il suo colore rosso-bruno se non nero, dalla forma allungata e dal suo sapore (tè misto alla nocciola).

     

Caratteristiche ambientali e nutrizionali

La zizania cresce in ambienti freddi e per questo viene seminata inverno al contrario del comune cereale, che necessita di temperature più calde.

Infatti, la zizania, crescendo in inverno non ha bisogno di ulteriori irrigazioni (viste le abbondanti precipitazioni), al contrario del riso. Quest’ultimo ha un elevato fabbisogno idrico che si concentra in un periodo di forte siccità quale l’estate.

In tal modo, la pianta non deve “lottare” per i nutrienti e lo spazio, poiché cresce prima delle piante infestanti e si riossigena il terreno.

Inoltre, l’antico cereale non ha bisogno di particolari pesticidi e la sua introduzione ridurrebbe la monocoltura, tecnica che crea molteplici danni all’ambiente.  Uno di questi è l’incremento della resistenza, che necessita un aumento delle dosi di pesticidi; non a caso, trovare il riso biologico è quasi impossibile.

     

Anche per quanto riguarda la nutrizione, la zizania resta un ottimo sostituto del riso se si guarda al futuro e ad una possibile crisi alimentare.

Sempre sulla base di questo confronto, la zizania ha il 100% di proteine e il 300% di fibre in più rispetto al riso. Pertanto, gode di un elevato potere saziante e un basso indice glicemico.

    

La novità con Rebel grains

L’impresa “Rebel grains” creata da Giovanni Giuseppe Savini e Alessandro Bossi, mira all’introduzione di cereali sconosciuti ma vincenti a livello nutrizionale e produttivo.

In aggiunta, lo scopo dei due imprenditori è quello di salvaguardare la biodiversità delle colture italiane e non solo. Per questo il WWF l’ha inserito tra i 50 cibi del futuro.

L’impresa ha già intrapreso un progetto di coltivazione a Pavia, accompagnato dall’introduzione del cereale nel mercato nazionale.

Attualmente è distribuito da Esselunga, Famila, Conad, Cortilia e Iper Tosano, in confezioni sostenibili e senza plastica.

     

Tuttavia…

La zizania è sostenibile anche perchè, sazia più dei soliti cereali consumati, i suoi 50 g equivalgono a 80 g si riso.  Di questo modo, con la stessa quantità, la zizania, come altri cereali ignoti. potrebbe sfamare più persone nel mondo.

L’unico problema riguarda il prezzo di 16 euro al kg, giustificati ovviamente dalle caratteristiche ambientali, nutrizionali e dal costo di introduzione in Italia.

    

Il cambiamento climatico sicuramente non può essere fermato, ma con nuovi studi e tecnologie possiamo trovare i modi con cui adattarci.

Colture diverse possono solo aumentare la possibilità di prendere in mano la situazione senza danneggiare ancora il pianeta.

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Con Wiseair tutti possono monitorare la qualità dell’aria in Italia.

By : Aldo |Aprile 13, 2023 |Acqua, Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Con Wiseair tutti possono monitorare la qualità dell’aria in Italia.

Per quanto bella e piena di natura, l’Italia registra livelli di inquinamento atmosferico più alti della media.

Per questo c’è chi ha pensato a delle soluzioni concrete per limitare i danni.

La questione nord

Secondo il rapporto di Legambiente “MalAria di città” l’Italia presenta delle forti criticità legate all’inquinamento atmosferico soprattutto tra le regioni settentrionali.

Nello specifico si afferma che il 76% dei centri urbani italiani supera i limiti delle polveri sottili definiti dall’Unione Europea.

Secondo i dati del 2022, 29 città su 95 hanno registrato livelli giornalieri di PM10 superiori alla norma europea, perciò è difficile risolvere il problema.

La direttiva 2008/50/CE e il D. Lgs 155/2010 determinano un valore limite annuale di 40 µg/m³ e uno giornaliero di 50 µg/m³.

Tali valori sono disposti affinché si protegga la salute umana ed in particolare il secondo non può essere superato più di 35 volte in un anno.

Con i dati rilevati, è stata stilata una classifica delle città che superano giornalmente i livelli limite:

1° posto: Torino con 98 giorni di sforamento;

2° posto: Milano con 84;

3° posto: Asti con 79,

A seguire Modena 75, Padova e Venezia con 70 giorni.

Il seguente problema dovrebbe essere arginato in tempi brevi, ma vista l’attuale condizione è necessario più tempo del previsto.

Il primo step

Per limitare i danni dell’inquinamento, monitorare i valori limite e accelerare il cambiamento c’è una soluzione: la tecnologia di Wiseair.

L’azienda composta da 4 ragazzi romani mira al controllo della qualità dell’aria italiana per mezzo di sensori studiati e progettati con le università.

Paolo Barbato, Carlo Alberto Gaetaniello, Andrea Bassi e Fulvio BambusiI, dopo aver studiato ingegneria del Politecnico di Milano si sono interessati alla questione.

Il loro progetto inizia quindi dallo studio trasformato in una possibilità concreta di cambiare le cose: una tecnologia per monitorare la qualità dell’aria.

Un piano fondamentale, basato su dei sensori che servono per raccogliere dati senza i quali è impossibile pensare e trovare una soluzione vincente.

La soluzione

Vista l’entità del problema, Wiseair afferma che non si può continuare affidandosi solo alle centraline governative, pertanto, hanno coinvolto anche i cittadini.

Per questo l’azienda ha distribuito sensori e dati direttamente alla popolazione, per poter diffondere dati e dialogare più facilmente anche con le amministrazioni.

Il principio che li guida ricorda che più sensori sono attivi e più dati ci saranno e il monitoraggio dell’inquinamento sarà migliore.

Dunque, un secondo step è stata la creazione di una community di cittadini attivi e appassionati, divisi in 50 comuni che lavorano con l’impresa. Tra loro Milano, Torino, Roma e Bari.