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Nel futuro produrremo acqua dolce dalle fattorie verticali galleggianti.

By : Aldo |Settembre 12, 2023 |Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi |Commenti disabilitati su Nel futuro produrremo acqua dolce dalle fattorie verticali galleggianti.

Le sfide per il futuro sono tante, diverse, ma tutte collegate, l’una con l’altra. Pertanto, è importante tenere in considerazione più ambiti nella ricerca e nello studio di nuovi prodotti o nuovi progetti.

    

La sfida dell’acqua dolce

La sfida dell’acqua dolce non è un concetto da correlare ad un futuro lontano, poiché c’è già chi combatte quotidianamente per averne una tanica.  Ad oggi sono 768 milioni (11%) le persone che nel mondo non ne hanno nemmeno il minimo necessario per la mera sopravvivenza. Inoltre, con il passare degli anni si prevede un continuo incremento della popolazione, quasi 10 miliardi entro il 2050, quindi aumenterà anche la domanda. Pertanto, i centri di ricerca lavorano costantemente per trovare le soluzioni più disparate per rimediare a tale problema.  

   

Il fatto è che l’acqua dolce non ci serve solo per bere, lavarci e lavare, ma è necessaria per l’agricoltura e migliaia processi di produzione. Tuttavia, al momento i maggiori serbatoi sono i ghiacciai, gli oceani e il sottosuolo, dai quali ne abbiamo una disponibilità diretta del 2,5%. Questo significa che, se la situazione non cambiasse ben 2,4 miliardi di persone potrebbero avere carenze idriche entro il 2050.

   

Per tale motivo sono stati inventati dei sistemi che facilitano la produzione di acqua dolce affiancati da ulteriori programmi legati alla sostenibilità.

    

Il progetto galleggiante

Per ridurre l’uso dell’acqua dolce legata all’agricoltura e rendere sostenibile ed efficiente una produzione agricola, sono stati inventati dei sistemi galleggianti. In questo caso, si può citare lo studio “An interfacial solar evaporation enabled autonomous double-layered vertical floating solar sea farm”. Si tratta di un lavoro svolto dalla University of South Australia e dalla Hubei University of Technology in China pubblicato su “Chemical Engineering Journal”.

    

Il progetto descritto in questo paper riguarda la cosiddetta “fattoria verticale galleggiante”. Si tratta di una struttura galleggiante nel quale si coltivano piante grazie all’acqua dolce ricavata dell’acqua di mare. Gli studiosi pensano sia un piano di enorme impatto e che possa portare soluzioni a questioni importanti quali:

  • La riduzione di emissioni di CO2 ;
  • Un minor utilizzo del suolo e quindi un minor inquinamento;
  • L’utilizzo di energie rinnovabili;
  • Una maggiore produzione di acqua dolce.

In sintesi, sarà una struttura autosufficiente, in grado di far evaporare l’acqua del mare per convertirla in acqua dolce. Così, sarà possibile organizzare delle coltivazioni “autonome”, ovvero che non hanno bisogno dell’intervento umano.

   

Come funziona?

In inglese “farm” in italiano “fattoria” ma non sono stati inclusi animali nel progetto di Haolan Xu e Gary Owens del Future Industries Institute.  Il loro prototipo è strutturato in 2 camere disposte in verticale, dove la superiore è una serra e in quella inferiore si raccoglie l’acqua. I due ricercatori hanno fatto degli esperimenti per provare l’efficienza della “fattoria”, coltivando 3 ortaggi sulla superficie dell’acqua di mare. La coltivazione non prevede l’aggiunta di acqua dolce e alcun tipo di manutenzione, mentre è supportata da un’alimentazione a energia solare.

 

Come accennato prima, i vantaggi di questa tecnologia sono molteplici e possono aiutare l’uomo come anche il pianeta. Un vantaggio rilevante è quello legato alla produzione di acqua potabile.  Infatti, la camera inferiore, consente la raccolta e l’evaporazione dell’acqua di mare, producendo acqua dolce con un processo automatizzato e a basso costo. Secondo le analisi, l’acqua riciclata prodotta dal dispositivo ha un tasso di salinità inferiore a quello prescritto per l’acqua potabile dalle linee guida sanitarie mondiali. Quindi, oltre a produrre cibo (con l’agricoltura) si potrà avere una quantità d’acqua potabile usufruibile per vari impieghi.

   

Simili

Senza dubbio questo non è il primo progetto che lega la coltivazione all’ambiente marino, oppure l’allevamento sul mare. Un esempio italiano è il Nemo’s Garden, delle biosfere galleggianti a 5-10 metri di profondità nella Baia di Noli, in Liguria. Ciascuna contiene 2.000 litri d’aria e sfrutta la combinazione di acqua fresca e luce calda solare, per una adeguata coltura idroponica.

   

Oppure a Rotterdam è stata costruita una fattoria galleggiante su una chiatta con quaranta vacche e settemila galline ovaiole. Il progetto è sostenibile per vari punti di vista come:

  • Abbeveramento: si usa l’acqua piovana, raccolta sul tetto e poi filtrata;
  • Nutrimento: vengono usati cereali provenienti da diversi birrifici, crusca dai mulini, erba dai campi sportivi e bucce di patate da un trasformatore. Tutti questi alimenti sono a “Km 0” o comunque si tratta di enti locali.
  • L’energia: è for è fornita da pannelli solari galleggianti.

Sicuramente non è facile creare delle strutture simili, per via della ricerca e lo studio che li precedono, la necessità di finanziamenti e di permessi burocratici.

Ma, nonostante ciò, questi sono esperimenti che dimostrano che le soluzioni ai nostri problemi esistono, sono funzionali e non danneggiano l’ambiente.

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Il risparmio energetico non è mai stato così colorato: ecco le nuove vernici isolanti.

By : Aldo |Agosto 29, 2023 |Emissioni, Home, menoconsumi |Commenti disabilitati su Il risparmio energetico non è mai stato così colorato: ecco le nuove vernici isolanti.

Chi ha detto che per risparmiare energia nel nostro condominio, bisogna rinunciare ai colori?

Ma soprattutto, perchè possiamo usare solo il grigio per isolare termicamente degli ambienti? L’Università di Stanford ha trovato la risposta a tali quesiti e una soluzione per una sostenibilità a colori.

 

La ricerca di Stanford

Un gruppo di ingegneri della Stanford University dopo molteplici prove e ricerche è arrivato alla scoperta di una tecnologia che può migliorare i nostri edifici.

Parliamo ancora una volta di risparmio energetico nell’ambito dell’edilizia, nello specifico, di prodotti di isolamento termico come le vernici.

In particolare, la ricerca svolta nell’università americana, ha riscosso un grande successo, non solo per la tecnologia scoperta, ma anche per la qualità del prodotto.

Infatti, si tratta di nuove vernici isolanti, che differiscono da quelle esistenti per caratteristiche fisiche e visive. In concreto sono state introdotte delle pigmentazioni, in modo da isolare la superficie su cui vengono applicate le vernici, senza rinunciare ai colori.

Rivestimenti “Low-E”

Seppur le vernici isolanti siano un prodotto facile da usare e sono diffuse sul mercato dell’edilizia, vengono create per via di processi minuziosi e innovativi.

Solitamente il materiale si compone di 2 strati che si applicano separatamente. Il primo, quello inferiore, riflettente gli IR (raggi infrarossi) grazie alle scaglie di alluminio che contiene. Mentre il secondo, il superiore, è uno strato più sottile e trasparente all’infrarosso che utilizza nanoparticelle inorganiche (che comprendono il colore). Una volta applicato il prodotto, i raggi infrarossi raggiungono lo strato inferiore e tornano indietro senza però arrivare ai materiali edilizi.

  

Per questo se si vuole isolare una stanza dal calore, la vernice isolante va applicata su facciate e tetti degli edifici. In tal modo si riduce di quasi il 21% l’energia necessaria per raffreddare gli interni in condizioni di caldo artificiale.

Con le nuove vernici si può inoltre mantenere il calore all’interno, con la capacità di ridurre del 36% l’energia utilizzata per il riscaldamento degli ambienti. Tutto questo è possibile semplicemente applicando la vernice sulle pareti.

  

L’innovazione dei pigmenti aggiunti, consente di isolare termicamente un intero appartamento, senza dover rinunciare alla bellezza di una casa colorata. Si tiene a sottolineare questo punto perchè fino ad oggi, l’unico colore disponibile era il grigio scuro, oggi invece sono disponibili altre tonalità quali:

  • Bianco,
  • blu,
  • rosso,
  • giallo,
  • verde,
  • arancione,
  • viola
  • grigio scuro.    

Isolamento termico

Le caratteristiche di queste tinte sono molteplici, ma la più importante è la loro bassa emissività o elevata riflettanza. Tale proprietà consente l’assorbimento delle radiazioni termiche infrarosse, diventando un prodotto “Low-E”. Così, il materiale è capace di riflettere l’80% della luce del medio infrarosso insieme ad una piccola porzione del vicino infrarosso.

 

Inoltre, le nuove vernici possono essere applicate anche su altre superfici non correlate all’edilizia. Infatti, secondo Mark Golden (uno degli studiosi), il prodotto potrebbe rivestire camion e vagoni ferroviari utilizzati per il trasporto refrigerato. Così facendo si ridurrebbero i costi di energia per i frigoriferi, i consumi e le emissioni di CO2.  O ancora potrebbero rivestire le pareti di ambienti umidi, vista la proprietà idrorepellente di entrambi gli strati.

 

L’Università ha già svolto delle simulazioni in condomini di media altezza e in diverse zone climatiche degli USA, rivestendo tetti, pareti interne ed esterne. Il risultato? I palazzi hanno consumato il 7,4% in meno di energia per riscaldamento, ventilazione e aria condizionata, durante l’anno.

 

Una tale innovazione dimostra come, il mondo della ricerca sia sempre a lavoro per poter migliorare la vita dell’uomo e il suo impatto sulla Terra. Il cambiamento in esame sembra maggiormente una miglioria estetica, che tuttavia non è da sottovalutare. Perchè un palazzo colorato ha sicuramente più valore del solito condominio grigio o beige, soprattutto se quei colori sono la ragione di un ottimo di isolamento termico.

 

Infine, rendere semplice, un procedimento importante come questo, consente a molte più persone di optare per una soluzione green per la propria abitazione.

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Cosa si intende con il termine flessibilità energetica?

By : Aldo |Agosto 08, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menoconsumi |Commenti disabilitati su Cosa si intende con il termine flessibilità energetica?

Dopo gli avvenimenti degli ultimi due anni, una transizione energetica è la cosa più importante da attuare.

Tuttavia, nuovi sistemi, tecnologie e legislazioni devono essere introdotti e utilizzati per poter portare ad una nuova stabilità energetica il Paese.

    

La flessibilità energetica

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia con il termine flessibilità energetica si intende:

 

la capacità di un sistema elettrico di gestire in modo affidabile, economico la variabilità e l’incertezza di domanda e offerta in tutte le scale temporali rilevanti.


Ossia dal breve termine alla scala stagionale.

É la capacità di una risorsa di modificare il livello di immissione e /o consumo di energia ad un valore scelto. Che sia di un singolo impianto o di un aggregato, ha lo scopo di fornire il servizio richiesto dall’operatore del sistema elettrico.
  

Di norma, i sistemi energetici sono programmati per gestire in maniera efficace, le modifiche per via di incertezza e variabilità. La flessibilità esiste dal momento in cui è necessario regolare quotidianamente l’elettricità immessa nel sistema, per far combaciare sempre offerta e domanda. Questo sarà possibile con la modifica della programmazione produttiva richiesta alle centrali termoelettriche convenzionali e idroelettriche.

     

Il problema della “non programmabili”

Il problema della flessibilità è che crescerà il suo bisogno quindi la domanda, ma diminuirà la sua offerta: vediamo come.

La transizione energetica è in atto e con la crescita delle rinnovabili non programmabili servirà sempre più flessibilità. Peccato che proprio per le loro caratteristiche, la disponibilità di flessibilità sarà ridotto ampiamente.

Perchè questo tipo di sistemi sono discontinui e dunque rendono difficile il lavoro dell’operatore, di assicurare in ogni istante il bilanciamento tra produzione e consumi. La loro rigidità però non dipende esclusivamente da vincoli tecnici, ma anche economici.

   

Infatti, in casi come le centrali nucleari, sono presenti sistemi che non possono modulare velocemente la loro produzione in base al fabbisogno. E spesso, gli alti costi previsti, non rendono conveniente farli funzionare in maniera discontinua.

Perciò, in futuro sarà necessario un aumento dei requisiti di flessibilità del sistema elettrico, in modo da bilanciare domanda e offerta, grazie a delle soluzioni.

     

Le risposte alla domanda

A tal quesito, non vi è una sola soluzione, bensì sono favorite 4 classi di risorse divise in base alla posizione nella filiera elettrica. Quindi per mantenere l’equilibrio della rete servono:

  • lato domanda: comprende mezzi che influenzano modelli e entità dei consumi finali. Si chiamano programmi di demand response, i quali consentono di ridurre/aumentare i propri consumi rispetto le esigenze del mercato. Inoltre, in cambio di questa disponibilità, si può ricevere una remunerazione; azione attuabile anche dai cittadini. È consentita con la programmazione di ricarica di veicoli elettrici, carichi spostabili, pompe di calore e impianti di climatizzazione.
    Rilevante in questo settore è anche il V2X, (vehicle-to-everything), ossia le moderne tecnologie che permettono alle batterie dei veicoli elettrici, di funzionare in modo bidirezionale;
  • lato offerta: con misure e tecnologie si può modulare l’offerta delle unità di produzione elettrica. In questo ambito rientrano le centrali elettriche dispacciabili (turbine a gas, centrali elettriche a carbone/biomasse, impianti a gas a ciclo combinato, centrali idroelettriche);
  • lato rete: comprende interventi come la digitalizzazione o l’abilitazione di linee dinamiche o di interconnector;
  • altre fonti di flessibilità: includono lo stoccaggio stazionario (idroelettrico a pompaggi, volani, accumulo elettrochimico, accumulo a idrogeno). Le UVAM, Unità Virtuali Abilitate Miste.

Il futuro delle rinnovabili

La transizione energetica è in atto e con la crescita delle rinnovabili non programmabili servirà sempre più flessibilità, secondo i nuovi studi.

Il rapporto indicato è il “Flexibility requirements and the role of storage in future European power systems”, e dimostra le analisi svolte nel campo. Lo studio manifesta che il primo grande problema di tale requisito sono proprio le energie rinnovabili non programmabili. Queste sono destinate a crescere in maniera esponenziale, ma la loro natura intermittente e il carico residuo, determinano un’esigenza di flessibilità, in aumento.

  

Analogamente cambia la domanda poiché gli utenti stessi saranno attivi al mercato dell’energia grazie a veicoli elettrici, batterie su piccola scala, comunità rinnovabili e autoconsumo diffuso. E il fabbisogno cambierà giorno per giorno.

Inoltre, il Centro comune di Ricerca della Commissione Europea ha condotto uno studio per valutare i requisiti e le soluzioni di flessibilità nel sistema energetico. Il periodo di riferimento usato, per cui si necessita tale caratteristica è il ventennio 2030-2050.
  

L’analisi sviluppata è stata pubblicata nel rapporto “Requisiti di flessibilità e ruolo dello stoccaggio nei futuri sistemi energetici europei”. Questa dimostra una grande crescita per la rete europea: nel 2030 l’esigenza di flessibilità sarà raddoppiata, nel 2050 sarà 7 volte quella attuale.

I requisiti invece saliranno al 25% nel 2030, e raggiungeranno l’80% nel 2050.

È fondamentale anche ripartire i risultati a livello temporale, collegandoli alla produzione. Il risultato descrive la correlazione di una maggiore esigenza flessibilità giornaliera e la quota di produzione fotovoltaica. Al contrario i requisiti settimanali e mensili sono legati alla quota di produzione eolica (onshore e offshore).

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La società italiana OVS si riconferma leadear nel Fashion Transparency Index.

By : Aldo |Luglio 23, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menoconsumi, obiettivomeno rifiuti, plasticfree |Commenti disabilitati su La società italiana OVS si riconferma leadear nel Fashion Transparency Index.
OVS

Spesso si parla dei brand legati alla moda e ci si domanda quali siano i loro impegni nel campo della sostenibilità.

Tali quesiti sono cresciuti soprattutto con il passare degli anni e in relazione alle nuove inchieste nel campo tessile.

    

OVS primeggia nella moda

OVS la società d’abbigliamento italiana (dall’acronimo Organizzazione Vendite Speciali), primeggia per il terzo anno di fila nel Fashion Transparency Index.

Il brand si trova al primo posto, tra i 250 principali brand e retailer di moda al mondo, per la terza volta consecutiva. Il premio rappresenta in toto l’impegno della società nel campo della sostenibilità e quindi il suo investimento in un futuro migliore.

   

OVS si occupa dell’industria tessile e di tutto quello che concerne la loro produzione, sviluppando al contempo progetti anche nel sociale. Perciò ha raggiunto un grande risultato, valutato sulla base di molteplici criteri che spaziano dall’amministrazione alla produzione, fino alla comunicazione delle loro azioni.

    

Fashion Transparency Index 2023

Per quanto si parli di fast fashion, grandi merche e alta moda, bisogna soffermarsi sulla definizione del Fashion Transparency Index.

È un’indagine condotta annualmente su 250 fra i più grandi brand o rivenditori di moda e lusso, classificati in base alla loro trasparenza in vari temi. Tra questi i diritti umani, le politiche ambientali, l’impatto delle loro attività a partire dalla filiera, includenco 2 dei pilastri della sostenibilità: ambiente società.

Inoltre, si guarda anche alle pratiche di acquisto e al monitoraggio delle attività produttive per l’attivazione di azioni di miglioramento.

   

Nel 2023 OVS si posiziona al primo posto del Fashion Transparency Index con un punteggio dell’83% grazie ai miglioramenti in quattro dei cinque ambiti analizzati. Ovvero Policy and Commitments, riguardanti l’accessibilità delle policy aziendali rispetto la sostenibilità e la descrizione dei processi aziendali a supporto.

Mentre Governance, Know, show and fix, Spotlight issues valutano la chiarezza nel raccontare le azioni attivate in risposta ai fattori di rischio ambientali e sociali.

    

Inoltre, il gruppo ha incluso dati correlati alle emissioni di CO2 e all’utilizzo di acqua dei fornitori e dichiarato obiettivi destinati a supportare i lavoratori. Ha per giunta condiviso i piani di intervento con cui ha affrontato alcune criticità nella catena di fornitura.

L’indice descritto è un’idea del movimento Fashion Revolution di cui abbiamo già parlato nell’articolo sul “Bonus riparazione tessile”.

      

OVS e i suoi impegni

OVS è comunque molto impegnata nel campo sostenibile per via di molteplici progetti volti al miglioramento dell’azienda stessa e degli effetti che comporta all’ambiente. Non a caso da anni monitora tutti gli aspetti del suo business attraverso strumenti di tracciabilità e processi di controllo.

  

Per esempio, nel 2021 il gruppo ha pubblicato il piano di decarbonizzazione che prevede un’ulteriore riduzione del 46,2% di emissioni di CO2 entro il 2030. In aggiunta ha comunicato tutti i dati relativi alla performance ambientale e sociale della catena di fornitura.

   

É comprensibile quanto la trasparenza sia una un concetto fondamentale nella strategia di sostenibilità del gruppo, per accelerare il miglioramento anche dei suoi impatti. Se non altro è importante anche nei confronti della responsabilità che ha nei confronti degli stakeholder, visto anche la posizione da leader del mercato.

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La Spagna investe 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza climatica.

By : Aldo |Maggio 15, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menoconsumi |Commenti disabilitati su La Spagna investe 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza climatica.

La primavera è iniziata da tempo e con essa sono arrivati anche cambi repentini del tempo, soprattutto le precoci ondate di caldo.

Quest’ultime hanno già creato problemi e sono solo le prime avvisaglie della siccità di cui tanto si parlerà nei prossimi mesi.

       

Il Pacchetto della Spagna

La Spagna dopo il primo mese di primavera ha già registrato delle temperature elevate che fanno preoccupare tutti.

In primis il governo che ha scelto di firmare e attivare una strategia da 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza siccità.

Tale pacchetto è stato studiato dopo aver seguito i cambiamenti climatici nel tempo e i loro effetti.

          

Infatti, dal 1° ottobre 2022 alla seconda settimana di maggio, le precipitazioni nella penisola iberica sono state inferiori alla media del 27,5%.

Questo, un dato allarmante che preoccupa il governo ma soprattutto i settori primari che ne risentono maggiormente e l’intera economia.

        

Siccità precoce

I cittadini spagnoli sono già abituati alle alte temperature estive, soprattutto chi abita nel sud del Paese, ma non a questi livelli.

A marzo il deficit era del 36% e il mese successivo si è aggravato, raggiungendo il record come “aprile” più caldo della storia della nazione.

Oggi le riserve idriche del territorio sono in rosso (-48,9%) e non è ancora arrivata l’estate; si tratta di livelli più bassi dell’anno scorso.

      

Come riportato dalla ministra per la Transizione ecologica, Teresa Ribera, la Spagna si sta preparando ad effetti sempre più forti legati ai cambiamenti climatici.

Pertanto, si è pensato ad un piano d’azione che possa essere attivato velocemente con aiuti diretti e concreti senza precedenti.

Oltre agli aiuti finanziari saranno sviluppati veri e propri interventi come l’installazione di dissalatori o altri lavori più leggeri e di rapida attuazione.

        

I finanziamenti

Il ministero dell’Ambiente ha quindi messo a disposizione ben 1,4 miliardi di euro, che verranno divisi e impiegati in vari settori.

636 milioni saranno impiegati nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento, secondo il piano del ministro dell’agricoltura, allevamento e pesca Luis Planas.

Questi aiuteranno anche il finanziamento delle polizze assicurative, fondamentali per coprire le contingenze di siccità.

   

Quindi saranno divisi 355 milioni per gli allevatori e 276,7 per il settore agricolo. in modo da finanziare le misure previste in funzione delle incidenze atmosferiche.

In più 5 milioni andranno agli apicoltori.

       

Dissalatori

Come anticipato prima, l’investimento riguarda anche infrastrutture e installazioni. Tra questi impianti di desalinizzazione, impianti per raddoppiare il riutilizzo delle acque urbane e ridurre tasse e costi delle aziende agricole interessate.

L’impianto di desalinizzazione verrà costruito a Blanes (foce del fiume Tordera), come lavoro fondamentale per migliorare l’approvvigionamento nella regione di Barcellona e Girona.

Altre strutture verranno instituite nei bacini colpiti dalla penuria di riserve, seguite da interventi come pompaggi di emergenza. Il bilancio stimato è di 35,5 milioni.

    

Ulteriori dissalatori saranno costruiti nella costa mediterranea a Malaga e Almeria e con altri 224 milioni di euro si intensificherà il riutilizzo ad Alicante. 

          

Altre misure

Il governo è pronto a promuovere l’utilizzo delle acque urbane per passare dagli attuali 400 hm3 all’anno a circa 1.000 Hm3 nel 2027.

Questi coprirebbero il 20% del volume delle risorse idriche destinate all’approvvigionamento delle popolazioni.

Infine, si riportano nuove misure e finanziamenti correlati al Guadalquivir, per gli acquiferi del Parco Nazionale di Doñana e per la sicurezza dei lavoratori.

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“The Circle”: la startup romana più grande in Europa per l’acquaponica.

By : Aldo |Aprile 04, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi, plasticfree |Commenti disabilitati su “The Circle”: la startup romana più grande in Europa per l’acquaponica.

É vero che un minor consumo di carne rappresenta una scelta sostenibile, a suo modo anche l’agricoltura ha qualche punto da rivedere.

A Roma un gruppo di giovani ha pensato al proprio futuro e ha ideato un progetto innovativo.

 

The Circle

The Circle è una startup romana “ad elevata concentrazione tecnologica capace di produrre contemporaneamente cibo e proteine di altissima qualità” come riportato nel sito web.

L’azienda creata da 4 giovani esperti in biotecnologie industriali, ha l’obiettivo di rappresentare un nuovo tipo di impresa sostenibile.

In pratica, si sono impegnati ad andare oltre gli stereotipi del biologico e dell’impatto zero, aggiungendo valore all’ambiente.  

Al momento l’impresa ha piantato 450mila piante, che variano tra insalata e piante da condimento su un terreno di “solo” mezzo ettaro.

Con questo traguardo sono i più grandi in Europa nel settore dell’acquaponica, poiché hanno superato tutti i limiti di sostenibilità.

Le serre

Le serre di The Circle hanno delle caratteristiche particolari che rendono la loro produzione unica.

Iniziando dalla tecnica, l’acquaponica, si arriva a parlare di pesci rossi, alghe e erbe consumate nei ristoranti degli hotel.

L’impresa è famosa per le sue serre che ospitano coltivazioni distribuite su filari verticali fatti di tubi bianchi dai quali escono vari tipi di erbe.

Con tale disposizione e innovazione, l’azienda riesce ad usare il 10% dell’acqua e 1/5 del suolo in meno rispetto all’agricoltura tradizionale.

Un elemento caratteristico però sono le vasche interrate che ospitano dei pesci rossi i quali contribuiscono all’alimentazione delle piante.

Proprio così, hanno unito l’acquacoltura, l’allevamento di pesci e l’idroponica, i risultati? Massima resa nel minimo spazio.

Da questo connubio di tecniche crescono rughetta, senape, santoreggia, erba cipollina, basilico rosso, timo, bietola e un’altra trentina di piante da insalata o per condimento.

L’acquaponica

Come descritto prima, le piante crescono in maniera diversa dalla norma e sono legate ad altri tipi di colture.

Nelle vasche sono installate delle pompe a bassa intensità che trasportano l’acqua in altre vasche di legno con filtri naturali: i batteri.

Successivamente, l’acqua depurata confluisce in botti interrate dove si aggiungono elementi necessari per la crescita di piante.

Infine è presente una tecnica di riciclo e di consumo sostenibile legato al rilascio dell’acqua: quella in eccesso viene raccolta e rimessa in circolo.

Valore economico

Con tali peculiarità e 6 anni di attività, The Circle oggi vale oltre dieci milioni di euro.

Il gruppo dall’idea vincente ha raggiunto a Roma una capacità di 450 mila piante destinate a 250 ristoranti e alberghi.

Tuttavia, a breve arriveranno anche a Milano dove gestiranno un ettaro di terreno e ne prenderanno un altro sempre a Roma.

La startup si tiene aggiornata per quanto riguardano le nuove tecnologie e l’agricoltura, in modo tale da risultare sempre più efficienti e sostenibili.

Sicuramente hanno capito che serve cambiare mentalità anche per quanto riguarda i costi di queste produzioni e i prezzi del mercato.

“Se si è disposti a spendere 1200 euro per un iPhone, perché rifiutarsi di pagare due euro al chilo delle zucchine cresciute in maniera sostenibile?”

Una domanda sulla quale riflettere relativamente anche alla crisi economica e climatica che stiamo vivendo.

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Ue: trovato l’accordo per la Direttiva Efficienza Energetica.

By : Aldo |Marzo 12, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menoconsumi |Commenti disabilitati su Ue: trovato l’accordo per la Direttiva Efficienza Energetica.

Dopo mesi di proposte, l’Unione europea ha finalmente trovato la quadra per quanto riguarda l’efficienza energetica.

    

La modifica

Il 10 marzo, il Parlamento e il Consiglio europeo sono arrivati ad un accordo rispetto ai nuovi obiettivi sulla direttiva efficienza energetica.

Dopo una lunga trattativa con l’Esecutivo, è stato posto un nuovo target che gli stati membri dovranno seguire e raggiungere entro il 2030.

Perciò le nazioni dovranno garantire una riduzione collettiva del consumo energetico finale dell’11,7% in più, rispetto al livello prefissato precedentemente.

      

In concreto

Questa come tante altre norme, è parte del pacchetto “Fit for 55”, che
“si riferisce all’obiettivo dell’UE di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030. Il pacchetto proposto mira ad allineare la normativa dell’UE all’obiettivo per il 2030.” (www.consilium.europa.eu/it/)

Pertanto, si mira ad aumentare il risparmio energetico, limitandone l’uso e lo spreco.

La normativa, aveva fissato il target di risparmio al 32,5% sull’energia impiegata, ma la modifica da poco accordata, alza il livello della stessa.

Questo sarà possibile grazie a linee e contributi nazionali stabiliti dai Paesi nei nuovi PNIEC (Piani nazionali integrati energia e clima).

Gli stati terranno conto della formula di calcolo fornita nella direttiva, puntando sulle caratteristiche di ciascun paese. Per di più, si considerano il Pil pro capite, l’intensità energetica, lo sviluppo delle rinnovabili e il potenziale di risparmio.

       

Cambio delle cifre

Tale modifica nella Direttiva efficienza energetica, determina un nuovo limite massimo al consumo finale di 763 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio).

Mentre per il consumo primario (incluso quello per produzione e fornitura) si parla di 993 milioni di tep: tuttavia solo il primo è vincolante.

E comunque, la normativa prevede la possibilità di discostarsi dal target del 2,5%.

Quindi l’Esecutivo avrà il compito di analizzare tutti i contributi nazionali dei paesi. Questi ultimi dovranno assicurare tagli dei consumi finali dell’1,3% entro il 2025 e poi passare al 1,9% nel 2030.

In più si dovrà applicare delle soluzioni in caso di gap con il risultato previsto, per via del “meccanismo di riempimento del divario”.

      

A chi è riferita?

La normativa verrà applicata negli stati membri dell’Unione europea a tutti i livelli amministrativi, da quello locale al nazionale.

I settori compresi sono quelli delle imprese, edifici, data center e quello della pubblica amministrazione. Nello specifico, proprio l’ambito pubblico dovrà tagliare il consumo finale dell’1,9% ogni anno.

Diversamente, gli immobili pubblici dovranno garantire che almeno il 3% di essi, venga riconvertito in edifici a zero consumo e emissioni.

      

Dunque, a breve verrà approvata la nuova stretta europea sul consumo energetico. Seppur sia rigida, potrà favorire lo sviluppo sostenibile se verranno raggiunti complessivamente i target decisi.

Bisogna solo impegnarsi agendo per via delle nuove soluzioni e vedere il risultato.

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Biometano: da Vicenza più di 200 camion si spostano grazie agli scarti agricoli.

By : Aldo |Febbraio 27, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi |0 Comment

Ridurre l’inquinamento causato dai mezzi di trasporto è un’impresa abbastanza difficile ma non impossibile.

Le soluzioni valide sono svariate e tra l’ibrido e l’elettrico di ultima generazione spicca anche il biometano.

L’eccezione italiana

A Vicenza, le aziende agricole più lungimiranti hanno usufruito del servizio degli impianti, Motta Energia e EBS per la produzione di biometano. Si tratta della produzione di 7 mila tonnellate all’anno, grazie al rifornimento di scarti agricoli di ben 120 aziende locali.

Sebbene il nuovo carburante sia sostenibile per la sua natura organica, lo è anche per quanto riguarda i trasporti della materia prima.  Infatti, le imprese che consegnano i loro “rifiuti” naturali si trovano nei pressi degli impianti, creando così un combustibile a km0.

La produzione del biometano a km0 è possibile grazie alla raccolta di scarti ed effluenti zootecnici quali letame e liquami bovini, pollina.

AB e la cooperazione

AB è l’impresa di riferimento “globale” come riportato nel sito web, in merito alle soluzioni di sostenibilità energetica, impianti, competenze, tecnologie e altri servizi.

Non a caso l’azienda ha fornito le migliori tecnologie agli stabilimenti al fine di contraddistinguerli per l’efficienza e per l’offerta di servizi unici nel settore.

In questo caso entrambi sono di proprietà di Iniziative Biometano ma si differenziano per le loro origini. Motta Energia è un cosiddetto “greenfield” quindi un impianto totalmente nuovo adibito a questo tipo di produzioni, al contrario dell’EBS. Quest’ultimo è definito “brownfield”, poichè è uno stabilimento di biogas riconvertito

Proprio grazie a tale cooperazione, si è raggiunto l’obiettivo prefissato ovvero quello di coprire l’intera filiera di trasformazione del biogas in biometano. 

         

Le tecnologie AB

La trasformazione da biogas a biometano possibile per mezzo di sistemi di depurazione a membrane BIOCH4NGE®, in grado di produrre 1200 Sm³/h di biometano.

Sono attivi anche due liquefattori CH4LNG®, che sfruttano la tecnologia Stirling capace di convertire il biometano purificato in biometano liquido.

Per ultimi, i due cogeneratori ECOMAX®, alimentati da biogas o gas naturale, per la produzione di energia impiegata in altri processi.  Ed è proprio con questa tecnologia che gli impianti si rendono portavoce di una produzione al massimo della sostenibilità.

             

Impieghi 

Il bioo-GNL prodotto a Vicenza è attualmente usato come carburante da più di 200 camion che percorrono complessivamente 100 mila km all’anno.

Ma in alternativa può essere impiegato come fertilizzante e quindi perchè no, ritornare nelle imprese agricole che forniscono gli scarti.  Anche questa produzione è realizzabile per via delle nuove tecnologie, le quali permettono un’ulteriore trasformazione rilevante.

Concretamente il digestato (residuo della digestione anaerobica) può diventare concime di ottima qualità, capace si arricchire il terreno e non solo. In questo modo il nuovo fertilizzante potrebbe contribuire notevolmente al sequestro e stoccaggio del carbonio nel suolo.

           

Piano europeo 

Se si sviluppassero attivamente altre realtà simili a quella descritta, si potrebbero cambiare le sorti della transizione energetica.

Anche perchè da poco è stato pubblicato il decreto da parte del MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica). Nel documento sono riportate le regole per accedere agli incentivi per l’immissione del biometano nella rete del gas naturale.

Inoltre, il piano REPowerEU mira alla produzione di 35 miliardi di m3 di biometano al 2030, un’opportunità di crescita e sviluppo del settore. Una chance che l’Italia dovrebbe cogliere poiché dovrebbe arrivare a 6 miliardi di m3, raggiungendo i primi posti europei per gas “verde”.

Col passare degli anni la richiesta di servizi di questo tipo cresce, come cresce anche la necessità di trovare soluzioni per salvare il pianeta.

L’obiettivo del Governo è quello di sostituire il  30% del gas importato con il biometano nazionale entro il 2030; che sia solo un punto di partenza per una futura Italia verde?

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In Europa vincono le rinnovabili, ma l’Italia segue a fatica la nuova transizione.

By : Aldo |Febbraio 13, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi, plasticfree |0 Comment

L’Europa ha schiacciato l’acceleratore e punta al sostenibile senza guardarsi indietro
L’Italia è pronta a fare lo stesso?

L’Italia cresce nel solare

Il bel Paese, sempre baciato dal sole, potrebbe fare molto di più per quanto riguarda la produzione di energia pulita.   Nel 2022 infatti, l’Italia ha raggiunto il sesto posto della classifica europea, ma manca ancora tanto lavoro per realizzare il piano dell’Unione.

La crescita registrata durante l’anno scorso (+2,6 GW) è dovuta maggiormente al Superbonus 110%, quindi al solare su piccola scala.  Ma un ulteriore fattore che ha incrementato la scelta del fotovoltaico è stato il caro prezzi. Senz’altro la crisi ha permesso un’attenta riflessione da parte dei cittadini che hanno scelto consapevolmente il rinnovabile.

Nell’eolico invece, si riscontrano ancora delle difficoltà, non a caso nel 2022 sono stati installati appena 456 MG di potenza, raggiungendo gli 11,7 GW totali.

Previsioni

Secondo uno studio di Ember, l’Italia potrebbe migliorare nell’arco di pochi anni con delle scelte volte al rinnovabile.

Tra il 2023 e il 2026, il Paese potrebbe installare dai 16,4 GW ai 34 GW. Se questa previsione si verificasse, l’Italia potrebbe puntare ancora più in alto raggiungendo a tutti gli effetti i target del piano RePowerEu.

La meta sono gli 85 GW entro il 2030, che garantirebbero un 84% di energia pulita per il mix dell’energia elettrica, attualmente del 36%.  Non c’è da dire che una transizione di tale portata avrebbe una grande risonanza in molteplici settori.

Elettricità Futura, ha analizzato proprio gli effetti di un cambiamento come quello descritto, in funzione dell’economia e dell’ambiente.  Ci potrebbero essere fino a 309 miliardi di investimenti e un beneficio che varrebbe il 2,2% del Pil. In più si ridurrebbero le emissioni di CO2 del 75% nel settore elettrico e sarebbero garantiti 470000 nuovi posti di lavoro.

La questione burocratica

Peccato che in questo bellissimo sogno, ci sia di mezzo la burocrazia che sveglia l’Italia.  Per colpa della burocrazia lenta e a volte troppo articolata, il Paese perde tante occasioni per progredire.

Si parla di una vera e propria barriera culturale contro le rinnovabili. Purtoppo in molti credono ai falsi miti che non permettono un pieno sviluppo delle tecnologie: uno tra tanti il fotovoltaico che toglie suolo all’agricoltura.  Un falso mito più volte smentito, vista la crescente tecnica dell’agrivoltaico che prevede un’azione congiunta tra l’agricoltura e il solare.


Il colpo basso

Seppur ci siano delle ottime premesse per una buona crescita, il governo italiano ha deciso di guardare altrove.

L’Italia ha stretto da poco accordi con Algeria e Libia, garantendo un investimento italiano da 8 miliardi per estrazione e produzione di gas. Tale patto garantisce 8,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno per i prossimi 25 anni. Inoltre, si parla anche della costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Questo succede, perchè si pensa ancora che il gas sia l’unica fonte di energia che possa soddisfare in tempi brevi il fabbisogno energetico del Paese.  Peccato che dalle statistiche, il gas è una risorsa in perdita poiché è insostenibile sia a livello ambientale che economico.

Nonostante problemi burocratici e scelte poco comprensibili del governo, l’Italia continua a migliorare passo dopo passo. La speranza è quella di una transizione vera e propria, anche se non in tempi record.

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Rinnovabili spiccano il volo in Europa: nel 2022 hanno superato il gas.

By : Aldo |Febbraio 09, 2023 |Acqua, Arte sostenibile, Clima, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi |0 Comment

É iniziata la vera transizione ecologica dell’Europa. I dati parlano chiaro, possiamo solo aspettarci una grande rivoluzione.

La rivincita

Secondo lo studio “More renewables, Less inflation” di E3G ed Ember, le rinnovabili hanno fatto un grande passo in avanti! I dati affermano che nel 2022, eolico e solare hanno superato la generazione di energia per mezzo del gas, con un gap minimo ma essenziale.

Le energie verdi hanno prodotto il 22% dell’energia consumata a fronte del 20% del gas; un evento che segna una grande vittoria.

Il segno che lascia questo sviluppo mette in luce anche le prospettive di crollo delle fonti fossili nel 2023. Si pensa che il gas potrebbe scendere del 20% nel nuovo anno, il doppio rispetto al 2020.

Fattori vincenti

Sicuramente la guerra in Ucraina ha accelerato lo sviluppo e la produzione di energia sostenibile permettendo un’importante transizione energetica.

Un altro fondamentale fattore che ha reso possibile l’impennata delle rinnovabili è stato il clima. Sembra assurdo dirlo ma proprio le temperature miti protratte negli ultimi mesi dell’anno, hanno permesso agli europei di risparmiare in riscaldamenti.

Ma è importante anche sottolineare la volontà dei cittadini di muoversi nella stessa direzione, riducendo la domanda di energia a causa della crisi. 

 

Il solare

Il solare è uno dei principali protagonisti di questa storia, registrando l’aumento più rapido mai visto. La crescita del 24% nel 2022 ha evitato l’importazione di 70 miliardi di metri cubi di gas, consentendo di risparmiare 10 miliardi di euro.

Le cifre di cui parliamo hanno una grande rilevanza, dato che il vantaggio è stato possibile grazie all’azione di 20 paesi dell’Unione. Si tratta di 41 GW di nuova potenza fotovoltaica in Europa. Solar Power Europe pensa che questo sia solo l’inizio di una grande avanzata.

«Siamo fiduciosi che un’ulteriore crescita annuale del settore supererà tutte le aspettative, andando oltre i 50 gigawatt di nuova capacità nel 2023 e raggiungendo gli 85 GW nel 2026».

La Germania è in cima alla classifica, con una crescita di 8 GW, seguita da Spagna (7.5), Polonia (4.9), Paesi Bassi (4) e Francia (2,7).

 

L’eolico

Anche l’eolico è aumentato grazie a 15 GW di nuovi impianti eolici che determinano una crescita di 1/3 rispetto al 2021.  Troviamo nuovamente la Germania è in testa seguita da Svezia, Finlandia, Spagna e Francia, secondo il rapporto Wind Europe.

Di fatto questo è un grande passo in avanti che tuttavia risulta insufficiente per centrare gli obiettivi europei: ma è un buon punto di partenza.

Purtoppo un notevole problema resta sempre la burocrazia, nello specifico le autorizzazioni, che rallentano l’innovazione.  In Europa, infatti, sono bloccati 80 GW di progetti eolici e Giles Dickson, Ceo di WindEurope afferma che:

L’aumento del 33% delle nuove installazioni dimostra che l’industria eolica europea è all’altezza della sfida. Ma bisogna semplificare le procedure di autorizzazione e agevolare gli investimenti nella catena di approvvigionamento: fabbriche, lavoratori qualificati, reti, materie prime e navi.”

 

Carbone e gas

Arrivati a questo punto, si può pensare di abbandonare il carbone, poiché non ha aiutato a risanare il deficit energetico come ci si aspettava.  Effettivamente ha coperto 1/6 della lacuna energetica, con un aumento del 7%, che poteva essere maggiore se non fossero entrate in gioco le rinnovabili.

Nell’Unione l’uso del carbone è diminuito del 6% su base annua, soprattutto negli ultimi mesi del 2022, nonostante la grande importazione. In realtà l’Europa aveva acquistato 22 milioni di tonnellate di carbone in più nel 2022, ma ha usufruito solo di 1/3 di esse.

Mentre, a fronte del caro prezzi, sorprende che la produzione di gas sia rimasta invariata, producendo il 20% dell’elettricità europea nel 2022.  Nonostante Ember stimi un crollo del 20% della produzione elettrica da fossili, afferma che il gas potrebbe restare il materiale più costoso fino al 2025.

Come dimostrato dai dati, l’Europa ha ingranato la marcia ed è diretta alla sostenibilità.
Senza dubbio in questo nuovo anno, la transizione energetica europea accelererà senza precedenti verso un futuro più “verde”.

Secondo Dave Jones, head of data insights di Ember:

“La transizione energetica dell’Europa emerge da questa crisi più forte che mai”.

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