Efficienza energetica

Roma inaugura la prima CER che ha come centro una scuola.

By : Aldo |Novembre 27, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su Roma inaugura la prima CER che ha come centro una scuola.

Quando si parla di sensibilizzazione spesso si pensa alle scuole, o ad incontri e lezioni in aula rivolte ad un pubblico di vario tipo. La scuola è sicuramente un ente in cui si formano i ragazzi che possono essere parte attiva del cambiamento per il loro stesso futuro. Come nel caso della scuola di Roma, diventata il fulcro di una CER.

    

Le CER

Le comunità Energetiche Rinnovabili, sono una forma innovativa di produzione e condivisione di energia, per ridurre i costi e le emissioni di CO2. Tale sistema permette di coinvolgere tante realtà come i cittadini, attività commerciali, amministrazioni locali e piccole-medie imprese. Tuttavia, è importante la collaborazione tra due o più soggetti per la produzione di energia destinata all’autoconsumo, scambio e in caso di surplus, cessione alla rete.

    

La produzione condivisa, consentita tramite impianti che possono appartenere anche a terzi, comporta benefici sia economici che ambientali. Infatti, questi sistemi favoriscono nuove opportunità occupazionali per le piccole e medie imprese coinvolte nello sviluppo, gestione e manutenzione degli impianti. Proprio nella giornata di ieri, la Commissione Europea ha promosso il decreto del MASE per incentivare le comunità energetiche (Cer), sbloccando aiuti per 5,7 miliardi.

     

La CER a Roma

A Roma la prima CER è arrivata a dicembre del 2022, nel quartiere della Vittoria in viale Sant’Angelico ed è nominata “Le Vele”. L’obiettivo di tale sistema è quello di abbattere l’emissione di 41 tonnellate di CO2, equivalenti a 1.365 alberi piantati. Nello specifico la CER gode di un impianto di 90 Kw che produrrà̀ circa 120 mila kWh di energia pulita l’anno. Tutto questo grazie alla collaborazione di 3 soggetti ossia, il I municipio, Federconsumatori e l’Istituto Leonarda Vaccari.

     

Un altro record è quello che riguarda la prima CER nata intorno ad una scuola. L’Istituto Moscati di via Padre Semeria è il fulcro di questa comunità, grazie alla collaborazione tra VIII Municipio, RomaTre, Comune e associazioni di cittadini. La scuola ora rappresenta non solo un luogo di formazione ma anche un simbolo di sostenibilità e cooperazione tra cittadini, università ed altri enti.

    

La scuola nella CER

La CER dell’VIII Municipio ed approda nell’Istituto comprensivo Moscati di via Padre Semeria, sul tetto della quale sono stati installati dei pannelli fotovoltaici. L’istituzione dell’impianto garantisce un grande risultato che non riguarda solo il risparmio economico e una transizione energetica, ma un processo di partecipazione democratica.

    

Questo è solo uno il primo di una serie di progetti in fase di avvio a Roma. Il piano stato presentato nell’aula magna del Rettorato dell’università Roma Tre, con un workshop dal titolo “Comunità energetiche rinnovabili il ruolo delle amministrazioni locali”. Non a caso l’iniziativa è stata presentata come un laboratorio di interesse universitario e comunale, che può valorizzare maggiormente il patrimonio dei tetti pubblici. Inoltre l’energia prodotta può aiutare il quartiere ed è così che il programma diventa simbolo di cambiamento ambientale e sociale.

    

È importante ricordare che con tale progetto, la scuola sarà in grado di risparmiare sui costi dell’energia e di abbassare le emissioni grazie alle rinnovabili. In più, i profitti derivati dal piano, saranno investiti in attività di inclusione e di sostegno per famiglie in povertà energetica. Dunque, come detto in precedenza, l’iniziativa ha finalità educative, ambientali, economiche e sociali.

    

Iniziativa e cooperazione

La particolarità di questa idea è proprio la sua origine. Infatti il tema scuola è al centro del progetto proprio per volere dell’Associazione “ScuolaLiberaTutti” composta dai genitori degli studenti. Proprio l’associazione ha proposto all’VIII Municipio e alla scuola di costituire una Cer finanziata dall’organizzazione stessa. Il municipio che ha accolto l’idea è poi riuscito a trovare fondi pubblici per realizzare l’impianto fotovoltaico da 15 KW: ora manca solo la connessione.

   

In tutto questo vi è anche lo zampino dell’Università Roma Tre. L’ateneo ha osservando i movimenti, ha pensato di partecipare mettendo a disposizione i suoi edifici per realizzare altri impianti che serviranno per autoconsumo e produzione. Oltre ai benefici elencati precedentemente, l’università ha colto l’occasione per pensare ad ipotetici e futuri progetti didattici e master specifici. 

 

All’incontro ha partecipato anche Andrea Catarci, assessore alle Politiche del personale, al decentramento, partecipazione e servizi al territorio per la Città dei 15 minuti. L’assessore ha sicuramente portato un barlume di speranza nel tunnel della lenta burocrazia delle CER italiane e principalmente quelle romane. Catarci ha infatti dichiarato che Roma, in 3 anni, avvierà almeno una Cer in ogni municipio e coinvolgerà altre 300 scuole.

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La funivia delle mele: l’innovazione per limitare traffico e inquinamento.

By : Aldo |Novembre 22, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su La funivia delle mele: l’innovazione per limitare traffico e inquinamento.

Le nuove tecnologie fanno avanzare il mondo sotto tanti punti di vista. Di certo hanno facilitato molte attività ma non per questo determinano, a priori, un danno alla cultura e alle tradizioni di una popolazione.

    

Il consorzio Melinda

L’azienda Melinda è un consorzio che produce ogni anno circa 400.000 tonnellate di mele nelle valli di Non e Sole. È composta da oltre 4.000 famiglie di soci produttori, raggruppati in 16 cooperative, che vivono e coltivano il melo nelle Valli citate.

   

Queste coltivazioni sono rappresentano non solo il grande fulcro del Trentino. Infatti, alla fine dell’Ottocento, piantare alberi di melo si è rivelata la salvezza per la comunità della Valle di Non. In quegli anni si diffusero velocemente malattie che colpiscono gelsi e vite; dunque, molte famiglie sono costrette a emigrare: tante ma non tutte. Coloro che provarono a resistere si giocarono la carta della coltivazione di mele, una scommessa che risultò vincente.

   

Da lì, l’abbondanza dei raccolti supera presto il fabbisogno della comunità, quindi si passa all’esportazione, un’altra attività trionfante. Alla fine degli anni 30 del Novecento, il 40% della frutta trentina viene dalla Valle di Non e da qui parte il 70% dell’esportazione. Successivamente negli anni 60-70 è boom: il successo delle mele della Val di Non porta lavoro per tutti, benessere, ripopolamento dei paesi. Il consorzio è una punta di diamante del Bel Paese, ma oggi è anche una grande realtà sostenibile soprattutto dopo l’ultima trovata.

   

Il progetto PNRR

Il progetto di Melinda ha vinto il bando previsto dal Pnrr dedicato alle migliori idee per lo sviluppo della logistica agroalimentare. Con questa vittoria si classifica al secondo posto su un totale di cento proposte che hanno avuto accesso ai fondi. Il piano era già stato presentato al Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e delle Foreste e al Parlamento europeo come buona pratica di sostenibilità ambientale.

   

L’idea è quella della prima funivia in Italia, che possa trasportare le mele dell’azienda, riducendo emissioni di CO2, traffico e carburante. Il costo complessivo del programma è di 10 milioni di euro, di cui 4 arriveranno come contributo a fondo perduto dal PNRR

   

Si tratta di un impianto monofune ad agganciamento automatico a tre piloni con 11 piloni di sostegno con un dislivello di 87m. Tale sistema potrà trasportare ogni ora 460 contenitori impilabili o “bins”, alla modica velocità di 5 m/s lungo un viaggio a dir poco peculiare. Infatti, l’itinerario partirà dalla sala di lavorazione di Predaia e arriverà fino alla Miniera di Rio Maggiore; lì entrerà nelle cave estrattive di dolomia. Dopodiché prosegue per altri 430 metri all’interno di una galleria per raggiungere le celle ipogee: qui le mele entrano in un “frigorifero naturale”.

    

Impatto ambientale

Questo progetto ha degli importanti e validi sviluppi sostenibili, che apportano una rilevante innovazione nel Paese: ripartiamo proprio dalle celle. L’ambiente in esame ha una temperatura controllata nel cuore delle Dolomiti che permette di risparmiare il 30% di corrente elettrica rispetto a un magazzino tradizionale. Inoltre, elimina la necessità di dover costruire nuovi edifici in superficie.

    

Di certo, entro il 2024 in Val di Non, 40mila tonnellate di frutta non viaggeranno più lungo l’autostrada. In particolare, oggi sono necessari 10 camion che effettuano complessivamente 80 viaggi al giorno, trasportando ciascuno 36 bins. Nello specifico non si effettueranno più 6000 viaggi con i tir, togliendo dalla strada un traffico pari a 12000 km/anno, riducendo l’inquinamento in un ambiente molto delicato.

    

Nonostante ciò, Melinda è sostenibile da tempo, grazie a tanti accorgimenti che vanno a dalla riduzione delle emissioni, dell’energia e dell’acqua. Ma arriva anche alle coltivazioni biologiche, non intensive e alla salvaguardia della fauna che abita le valli del Trentino. Senza dubbio, questo nuovo programma potrà solo dare ancora più valore alla riqualificazione del centro visitatori al frutteto quale potrà partire un percorso dedicato.

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E se la CO2 diventasse una risorsa? Ecco i casi più virtuosi nel mondo.

By : Aldo |Novembre 20, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su E se la CO2 diventasse una risorsa? Ecco i casi più virtuosi nel mondo.

Il concetto di economia circolare non si affianca solo a determinati processi di produzione, ma riguarda un complesso sistema ideologico globale. Sarebbe necessaria la sua attuazione in più settori possibili, ma soprattutto sarebbe opportuna una sensibilizzazione della popolazione mondiale per definire il cambiamento.

   

La CO2

Generalmente si parla della CO2 con accezione negativa. Quello che ci raccontiamo sommariamente è che si tratta di un gas che sta aumentando nel mondo, causando non pochi danni alla popolazione. L’attuale lotta al cambiamento climatico è in primis volta alla riduzione di questo gas climalterante secondo vari metodi, processi dei singoli o delle aziende.

Ma quello che forse non si pensa tutti i giorni è che la CO2 potrebbe diminuire anche con attività produttive che la coinvolgono in maniera massiccia. Così l’anidride carbonica diventa una risorsa; come in altri casi è un elemento da eliminare che tuttavia può essere riusato senza creare altri danni all’ambiente.

Il movimento in atto propone quindi un’ampia gamma di soluzioni per contrastare il grande problema. Come capofila troviamo decine e decine di startup, provenienti da tutto il pianeta, che stanno rafforzando il settore della clean technology. Un ambito in forte crescita negli ultimi anni, che prevede grandi investimenti per la ricerca, che potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni mondiali del 10%.

    

Esempi di startup e innovazioni

Al momento le tecnologie sono le più disparate come le startup che lo studiano. Ma concretamente, come si può impiegare la CO2 considerandola una materia prima, una nuova risorsa? Di seguito riportiamo una serie di esempi virtuosi, di nuovi fronti della tecnologia e dell’arte del riuso.

   

  • La CO2 in serra. Climeworks è un’azienda svizzera leader nei processi di rimozione della CO2, grazie alle tecnologie usate come quella che descriviamo in questo esempio. La società ha un impianto in grado di catturare l’anidride carbonica e trasformarla in fertilizzante per le serre ortofrutticole. Questo è possibile grazie allo sfruttamento dell’energia termoelettrica e rinnovabile di un vicino inceneritore, che ne cattura la CO2 grazie a particolari filtri.
       
  • CO2nvert e l’etanolo. CO2nvert, una startup con sede ad Udine, si è impegnata nella trasformazione dell’anidride carbonica in etanolo, per diversi impieghi. Per esempio è stato usato come carburante per aerei o come elemento per la cosmetica, soprattutto per la creazione di profumazioni.  L’impresa conferma di usare solo fonti rinnovabili e in particolare riesce a rimuovere 8 kg di anidride carbonica per ogni kg di etanolo. Un valore pari a quello catturato da 65 alberi.
       
  • Air Protein e la carenza di cibo. Air Protein invece, si è basata sul problema delle emissioni derivato dal cibo e la sua mancanza in alcune aree del mondo. L’azienda è riuscita, con una tecnologia mutuata da un programma della NASA, ad aggiungere CO2 a minerali, acqua, ossigeno e azoto. Così facendo, Lisa Dyson e John Reed (i ricercatori del MIT) ha sintetizzato una farina ricca di proteine, quindi anche un’alternativa sostenibile alla carne.
        
  • Carbon Craft Design. In questo caso invece, si parla di edilizia, settore responsabile del 39% delle emissioni. La startup Carbon Craft Design dell’architetto indiano Tejal Sidanl, vuole partecipare alla riduzione dei livelli di inquinamento, soprattutto del suo Paese. Per questo ha inventato le “carbon tiles”, mattonelle formate con il carbonio nero estratto dall’inquinamento. Sono composte di scaglie e polvere di marmo impastate con la CO2 catturata con un filtro per il particolato.
       
  • Aria nell’alcol. Air Company, un’azienda che produce profumi, si trova ora in un nuovo business: quello dell’alcol o precisamente della vodka. L’impresa formata da Stafford Sheehan (ricercatore di chimica dell’Università di Yale) e Gregory Constantine responsabile marketing della vodka Smirnoff, ha una buona idea. I fondatori infatti sono riusciti a trasformare la CO2 in etanolo con l’aiuto di un catalizzatore metallico, messo in funzione con l’energia solare. Con una bottiglia della vodka Air Company da 750 ml si catturano di 340 grammi di anidride carbonica.
        
  • Le batterie italiane. Un’altra realtà italiana di spicco è Energy Dome: la prima azienda al mondo ad aver inventato una batteria di accumulo a base di anidride carbonica. Il progetto CO2 Battery è in grado di ridurre i costi (e l’impatto) delle materie prime utilizzate. Nello specifico si basa su una tecnologia che sfrutta le proprietà della CO2 con un processo termodinamico innovativo.
        
  • I gioielli della CO2. Tutti quanti già lo sanno: un diamante è per sempre, ma vale ancora di più se può ridurre le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera. Dunque, l’azienda in esame è l’americana Aether Diamonds, che intrappola l’aria inquinata e ne estrae la CO2 trasformandola in diamanti. Si tratta di un processo rivoluzionario e sostenibile che consente la crescita del diamante, un atomo alla volta, scongiurando l’utilizzo di combustibili fossili estratti.

       
    E poi ci sono ancora imprese che con l’anidride carbonica hanno creato dei biopolimeri per borse e sedie, chi invece ha pensato di unirla al calcestruzzo. La ricerca continua senza sosta lo studio delle più complesse tecnologie, pur di risolvere la quesitone climatica. Sicuramente questi sono degli esempi che dimostrano la quantità di possibilità concrete che abbiamo per migliorare il mondo.

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Città sostenibili: Bressanone diventa un modello di volontà ed efficienza.

By : Aldo |Novembre 14, 2023 |Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su Città sostenibili: Bressanone diventa un modello di volontà ed efficienza.
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Per rendere una città sostenibile è necessario sviluppare programmi efficaci che includano un cambiamento graduale della quotidianità. A volte ci si dimentica di alcune attività commerciali, di certi servizi necessari, ma poco a poco, con i giusti metodi si può arrivare al risultato previsto. Ecco un esempio.

   

Il modello Bressanone

Bressanone, in provincia di Bolzano, è la città più antica del Tirolo ed è nota per le sue numerose attrazioni, storiche, artistiche, culturali e ambientali. Documentata per la prima volta nel 1901, Bressanone gode di buone temperature che alimentano il turismo in ogni stagione, anche e soprattutto quello sportivo. Si parla di comprensorio sciistico ed escursioni, trekking estivo e snowboard invernale.

    

Questa città di 23.000 abitanti situata in uno scenario dalla bellezza mozzafiato sta attirando molte attenzioni anche per altri motivi. Non si tratta solo di paesaggi, storia e arte ma anche di temi “green”. A Bressanone, infatti, è iniziata una transizione ecologica, una rivoluzione per una maggiore sostenibilità che ha scaturito grandi risultati visibili a tutti.

     

L’obiettivo è quello di ridurre l’impatto sull’ambiente della località, nell’interesse della popolazione e delle generazioni future. I programmi sono stati sviluppati proprio dalle autorità locali che si sono fatte carico dell’impegno di preservare la città con una gestione sostenibile delle risorse naturali. Tra le varie iniziative ci sono progetti per la mobilità, un consumo opportuno dell’acqua, nuovi metodi di riscaldamento e tanto altro.

      

Fontanelle, festival e riscaldamento

Le autorità di Bressanone hanno intrapreso un percorso per migliorare la distribuzione d’acqua, il suo consumo e per renderlo più sostenibile. Infatti, nel 2019 è stata avviata la campagna “Refill Your Bottle”, con l’obiettivo di eliminare la plastica dalla montagna Plose. In questo modo gli stessi rifugi hanno bandito la plastica monouso (bicchieri, cannucce, bottigliette d’acqua) offrendo al contempo delle borracce in acciaio inox. Questo piano ha incentivato il consumo d’acqua per mezzo del refill delle borracce. Successivamente, nel 2021, la campagna è stata estesa a tutta la località, grazie alle targhette “Refill” su oltre 50 fontanelle di Bressanone e dintorni. Tale iniziativa ha garantito un approvvigionamento gratuito d’acqua potabile di alta qualità.

    

Ma non è finita, perchè questa importante risorsa ha una grande rilevanza per la comunità, tanto che dal 2017 organizza il Water Light Festival. Si tratta di un evento primaverile, che invita a una consapevolezza rispettosa della natura e a un uso sostenibile delle risorse idriche. Il tutto però è sempre rapportato alla cultura, alla tradizione locale e alla storia del territorio. Un ultimo passo importante sarà quello dell’abolizione della plastica nel parco acquatico Acquarena.

    

Ultimo ma non per importanza, un altro utilizzo dell’acqua nella località in esame. Si parla di riscaldamenti: infatti gli abitanti di Bressanone hanno deciso di affidarsi al teleriscaldamento, un metodo di riscaldamento che utilizza acqua calda invece del gas. Questa novità ha migliorato enormemente la qualità dell’aria e il bilancio di CO2.

    

Biciclette e parcheggi

Anche nel settore della mobilità sostenibile sono stati fatti grandi passi in avanti. Non a caso, l’efficiente rete di trasporti pubblici è stata potenziata, determinando un aumento costante del numero di utenti. Mentre per limitare gli spostamenti con mezzi propri sono nati dei garage di design che invogliano i clienti a scendere dall’auto e dimenticarla per tutto il tempo del soggiorno.

    

Anche in questo caso, la comunità ha saputo compensare la mancanza di auto con efficienti servizi di mobilità “attiva” in bicicletta e a piedi. Quindi sono stati ampliati la rete ciclabile, il prestito di e-bike ai residenti (eBike2Work) e l’educazione alla mobilità sostenibile. Mobilità integrata con l’adozione di Bicibox, parcheggi coperti e chiusi a chiave prenotabili via app, per parcheggiare la bicicletta in sicurezza.

    

Valorizzazione materie e rifiuti

Di certo, in una transizione come questa, non manca la raccolta differenziata che ha raggiunto il 75% della raccolta dei rifiuti. Mentre il restante 25% finisce all’inceneritore di Bolzano che poi immette il calore nella rete di teleriscaldamento. Il target è stato raggiunto grazie agli innovativi contenitori elettronici seminterrati, che consentono l’apertura del portello con una tessera magnetica nominale di identificazione. Il “bidone” ha un sistema di pesatura integrato che attribuisce a ogni utilizzatore l’esatto peso dei rifiuti gettati, per la relativa fatturazione. In tal modo c’è maggior consapevolezza della quantità di rifiuti non riciclabili prodotti.

    

Infine, è attiva la raccolta degli oli alimentari esausti prodotti dai privati e dalla ristorazione per evitare che finiscano nella rete fognaria. Quanto raccolto viene rigenerato per la produzione di biodiesel.

   

Dunque si può affermare che Bressanone abbia una popolazione lungimirante, che si impegna per le generazioni future. Una comunità che fa della sostenibilità un punto focale della vita quotidiana anche e soprattutto legata al divertimento e al tempo libero. Non a caso tutte le manifestazioni organizzate o supportate dal locale ufficio del turismo sono certificate “green event”. Quindi si tratta di una città che ha carpito il vero valore della transizione godendo e condividendo i benefici da essa derivati anche con gli altri.

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Il lusso nel turismo sostenibile. Lefay Resorts&Residences è l’esempio italiano.

By : Aldo |Ottobre 22, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il lusso nel turismo sostenibile. Lefay Resorts&Residences è l’esempio italiano.

Ad oggi qualsiasi attività deve approcciare ad una transizione verso la sostenibilità. Questo comprende anche il settore del turismo, che in Italia vale milioni di euro ogni anno.
Alcuni cambiamenti in questo senso prevedono importanti finanziamenti che non tutti possono permettersi. Tuttavia il settore del lusso, anche nell’ambito turistico può fare la differenza: ecco come.

   

Turismo sostenibile

Il turismo sostenibile è considerato come un approccio in contrapposizione rispetto all’overtourism. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo si tratta di un:

turismo consapevole del suo impatto sociale, economico e ambientale presente e futuro, in grado di soddisfare le esigenze dei visitatori, delle comunità locali, dell’ambiente e delle aziende”.

Il Global Sustainable Tourism Council (GSTC) stabilisce e gestisce gli standard globali per viaggi e un turismo sostenibili e repsonsabili, noti come i Criteri GSTC. Questi sono rivolti a due insiemi, quelli dei policy maker e ai manager delle destinazioni turistiche e quelli rivolti agli hotel e ai tour operator. I criteri sono divisi in quattro pilastri:

  • Gestione sostenibile
  • Impatti socioeconomici
  • Impatti culturali
  • Impatti ambientali

Poiché le destinazioni turistiche sono diverse per cultura, usanze e leggi, i criteri sono adatti ad ogni condizione e integrati con ulteriori specificità.  Questi sono la base con cui l’ente di Accreditamento per gli Organismi di Certificazione valuta le società e le imprese in esame.

   

L’esempio italiano

L’Italia, hotspot di biodiversità e casa di un grande patrimonio storico e artistico è sicuramente lo stato che dovrebbe sviluppare maggiormente questo tipo di turismo. Negli ultimi anni, molte città hanno migliorato questo aspetto tanto da essere riconosciute dal Global Sustainable Tourism Council, tra queste: Siena, Cagliari, La Valsugana.

   

L’Italia sta facendo dei grandi passi in avanti e per questo si può riportare l’esempio di una grande catena di lusso che fa da capofila. Lefay Resorts&Residences è una delle strutture alberghiere più citate nel settore lusso per il suo approccio sostenibile presente fin dalle origini dell’impresa. Alcide Leali, amministratore del gruppo, afferma che la famiglia non ha mai puntato a costruire un hotel o diventare albergatori. Pensavano invece di creare un concetto di ospitalità legato al benessere degli ospiti e quindi anche in armonia con l’ambiente circostante.

    

Lefay Resorts&Residences creò ben 2 strutture a cinque stelle: una a Gragnano (sul Lago di Garda nel 2008), una a Pinzolo (tra le Dolomiti nel 2019). L’approccio del gruppo consiste nell’utilizzo di risorse locali e rinnovabili per quanto possibile e nel limitare le emissioni e l’impatto delle loro attività. In entrambi i casi, l’azienda ha scelto accuratamente i materiali necessari e le tecnologie opportune per il raggiungimento della massima sostenibilità.

    

Le misure sostenibili.

L’azienda Lefay Resorts è la prima del settore ad aver siglato un accordo il ministero dell’Ambiente per progetti mirati alla neutralizzazione delle emissioni di CO2. La famiglia ha iniziato un percorso di compensazione per mezzo dell’acquisto di crediti CERs ancora prima che l’attuale norma fosse autorizzata.

   

Inoltre il gruppo redige da anni il Bilancio della Sostenibilità, per condividere in trasparenza i risultati raggiunti e gli obiettivi di miglioramento attesi nel futuro. Tra le misure riportate ci sono anche soluzioni per ridurre i consumi energetici, come l’uso di software per la gestione intelligente di luce e acqua. Il report indica che le strutture godono di pannelli solari e centrali a biomassa alimentate a cippato. Con queste scelte, e i 3 nuovi impianti fotovoltaici realizzati nel 2023, per il risparmio energetico, l’impresa ha evitato l’immissione di 75mila kg di CO2.

   

Materiali biodegradabili o compostabili a base di mais sostituiscono la plastica monouso e per quanto possibile si scelgono materiali locali. A Gragnano il gruppo ha scelto il marmo rosso di Verona e per il parquet, il legno di ulivo invece che l’iperbolico teak birmano. Qui è presente anche un impianto di cogenerazione (energia e riscaldamento) alimentato a gas metano. A Pinzolo troviamo legno che deriva dai boschi del territorio, quindi da alberi come la rovere e il larice. Mentre per quanto riguarda l’energia, si sfrutta il gas naturale liquefatto (il carburante fossile più pulito fra i disponibili), perché non sono presenti altre alternative.

    

Le certificazioni 

Tutti questi sforzi sono stati riconosciuti grazie alle certificazioni dall’ente certificatore TÜV SÜD (nel rispetto di quanto previsto dallo standard ISO 14064). Tale realtà ha convalidato l’implementazione del sistema di Gestione per la Qualità e l’Ambiente conforme agli standard ISO 14001 e ISO 9001. Questo riconoscimento specifico riguardava:

  • L’ideazione e sviluppo di soluzioni architettoniche per strutture ricettive innovative ed ecocompatibili;
  • Processi di management e sviluppo dei settori accoglienza e benessere.

   

Un’altra certificazione distintiva è la Green Globe, fondata su un protocollo appositamente ideato per le strutture turistiche. Si basa sulla verifica di ben 400 indicatori relativi alle aree: economica, sociale e ambientale. Infine, nel 2022 per raggiungere la carbon neutrality, Lefay ha acquistato i crediti Gold Standard e CER a sostegno dei progetti:

  • Clean Water Somali (Etiopia),
  • Dora-II Geothermal Power (Turchia),
  • Carotino e Melewar Palm Oil Mill (Malesia),
  • Pho Thong Solar (Thailandia).

L’impresa è impegnata anche nell’etica, soprattutto per migliorare quotidianamente le condizioni di lavoro degli impiegati e la relazione con clienti e stakeholder.

Sicuramente nel momento in cui gli incassi sono elevati, è più facile poter apportare modifiche e usare misure più dispendiose. Queste possono ridurre l’impatto ambientale delle strutture, migliorando contemporaneamente la permanenza degli ospiti. 

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Coradia Stream: il primo treno a idrogeno d’Italia.

By : Aldo |Ottobre 17, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Coradia Stream: il primo treno a idrogeno d’Italia.

La transizione ecologica prevede una serie di cambiamenti all’interno della maggior parte dei settori che riguardano i servizi basilari di ogni città. E come ogni grande rivoluzione si deve partire da un punto più o meno complesso: nel nord Italia si parte dai trasporti su rotaie.

     

La presentazione

Arriva dopo tanta attesa l’innovazione che cercavamo. Il primo treno a idrogeno d’Italia è pronto per portare un grande cambiamento nella Valcamonica (BS) e nel territorio circostante. Il prototipo è stato presentato durante l’EXPO Ferroviaria 2023 alla quale hanno partecipato le società produttrici, le aziende di trasporti e tanti altri. Tra questi FNM e Alstom, che sono i nomi principali di questa novità italiana e che vantano anni di successi nel settore ferroviario e non solo.

    

L’idea riportata nell’accordo siglato a novembre 2020 è quella di far passare il treno lungo la linea Brescia-Iseo-Edolo in Valcamonica, nell’ambito di H2iseO. La linea attiva dal 2025 sarà la base per la realizzazione per la prima Hydrogen Valley italiana.

   

Coradia Stream

Coradia stream, è il primo treno ad idrogeno d’Italia ed è la soluzione all’obiettivo europeo di azzerare completamente le emissioni di C02 entro il 2050. La sua entrata in scena segna l’inizio di una nuova era nel trasporto ferroviario passeggeri nella Penisola. Si tratta del primo treno a zero emissioni dirette di CO2 per l’Italia, ha 260 posti a sedere e un’autonomia superiore a 600 km.

    

Nello specifico il mezzo presenta una carrozza intermedia chiamata “Power Car”, nella quale risiede il cuore della tecnologia ad idrogeno. L’energia è fornita dalla combinazione dell’idrogeno (immagazzinato nei serbatoi) con l’ossigeno dell’aria esterna, senza emissione di CO2 nell’atmosfera.  Mentre le batterie agli ioni di litio ad alte prestazioni immagazzinano l’energia. Quest’ultima viene successivamente sfruttata nelle fasi di accelerazione per supportare l’azione delle celle a idrogeno e garantire il risparmio di carburante.

    

Nonostante i cambiamenti, le società produttrici assicurano il mantenimento degli elevati standard di comfort già apprezzati dai passeggeri nella sua versione elettrica. Inoltre, garantiscono anche le stesse prestazioni operative dei treni diesel, compresa l’autonomia. Infine, il Coradia potrà operare sulle linee non elettrificate in sostituzione dei treni che utilizzano combustibili fossili.
     

Accordi, obiettivi e progetti

L’accordo siglato a novembre 2020 prevedeva la fornitura a Trenord di 6 treni a celle a combustibile a idrogeno con opzione per ulteriori otto. Il progetto è stato promosso da FNM, FERROVIENORD e Trenord, H2iseO, società che hanno lo stesso punto di vista sulla sostenibilità e lo stesso obiettivo. Quello di sviluppare in Valcamonica una filiera economica e industriale dell’idrogeno. Partendo dal settore della mobilità, si passerebbe alla conversione energetica del territorio per poi contribuire alla decarbonizzazione di una gran parte del trasporto pubblico locale.  

    

Tale progetto altamente innovativo include la realizzazione di 3 impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno rinnovabile senza emissioni di CO2. Oltre a questo, è prevista la messa in servizio di 40 autobus ad idrogeno in sostituzione dell’intera flotta oggi utilizzata da FNM Autoservizi.

 

Le società e l’attivazione

Come anticipato il treno entrerà in servizio in Valcamonica verso l’inizio del 2025, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo di FERROVIENORD (servizio viene gestito da Trenord). Nonostante ciò, il progetto è stato presentato alla fiera e creato da FNM e Alstom.

   

FNM è attualmente il principale Gruppo integrato nella mobilità sostenibile in Lombardia ed è uno dei principali investitori non statali italiani del settore. Alstom invece, è leader globale nella mobilità intelligente e sostenibile. Si occupa di treni ad alta velocità, metropolitane, monorotaie, tram, sistemi chiavi in mano. Ma anche di servizi, infrastrutture, segnalamento e alla mobilità digitale ed è fornitore e manutentore del Gruppo FNM da oltre 15 anni. Insieme hanno collaborato per l’ideazione del progetto, concretizzato in molteplici siti sparsi per il nord Italia.

    

Studi, tecnologie e ricerche hanno uno scopo comune, ovvero quello di sviluppare progettualità a tutto tondo che facciano crescere la cultura aziendale. In tal modo si caratterizzano i processi industriali e le soluzioni compatibili con la tutela dell’ambiente, il risparmio energetico, tutto anche a servizio dei cittadini.

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Il rapporto del primo Global Stocktake: cosa si richiederà alla COP28?

By : Aldo |Ottobre 09, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Il rapporto del primo Global Stocktake: cosa si richiederà alla COP28?

Tanti paesi si sono mossi per migliorare il proprio impatto sul pianeta; eppure, c’è ancora molto da fare in questo senso. Sicuramente le varie riunioni, le assemblee globali aiutano tale cambiamento, tuttavia servono linee più rigide e molti più finanziamenti.

 

Global Stocktake

Prima di parlare della situazione in cui ci troviamo e delle linee guida proposte dall’assemblea, è necessario spiegare l’entità e la rilevanza del Global Stocktake. Si tratta di un bilancio globale, un processo per i paesi e le parti interessate (alla COP) per capire quali progressi collettivi sono in atto. Dunque, è un incontro che serve a determinare se gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, sono in fase di realizzazione o meno.

   

Considera tutto quello che riguarda la posizione del mondo sull’azione e il sostegno per il clima, per poi identificare le lacune e colmarle. Così facendo si traccia un percorso migliore per accelerare l’azione richiesta dall’assemblea e globalmente necessaria. Questo bilancio si svolge ogni cinque anni e il primo terminerà con la COP28 che si terrà dal 30 novembre a 12 dicembre a Dubai. È fondamentale ricordare che non è solo un controllo di routine, ma un un’opportunità per aumentare l’ambizione per evitare le peggiori conseguenze del cambiamento climatico. Non è quindi la soluzione agli attuali problemi, ma la base di una risposta che faccia la differenza.

   

Secondo Stiell, nuovo segretario esecutivo dell’Unfccc, il risultato ideale di tale bilancio sarebbe una tabella di marcia. In essa dovrebbero essere inclusi dei “percorsi di soluzioni” che guidino le azioni immediate, divise per settori, regioni, attori. Il tutto per raggiungere gli obiettivi previsti entro i prossimi 7 anni.

   

Rapporto di sintesi

Per poter arrivare alla COP28 con le idee chiare, è stato creato un rapporto di sintesi. Quest’ultimo presenta una serie di misure utili a restare sotto gli 1,5°C e sarà la base dei negoziati del prossimo incontro. Il documento di 45 pagine, presenta i 17 risultati principali, i quali ci informano che non siamo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi prefissati.

 

Attualmente siamo molto distanti dalla traiettoria giusta per rispettare la soglia di 1,5 gradi, forse l’obiettivo più ambizioso del Paris Agreement. Le analisi svolte sulla base dell’impatto collettivo di tutte le misure annunciate dagli stati nei loro Contributi Nazionali Volontari, non mostra una realtà positiva. Infatti, il calcolo afferma che nel 2100 potremmo arrivare a un aumento della temperatura di 1,7°C rispetto all’epoca pre-industriale. Tuttavia, se si considerano solo le politiche già introdotte, la traiettoria oscilla tra +2,1 e +2,9°C. Proprio per rimediare a tale situazione, il primo Global Stocktake parte dai seguenti numeri:

  • – 43% di gas serra entro il 2030,
  • – 60% entro il 2035,
  • – 84% entro il 2050, rispetto ai volumi emissivi del 2019.

Le azioni e i punti di discussione

Il rapporto tecnico (presentato dall’UNFCCC), presenta ed evidenzia le molteplici problematiche da risolvere, a seguito di vari colloqui con i Paesi partecipanti alla COP28. Di conseguenza il team di scienziati prescelto ha valutato tutte le possibili mosse per risolvere queste tematiche di interesse globale. Nella discussione ritroviamo punti e temi che sembrano non sparire mai ed altri nuovi o aggiornati (a seconda del progresso attuato in questi anni).

 

Tra questi è sempre presente e rilevante la questione dei combustibili fossili. In questo caso si chiede fermamente l’eliminazione graduale di tutte le fonti e le emissioni fossili e l’adozione di una guida per consentire tale transizione. Inoltre, si suggerisce di “accelerare l’eliminazione progressiva dei combustibili fossili unabated” (punto stabilito Cop26 di Glasgow). Per un’azione congiunta e di successo è consigliata l’eliminazione dei sussidi inefficaci ai carburanti di questo tipo nel 2025. Infine, si richiede lo stop alle esplorazioni di nuovi giacimenti fossili entro questo decennio.

   

Sul piano dei finanziamenti invece, si spinge per destinare almeno 200-400 mld $ entro il 2030 al fondo “Loss and damage”. Tale richiesta è fondamentale per garantire un equo ammontare di aiuti ai paesi vulnerabili più colpiti dalla crisi climatica. Poi ancora ci sono molteplici punti, già discussi negli anni precedenti, per i quali si richiede un maggior rigore, come nel caso del settore energetico. In tal senso si vuole fissare l’obiettivo globale di triplicare la capacità installata di rinnovabili entro il 2030 e quello di raddoppiare l’efficienza energetica.
  

È importante però ricordare che ogni punto, ogni questione va esaminata sempre tenendo conto delle differenze sociali ed economiche dei singoli paesi.

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Bonus Colonnine Domestiche: in Italia stanziati 80 milioni di euro.

By : Aldo |Ottobre 05, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su Bonus Colonnine Domestiche: in Italia stanziati 80 milioni di euro.

Le vetture elettriche sono spesso tema di dibattito, perché ci si domanda sul loro reale contributo alla riduzione delle emissioni e non solo. Nonostante ciò, resta fondamentale incentivare la transizione ecologica per una maggiore sostenibilità del pianeta. Per questo in Italia arriva il bonus per le colonnine domestiche.

   

Il Bonus colonnine

Il momento tanto atteso è arrivato! Mancano pochissimi giorni e sarà possibili richiedere il bonus colonnine di ricarica auto. Un aiuto che non si limita solo ai privati ma è esteso anche ai condomìni, per favorire la sostenibilità domestica e cittadina. Si tratta di due “click day” nei quali si potrà richiedere un aiuto finanziario per l’acquisto e l’installazione di autovetture elettriche.

Con tale mossa si mette in pratica un decreto pubblicato durante la scorsa estate dal Presidente del Consiglio dei ministri. La decisione presa era quella di introdurre un contributo dell’80% per le colonnine di ricarica domestiche tra gli ecobonus per i veicoli. Dunque, parliamo di un’iniziativa che incentiva la transizione ecologica, la mobilità sostenibile e quindi la riduzione delle emissioni di CO2.

    

Come funziona

Il Governo ha stanziato 80 milioni di euro per tale progetto che prevede di coprire l’80% del prezzo di acquisto e posa per ogni domanda. Sono state designate ben 2 fasi per richiedere il bonus, tra cui la prima partirà dal 19 ottobre e terminerà il 2 novembre 2023. Il contributo rimborsa l’80% delle spese effettuate per l’acquisto e l’installazione di wallbox domestici o colonnine fino ad un massimo di €1.500 per i privati. Mentre per i progetti condominiali si arriva anche agli €8.000.
Nel prezzo sono comprese ulteriori voci quali:

  • i necessari lavori sull’impianto elettrico;
  • le opere edili strettamente collegate;
  • gli impianti e i dispositivi per il monitoraggio;
  • le spese di progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi;
  • i costi per la connessione alla rete elettrica, tramite attivazione di un nuovo POD (point of delivery).

Al contrario sono escluse imposte, tasse e oneri di qualsiasi genere e le spese relative a terreni e immobili. Promotore del programma è il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che ha promesso successivi avvisi per gli interventi del 2023.

   

Requisiti, scadenze e piattaforme.

Ai fini dell’ammissibilità, le infrastrutture di ricarica devono essere:

  • nuove di fabbrica;
  • di potenza standard;
  • collocate nel territorio italiano e in aree nella piena disponibilità dei soggetti beneficiari;
  • realizzate secondo la regola d’arte ed essere dotate di dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale n. 37/2008.

È importante ricordare che l’incentivo copre solo spese già effettuate e che prevedano sia l’acquisto che la posa, ossia l’installazione. È importante ricordare che riguarda esclusivamente gli interventi eseguiti dal 4 ottobre 2022 al 31 dicembre 2022.

  

Come per altri bonus, le domande e i relativi avvisi saranno gestiti digitalmente, sulla piattaforma online indicata dal MIMIT. Il ministero, entro novanta giorni dalla data di chiusura dello sportello pubblicherà il decreto di erogazione del Bonus Colonnine Domestiche. Il tutto nel rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle domande. Tuttavia, l’importo complessivamente stanziato di 80 milioni di euro, si divide a metà per le domande del 2022 e del 2023: dunque 40 milioni per anno.

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Rendere verdi i deserti catturando la CO2: ecco il nuovo studio.

By : Aldo |Ottobre 02, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Rendere verdi i deserti catturando la CO2: ecco il nuovo studio.

La CO2 nelle vare sfere della Terra è presente in quantità elevate che bisogna ridurre. Gli studi in questo verso continuano: le idee sono tante e varie ma è necessario poterle mettere in pratica. Ecco un esempio.

    

La situazione odierna

Le emissioni nette di CO2 devono essere ridotte a zero entro 10 anni per raggiungere la neutralità climatica. Tale processo al momento sembra impossibile, soprattutto per le migliaia di attività che si sviluppano quotidianamente e che emettono CO2. Tuttavia, gli effetti climatici correlati all’elevata concentrazione di CO2 atmosferica rimarranno irreversibili per almeno 1000 anni.

   

Gli studi, le innovazioni e i progetti per ridurre le emissioni sono tantissimi, vari e di origine diversa. Per esempio, si possono migliorare o rinnovare i processi produttivi di molteplici oggetti. Si può riciclare una grande quantità di rifiuti oppure ridurre ed eliminare la produzione e il consumo di certi materiali.  O ancora sono stati ideati svariati sistemi per catturare la CO2, sia naturali che artificiali con l’obiettivo di poter ridurre la sua concentrazione nelle varie sfere.   In questo caso, lo studio parla delle terre aride dei deserti come possibili centri di stock dell’anidride carbonica nel futuro.
    

L’idea della ricerca

L’idea nasce da uno specifico studio dei deserti e delle poche e particolari piante che li abitano. E chi poteva parlarne meglio di un gruppo di scienziati della King Abdullah University of Science and Technology (Arabia Saudita)? Il team guidato da Heribert Hirt, professore di scienze vegetali e membro del Centre for Desert Agriculture è pronto a mettere in pratica la loro ricerca.

  

Il concetto è quello di sfruttare la capacità delle piante di sequestrare il carbonio dall’atmosfera attraverso il processo di fotosintesi.  Nello specifico la ricerca si è concentrata sui deserti, in modo da non sottrarre terreno al settore agricolo (una procedura fin troppo sviluppata e dannosa). Non a caso un terzo della superficie terrestre del nostro pianeta è terra arida che non viene utilizzata per l’agricoltura ed è soggetta. In tal modo potremmo catturare la CO2, rendendo “verdi” i deserti. Lo studio e i suoi dati sono stati appena pubblicati nella forma di opinion paper sulla rivista scientifica Trends in Plant Sciences. 

  

Rendere verdi i deserti

Dunque, gli autori hanno pensato di non usare le aree verdi già presenti ma di creare delle piccole isole nel deserto, incrementando dei processi naturali.

Per sviluppare l’esperimento, gli scienziati hanno scelto un tipo di pianta capace di sopravvivere a condizioni di temperatura elevata e di carenza idrica. Standard tipici delle aree desertiche, ai quali sopravvivono le piante “ossalogeniche”. Quest’ultime sono in grado di immagazzinare il carbonio che sequestrano dalla CO2 atmosferica sotto forma di cristalli di ossalato di calcio. Si tratta di un sale costituito da calcio, carbonio e ossigeno, che in caso di necessità può essere riconvertito in acqua e CO2.

Tali piante sono state affiancate da microrganismi che accelerano questo processo. Grazie alla loro azione, parte dei cristalli di ossalato (prodotti dalla pianta) vengono convertiti in carbonato di calcio. Questo sale è la principale forma di immagazzinamento di carbonio all’interno del suolo, quindi la soluzione perfetta per la rimozione di CO2 dall’atmosfera.  Una procedura tipica delle zone aride, dove il pH del terreno e le elevate concentrazioni di calcio sono ottimali per la formazione dei carbonati. Si tratta di un processo di trasformazione che avviene anche negli strati profondi del terreno, meno soggetti a cambiamenti di:

  • temperatura dell’aria;
  • concentrazione atmosferica di CO2;
  • l’utilizzo del suolo per scopi antropici.

Il sistema di immagazzinamento determina la formazione di enormi depositi di carbonato di calcio nel terreno che rimangono stabili anche per centinaia di anni. Ed è proprio questo il ciclo che ha interessato i ricercatori. Perchè così facendo, si può fissare stabilmente il carbonio contenuto nella CO2, riducendone ampiamente la sua concentrazione atmosferica.

Questo è l’obiettivo dello studio: tagliare la quantità di CO2 attualmente presente nell’atmosfera in tempi relativamente brevi, potenzialmente anche in meno di dieci anni.

    

La prova

Attualmente gli autori suggeriscono di partire da quelle che loro definiscono “piccole isole fertili”. Ossia scegliere piccole aree nelle quali far crescere le piante ossalogeniche, che nel futuro potrebbero espandersi autonomamente a formare dei grandi “tappeti verdi” nel deserto. Ovviamente l’efficienza del progetto e i suoi risultati dipenderanno anche delle strategie politiche adottate e dei fondi investiti in questo senso.

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L’isola di Arholma è autonoma grazie ad un sistema di accumulo energetico italiano.

By : Aldo |Settembre 22, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su L’isola di Arholma è autonoma grazie ad un sistema di accumulo energetico italiano.

Si sa che il Made in Italy, per quanto dimentica in certi ambiti, resta sempre una cifra di stile, bontà del prodotto e sicurezza. Quello esportato gode di una certa fama e con il passare del tempo si fa strada anche nel settore energetico, grazie a studi e innovazioni.

 

Il marchigiano in Svezia

In Svezia, una piccola striscia di terra nel nord-est dell’arcipelago di Stoccolma, chiamata Arholma è diventata autonoma grazie ad un sistema italiano. Arholma è oggi energeticamente autonoma, per via della collaborazione tra l’azienda marchigiana Loccioni e la società svedese “Vattenfall Eldistribución”.

La prima è un’impresa nata nel 1968 come un progetto che integra idee, persone e tecnologie, che lavora per il benessere della persona e del pianeta. Nello specifico si occupa di realizzare sistemi di misura e controllo per migliorare la qualità, la sicurezza e la sostenibilità di processi e prodotti industriali. La seconda invece è una delle maggiori società svedesi produttrice di energia elettrica, venduta anche per Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito.

Tale collaborazione ha reso possibile la realizzazione un prototipo che aiuti concretamente la piccola isola nei momenti di necessità.

    

Arholma

Si parla di una striscia di terra lunga 5 chilometri e larga 2 chilometri ed è l’isola più settentrionale dell’arcipelago prima del mare delle Åland. É caratteristica per la pittoresca combinazione di edifici tradizionali in legno, terreni agricoli, foreste e coste rocciose, motivo per cui è affollata durante l’estate. Nel 1963 Skärgårdsstiftelsen (la Fondazione Arcipelago) ha avviato un programma di conservazione della natura su Arholma. Pertanto, una vasta area comprese delle isole limitrofi sono parte di una riserva naturale, nella quale sono conservate anche metodi tradizionali si silvicultura e agricoltura.

    

L’istituzione di un’area protetta definisce l’importanza dell’ambiente nell’area che tuttavia in estate diventa una meta turistica gettonata. Appunto l’isola ha una popolazione di circa 70 persone che aumentano in estate toccando le 600. Proprio questa è una delle ragioni principali della costruzione del sistema. Infatti il prototipo prevede la fornitura di un sistema di accumulo energetico capace di sostenere carichi eccessivi, molto comuni durante l’estate. Oppure per interruzioni improvvise delle forniture, come durante forti temporali. La possibilità deriva dal fatto che il sistema energetico della microrete consente di interfacciarsi con la rete elettrica esistente sull’isola.

   

La microrete

Dunque, il sistema in esame è una smart microgrid, un sistema energetico intelligente su piccola scala per fornire energia in tutto il mondo. Nel caso specifico, la microrete dell’isola è stata realizzata ad Ancona tramite la cooperazione di entrambi gli enti. Il sistema è collegato a 2 batterie di accumulo, pronte a immagazzinare energia quando arriva quella elettrica dalla terraferma. Queste garantiscono l’approvvigionamento elettrico dell’isola per più di due ore. Ma è anche collegato ad un impianto fotovoltaico, che produce energia; di conseguenza il meccanismo ne accumulerà per via dei sistemi di accumulo. Successivamente verrà distribuita alla popolazione locale e poi la esporterà.

   

La CEO di Vattenfall Eldistribution AB, Annika Viklund afferma che il progetto ha lo scopo di capire come le microreti interagiscono con la rete principale. Una volta studiato tale processo, l’azienda valuterà se questi sistemi possono essere utilizzati in una circostanza più ampia, per soddisfare altre necessità della rete. Così facendo potrebbero garantire una risposta efficiente, ad una elevata richiesta della rete elettrica e una maggiore qualità dell’offerta locale.

     

Loccioni in Italia e in Svezia

Tuttavia non si tratta nè della prima opera dell’azienda marchigiana, nè del primo progetto in collaborazione con la Svezia. Un esempio di sistemi energetici di micro-rete mirati alla completa autonomia energetica è quello realizzato lungo il fiume Esino (Marche), nominato “Due chilometri di futuro”.

  

Mentre in Svezia, Loccioni, ha inaugurato la prima isola energetica della Scandinavia, precisamente a Simris (costa sud ovest). Anche in questo caso il progetto è frutto di una collaborazione con LES, Local Energy System, ed EO.N, il colosso tedesco dell’energia. Grazie a tale lavoro, l’energia che alimenterà la cittadina sul mare sarà esclusivamente prodotta in loco, rinnovabile, senza emissioni di CO2 e disponibile al bisogno. Ad oggi invece, lo smart microgrid di Arholma è considerato un progetto pilota.

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