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L’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” punta al Net Zero.

By : Aldo |Novembre 13, 2023 |Emissioni, Home, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su L’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” punta al Net Zero.

Nonostante le crisi e le rilevanti questioni burocratiche, l’Italia resta una sicurezza per quanto riguarda le eccellenze. Una tra queste però non riguarda il cibo, la moda, i paesaggi o l’artigianato, per questo stupisce tutti da anni.

    

Aeroporto “Leonardo da Vinci”

L’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” di Fiumicino venne inaugurato nel 1961, 45 anni dopo quello di Ciampino.  Da quel momento e rispetto al primo progetto esecutivo, si svolsero interventi di ampliamento, che resero la struttura di Fiumicino, il primo aeroporto di Roma. Successivamente vennero assegnate tutte le attività a un unico gestore, la società Aeroporti di Roma. Quest’ultima divenne concessionario esclusivo per la direzione e lo sviluppo del sistema aeroportuale della Capitale. L’aeroporto è diventato nel tempo uno dei più importanti in Italia e nel 2019 ha registrato 49,4 milioni di passeggeri con oltre 240 destinazioni. Tutto questo è stato possibile anche grazie alle circa 100 compagnie aeree operanti nei due scali e a tutte le infrastrutture presenti.

    

Inoltre, negli ultimi cinque anni Aeroporti di Roma ha ricevuto numerosissimi premi, riconoscimenti e attestazioni di qualità, tra cui:

  • AIRPORT SERVICE QUALITY AWARD, assegnato da ACI World per la categoria di aeroporti europei con oltre 40 milioni di passeggeri all’anno. Questo premio è stato consegnato a ADR dal 2017 al 2021, per l’alto livello di soddisfazione dei passeggeri;
  • ACI EUROPE BEST AIRPORT AWARD, per la categoria di aeroporti con oltre 40 milioni di passeggeri all’anno. Il premio ottenuto negli anni 2018, 2019, 2020, 2022, riconosce l’eccellenza in diverse discipline. Tra queste la sicurezza, le operazioni, le infrastrutture, le relazioni con la comunità, la consapevolezza ambientale e il customer care.
       

Il piano per il Net Zero

ADR ha incrementato anche la sua attenzione verso la sostenibilità attuando anno dopo anno, nuovi piani e strategie per la salvaguardia dell’ambiente. Dal 1999 la società ottiene l’ISO 14001 che accerta un sistema di gestione adeguato nel mantenere sotto controllo gli impatti ambientali delle sue attività. Nell specifico, l’aeroporto è carbon neutral dal 2013, mentre nel 2021 risultò il primo scalo in Europa a ottenere ACA4+, la più alta certificazione sulla decarbonizzazione.

    

In più, dal 2018, il gruppo ha messo a punto una vera e propria roadmap per consentire lo sviluppo sostenibile degli aeroporti della Capitale. In tal modo sarà possibile lavorare sull’ulteriore riduzione dell’impatto delle strutture aeroportuali, che sotto vari aspetti, sostengono una vera e propria città. L’obiettivo è il target Net Zero Emission entro il 2030, con venti anni di anticipo rispetto a quanto prefissato a livello di settore aeroportuale europeo. Ovviamente per raggiungere tale meta, sono necessari progetti di vario tipo e di vari sistemi, tra cui quello energetico e idrico.

     

Sistema energetico

L’azienda ha già impostato dei cambiamenti importanti legati a questo settore. Per esempio, è già in atto, una conversione vero i veicoli elettrici usati in aeroporto, verso i biocarburanti. Senz’altro inizieranno dei percorsi per l’efficientamento energetico delle infrastrutture. Tuttavia, la società per questo settore punta tutto su due temi fondamentali. Uno riguarda la riduzione graduale dell’uso di energia elettrica derivata da fonti fossili e l’altro sono le fonti rinnovabili.

     

Per il raggiungimento di questi obiettivi, ADR ha stretto una collaborazione con Enel X, per rendere la pista 3 dell’aeroporto di Fiumicino, una solar farm. Si tratta di una superficie di 340 mila m2 di pannelli solari; quindi, del più grande impianto fotovoltaico in autoconsumo in un aeroporto europeo.Il progetto consentirà una produzione a regime di circa 32 GWh di energia pulita e ad eliminare 11mila tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera. Una quantità comparabile a quella sottratta da una foresta di 100 mila nuovi alberi. Inoltre, con un progetto parallelo, l’energia prodotta in eccesso, verrà stoccata in un sistema composto da batterie di seconda mano provenienti dal settore automobilistico.

    

Sistema idrico

Mentre per quanto riguarda il sistema idrico, sono stati sviluppati dei programmi molto minuziosi ma anche peculiari. L’aeroporto presenta una rete idrica duale che separa acqua potabile dal depuratore biologico. In questo modo la società risparmia più di 1,2 milioni di m3 di acqua l’anno, che arriva dall’acquedotto pubblico. Dopodiché, l’acqua trattata arriva in un laghetto schermato dal sole grazie a migliaia di palline blu e viene ossigenato da 3 fontane. Quest’acqua viene poi usata per alimentare gli impianti termici, la rete antincendio, il sistema di innaffiamento delle aree verdi e le cassette dei wc.

    

Per il sociale

Non manca ovviamente il terzo pilastro della sostenibilità ovvero il settore sociale. Infatti, l’aeroporto promuove la diversità e l’inclusione sia per mezzo di strutture adeguate (rampe, ascensori e percorsi per persone con disabilità) sia con iniziative ricreative. Tra queste l’intrattenimento musicale, culturale e storico grazie all’organizzazione di mostre, concerti e spettacoli in loco.

     

ADR, comunque, non si ferma a qui ed è già in moto per sviluppare un programma firmato nel 2021. Il Patto per la Decarbonizzazione del Trasporto Aereo, un’alleanza promossa dalla società con lo scopo di accelerare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità del settore.

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Gardaland è il primo parco divertimenti in Italia certificato “Rifiuti Zero”.

By : Aldo |Luglio 20, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Gardaland è il primo parco divertimenti in Italia certificato “Rifiuti Zero”.
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Come noto, l’economia circolare non si limita ad un solo settore o ad un solo tipo di ente. La circolarità è una caratteristica applicabile in ogni ambito e per la prima volta se ne parla in relazione ad un parco divertimenti.

  

Gardaland a Rifiuti Zero

Gardaland Resort di recente è diventato il primo parco divertimenti italiano a ottenere la certificazione “Rifiuti Zero”.  Una grande realtà con 200 dipendenti fissi e i 1.500 stagionali che non delude mai le aspettative di grandi e bambini.

Il parco situato in provincia di Verona è la seconda attrazione turistica dell’Italia per numero di biglietti venduti, superata solo dal Colosseo. È a tutti gli effetti è il sesto parco europeo per numero di visitatori: 2.950.000 nel 2022.

La sua rilevanza nel territorio italiano è indiscutibile e pertanto, la sua certificazione “Rifiuti Zero” determina un ottimo progresso verso un futuro sostenibile. Se non altro, rappresenta un modello per gli altri parchi tematici, divertimenti, che possono prendere spunto per migliorarsi.

    

La sostenibilità del Resort

Gardaland è stato certificato come primo parco divertimenti italiano a “Rifiuti Zero” grazie al lavoro dell’intera azienda e della scrupolosa indagine di AENOR.

Già dal 2019, il Parco era riuscito nell’impresa di azzerare la plastica monouso a favore di materiali compostabili e biodegradabili all’interno dei punti ristorazione. Un cambio rilevante poiché la plastica monouso è diffusa per la sua comodità, quindi più agevole anche con i bambini che frequentano il parco.

Ma non si parla solo della plastica: l’azienda ha puntato molto sulla raccolta differenziata, all’interno di tutto il Resort potenziando i processi circolari. In più, l’ente si è occupato di investire in una loro gestione virtuosa.

   

La determinazione dell’azienda è stata possibile grazie al coinvolgimento di tutto l’entourage che con piccole azioni ha cambiato totalmente abitudini quotidiane o automatiche. Pertanto, nel 2022, il parco ha raggiunto il traguardo del 93,4% di rifiuti valorizzati sul totale dei rifiuti prodotti. In questo modo, il gruppo ha contribuito allo sviluppo di nuove iniziative sostenibili, con operazioni di recupero e di economia circolare.

   

Inoltre, ha adottato un approccio ottimizzato nella gestione dei rifiuti indifferenziati, destinandoli a impianti di selezione e cernita. Ovvero, con tale procedimento si massimizza il recupero delle risorse. Questa iniziativa mira a massimizzare l’ammontare di rifiuti, riducendo quasi completamente la quantità di materiale destinato alle discariche.

Inoltre, l’attività descritta ha permesso anche la collaborazione con una Cooperativa Sociale. Grazie al suo coinvolgimento è nato un progetto per il riutilizzo delle divise dismesse e la loro integrazione nel mercato equo solidale.

     

AENOR e la certificazione

La certificazione del Gardaland Resort è arrivata per mezzo di un’attenta e scrupolosa analisi di AENOR. Tale azienda è tra i 10 dieci enti certificatori internazionali più importanti al mondo ed è riconosciuta in ben 90 paesi. L’ente si occupa principalmente di individuare e certificare le aziende capaci di gestire in modo virtuoso i rifiuti, massimizzando le azioni di prevenzione e recupero.

Nel caso specifico, l’organizzazione ha valutato ogni documento per qualsiasi passaggio della filiera correlata alla gestione dei rifiuti, comprendendo ciascun settore e attività del parco. Tra questi i rifiuti derivanti da negozi e uffici, che comprendevano scarti alimentari indumenti, scarti dei negozi come giocattoli rotti, pile, carta e cartone.

     

Senza dubbio una valutazione così importante, per un parco divertimenti, attira l’attenzione su un nuovo ambito. Gardaland così diventa un modello per tutte le aziende del settore sia italiano che europeo.

Soprattutto perchè un parco di quel genere è a tutti gli effetti una piccola città. Include edifici abitabili, bagni, ristoranti, veicoli, negozi e uffici amministrativi. Dunque, non sarebbe assurdo pensare che anche tali realtà si impegnino (per quanto possibile) nel raggiungimento di obiettivi sostenibili di vario tipo.

La riduzione delle loro emissioni potrebbe essere la prossima meta?

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Bando “Parco Agrisolare”: 1 miliardo di euro per rendere rinnovabili le campagne.

By : Aldo |Luglio 12, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Bando “Parco Agrisolare”: 1 miliardo di euro per rendere rinnovabili le campagne.
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I centri urbani si stanno evolvendo per abbracciare la sostenibilità nel miglior ed efficiente modo possibile, determinando un trend che aumenta ogni giorno di più.

Ma questo avanzamento tecnologico si sta verificando anche nelle campagne, in modo da renderle ancora più “green” di quanto già lo siano.

     

Nuovo bando PNRR

Il nuovo bando “Parco Agrisolare” mette a disposizione ben un miliardo di euro del PNRR per efficientare il consumo di energia delle aziende agricole. Si tratta di un investimento per l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti dei fabbricati agricoli, per produrre e vendere energia.

Un bando del genere era già uscito ma non prevedeva tante delle nuove caratteristiche per migliorare le prestazioni nei terreni coltivati. Le principali novità vertono sul consumo e la produzione di energia, ma anche sull’incremento dei contributi a fondo perduto.

Ovviamente le imprese che avranno la possibilità di godere di questo bando sono quelle correlate al settore. Parliamo di imprese e cooperative agricole, agroindustriali, consorzi, associazioni temporanee e raggruppamenti temporanei di impresa e infine all’agriturismo.

    

Nuovi finanziamenti

La nuova pubblicazione prevede la divisione dei finanziamenti per molteplici attività legate ad imprese di produzione e trasformazione di prodotti agricoli.

Il primo cambiamento fondamentale è l’incremento del contributo a fondo perduto, che con l’ultimo aggiornamento coprirà l’80% della spesa. Successivamente si riscontra un raddoppio della spesa massima ammissibile per i sistemi di accumulo e ricarica.

  

Si tratta di un aumento delle spese, che ammonta a 100.000 euro (prima pari a 50.000 euro), eventualmente integrabile ad un’ulteriore quota. È prevista una spesa fino a 30.000 euro, se si installano dei dispositivi di ricarica elettrica per la mobilità e le macchine agricole. Ma non è tutto.

 

Nella stesura della gara è stato introdotto un nuovo concetto di autoconsumo condiviso. In pratica ci sarà la possibilità di installare impianti di autoconsumo condiviso, per aziende che svolgono lo stesso tipo di attività. Per l’installazione degli impianti sono stati stanziati 700 milioni di euro (per la produzione) e 150 milioni di euro per le aziende di trasformazione. Mentre una quota maggiore sarà destinata alle PMI, soprattutto se in aree svantaggiate.

 

Novità energetiche

Nel campo energetico invece, si riportano delle novità che possono cambiare a tutti gli effetti il settore agricolo (sia di produzione che di trasformazione).

Senza dubbio, un passo in avanti è stato definito dall’eliminazione (in alcuni casi) del vincolo di autoconsumo. Pertanto, sarà possibile per la prima volta, ricevere dei contributi designati per la vendita dell’energia prodotta. Mai prima d’ora i bandi si erano spinti così oltre ed oggi si promuove l’installazione di impianti per la vendita sul mercato di energia prodotta.

 

La novità sta nel fatto che non ci saranno limiti nell’autoconsumo, l’unico criterio imposto riguarda il posizionamento dei sistemi. Questi devono essere installati esclusivamente sulle coperture. I beneficiari sono ancora le imprese di produzione primaria e quelle di trasformazione, che potranno attingere ad un contributo di 75 milioni di euro.

 

Mentre se si parla di tecnicismi è importante ricordare i nuovi target per la potenza installabile. Infatti, i nuovi impianti ammessi, devono avere una potenza maggiore uguale a 6kWp ma non superiore a 1000 kWp. Si tratta di cifre raddoppiate rispetto all’ultima pubblicazione.

In aggiunta saranno possibili interventi per la sostituzione delle coperture di amianto dei fabbricati agricoli (totale o parziale) per mezzo dei nuovi impianti. Dunque, sono inclusi interventi mirati al loro efficientamento energetico.

    

Con bandi e iniziative simili, si potrà trasformare un settore primario fondamentale soprattutto per l’Italia, rendendolo più sostenibile.

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CircularCity Innovation Lab, l’iniziativa di Deloitte a favore della circolarità.

By : Aldo |Giugno 20, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni |Commenti disabilitati su CircularCity Innovation Lab, l’iniziativa di Deloitte a favore della circolarità.

Ogni giorno è buono per incentivare il cambiamento, ogni azione può fare la differenza soprattutto in questo periodo.

Passo dopo passo sempre più persone sono attente al settore sostenibile e pertanto sono coinvolte nel processo di transizione green.

Deloitte

Deloitte è un’azienda che offre servizi di revisione e consulenza in più di 150 paesi del mondo. É riconosciuta come una delle 4 aziende di revisione più grandi e importanti del mondo.

Anche in Italia è un’impresa rilevante non solo nel suo campo ma anche per quanto riguarda l’impegno nella transizione ecologica.

Non a caso l’azienda (di recente) ha dato vita alla Deloitte Climate & Sustainability (DCS), una società Benefit italiana dedicata alla sostenibilità.

Da tale realtà saranno incentivati progetti volti alla rivoluzione green grazie alle migliori tecnologie seguite e controllate da massimi esperti della materia.

    

CircularCity Innovation Lab

Questo è uno tra i molteplici progetti dell’impresa, nato per accelerare il percorso delle città italiane verso una vita più sostenibile.

Il programma è nato dalla collaborazione con Officine Innovazione e mira a trovare le migliori soluzioni per una stabile economia circolare nei centri urbani.

Questa iniziativa offre la possibilità di ripensare ai modelli di produzione e consumo, dei servizi e delle infrastrutture con una strategia innovativa.

Dunque, i temi scelti per questo progetto spaziano tra il ciclo dei materiali, dell’acqua, delle risorse e della mobilità.

Così facendo si analizzano ostacoli e possibili soluzioni a processi, abitudini e consumi non sostenibili ma diffusi in Italia, che devono essere cambiati o almeno regolamentati.

    

Ciclo dei materiali

Tale ambito ha bisogno di una grande innovazione, poichè passano gli anni ma non aumenta l’utilizzo di materiali riciclati o di materie prime seconde.

Questo andamento negativo è dato soprattutto dai movimenti degli ultimi anni. Successivamente alla pandemia sono cresciuti i bonus per la ristrutturazione e l’edilizia, i quali hanno ridotto del 2,2% l’utilizzo di materiali riciclati rispetto al 2020.

Nonostante ciò, proprio Deloitte ricorda come può cambiare questo trend se si opta per una costruzione efficiente. E non si tratta solo delle materie scelte, ma della loro gestione e del loro riciclo a fine vita degli edifici.

    

Ciclo delle risorse

Sempre sullo stesso piano del riciclo di parla di rifiuti urbani. L’Italia sta operando nel miglior modo affinché possa raggiungere l’obiettivo della Commissione europea, ma c’è ancora molto da fare.

Il goal è quello di limitare al 10% la quantità di rifiuti solidi in discarica entro il 2035. Tuttavia in Italia (nel 2021) il 19% dei rifiuti ha raggiunto la discarica.

Questo vuol dire che servono nuove tecnologie ed incentivi in modo tale da dimezzare i rifiuti urbani, attraverso il riuso e il riciclo. Un esempio fondamentale è quello di ridurre gli sprechi, in qualsiasi ambito.

    

Ciclo dell’acqua

L’Italia attualmente al primo posto o per meglio dire, detiene un record tutt’altro che positivo.

Tra i 27 paesi dell’UE è il primo stato per il totale delle acque dolci prelevate per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei. La cifra? 161 metri cubi di acqua per abitante.

Tale situazione è riconducibile alla grande problematica della rete idrica nazionale che presenta delle perdite pari al 42,2% del volume totale di approvvigionamento.

Anche in questo caso, delle tecnologie avanzate per riparare le tubature oppure dei meccanismi per sfruttare in maniera sostenibile l’acqua sarebbero un’importante soluzione.

     

Ciclo di trasporti e mobilità

Una tendenza diversa è quella presentata dal settore dei trasporti, che in Italia cresce positivamente.  Si parla di mobilità condivisa che è aumentata del 20% nel 2022, decretando l’Italia come secondo Paese europeo (12 servizi di mobilità condivisa per città).

Questo podio si riferisce a tutto quello che concerne carsharing, bike sharing, scooter sharing, carpooling e aggregatori, monitorati da enti quali:

  • Osservatorio Nazionale Sharing Mobility
  • Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e dei Trasporti
  • Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
         

L’obiettivo dell’iniziativa è quello di rendere le città come hub di soluzioni da poter estendere in tutto il territorio italiano e renderlo uno stato all’avanguardia.

In questo modo, le istituzioni sarebbero più facilitate a cambiare rotta o a prendere provvedimenti tecnologici e finanziari per sostenere la transizione, poichè si rifarebbero su meccanismi e nuovi concetti messi alla prova da nuclei più piccoli quali i centri abitati.

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Idrogeno e carburante prodotto dalle foglie artificiali: la nuova sfida.

By : Aldo |Maggio 23, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni |Commenti disabilitati su Idrogeno e carburante prodotto dalle foglie artificiali: la nuova sfida.

Gli obiettivi degli ultimi anni legati alla sostenibilità sono considerati delle vere e proprie sfide all’ultima tecnologia.

Abbiamo visto brevetti di tanti tipi ma evidentemente c’è tanto altro da scoprire e ancora tanti progetti da sviluppare.

     

Le “foglie” artificiali

L’Europa definisce la cosiddetta A-LEAF, come un dispositivo in grado di replicare a fotosintesi in modo da produrre combustibili solari, senza sostanze chimiche.

Al momento il prototipo assomiglia ad una bibita in lattina, che funziona come una foglia di un albero qualunque.

La differenza si incontra nell’aggiunta di acqua e CO2, grazie alle quali il dispositivo produce formiato, composto utilizzabile come combustibile solare.
       

Tale tecnologia potrebbe essere utile per stoccare l’energia solare in eccesso oppure per sostituire gradualmente i combustibili fossili. Trattandosi poi di fotosintesi, si ridurrebbe anche la CO2 o comunque si può immaginare un processo carbon neutral.

Inoltre i materiali usati non sono esattamente i migliori nel campo, ma in questo modo la tecnologia può essere distribuita più facilmente in aiuto alla società.

 

La produzione di idrogeno

Il primo passo in tale campo è stato fatto per la produzione di idrogeno. Il programma sviluppato da un gruppo di scienziati del Politecnico Federale di Losanna ha visto la realizzazione di un nuovo elettrodo per celle fotoelettrochimiche.

Questo dispositivo, trasparente e poroso sfrutta il sole e l’umidità atmosferica per generare idrogeno. Il tutto avviene in celle solari che uniscono la raccolta di fotoni (nei semiconduttori) all’elettrolisi dell’acqua nell’aria.  

Le celle fotochimiche (PEC) sono una grande risorsa per la scienza, poiché consentono di perseguire, migliorare ed incrementare gli studi nell’ambito descritto.

        

Al principio però le celle utilizzavano semiconduttori immersi in liquidi; quindi, erano necessari passaggi più complessi per il loro riscaldamento.

Pertanto, il team di Losanna ha pensato bene si sostituire i liquidi con i gas, nello specifico con l’aria e quindi hanno modificato gli elettrodi.

Solitamente sono composti in carbonio grafitico o materiali opachi che limitano la raccolta della luce, al contrario di quelli nuovi.

Si chiamano elettrodi a diffusione di gas, sono trasparenti e porosi, assorbono più luce solare e massimizzano il contatto con le molecole d’acqua contenute nell’aria.

 

Il combustibile solare

Analogamente l’Università di Cambridge ha portato avanti la sua ricerca fino al raggiungimento dell’obiettivo: creare combustibili liquidi dalla luce solare.

Come riportato nel primo paragrafo, si tratta di un processo che non include composti chimici tra gli “ingredienti”: solo acqua, luce del sole e CO2.

Loro, gli attori per la realizzazione di etanolo puro da aggiungere alla benzina per un pieno delle auto: è la prima generazione di combustioni solari.

     

La peculiarità di questo progetto sta nella produzione di carburanti liquidi multi-carbonio, saltando la fase intermedia in cui si crea syngas.

Questo salto è possibile grazie al catalizzatore a base di rame e palladio, in modo che la foglia produca sostanze più complesse. Tra queste, etanolo e n-propanolo.

 

In conclusione

Entrambi i processi devono essere messi alla prova in altre condizioni, soprattutto se si pensa ad un processo impiegato a livello industriale.

Non è semplice diffondere su larga scala dei dispositivi e delle procedure simili, ma sono sicuramente la prova che c’è ancora tanto da studiare.

Intanto, questo come tanti altri è un passo in avanti per un mondo più verde.

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La filiera italiana dell’idrogeno: gli investimenti dell’innovazione.

By : Aldo |Maggio 18, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni, obiettivomeno rifiuti |Commenti disabilitati su La filiera italiana dell’idrogeno: gli investimenti dell’innovazione.

Il cambiamento verso il futuro, l’innovazione e la sostenibilità condividono un obiettivo comune, quello di migliorare la vita di tutti.

Le risorse e le vie per attuare dei processi di transizione ci sono, ma ci vuole la mentalità giusta per cambiare concretamente il presente.
     

L’idrogeno in Italia

Il settore dell’idrogeno viene considerato con un crescente interesse dall’Italia e pertanto rientra nei vettori energetici che rappresenta un modello di energia pulita.

Al momento è l’unico combustibile che brucia producendo vapore acqueo, perciò è definito “green” e sarà uno dei principali protagonisti della transizione energetica.
     

In primo luogo, l’Unione Europea ha deciso di puntare su questo elemento per ridurre le emissioni di CO2 entro il 2050.

Di seguito anche l’Italia ha accelerato gli studi su tale risorsa per poi avviare finanziamenti importanti per sviluppare una filiera tutta sua. Si tratta di un investimento di ben 3.64 miliardi di euro.

        

Lo studio H2IT

L’osservatorio H2IT ha pubblicato i nuovi dati riguardanti i movimenti di questo nuovo settore italiano, confermando la sua crescita positiva.

L’analisi è stata sviluppata in collaborazione con Associazione italiana idrogeno, la Direzione Studi e Ricerche e l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo. Alla base 55 imprese, maggiormente PMI tra le quali spiccano anche grandi nomi.

               

Lo studio riporta che la filiera è abbastanza eterogenea per quanto riguarda le dimensioni delle imprese coinvolte.

Tra queste spicca un gruppo con una mission dalle alte potenzialità di innovazione in grado di collaborare in molteplici settori anche a livello internazionale.

La situazione è simile anche per quanto riguarda i brevetti: la metà delle nostre aziende è pronta per l’industrializzazione dei loro progetti.

          

Settori

Come anticipato, i settori in cui l’idrogeno è stato considerato come risorsa verde sono vari, alla pari delle collaborazioni che risultano una tecnica vincente.

In Italia l’idrogeno spazia tra:

 

  • produzione (campo in cui è attivo il 53% del campione);
  • servizi (49%);
  • mobilità (45%);
  • utilizzo (31%),
  • integrazione dei sistemi (29%);
  • Energy Company (29%),
  • trasporto e stoccaggio (25%);
  • sicurezza e certificazione (15%).

Inoltre, per il 71% di tali realtà, un centro di ricerca interno per l’idrogeno è praticamente necessario per l’innovazione; ovviamente si tratta maggiormente di privati.

Negli ultimi 5 anni, 1 azienda su 3 ha ottenuto il brevetto e si è registrato un aumento di occupazione nelle tecnologie produttive dell’H2 all’85%.

           

Collaborazioni

In questo sistema la collaborazione tra 2 o più realtà sembra essere il punto vincente per spingere il più possibile la filiera.

Lo studio infatti dichiara che per il 64% delle imprese, questo modello ha funzionato; ottima anche la partnership con le Università (60%). Per chi va oltre e sceglie collaborazioni con tavoli di lavoro nazionali / internazionali ha avuto un successo del 49%. 

               

Come ogni nuovo settore in crescita, si prospetta anche un aumento dei posti di lavoro altamente specializzati e di una nuova formazione per i giovani.

Per concludere, è lecito ricordare che il nord Italia registra la gran parte dei brevetti, delle aziende e dell’occupazione nel settore.  Ma non per questo, è esclusa la crescita di tali tecnologie anche al sud nei prossimi anni.

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Da rifiuto a materia prima: pneumatici esausti e scorie d’acciaio creano una nuova gomma.

By : Aldo |Maggio 11, 2023 |Efficienza energetica, Home, menomissioni, menorifiuti, Rifiuti |Commenti disabilitati su Da rifiuto a materia prima: pneumatici esausti e scorie d’acciaio creano una nuova gomma.

Un mondo basato sull’economia circolare dovrebbe essere l’obiettivo da raggiungere in tempi più o meno brevi.

La transizione ad un sistema simile non è semplice, ma come sempre ci sono dei piccoli passi che ci aiutano ad ottenere un buon risultato.

         

Una nuova gomma

Un progetto sviluppato dall’ENEA in collaborazione con l’Università di Brescia propone lo sviluppo di una nuova gomma riciclata adatta alle produzioni industriali.

Si tratta di un prodotto creato per via dell’unione di pneumatici fuori uso e scorie di acciaio: un nuovo esempio di economia circolare.

Nello specifico la gomma derivata dal connubio di questi scarti è adeguata alla creazione di tappetini per l’isolamento acustico o antivibranti.

Dai PFU (pneumatici fuori uso) si può ricavare gomma, acciaio e fibra tessile che possono essere utilizzati nel settore delle infrastrutture, strade ed edilizia.

        

Lavorazione

Il processo pensato per ottenere questo nuovo materiale è costituito da passaggi specifici che garantiscono alla gomma delle caratteristiche uniche.

Per prima cosa, si tratta di una lavorazione a freddo che non prevede l’aggiunta di additivi. I PFU vengono ridotti in polvere, che viene integrata con quantità crescenti di scorie di acciaio.

Così aumenta il coefficiente di rigidità, garantendo una buona compattezza e coesione del prodotto che ottiene anche una maggiore conducibilità termica e buone proprietà magnetiche.

In tal modo si rende utile il materiale per applicazioni in cui è necessaria la dissipazione di calore.

         

Vantaggi ambientali e salutari

Questi fogli di gomma con spessore di 1 millimetro possono migliorare le condizioni dell’ambiente che ci circonda e della nostra salute.

Infatti, oltre ad unire due settori lontani, aiuta il riciclo delle scorie soprattutto in Lombardia, dove coesistono molteplici industrie di acciaio per forno elettrico.

Questo è un settore che ogni anno produce 20.4 milioni di tonnellate di acciaio, di cui il 10-15% è composto da scorie nere. Quindi grazie a tale progetto si riduce il rilascio di metalli pesanti e potenzialmente tossici per l’uomo come il cromo, il molibdeno e il vanadio.

In aggiunta si rende sostenibile il settore degli pneumatici, che produce 435 mila tonnellate di rifiuti l’anno, di cui solo il 20% viene rigenerato.

      

Un problema all’orizzonte

Il riciclo di pneumatici è una delle eccellenze dell’economia circolare italiana che porta alla creazione di gomma per impianti sportivi, strade, infrastrutture ed altro.

Purtroppo, l’Europa ha votato per il bando dell’intaso polimerico nelle superfici sportive quindi, gli impieghi prima citati potrebbero venire meno.

Tale decisione deriva dal fatto che il 90% dei campi da calcio in Europa sono stabilizzati con questa gomma.

Tuttavia, Ecopnenus (consorzio che trasforma 200 mila tonnellate di pfu) dichiara che una legge simile potrebbe creare un grande problema, ambientale economico e sociale.

Pertanto, richiede, insieme a Legambiente di rivedere la normativa approvata, poichè il non utilizzo del prodotto, porterebbe ad una maggiore dispersione di pfu nell’ambiente.

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Ridurre l’impatto ambientale degli impianti frigoriferi in poche e semplici mosse.

By : Aldo |Maggio 08, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni |Commenti disabilitati su Ridurre l’impatto ambientale degli impianti frigoriferi in poche e semplici mosse.
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Ogni giorno si scoprono nuove vie per ridurre l’impatto ambientale delle nostre attività e i relativi costi.

Senza dubbio la continua capacità di innovarsi è una qualità positiva per il mondo, la salute e l’economia di tutti.

      

Bitzer Italia

Il leader mondiale per la produzione di compressori (cuore degli impianti di refrigerazione) si interroga da tempo su come essere più green.

Sicuramente, essendo il maggior produttore di compressori nel settore, può migliorare le tecnologie e efficienza dei suoi prodotti ma può fare molto di più.

   

Per questo, Piero Trevisan, Direttore generale di Bitzer Italia ha da poco diffuso un’infrastruttura digitale per i suoi partner che li aiuti a tal proposito.

L’azienda ha condiviso con il BITZER Digital Network (BDN), una piattaforma che consente ai soci di verificare le condizioni ottimali dei prodotti.

      

Dunque, la piattaforma offre una soluzione semplice per monitorare gli impianti grazie ai Moduli IQ, gestendo ed archiviando le loro informazioni e applicazioni.

Inoltre, per mezzo di questo servizio si possono organizzare interventi di manutenzione veloci, dato che certificazioni, specifiche tecniche e altri dati sono nel sito.

      

Impianti più green

L’idea di un portale per aiutare i partener ad essere più in equilibrio con l’ambiente deriva da un’attenta analisi di Trevisan.

Quest’ultimo crede che il momento storico che stiamo vivendo sia così delicato ma allo stesso tempo proficuo al punto che non si possa perdere tempo.

Non a caso, afferma l’importanza in tale periodo, di ridurre i consumi in modo da diminuire i costi massimizzando però l’efficienza dei propri impianti.

Solitamente i costi più alti sono correlati alle spese energetiche, per questo motivo di consiglia di andare oltre i soliti parametri di valutazione, in caso innovamento.

      

Quindi, se un’azienda volesse cambiare e ridurre il suo impatto dovrebbe prima analizzare il carico termico per individuare le soluzioni. Di questo passo si possono ridurre le dispersioni termiche, minimizzando il carico stesso.

In un secondo momento si procede con la massimizzazione dell’efficienza energetica della macchina, che produrrà solamente il freddo necessario.

     

Tali procedure sono più che fondamentali, se non altro perchè il costo dell’energia è un multiplo di qualche mese fa. Infatti, gli investimenti che riducono il consumo energetico hanno un ritorno particolarmente breve, di conseguenza è il momento migliore per investire nelle nuove tecnologie.

     

Le soluzioni

É importante ribadire che senz’altro ci sono delle linee guida per poter rendere l’industria e il prodotto più sostenibili.

Di norma di procede con la riduzione del fabbisogno frigorifero, modificando carichi termici e le dispersioni, isolando in modo ottimale l’impianto.

Si passa poi alla minimizzazione delle possibili emissioni dirette e si sceglie il refrigerante migliore per il caso (controllando anche il GWP). Infine, si minimizzano le emissioni indirette e dunque si ottimizza il consumo energetico dell’impianto.

Tuttavia, ci sono delle soluzioni che saranno individuali e specifiche caso per caso, che possono essere riscontrate dopo un’attenta analisi del problema.

               

É comunque auspicabile che ogni industria a prescindere dal settore in cui opera, faccia dei controlli periodici dei propri macchinari.

In tal modo, si possono risanare più facilmente e velocemente delle situazioni di minor efficienza o di mal funzionamento.

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Goldman Environmental Prize 2023: ecco i 6 vincitori e le loro imprese.

By : Aldo |Aprile 27, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni |Commenti disabilitati su Goldman Environmental Prize 2023: ecco i 6 vincitori e le loro imprese.

Tra iniziative locali e mondiali, piccoli e grandi cambiamenti nella produzione e una nuova consapevolezza, ci si interessa sempre più all’ambiente.

Ma c’è chi ha combattuto da singolo contro grandi imperi ed è riuscito a vincere per il bene del Pianeta.

    

Goldman Environmental Prize

Il Goldman Environmental Prize rende onore ai raggiungimenti e alla leadership dell’attivismo ambientale nel mondo, ispirando tutti quanti ad essere parte del cambiamento.

È stato ideato per sostenere e riconoscere gli sforzi e le azioni dei singoli per proteggere l’ambiente a loro rischio e pericolo. Nello specifico, vengono premiati coloro che difendono la Terra coinvolgendo le comunità locali, creando un movimento positivo e propositivo.

Il titolo nasce dall’idea del filantropo Richard e sua moglie Rhoda Goldman nel 1989, per dimostrare pubblicamente la natura dei problemi ambientali.

I vincitori vengono annunciati durante una cerimonia che si svolge proprio durante la giornata della Terra, nella Opera House di San Francisco.

      

Oggi

Certamente sono cambiate tante cose dalla prima premiazione nel 1990: dopo 33 anni abbiamo risolto e creato tanti problemi. La cosa chiara a tutti è che bisogna proteggere il pianeta come proteggiamo le persone o i beni più preziosi nella nostra vita.

Di conseguenza c’è chi ha preso a cuore quest’idea rendendola la missione della propria vita, andando anche contro le più grandi realtà del mondo.

Pertanto, con la cerimonia si premiano le “persone di origini ordinarie che fanno cose straordinarie per salvare la nostra Terra”.

          

I vincitori del 2023

  • Zafer Kizilkaya ha collaborato con le cooperative pescherecce turche per espandere la rete di AMP in Turchia per 800 km2 nelle coste Mediterranee.
    Queste aree approvate dal governo turco nel 2020, proteggono interi ecosistemi marini, danneggiati dalla pesca illegale e intensiva e dall’eccessivo turismo. Grazie a tale iniziativa il numero di pesci per m2 è decuplicato mentre i redditi dei pescatori sono aumentati del 400%.
  • Chilekwa Mumba in Zambia, ha denunciato la Konkola Copper Mines per danni ambientali causati nella provincia di Copperbelt, stabilendo un importante precedente legale.
    Per la prima volta, un’azienda viene ritenuta responsabile per i danni ambientali per via dalle operazioni gestite da una filiale in un altro paese.
    Mumba ha vinto contro la Vedanta Resources davanti la Corte Suprema del Regno Unito: di seguito venne accusata la Shell Global per l’inquinamento in Nigeria.
  • Diane Wilson ha seguito lo stesso cammino di Mumba, battendosi contro la multinazionale Formosa Plastics. Ha accusato l’azienda di aver scaricato ingenti quantità di rifiuti tossici plastici nella costa del Golfo del Texas.
    Dopo 34 anni, ha vinto la causa e 50 milioni di dollari registrando un grande record. Ha ottenuto il più grande premio in una causa di un cittadino contro un inquinatore industriale nella storia del Clean Water Act degli USA.
  • Alessandra Korap Munduruku allo stesso modo si è scontrata con la società mineraria britannica Anglo American. Quest’ultima stava rovinando un pozzo di biodiversità importantissimo nella foresta pluviale del Brasile.
    L’azienda nel 2021 ha ritirato 27 domande di esplorazione e ricerca nei territori indigeni, anche se già approvate. La protezione venne estese anche al territorio di Sawré Muybu, il più ricco di risorse minerarie della zona.
  • Mentre Delima Silalahi ha intrapreso un progetto burocratico in Indonesia. Si è battuta affinché 17.824 acri di foresta tropicale venissero affidati legalmente a delle comunità indigene di Sumatra.
    Questo perchè la gestione alloctona di tali aree aveva portato ad una monocoltura di eucalipto mettendo in pericolo la biodiversità autoctona.
  • Infine, Tero Mustonen è riuscito ad essere a capo del ripristino di 62 ex siti minerari e forestali in Finlandia. In tal modo ha potuto trasformare delle zone abbandonate in zone umide e habitat ricchi di biodiversità e di materia organica delle torbiere.

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Relicta: la bioplastica creata con gli scarti della produzione ittica

By : Aldo |Aprile 24, 2023 |Consumi, Emissioni, Home, menomissioni, Rifiuti |Commenti disabilitati su Relicta: la bioplastica creata con gli scarti della produzione ittica

L’economia circolare non ha segreti, ma solo tanto potenziale da scoprire soprattutto per proteggere il nostro futuro.

Spesso, in questo settore, il mare è una base esemplare per molteplici progetti di sostenibilità e salvaguardia della natura.

Dai laboratori universitari

Ancora una volta le startup fondate da giovani studenti hanno la meglio.  Nello specifico Relicta è formata da 5 studenti sardi legati dall’amore per il mare e da competenze acquisite nei loro percorsi di studio.

Si sono conosciuti nel 2017, durante il concorso universitario Contamination Lab, dopo il quale hanno unito idee e studi per il grande risultato. Successivamente nel 2020 è stata fondato il gruppo.

L’impresa, infatti, ha creato un materiale che potrebbe cambiare le sorti del mondo o almeno quelle del Mar Mediterraneo.

Si tratta di una bioplastica, che deriva dal mare nel quale può scomparire: è stata chiamata Relicta come l’azienda ed ha riscosso un grande successo.

La bioplastica

Il prototipo di bioplastica ideato da Davide e Matteo Sanna, Andrea Farina, Giovanni Conti e Mariangela Melino si compone di materiali di scarto.

In particolare, sono stati scelti gli rifiuti della produzione ittica quali scaglie e lische di pesce per produrre plastica di due tipi diversi.

Il gruppo ha infatti sviluppato due modelli, uno flessibile e uno rigido per poterli applicare a vari e molteplici impieghi.

Non a caso Relicta può essere è usata come film per il packaging di alimenti, cosmetici e dispositivi elettronici ma anche col sottovuoto.

In quel caso, si applica per prodotti delicati come mascherine chirurgiche, cibi da conservare e medicinali, poiché le proprietà isolanti restano intatte per 12 mesi.

Inoltre, la pellicola è inodore e solubile in acqua, grazie alla sua base naturale e ai processi a cui viene sottoposta la materia prima.

L’economia circolare

Anche Relicta, come tanti altri progetti, nasce dal recupero di “rifiuti”, in questo caso scarti di produzione ittica. Il gruppo di studenti ha pensato di produrre la pellicola con materie derivanti dall’acquacultura che garantisce un grande quantitativo di scarti utili all’azienda.

Pertanto, si rifornisce da una multinazionale di salmone, che utilizza la stessa biopellicola per il suo packaging. Al momento, l’impresa può ottenere 300 g di bioplastica da 1 kg di scarti che vale tra i 0,20 € a 1,5 €, quindi i margini di guadagno sono elevati.

Resta comunque la caratteristica migliore, la sua capacità di decomposizione in acqua nell’arco di 20 giorni. Di questo passo, la bioplastica creata dal mare può scomparire nel mare senza lasciare traccia o produrre danni, favorendo l’economia circolare di cui abbiamo bisogno.   

La startup ha una missione, quella di essere parte della soluzione al grande problema dell’inquinamento scaturito dalla plastica.

Senza dubbio, Relicta può raggiungere il suo obiettivo anche grazie al finanziamento di 500 mila euro. L’investimento arriva dalla Scientifica Venture Capital insieme all’acceleratore di startup Terra Next (nell’ambito della Bioeconomia) e Vertis SGR attraverso il fondo Venture 3 Technology Transfer.

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