bastaplastica

Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

By : Aldo |Maggio 09, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

La raccolta differenziata serve per il riciclo e la creazione di nuovi prodotti. La circolarità del sistema non è difficile da capire, ma forse complessa da portare a termine.

In questo campo infatti, la plastica resta uno dei punti interrogativi più grandi del settore.

         

Il Green Deal europeo

Dopo aver dichiarato l’emergenza climatica (nel 2019) il Parlamento europeo presenta il “Green deal” come un piano d’azione per attenuare l’impatto ambientale dell’Unione.

Tale strategia, vista come l’ultima e una delle più importanti iniziative dell’UE sul clima ha come obiettivo la neutralità climatica.
  

Il programma è basato sui punti cardine dell’agenda 2030, elevando la propria missione con obiettivi più ambiziosi. Un esempio, quello di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990).

Per quanto riguarda la plastica invece, si punta ad una riduzione complessiva di rifiuti del 37% attraverso il riutilizzo e il riciclaggio.

Ci sarà un cambio di rotta obbligatorio delle imprese che dovranno offrire un’etichettatura degli imballaggi riutilizzabili se non una loro riduzione (per quanto possibile).
    

L’obiettivo è quello di eliminare imballaggi monouso per gli alimenti, soprattutto nel campo della ristorazione e di altri prodotti nell’hotellerie.

Un ulteriore passo importante riguarda i tassi vincolanti di contenuto riciclato che le aziende dovranno includere negli imballaggi di plastica. Aumentando in tale modo il valore del materiale riciclato.

         

Il parere di Zero Waste

Nonostante ciò, secondo la rete Zero Waste Europe il riciclo della plastica non è esattamente sostenibile come si pensa.

Ovvero esistono due tecniche di riciclo per i polimeri: quello meccanico e quello chimico. Di norma si predilige il primo ma spesso non è efficace come il secondo, o non è adatto a tutti i tipi di rifiuti.

Questo rappresenta un problema poiché il metodo chimico prevede una maggiore emissione di CO2 legata ai vari step, soprattutto quelli termici.

Per rispettare le linee imposte dal patto europeo, il metodo meccanico sembra non bastare quindi si tratta di una situazione contraddittoria se considerata la sua sostenibilità.
     

Metodo chimico

Riguarda la decomposizione dei polimeri di cui è fatto il prodotto in questione. Si procede alla divisione per mezzo di calore, catalizzatori o agenti chimici.

Grazie a tali meccanismi si ottiene una grande quantità di materie prime che possono essere impiegate nuovamente, con le stesse caratteristiche della materia prima vergine.

Tale sistema detto anche di “riciclo avanzato” ed è attualmente l’unico metodo efficace per il trattamento dei rifiuti di plastica.
     

Tuttavia, le analisi svolte su questa metodologia di riciclo hanno sollevato dei grandi dubbi, poiché contraddicono la sostenibilità tanto proclamata del sistema.

Il report di Zero Waste Europe, afferma che il riciclo chimico serve solo in casi particolari e dovrebbe essere scelto esclusivamente dopo quello meccanico.

Unicamente i prodotti con materiali durevoli e degradati che non possono essere decomposti in altri modi, dovrebbero passare al riciclo avanzato.

Inoltre, l’intero processo richiede grandi quantità di acqua ed energia e immette nell’ambiente grandi quantità di sostanze chimiche, che inquinano l’ambiente.
         

Cosa fare?

Questo non vuol dire che si tratti di un sistema non sicuro o da evitare, ma da scegliere in maniera appropriata.

Per far si che ciò accada serve un’ampia campagna di prevenzione e precauzione, in primo luogo delle aziende, in modo da cambiare il problema all’origine.

Si ipotizza una maggiore attenzione al design e alla qualità del prodotto, per renderlo riciclabile con il metodo meccanico.

Oppure sarebbe auspicabile un miglior consumo delle risorse, tra le quali l’energia, se non altro prendere in considerazione il taglio netto della plastica.

Read More
torello

“Torello” trasforma 200kg di rifiuti in bioenergia in soli 15 minuti.

By : Aldo |Febbraio 05, 2023 |bastaplastica, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

I rifiuti aumentano e di pari passo aumenta la richiesta di tecnologie avanzate per smaltirli.
Sea Marconi ha lavorato per questo.

Torello

L’impianto, lungo 7 m e largo 1,5 m è in grado di trasformare rifiuti in bioenergia e bioprodotti riducendo costi e tempi.

La sfida di Torello o BioEnPro4TO è quella di riciclare 200kg di rifiuti convertendoli in energia elettrica e biofertilizzante, nell’arco di soli 15 minuti.  Di fatto, la sua caratteristica è quella di poter superare gli impianti tradizionali, che impiegano 90 giorni per lo stesso identico processo.

Il macchinario creato dalla Sea Marconi è stato avviato ad ottobre e presentato il 31 gennaio alla Lavanderia a Vapore di Collegno.

Secondo il fondatore della Sea Marconi, Vander Tumiatti, Torello potrebbe essere “una soluzione integrativa per la produzione di biogas”. Questo sarà possibile per tempi e costi abbattuti grazie alla termochimica e per il fatto che “non ha bisogno di grandi investimenti o infrastrutture”.        

 

Struttura e funzioni

BioEnPro4TO è essenzialmente un progetto di ricerca di elevato livello di maturità tecnologica (TRL7) che può trasformare rifiuti in energia e altro.

Converte parte organica dei rifiuti solidi urbani, le biomasse primarie o residuali (sfalci), i fanghi di depurazione delle acque reflue civili e materiali plastici.  Tutto ciò può diventare energia elettrica, termica, acqua sterilizzata, biostimolanti, biogas, biofertilizzanti, syngas, biochar.

È un sistema che tende all’impatto zero, soprattutto per le tecnologie utilizzate nella sua creazione.

Non a caso, gli scarti subiscono un processo di conversione termochimica, fondamentale per la trasformazione in energia, perchè scalda ma non brucia.

Tra l’altro, l’impianto è capace di comprendere 1500 tonnellate di rifiuti (per anno) garantendo 7500 ore di lavoro all’anno.

Impieghi

I benefici che Torello può offrire sono vari ed essenziali, come la riduzione dei rifiuti in discarica o la produzione di energia verde.

Con tale macchinario si potrebbero risolvere anche i problemi legati al trasporto di rifiuti, una questione molto sentita soprattutto nei centri più piccoli.

Infatti, sono proprio le piccole e medie comunità (fino a 250 mila abitanti) le prescelte per l’utilizzo del sistema.

Ne è un esempio Torino Ovest, dove si gestiscono 112,5 mila tonnellate di RSU (Rifiuto Solido Urbano) e circa 20 mila tonnellate di organico.

Oppure il Comune di Collegno, costretto a portare le sue mille tonnellate di fanghi di depurazione (all’anno) negli impianti di Bergamo e Brescia.

Con un sistema simile si ridurrebbe il bisogno di trasportare determinati materiali e si ridurrebbero i costi di smaltimento e trasporto.  

In aggiunta, l’unità principale di Torello è trasportabile con un camion e può essere installato senza troppe difficoltà.

Finanziamenti

Il programma è stato avviato verso la fine del 2018 grazie ai 6,9 milioni di euro finanziati dalla Regione Piemonte.  Così da creare nuovi posti di lavoro e ha permesso il deposito di 10 brevetti, ai quali hanno collaborato 11 enti, tra aziende e università.

Un’ulteriore punto a favore dell’impianto è il ritorno di investimento che supera qualsiasi altro sistema tradizionale. Si tratta di 1000 euro per tonnellata e un ritorno che potrebbe ammontare al 140%, rispetto al solito 15 o 20%.        

Come sottolinea il fondatore Tumiatti, la volontà è di “produrre di più e meglio, consumando di meno”.

Read More
smart city

L’UE sceglie 9 città italiane tra le 100 smart cities a impatto zero entro il 2030.

By : Aldo |Gennaio 30, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

L’Europa continua ad impegnarsi e a presentare fatti. Per questo presenta 100 smart cities per il 2030.

Le città in Europa

L’Unione intraprende questa importante iniziativa di formare delle smart cities come esempi per il futuro.

La scelta e la selezione delle 100, deriva da vari studi per correlati ai consumi di energia, le statistiche demografiche e l’Agenda 2030.

Dalla ricerca emerge che, le città europee coprono solo il 4% della superficie dell’UE, tuttavia, ospitano il 75% della popolazione dell’unione.  Attualmente le città del mondo sono le responsabili del 65% dei consumi energetici globali e il 70% delle emissioni di CO2.

Per tale motivo la Commissione mira ad agire sugli ecosistemi urbani e a riportare un equilibrio ambientale nelle città. Anche sulla base dell’undicesimo obiettivo dell’Agenda 2030, con la missione di rendere le città sicure, resilienti e sostenibili.

Smart cities

A proposito di questi obiettivi, l’Europa ha selezionato 100 città incluse nella “Cities Mission”, parte del programma di Horizon Europe. Infatti, il piano prevede finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, da investire sulle future smart cities.

Delle 377 candidatesi, le 100 selezionate rappresentano il 12% della popolazione europea.

Si tratta di città che si impegneranno al fine di azzerare il loro impatto sul clima entro il 2030. In questo modo anticiperanno i traguardi stabiliti con il Green Deal europeo (entro il 2050), diventando dei modelli da seguire per gli altri centri abitati.

Il periodo di transizione va dal 2021 al 2027 e comprende 9 città italiane, quali: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino.

           

Azioni

I finanziamenti citati, ammontano a 360 milioni di euro, destinati alle spese iniziali per avviare la transizione ecologica (durante gli anni 2022-23).

Tutto quello in cui verte il programma concerne la ricerca e l’innovazione in tanti settori urbani. Mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e l’urbanistica verde, bioedilizia, la gestione dei rifiuti, sono solo alcuni dei campi in considerazione.

Ogni centro, dovrà comunicare le modalità con cui raggiungeranno gli obiettivi, nei Climate City Contracts, allegando la pianificazione del progetto e il piano di investimenti.

Oltre ai finanziamenti, le prescelte, riceveranno assistenza dalla piattaforma gestita da NetZeroCities e l’opportunità di networking nel quale includere anche i singoli individui.

Non a caso, il patto non vincolante consiglia di incrementare il rapporto tra i cittadini, le organizzazioni di ricerca e il settore privato.

         

Il responsabile del Green Deal europeo Frans Timmermans ha affermato:

“[…]le città sono spesso il fulcro dei cambiamenti di cui l’Europa ha bisogno per riuscire nella transizione verso la neutralità climatica[…]”.

Mentre la Presidentessa della Commissione EU, Ursula von der Leyen

“Ormai la transizione verde è iniziata in tutta Europa, ma c’è sempre bisogno di pionieri che si prefiggono obiettivi ancora più ambiziosi. Queste città ci indicheranno il cammino verso un futuro più sano e potranno contare su tutto il nostro appoggio[…]”

Il piano è chiaro: le nostre città come tutte le altre, dovranno lavorare duro per presentarsi nel 2030 con dei nuovi connotati.

Solo tra 7 anni potremmo vedere i risultati del progetto; nel frattempo ci troveremo tutti impegnati, in modalità diverse, al raggiungimento di tali obiettivi.

Read More
encubator

Encubator: premia 7 startup e la loro innovazione contro la crisi climatica.

By : Aldo |Gennaio 18, 2023 |bastaplastica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menorifiuti |0 Comment

La crisi climatica si può affrontare in molteplici modi e per questa ragione c’è chi ha scelto di usare l’innovazione tecnologica.

Encubator

Encubator è un progetto volto alla realizzazione di una società più sostenibile, nel minor tempo possibile.
La sua missione è quella di far fronte al cambiamento climatico con l’innovazione tecnologica, in cui gli esperti dell’iniziativa ripongono una grande fiducia.
Il piano prevede quindi la premiazione di team che propongono nuove soluzioni per accelerare la transizione energetica e non solo.
Si parla anche dello sviluppo di programmi in grado di cambiare e migliorare le città dal punto di vista sostenibile.

         

Il programma

Il piano nasce dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, PoliHub e Politecnico di Milano ed è rivolto alle imprese giovanili.
Si tratta di startup, team di ricerca e realtà universitarie che presentano idee e soluzioni nell’ambito del “climate tech”. Tale settore comprende una lista completa di tutti quelli che sono i cambiamenti necessari per questa importante transizione.

         

Tra i tanti la produzione, distribuzione e la gestione energetica, le smart cities, l’agricoltura, l’economia circolare e lo smart tourism.

Il progetto è rivolto a team italiani, europei ed internazionali con un piano caratterizzato da un grado medio di maturità tecnologica (TRL).  Maggiore attenzione sarà data ovviamente ai programmi brevettabili o in corso di brevettazione.

         

Nella prima edizione sono stati esaminati 220 progetti, di cui 168 considerati compatibili; una successiva scrematura ha poi decretato i 15 possibili finalisti.
La giuria che ha portato avanti la selezione, si compone di un gruppo di esperti, imprenditori, istituti di ricerca e banche.

Le startup vincitrici

Tra le 7 imprese vincitrici non ci sono solo realtà italiane e si spazia da un settore all’altro con grande sorpresa.
La vincitrice assoluta è AraBat, impresa pugliese che estrae metalli preziosi dalle batterie a litio per mezzo di arance. Segue la svizzera Gaia Turbine, con una microturbina idroelettrica, per deflussi minimi con efficienza maggiore del 90%.

         

In ambito alimentare, l’emiliana Kinsect, con la produzione di farine di insetti da usare negli allevamenti.
Nel settore edilizio romano, abbiamo Reco2 che presenta dei nuovi sampietrini sostenibili; simile è la lombarda ReHouseit, per un cemento con un impatto ambientale minimo.

Infine troviamo altre 2 realtà lombarde: Volta Structural Energy, che sviluppa nuove batterie aerospaziali e H2go Technology, nel campo della transizione energetica.

         

Il premio

La Camera di commercio e gli altri gruppi, hanno stanziato complessivamente 280 mila euro per il programma.
Tra i 15 finalisti, solo 7 riceveranno un finanziamento di 40 mila euro da investire in 2 ambiti diversi. 25 mila nello sviluppo del proprio progetto, mentre 15 mila per usufruire del programma di accelerazione, gestito proprio da PoliHub, per 4 mesi.
Tale divisione è stata pensata di modo che le startup potessero crescere con una struttura solida anche a livello di business.
Nel premio, è compreso un network di aziende, mentor e investitori del mondo imprenditoriale, dell’energia e dell’economia circolare, con i quali confrontarsi nel Demo Day.

         

Encubator, non ha semplicemente realizzato il sogno di qualche gruppo di giovani, ha fatto molto di più.

Con il progetto e i finanziamenti che offre, può creare nuovi posti di lavoro e creare nuove idee.
Tuttavia, il programma fa sì che il mondo possa accogliere queste tecnologie ed usarle in modo efficiente, per una grande causa al giorno d’oggi.

         

Se si pensa che solo con la prima edizione sono spiccate 7 imprese di giovani, possiamo solo augurarci che nascano tanti altri progetti come questo.

Per il pianeta, i giovani e per il futuro, il loro.

Read More
roma vetro

“Acqua di Roma” il progetto di Ama e CoReVe per ridurre la plastica.

By : Aldo |Dicembre 15, 2022 |Acqua, Arte sostenibile, bastaplastica, Consumi, Emissioni, Home, menorifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

Mercoledì 14 dicembre in Campidoglio, AMA e CoReVe hanno presentato la campagna “Acqua di Roma”

La campagna

La campagna attiva da giovedì 15 dicembre, ha due grandi missioni: la riduzione dei rifiuti e l’incentivo al consumo dell’acqua pubblica.

 

“L’acqua di Roma bevila nel vetro. Una buona abitudine che fa bene all’ambiente”.

 

Con tale iniziativa, si rivendica la qualità dell’acqua di Roma, sempre a nostra disposizione per mezzo di nasoni e fontane. Tuttavia, durante la conferenza è stata ricordata la siccità estiva e l’importanza di un consumo adeguato della risorsa più importante al mondo.

Per questo AMA e CoReVe hanno riproposto “l’acqua in vetro”: un’idea che riporta al passato pensando al futuro.

 

Il prodotto

La bottiglia, protagonista della campagna, è un mix di design, sostenibilità e praticità.

Il design vintage ci riporta indietro nel tempo, quando il latte veniva distribuito porta a porta. Cambia sicuramente il colore, in questo caso un verde… bottiglia, perchè composta da vetro riciclato.

La praticità invece, deriva dalla sua particolare leggerezza combinata ad una maggiore resistenza agli urti. La chicca è il collo largo, pensato per poterla lavare correttamente e riusare all’infinito anche per altre bevande o conserve.

 

La scelta del vetro

Gianni Scotti (Presidente di CoReVe) afferma che “Il vetro è principe della sostenibilità”, perchè può essere riciclato all’infinito riducendo le emissioni di CO2. Se non altro il suo riciclo diminuisce l’uso di materie prime vergini, un passo importante per un consumo efficiente delle risorse.

È senza dubbio un materiale sicuro per la conservazione degli alimenti e il mantenimento delle loro caratteristiche organolettiche.

Il settore della ristorazione è invece una certezza poiché comporta il 5% del suo riciclo, grazie alle aziende fornitrici che recuperano le bottiglie usate nei locali, settimanalmente.

Possiamo constatare anche il fatto che la bottiglia di vetro è un ottimo mezzo di marketing, usata come immagine pubblicitaria. In Italia, per esempio ogni azienda ha il suo produttore, proprio per rendere la bottiglia “iconica”.

Non a caso il Bel Paese è al terzo posto nella produzione di vetro, a livello mondiale.

 

L’investimento su Roma

Il progetto prevede la distribuzione di 100’000 bottiglie (donate da CoReVe) nel comune di Roma, partendo dai dipendenti comunali e municipali. Poi verranno rilasciate nei centri di raccolta, nelle biblioteche e nelle scuole per mezzo di lezioni di sensibilizzazione al tema.
Il pezzo è accompagnato da un sacchetto di carta riciclata, in cui sono riportati dati sul riciclo del vetro e lo slogan della campagna.

Con un investimento di 426’000 euro adibito al miglioramento della raccolta stradale del vetro, Roma aggiungerà 1200 campane alle 5000 già presenti.

Insomma, il vetro, usato in primo luogo dai Fenici, è un prodotto dalle mille risorse, ed è il perfetto rappresentante della sostenibilità. Attenzione però alla sua produzione e al suo trasporto: se questi ultimi hanno un impatto ambientale elevato, il vetro perde la sua qualità principale.

Read More

La Commissione europea chiede una revisione della legge sugli imballaggi monouso.

By : Aldo |Dicembre 01, 2022 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree |0 Comment

Ogni giorno vengono prodotti imballaggi che vengono utilizzati per qualche ora e poi vengono gettati senza neanche essere differenziati.

Per questo la Commissione europea ha intenzione di rivedere la legislazione attuale.

 

La proposta

Il commissario europeo per l’Ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius, introduce la proposta aiutandosi con un esempio semplice ma reale per tutti:

 

“È capitato a tutti di ricevere prodotti ordinati online in scatole troppo grandi, così come di chiedersi come separare i rifiuti da riciclare, cosa fare con un sacchetto biodegradabile o se tutti questi imballaggi saranno riutilizzati o perlomeno trasformati in nuovi materiali con un certo valore”.

Infatti, l’idea è quella di contrastare l’aumento dei rifiuti di imballaggi, stimato tra il 19% il 46% entro il 2030, per mezzo di varie azioni.

Anche Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, condivide l’idea “per un futuro senza inquinamento”.

 

Gli imballaggi in numeri

Il primo problema riguarda l’uso di materiale vergine. Si stima che il 40% di plastica e il 50% di carta prodotti nell’Unione europea vengano usate per il packaging di un prodotto.

L’imballaggio raramente viene riusato o smaltito correttamente; da queste analisi si calcola che ogni europeo produca 180 kg di rifiuti di imballaggio all’anno. Questo dato purtoppo è destinato ad aumentare nel caso in cui non venissero istituite nuove misure per rallentare la crescita o azzerarla.

 

Per questo la Commissione europea ha posto come obiettivo la riduzione di rifiuti da imballaggi del 15% entro il 2040.

 

Come cambiare rotta

Per raggiungere tale traguardo sono state presentate delle azioni che l’unione europea, i governi se non ogni singolo cittadino, potrebbero seguire.

Si parte dalla riduzione degli imballaggi, eliminando in principio quelli inutili, come i prodotti monouso di hotel, ristoranti e bar e quelli multipli per le lattine.

 

Un’altra mossa riguarda le aziende: dovranno garantire che una certa percentuale dei loro prodotti abbia packaging riciclabili o ricaricabili. In aggiunta si chiederebbero dei formati standard del pacco ed etichette riutilizzabili.

 

Saranno proposti dei criteri di progettazione dell’imballaggio e di restituzione di lattine e bottiglie di plastica; inoltre, verranno definiti in maniera chiara quali imballaggi sono compostabili.

 

Infine, sarà obbligatorio una percentuale di plastica riciclata all’interno della produzione, rendendo la plastica riciclata, un materiale prezioso.

 

L’aiuto economico

La Commissione è pronta a discutere questi temi con il Parlamento ed il Consiglio ma soprattutto è pronta a cambiare abitudini e a scombinare l’industria.

La revisione, tuttavia, creerebbe dei nuovi posti di lavoro, aiutando l’economia europea; anche solo il potenziamento del riutilizzo, ne garantirebbe 600.000 entro il 2030.

 

Per ridurre l’impatto ambientale in modo efficiente, necessitiamo di tante piccole azioni che partono dalle industrie e arrivano al singolo consumatore. A questo punto non resta che attendere la risposta e le conseguenti decisioni del Parlamento e del Consiglio europeo.

Read More
8 miliardi

Siamo ufficialmente 8 miliardi di persone: cosa ci riserva il futuro?

By : Aldo |Novembre 16, 2022 |bastaplastica, Emissioni, energia, Home |0 Comment
8 miliardi

Martedì 15 novembre 2022: la Terra è ufficialmente popolata da 8 miliardi di persone.

Quali sfide affronteremo e quali situazioni dobbiamo cambiare il prima possibile?

 

Verso gli 8 miliardi

Secondo le stime, nell’anno 1000, la Terra ospitava 400 milioni di persone, che aumentarono fino all’arrivo della peste nera.

Nel 1346 infatti si verificò l’ultimo sostanziale decremento dell’umanità, che venne seguito da una forte ripresa supportata dalla scoperta dell’America e delle sue risorse.

Le nuove rivelazioni e la rivoluzione industriale cambiarono tutto: le nuove tecnologie miglioravano quotidianamente la qualità della vita e la sua durata.

 

Quel processo ancora in atto, ha permesso una crescita esponenziale, soprattutto tra il 1900 e il 2000, periodo in cui siamo passati da 1 a 6 miliardi in mille anni.

 

Oggi

Ad oggi tocchiamo gli 8 miliardi.

Una cifra grande, forse troppo per un pianeta che chiede aiuto, da tempo, a una specie che lo ascolta con poca attenzione.

Anche se ci troviamo nello stesso pianeta, nella nostra popolazione c’è un grande divario sociale, economico e sanitario, che deve essere ridotto. 

 

Da una parte ci sono le grandi nazioni, super sviluppate e ricche, hanno un’aspettativa di vita più lunga di 30 anni rispetto agli altri.

Dall’altra, Paesi poveri in cui fame, malattie, guerre e cambiamenti climatici rendono la vita sempre più difficile.

 

Per eliminare o almeno ridurre tale differenza, dovremmo affrontare insieme le grandi “sfide” per il bene di tutti.

 

L’alimentazione

L’alimentazione è uno dei protagonisti del divario.

 

Da alcune analisi è emerso che ogni anno produciamo cibo per 12 miliardi di persone, che non viene consumato equamente.

Infatti 1,3 miliardi di tonnellate, vengono sprecate ogni anno dai grandi Stati che contano il 13% degli adulti in sovrappeso.
Mentre, 800 milioni di individui soffrono la fame ogni anno.

 

Secondo la Coldiretti, dopo la pandemia e l’inizio di una nuova guerra, possiamo intraprendere una sola strada.

L’autonomia alimentare, per tutti, per assicurare cibo senza speculazioni o distorsioni commerciali ed evitare situazioni come quella che stiamo vivendo oggi. 

 

Cambiamenti climatici

È anche vero che le azioni di pochi possono cambiare la vita di molti.
Al momento i Paesi d’Occidente sono i principali responsabili del riscaldamento globale per mezzo delle loro abitudini.

I Paesi poveri (spesso dell’emisfero australe) chiedono aiuto perchè gli effetti delle nostre azioni li colpiscono ogni giorno.

 

Anche in questo caso, un’azione congiunta da parte dei più agiati, potrebbe risanare le condizioni di vita estremamente difficili di milioni di persone.

Proprio per questo, alla COP27, verranno fissati nuovi obiettivi da raggiungere per rendere sostenibile la nostra massiccia presenza su questo pianeta.

In conclusione

Le risorse necessarie per la nostra sopravvivenza ci sono, sono disponibili nel nostro Pianeta, ma devono essere distribuite con altri criteri.

Una migliore ripartizione, basata anche su nuovi accordi internazionali, potrebbe risolvere tante battaglie che sono in atto al giorno d’oggi.

Purtoppo fame e cambiamenti climatici colpiscono maggiormente chi è in possesso di poco o niente e perciò bisogna modificare la direzione dei nostri obiettivi.

 

Al mondo serve una nuova visione d’insieme per permettere una vita degna di questo nome a più gente possibile, se non all’intera popolazione. E per tale sfida, necessitiamo di una collaborazione tra tutti, in ogni settore, guardando oltre i nostri orizzonti.

Read More
whale

Mai più scontri tra balene e navi: l’AI che salverà i grandi cetacei.

By : Aldo |Novembre 09, 2022 |Acqua, bastaplastica, cetacei, Emissioni, Home, mare, plasticfree |0 Comment
whale

Ogni anno più di 80 balene, muoiono a causa degli scontri con le navi nella West Coast.

Per mettere fine a questa “normalità”, il Benioff Ocean Initiative dell’Università della California, ha sviluppato un metodo di monitoraggio interattivo.

La situazione nei porti della California.

Come riportato 2 anni fa, i porti della California meridionale hanno in mano la maggior parte dei carichi oceanici di tutti gli USA.
La situazione però non è diversa nei canali del nord, dove insieme alle migliaia di navi container ci sono anche tante balene in via d’estinzione.

La pericolosità di questo fenomeno aumenta quotidianamente, tanto che lo scorso mese, nella Baia di San Francisco è morta una megattera peculiare.

Fran, la megattera famosa, grazie ai suoi 277 avvistamenti dal 2005, è morta a causa di un impatto con una nave.

 

Le cause

Per l’aumento della temperatura, le balene sono costrette a cercare cibo in zone per loro pericolose come i porti.

Purtoppo, loro non sanno che quella in cui si dirigono è una zona stracolma di navi da container che non rispettano i limiti di velocità.
Sì, in teoria le navi dovrebbero rallentare entrando nei porti, in pratica molti capitani non rispettano la regola e le conseguenze sono chiare a tutti.

 

Succede nei pressi di San Francisco e di Santa Barbara: ogni anno muoiono più di 80 balene per gli scontri con le navi.

Solo tra il 5% e il 17% delle carcasse viene recuperato, il resto affonda senza lasciare traccia, tra la noncuranza di marinai, capitani e lavoratori.

 

Whale Safe

Douglas McCauley, direttore del Benioff Ocean Initiative della University of California e la sua squadra hanno trovato una soluzione per proteggere le balene.
Whale Safe è un nuovo sistema di monitoraggio in funzione dal 2020 nella baia di San Francisco e dal 2021 nel canale Santa Barbara.
Il programma è basato sull’applicazione dell’intelligenza artificiale nelle cosiddette boe intelligenti ideate da Mark Baumgartner.

Grazie al suo lavoro presso il Woods Hole Oceanographic Institution del Massachusetts, oggi è possibile monitorare gli individui e salvarli.


Il meccanismo

Le boe intelligenti sono collocate a 40 km dalla costa e sono connesse a microfoni che si trovano a 80m di profondità.

In questo modo, i microfoni captano il canto delle balene che solitamente si muovono tra i 400 e gli 800 metri di profondità.

 

Successivamente, le boe trasmettono i versi ad una centrale tramite satellite e grazie ad un database si stima l’area interessata dai “giganti marini”.

Questo sistema è affiancato dall’app Whale Alert, con la quale chiunque può segnalare un avvistamento in tempo reale.

Così, la centrale crea un indice di presenza sempre più preciso, con il quale informa le navi della possibile presenza di individui.

L’indice varia da un livello basso ad uno molto alto e sfortunatamente, ad oggi, sia a San Francisco che a Santa Barbara registrano un livello altissimo.

 

Oltre alle boe e all’app, Whale Safe ha pensato bene di creare delle pagelle per le navi, rendendo pubblici i dati sulla condotta di ognuna.  

Le pubblicazioni mettono chiunque al corrente dei comportamenti delle navi, quindi del loro atteggiamento rispetto la salvaguardia delle balene.

 

Per ora, il sistema sembra funzionare e con le pagelle le varie società commerciali non possono più nascondersi.

La salvaguardia delle balene in via d’estinzione è fondamentale per la biodiversità ed è importante che al giorno d’oggi si sfruttino le migliori tecnologie per questi progetti.

Read More
megalopoli asiatiche

Le megalopoli asiatiche sprofondano: la subsidenza delle zone costiere aumenta pericolosamente.

By : Aldo |Novembre 07, 2022 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menoacqua |0 Comment
megalopoli asiatiche

Molte delle megalopoli asiatiche costiere, stanno sprofondando sotto il loro stesso peso con velocità mai viste prima.

Le città e i suoi abitanti rischiano cambiamenti disastrosi e per questo servono soluzioni pratiche nel minor tempo possibile.

Le cause.

La ricerca svolta dalla Nanyang Technological University (NTU) di Singapore spiega come l’uomo sia il vero colpevole di questo sprofondamento.

Le analisi dimostrano che le megalopoli sulla costa hanno un peso notevole, che ha innescato un processo di subsidenza molto veloce, della litosfera.

Tutto ciò è accentuato dai bisogni dei milioni di cittadini che vivono l’area, come quello di procurare l’acqua potabile.

Attingere alle falde acquifere era fondamentale vista la rapida urbanizzazione; peccato che con un’opera necessaria come questa il terreno si sia indebolito e abbia ceduto.

Esempi

Lo studio, sviluppato su 48 megalopoli asiatiche costiere, ha riportato il livello di pericolo a cui è sottoposta, ciascuna delle città.

Quasi tutte affondano ad una velocità di 16,2 mm l’anno e alcune toccano anche i 20 mm.

Sono città sovrappopolate come Ho Chi Minh City (detta Saigon- Vietnam), che ospita 8,993 milioni di abitanti, Chittagong (Bangladesh) con 8,44 milioni di cittadini.

E poi ancora Ahmedabad (India), Giacarta (Indonesia) e Yangon (Myanmar) che contano rispettivamente 3, 11 e 5 milioni di abitanti.

 

L’innalzamento del livello del mare.

È ormai chiaro che l’innalzamento del livello del mare è uno dei tanti effetti dei cambiamenti climatici.

Ed è anche risaputo, che sia tutto in mano all’uomo: l’aumento delle alterazioni ma anche la ricerca di soluzioni a tali problemi.

In questo caso, milioni di cittadini dovranno sommare al primo grande problema, l’aumento del livello del mare che potrebbe invadere completamente le loro case.

Questo si verificherà perchè in tantissime zone costiere del mondo, l’uomo ha costruito palazzi e grattaceli, se non megalopoli a ridosso del mare.

Il processo erosivo del moto ondoso determina la fragilità dell’ambiente costiero; non è novità, è un processo naturale che avviene con o senza popolazioni umane.

Futuro.

Secondo il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, più di 1 miliardo di persone sarà a rischio nell’arco di 30 anni.
Gli scienziati hanno quindi allarmato in particolare queste megalopoli, proprio perchè la loro urbanizzazione veloce e massiccia, potrebbe creare grandi danni anche prima del previsto.

Come affermato dagli scienziati, non è il mare la causa principale dello sprofondamento, ma l’uomo e le sue attività.

Bisogna ricordare che il mare non è contro l’umanità ma segue solo il suo percorso, quindi qualsiasi danno alle popolazioni, dipende solo dalle azioni dell’uomo.

Read More
gondolieri sub

I Gondolieri Sub: i volontari che puliscono i canali di Venezia.

By : Aldo |Novembre 02, 2022 |bastaplastica, Home, mare, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment
gondolieri sub

I gondolieri sono i veri padroni di Venezia; nessuno conosce i canali meglio di loro che li vivono 365 giorni l’anno.

Così è nata un’associazione per la pulizia dei canali per mezzo di volontari speciali, i gondolieri sub.

I Gondolieri Sub.

Potrebbe sembrare il nome di gruppo di supereroi e in parte potremmo dire che si tratta proprio di loro.

I Gondolieri Sub sono un gruppo di gondolieri che possiedono il brevetto da subacqueo e lo sfruttano per offrire un servizio speciale alla comunità.

L’iniziativa.

Il progetto è nato nel 2019, promosso dal comune di Venezia e dall’azienda che si occupa della pulizia della città, Veritas.

Quest’ultima ha messo ha disposizione dei battelli per la rimozione dei rifiuti speciali e per garantirne il giusto smaltimento.

Al loro fianco anche le pattuglie dei vigili urbani che controllano e bloccano il traffico dei canali interessati dalla pulizia.

Il “clean up” dei canali.

Il “clean up” dei canali i svolge nelle acque torbide dei canali pieni di rifiuti di ogni tipo.

I sommozzatori si aiutano con le torce e sono dotati anche di  videocamere per documentare l’attività a tutto tondo, sia dentro che fuori l’acqua.

Sui fondali è stato trovato qualsiasi tipo di rifiuto: scarti di cantiere, pezzi di arredamento, un’elica, molte bottiglie e tubi, telefoni, tv, sanitari.

I sub hanno trovato anche materiali di grandi dimensioni, come carretti e scale che possono diventare un pericolo per la navigazione.

Il retino in gondola.

Tra i vari rifiuti, la plastica ha primeggiato per quantità e frequenza ma questo non ha spaventato i subacquei, che hanno trovato subito un rimedio.
Infatti, alcuni gondolieri hanno allestito le proprie gondole con dei retini per raccogliere la plastica (principalmente quella in superficie) durante i loro tour.

Altri oggetti che tengono testa alla plastica sono i copertoni utilizzati come parabordi per le barche.

Le corde che li tengono si possono sciogliere, quindi, le ruote affondano senza riemergere, da qui la scelta di sostituirli con i galleggianti.

I risultati.

Il piano, inizialmente sperimentale, è oggi un progetto di collaborazione di 2 anni tra l’associazione e la giunta del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro.

Si sono svolte circa 15 immersioni grazie alle quali i volontari hanno portato alla luce più di 9000 kg di rifiuti

L’attività ha riscosso un grande successo ed è diventata virale dopo l’ultima immersione (30 ottobre) con dei video girati dai passanti.

I 12 volontari del gruppo hanno già stabilito le prossime date, sono pronti a ripulire la città e a sensibilizzare i cittadini sul tema.

Read More