Gli obiettivi degli ultimi anni legati alla sostenibilità sono considerati delle vere e proprie sfide all’ultima tecnologia.

Abbiamo visto brevetti di tanti tipi ma evidentemente c’è tanto altro da scoprire e ancora tanti progetti da sviluppare.

Le “foglie” artificiali

L’Europa definisce la cosiddetta A-LEAF, come un dispositivo in grado di replicare a fotosintesi in modo da produrre combustibili solari, senza sostanze chimiche.

Al momento il prototipo assomiglia ad una bibita in lattina, che funziona come una foglia di un albero qualunque.

La differenza si incontra nell’aggiunta di acqua e CO2, grazie alle quali il dispositivo produce formiato, composto utilizzabile come combustibile solare.

Tale tecnologia potrebbe essere utile per stoccare l’energia solare in eccesso oppure per sostituire gradualmente i combustibili fossili. Trattandosi poi di fotosintesi, si ridurrebbe anche la CO2 o comunque si può immaginare un processo carbon neutral.

Inoltre i materiali usati non sono esattamente i migliori nel campo, ma in questo modo la tecnologia può essere distribuita più facilmente in aiuto alla società.

 

La produzione di idrogeno

Il primo passo in tale campo è stato fatto per la produzione di idrogeno. Il programma sviluppato da un gruppo di scienziati del Politecnico Federale di Losanna ha visto la realizzazione di un nuovo elettrodo per celle fotoelettrochimiche.

Questo dispositivo, trasparente e poroso sfrutta il sole e l’umidità atmosferica per generare idrogeno. Il tutto avviene in celle solari che uniscono la raccolta di fotoni (nei semiconduttori) all’elettrolisi dell’acqua nell’aria.

Le celle fotochimiche (PEC) sono una grande risorsa per la scienza, poiché consentono di perseguire, migliorare ed incrementare gli studi nell’ambito descritto.

Al principio però le celle utilizzavano semiconduttori immersi in liquidi; quindi, erano necessari passaggi più complessi per il loro riscaldamento.

Pertanto, il team di Losanna ha pensato bene si sostituire i liquidi con i gas, nello specifico con l’aria e quindi hanno modificato gli elettrodi.

Solitamente sono composti in carbonio grafitico o materiali opachi che limitano la raccolta della luce, al contrario di quelli nuovi.

Si chiamano elettrodi a diffusione di gas, sono trasparenti e porosi, assorbono più luce solare e massimizzano il contatto con le molecole d’acqua contenute nell’aria.

 

Il combustibile solare

Analogamente l’Università di Cambridge ha portato avanti la sua ricerca fino al raggiungimento dell’obiettivo: creare combustibili liquidi dalla luce solare.

Come riportato nel primo paragrafo, si tratta di un processo che non include composti chimici tra gli “ingredienti”: solo acqua, luce del sole e CO2.

Loro, gli attori per la realizzazione di etanolo puro da aggiungere alla benzina per un pieno delle auto: è la prima generazione di combustioni solari.

La peculiarità di questo progetto sta nella produzione di carburanti liquidi multi-carbonio, saltando la fase intermedia in cui si crea syngas.

Questo salto è possibile grazie al catalizzatore a base di rame e palladio, in modo che la foglia produca sostanze più complesse. Tra queste, etanolo e n-propanolo.

In conclusione

Entrambi i processi devono essere messi alla prova in altre condizioni, soprattutto se si pensa ad un processo impiegato a livello industriale.

Non è semplice diffondere su larga scala dei dispositivi e delle procedure simili, ma sono sicuramente la prova che c’è ancora tanto da studiare.

Intanto, questo come tanti altri è un passo in avanti per un mondo più verde.

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