Nanoparticelle di plastica nell’acqua di bottiglia: i risultati inaspettati.

By : Aldo |Gennaio 16, 2024 |Acqua, Arte sostenibile, Home |Commenti disabilitati su Nanoparticelle di plastica nell’acqua di bottiglia: i risultati inaspettati.

Che la plastica sia arrivata ovunque non è più un segreto, né tantomeno il fatto che è arrivata anche all’interno del nostro corpo. Questo fatto però apre un discorso molto delicato che si divide in due, tra preoccupazioni e business.

     

In Italia

L’Italia è denominata come il Bel Paese proprio per le migliaia di qualità che detiene. Peccato che spesso e volentieri queste caratteristiche vengano poi sopraffatte da aspetti negativi più ingombranti. Un esempio lampante e ad hoc è quello che riguarda l’acqua potabile.

     

L’Italia gode di acqua potabile da rubinetto che proviene per l’84,8% da fonti sotterranee naturalmente protette e di qualità, che necessita di pochi altri trattamenti. Sebbene abbiamo questo vantaggio siamo sul podio mondiale dei consumatori di acqua in bottiglia: un’ambiguità inspiegabile. Infatti, secondo un dossier di Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, l’Italia ha peggiorato negli anni questa tendenza. Siamo il terzo Paese al mondo per consumo di acqua in bottiglia, con un aumento delle vendite in 10 anni (2009-2019) di +100%. In concreto sono state vendute più di 10 miliardi di bottiglie all’anno. Probabilmente questo è uno di quegli improbabili e assurdi controsensi dello Stivale, su cui dovremmo lavorare.

    

In modo analogo funziona il resto del mondo, come riportato dal “Guardian” il quale afferma che ogni minuto a livello globale viene acquistato un milione di bottiglie di plastica. È ovvio quindi che non ce ne sbarazzeremo ne velocemente, né facilmente: nel frattempo la plastica continua ad aumentare a dismisura. In soli 70 anni, siamo passati dai 2 milioni di tonnellate, alle oltre 400.

   

Nanoparticelle nell’acqua di bottiglia

Sulla base delle notizie sopracitate non è un caso né tantomeno un mistero che l’acqua in bottiglia sia piena di nanoparticelle di plastica. Da anni si studia la diffusione della plastica, le tipologie, i danni che causa agli ecosistemi e da poco se ne studiano anche gli effetti sull’uomo. Se prima si parlava della plastica ingerita attraverso l’alimentazione, si è passati a ritrovarla nel sangue e per ultimo anche nella placenta di donne incinta. Così medici e studiosi si sono allarmati perché il focus è passato dai danni che la plastica provoca agli altri ecosistemi, ai danni che determina sulla nostra salute.

    

Tuttavia, prima di analizzare la sfera sanitaria è opportuno descrivere e capire i risultati delle varie analisi e i pensieri dei ricercatori sul fatto. Iniziamo da uno studio pubblicato sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences), organo ufficiale della National Academy of Sciences. L’indagine mirava alla ricerca di frammenti di grandezza anche inferiore a 100 nanometri nei prodotti di 3 celebri marche, e i risultati hanno stupito tutti. Ben 240 mila frammenti di plastica in un solo litro d’acqua, si tratta di un numero 100 volte più grande rispetto ai precedenti studi e non solo. È una quantità che supera di gran lunga i livelli trovati nell’acqua di rubinetto.

     

Dopodiché l’attenzione è stata spostata sui tipi di particelle, ossia quali tipi di plastica possiamo trovare nell’acqua in bottiglia. Anche qui i risultati hanno sorpreso gli studiosi, che hanno usato strumenti di massima innovazione. Per questa fase di studio, infatti, sono stati utilizzati e puntati due laser in grado di osservare e “leggere” la risposta delle diverse molecole. Grazie a tale tecnologia hanno scoperto che esistono dalle 110 mila alle 370 mila particelle di plastica di 7 tipologie diverse quali:

  • Il PET (polietilene tereftalato) usato maggiormente per imbottigliare il 70% delle bottiglie per bevande e liquidi alimentari (a livello globale);
  • la poliammide, una classe particolare di nylon che potrebbero derivare dai filtri di plastica utilizzati per purificare l’acqua prima dell’imbottigliamento;
  • polistirene, polivinilcloruro e polimetilmetacrilato, usati nei processi industriali.

Sebbene i ricercatori non siano riusciti a identificare il 90% delle nanoparticelle, altri hanno approfondito le ricerche sulle origini di alcune. Per esempio, Antonio Limone, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno sottolinea che l’acqua imbottigliata, possa essere contaminata in varie fasi della catena produttiva e distributiva. È semplice anche capirne il motivo, poiché durante lo stoccaggio, luce e temperatura favoriscono la migrazione dei contaminanti nell’acqua. Mentre Carola Murano, ecotossicologa del Dipartimento di Ecologia Marina Integrata della Stazione Zoologica Anton Dohrn spiega le difficoltà riscontrate in questo tipo di analisi. Infatti, dichiara che:

    

…l’assenza di metodi standardizzati e talvolta poco sostenibili per la caratterizzazione e la manipolazione di oggetti di plastica di dimensione sub-micrometrica e nanometrica non ci consente a pieno di trarre conclusioni scientificamente chiare, soprattutto se in ballo ci sono molteplici variabili.”

Pertanto, sarebbe appropriato affrontare il problema con

 

…un approccio che includa le migliori pratiche di gestione dei rifiuti e lo sviluppo di materiali alternativi e sicuri per l’ambiente e una maggiore consapevolezza tra i consumatori”.

Un problema sanitario

Tali evidenze hanno scatenato delle discussioni attorno alla questione sanitaria. Ovvero, tutte queste nanoparticelle, le ingeriamo per mezzo dell’acqua imbottigliata che beviamo. Di conseguenza il particolato entra in circolo nel nostro corpo e dalle ultime analisi arriva ovunque. Dunque, quello che tutti si chiedono ora è: quali effetti dannosi possono determinare per la nostra salute?

    

Nonostante nel 2019, l’OMS avesse “frenato” il legame tra nano plastiche e salute umana, i ricercatori dell’ultimo studio hanno tante preoccupazioni. Difatti le particelle sono arrivate addirittura negli embrioni (studio dell’Università delle Hawaii a Manoa e del Kapi’olani Medical Center for Women & Children). Oltre alle nano plastiche, ci sono elementi come alchifenoli, ftalati che anche a basse concentrazioni, possano causare effetti tossici agendo in modo additivo.

     

Dall’altra parte c’è chi come Jill Culora, portavoce dell’International Bottled Water Association ricorda le lacune nel settore descritto. Secondo la sua opinione mancano dei metodi standard e un vero e proprio consenso scientifico sui possibili effetti sulla saluta umana. Eppure, crede che le modalità con cui vengono diffuse le notizie sulla questione, spaventino inutilmente i consumatori. Ovviamente sottolineare la pericolosità di prodotti comuni come l’acqua in bottiglia è un tema molto delicato, una faccenda da trattare con le pinze. Ma non per questo bisogna voltare pagina o andare oltre, poiché, se la plastica è arrivata nella placenta di donne in stato interessante, si deve assolutamente approfondire la ricerca.

     

Senz’altro una soluzione al problema sarebbe quello di bere più acqua del rubinetto che costa meno ed è sicura. Altrimenti, se si preferisse l’acqua frizzante o si necessita acqua a basso residuo fisso allora si potrebbe optare per sistemi di filtraggio o di gassificazione. Certo è che questi strumenti hanno un costo più elevato della bottiglia di plastica, ma non hanno un impatto elevato come le seconde.

Comments are closed.