cop27 insegna

Si è conclusa, con 30 ore di “ritardo” la 27esima edizione della COP; tra malcontenti e piccole vittorie, analizziamo la Convenzione del 2022.

Sharm el-Sheikh

Nuovo anno, nuovo Stato ospitante; le uniche cose che non sono cambiate con gli anni sono gli obiettivi.

Le ambizioni di quest’anno non erano tanto diverse da quelle di Glasgow, destando la preoccupazione scienziati e attivisti, che prima dell’inizio prevedevano un flop totale.  

La plenaria finale, complicata e poco armonica, ha sforato di 30 ore la fine della convenzione, terminando domenica 20 novembre. Le cause di questo ritardo sono dovute a risultati poco chiari, disaccordi tra stati, conclusioni deludenti e obiettivi mancati.

Tra i temi più discussi, l’obiettivo 1,5°C correlato alle emissioni e il fondo “Loss and damage”.

Tenere la temperatura sotto 1,5°C

Sembra sempre più una “mission impossible” visto che gli stessi propositi  si rimandano da ormai 7 anni.

Il disaccordo di più stati è dettato dall’assenza di vincoli legati alle emissioni o all’utilizzo di combustibile fossile; non ci son obblighi per nessuno.

Si richiede principalmente la riduzione dell’uso del carbone per la produzione elettrica, non si parla della sua eliminazione, tantomeno un abbattimento delle conseguenti emissioni

Oltretutto, la mancanza di obblighi conduce ad una poca efficienza del patto visto il traguardo da raggiungere entro il 2030. Infatti, l’impegno sarà concretizzato quando le emissioni saranno ridotte del 43% entro il 2030, peccato che con gli attuali trend si tocchi solo lo 0,3%.

cop27

La vittoria chiamata “Loss and damage”

Il tema più discusso è diventato l’unica vittoria della convenzione: l’istituzione del fondo “Loss and damage”, precisamente ‘perdita e danno’.

Il fondo compensativo presuppone che gli Stati ricchi risarciscano quelli in via di sviluppo, per i danni causati dalla loro industrializzazione.  Il compito per la COP28 include la nascita di un comitato che deciderà quali paesi potranno attingere alle risorse del fondo e quali dovranno finanziarlo.

Anche questa modalità ha creato delle proteste poiché Usa, Europa, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, non intendono essere gli unici finanziatori. Perciò chiedono, che il fondo venga finanziato anche da altre potenze economiche, come la Cina. Inoltre sarà difficile rispettare l’impegno per i paesi d’occidente vista la crisi post pandemia e l’attuale guerra in Ucraina.

Al fine di ridimensionare l’accordo, Fran Timmermans (capo delegazione dell’UE) ha proposto ristori solo ai Paesi “più vulnerabili”. L’idea è frutto di un ragionamento più realistico che considera l’impossibilità di raccogliere i fondi per tutti i 100 Stati in via di sviluppo.

Punti di vista

Dopo la plenaria finale, sono sorti dubbi e critiche nei confronti del documento redatto. Proprio Timmermans affronta la discussione dichiarandosi deluso dalle decisioni prese:

“Siamo orgogliosi di aver contribuito a risolvere il problema del “Loss and damage”, ma sulle riduzioni delle emissioni qui abbiamo perso una occasione e molto tempo, rispetto alla Cop26 di Glasgow.

Anche il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si espone sul verdetto:

“Tuttavia, il nostro pianeta è ancora al pronto soccorso. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un problema che Cop27 non ha affrontato […]La Cop27 si conclude con molti compiti e poco tempo”.

Conclusioni

È ormai chiaro a tutti, che la 27esima edizione della convenzione, non abbia avuto un grande successo.

L’istituzione del fondo è una grande vittoria, anche simbolica visto che proprio in Africa ci sono 9 dei 10 paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici. É una vittoria di tanti, dei più deboli, che per la prima volta sono stati ascoltati veramente ottenendo quello di cui avevano più bisogno.

Non si può dire lo stesso riguardo le emissioni, che hanno deluso molti, tranne chi gode di questo accordo non vincolante. Come dichiarato dalla ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock:

“L’Europa e i paesi più colpiti si sono battuti per norme molto più vincolanti. Un’alleanza tra paesi ricchi di petrolio e grandi emettitori lo ha impedito e ha posto inutili ostacoli sulla strada di 1,5°C”.


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