Efficienza energetica

L’esempio virtuoso del biodinamico abruzzese.

By : Aldo |Marzo 14, 2024 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su L’esempio virtuoso del biodinamico abruzzese.

Si sa che l’Italia è impegnata a mantenere salde certe tradizioni, che non riguardano solo l’aspetto culinario ma anche produttivo. Il Paese che vanta secoli di storia detiene anche grandi esempi di virtuosità legati al settore sostenibile. Ecco il caso della biocantina Orsogna.

    

Il virtuoso Abruzzo

L’Abruzzo è una regione che si distingue per il suo forte impegno ambientale per mezzo di importanti progetti e politiche. Non a caso oltre il 30% del territorio è parte di riserve naturali e aree protette, tra cui

  • il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise;
  • il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga;
  • il Parco Nazionale della Majella.

Tale attenzione è determinata anche dall’elevata percentuale di biodiversità che presenta tra flora e fauna, che va oltre il 40%. Inoltre, la regione spicca per la sua riduzione significativa delle emissioni di CO2 del 20% negli ultimi dieci anni.  Un ulteriore settore rilevante per il territorio è quello della produzione biologica, che rappresenta oltre il 10% della produzione agricola totale. Questa specialità è talmente importante e che negli ultimi 5 anni, il 15% delle aziende agricole hanno adottato pratiche biologiche. Tale scelta influisce non solo sulla produzione e sul consumo di alimenti di qualità, ma ha un forte impatto anche nell’economia locale, favorendo inoltre il turismo ecologico. Quest’ultimo è cresciuto del 25% valorizzando la natura, le tradizioni e la produzione e favorendo sviluppo sostenibile della regione.

    

L’Abruzzo si sta rinnovando attraverso un nuovo modo di pensare il consumo del suolo e la produzione di cibo, rispettando gli ecosistemi, incrementando la sostenibilità del territorio stesso.

   

Il caso della Bio Cantina Orsogna

La virtuosità della regione è dovuta anche o principalmente alle scelte delle aziende, che decidono di approcciarsi alla produzione in maniera innovativa. Tra i tanti nomi però spicca quello della Bio Cantina Orsogna, un esempio di eccellenza nell’ambito della sostenibilità.

    

Nel 1964 35 viticoltori idearono la Cantina Sociale del paese per unire le loro produzioni agricole. Sin dall’inizio, la produzione vinicola era una delle attività principali della zona, non a caso si contavano più di 40 grandi cantine cooperative. La rilevanza della cooperativa è evidente poiché si impegna non solo nelle sue attività ma si sviluppa su un concetto complessivo di produzione. Per questo è sempre stata attiva nella salvaguardia ambientale, la conservazione delle conoscenze e la produzione di vini di qualità.

    

Nel 1995 è iniziato percorso di conversione al biologico ha coinvolto il 100% della superficie vitata nel 2022 contava 1400 ettari, mentre il 45% è dedicato all’agricoltura biodinamica (Demeter) dal 2003. Grazie a tale impegno e dal 2022 tutti i vignaioli della cooperativa sono stati certificati per la biodiversità degli agroecosistemi (Biodiversity Friend®).

    

La produzione

È chiaro che si tratti di una realtà che ha a cuore il suo territorio e non solo. Perché questo tipo di dedizione e di approccio alla produzione con una filosofia totalmente nuova è frutto di una grande attenzione anche verso le generazioni future. Precisamente la cooperativa segue la “filosofia agricola” ispirata al pensiero di Rudolf Steiner, il quale creò una visione quasi spirituale della produzione di alimenti.

    

Una filosofia che introduce nella cura della vigna, una serie di riti, attenzioni e pratiche per la creazione del miglior prodotto. Si tratta di un modello “biodinamico” che unisce pratiche per la coltivazione al concetto di energia vitale del suolo. Un nuovo modo si pensare l’agricoltura che tuttavia non si ferma alle nuove generazioni, perché la cooperativa è disposta a formare i viticoltori della zona che possano comunque portare avanti le tradizioni con la loro esperienza e la loro manodopera.

     

Un’altra eccezione di questa realtà è il suo successo, perché al contrario di quello che si possa ipotizzare, la Bio Cantina produce tra i 2 e i 2,5 milioni di bottiglie all’anno. In particolare, vende Trebbiano d’Abruzzo, Malvasia, Moscato, Passerina, Cococciola, Pecorino, Chardonnay, Montepulciano e Sangiovese. In più, lavora con fermentazioni spontanee, grandi vasche interrate o anfore d’argilla per la Malvasia.

   

Si tratta a tutti gli effetti di una produzione a ciclo chiuso, autosufficiente e sostenibile, poiché niente viene sprecato o lasciato a se. Oltre alle pratiche già note, come l’utilizzo del letame per la concimazione del suolo, la pratica del sovescio, il pascolo di ovini nei vigneti, si punta a innovare ancora di più il sistema. Infatti l’idea della cooperativa è quella di coltivare piante erbacee tra le viti, per ridurre al minimo la monocoltura intensiva (pratica diffusa e altrettanto negativa per gli ecostistemi).

   

Il tutto è pensato per produrre alimenti, vini ed altro riducendo al minimo l’impatto umano sulla terra. In questo caso, la Bio Cantina Orsogna ne è un modello impeccabile.

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Accordo di Parigi. Grazie all’accordo con la Svizzera, arrivano a Bangkok gli e-bus.

By : Aldo |Gennaio 17, 2024 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su Accordo di Parigi. Grazie all’accordo con la Svizzera, arrivano a Bangkok gli e-bus.

Si sente spesso parlare di compensazione della CO2, di riforestazioni e progetti di sviluppo oltre oceano. Sembra che questi siano gli unici modi con cui uno stato possa compensare le sue emissioni, ma un’articolo dell’Accordo di Parigi cambia tutto.

Articolo 6 Accordo di Parigi

L’articolo 6 è un punto fondamentale dell’Accordo di Parigi poiché consente le collaborazioni tra Stati per raggiungere i propri obiettivi climatici. Il punto ammette due tipi di riduzioni delle emissioni conseguite all’estero (Internationally transferred mitigation outcomes, ITMOS) divise in 2 sottoclassi:

  • quelle che risultano da un meccanismo regolato dall’Accordo di Parigi (art. 6.4);
  • quelle che risultano da accordi bilaterali e multilaterali (art. 6.2).

Con tali premesse c’è la possibilità di creare una rete di cooperazione internazionale sul mercato del carbonio per ridurre le emissioni di gas serra. Tuttavia, anche questi meccanismi devono seguire delle regole specifiche, affinché i progetti di compensazione non siano vani. Più precisamente, esiste una procedura obbligatoria che entrambi gli stati devono seguire per evitare il doppio conteggio delle riduzioni delle emissioni. Quindi

  • un paese trasferisce unità di emissioni a un altro paese
  • il venditore sottrae tali unità di emissioni dal proprio obiettivo di emissioni
  • l’acquirente deve aggiungerle al proprio obiettivo.

Grazie a questo articolo, esiste un gran numero di operazioni possibili per la riduzione del carbonio, con lo scopo di agire contro i cambiamenti climatici.

    

Svizzera e Thailandia

La notizia che circola da qualche giorno riguarda proprio l’applicazione di tale articolo. In Thailandia sono arrivati gli e-bus o bus elettrici dalla Svizzera per compensare le emissioni di CO2. Un’operazione nuova, prima del suo genere che apre le porte a nuovi piani internazionali, sviluppati semrpe sulla base delle direttive dell’Accordo di Parigi.

    

Il programma di Energy Absolute Public Company Limited è sostenuto dalla Foundation for Climate Protection and Carbon Offset Klik (Klik Foundation). Ma anche da South Pole, società svizzera specializzata in queste specifiche operazioni. L’accordo bilaterale serve per ridurre le emissioni e l’inquinamento atmosferico di Bangkok attraverso l’introduzione di veicoli elettrici nel trasporto pubblico gestito da operatori privati. A tal proposito, il quotidiano “La Repubblica” ha intervistato Aurora D’Aprile, consulente di Carbonsink, parte di South Pole dal 2022. Nella conversazione si spiegano i motivi per cui questo, è considerato un piano unico nel suo genere.

    

Il primo progetto

La partnership tra Svizzera e Thailandia è considerata una novità poiché prevede lo scambio di crediti di carbonio tra Stati e non solo tra privati. La sorpresa deriva dal fatto che tale pratica è consentita dall’Articolo 6 ma nessuno ancora aveva applicato tale norma. Un fatto, questo, incomprensibile, poiché l’articolo mirava proprio alle collaborazioni tra governi. Inoltre, era chiaro che con la cooperazione si sarebbero ridotte maggiormente le emissioni, rispetto ad una pratica solitaria e privata.

   

Un secondo motivo per cui il progetto è ritenuto primo nel suo genere è il fatto che sia il primo in cui l’iter, legato al mercato del carbonio, sia stato completato. Più precisamente, il credito va sviluppato secondo dei criteri condivisi, dopodiché il Paese in cui il credito viene maturato deve autorizzarne l’esportazione, e questo è avvenuto.  Di certo la collaborazione tra stati rende il piano più influente e sicuro, visto che gli Stati possono dare maggiori garanzie sull’effettiva consistenza dei crediti. Soprattutto per quanto riguarda il doppio conteggio. Infatti, con l’applicazione dell’Articolo 6, rende teoricamente impossibile che la stessa riforestazione (o piano) venga usato per la compensazione di clienti diversi.

    

Un terzo motivo per definire il programma tra Svizzera e Thailandia è il suo oggetto: il rifornimento di bus elettrici nella metropoli di Bangkok. Effettivamente quando si parla di compensazione si punta sempre alle riforestazioni o ad impianti per energie rinnovabili. Quindi il piano in esame dimostra un nuovo settore in cui si può operare ossia il settore della mobilità elettrica.

    

Conclusioni

Tuttavia, non sono mancate critiche anche in questa situazione, soprattutto contro la partnership stessa. Le lamentele si basano sull’idea che he prima o poi Bangkok avrebbe dovuto comunque cambiare la sua flotta di bus obsoleti. Pertanto, non si assiste ad un’”addizionalità”, non è un’operazione che si fa in più per il clima.

   

Ma è pur vero che dietro tali progetti ci sono talmente tante dinamiche e questioni da seguire che criticarne lo scopo, non risulta produttivo. Soprattutto perchè si tratta di stati diversi sotto ogni punto di vista; quindi, aver trovato un accordo è già una vittoria.

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Il Natale 2023 sarà “di seconda” mano per il 64% degli europei.

By : Aldo |Dicembre 19, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il Natale 2023 sarà “di seconda” mano per il 64% degli europei.

Siamo in quel periodo dell’anno in cui le persone che si affrettano tra i negozi, tra le luci e i pacchetti. I regali sono il focus della maggior parte della gente: che siano per parenti, amici e compagni sono l’impegno da portare a termine entro il 24 dicembre. Ma come procede questa maratona durante la crisi che stiamo vivendo?

    

La crisi e la sostenibilità

Spesso, nella quotidianità delle persone viene esclusa la scelta sostenibile per i prezzi elevati che comporta. Per esempio, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo potrebbe essere difficile comprare un cappotto di 300 euro solo perché è sostenibile. Si, sicuramente durerà di più rispetto ad uno che ne costa 50 ed è fatto di materiali di qualità, ma nella mente resta impressa solo la grande cifra.

     

Non è raro che questo motivo emerga durante le discussioni sull’importanza di una transizione ecologica oe verso una vita più sostenibile. Tuttavia, sorprendentemente quest’anno si sta sviluppando un trend che continua a crescere, ossia la scelta dei regali di seconda mano o “second hand”. Secondo la nuova ricerca del gruppo di annunci online Adevinta, il 64% degli europei comprerà o ha già comprato prodotti di seconda mano per Natale.E proprio per tale ragione i mercati dell’usato dovrebbero aumentare a breve.

     

Le motivazioni e i meccanismi che portano a tale crescita sono proprio quelli dettati in precedenza. Il potere d’acquisto è diminuito notevolmente a causa del caro vita e quindi dall’inflazione, dunque, le persone sono portate a risparmiare sempre più. L’azienda che ha condotto l’indagine ha intervistato 5.000 consumatori europei in Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna.

    

Tra l’idea e l’azione

Nell’analisi, le domande più specifiche poste agli intervistati  danno un prospetto di quello che potrebbe essere una prossima tendenza. Quindi partendo dalle ragioni per cui una persona opta per il regalo di seconda mano abbiamo un 47% che ricorda la necessità di risparmiare. Dopodiché, il 37% delle persone dichiarano che tale decisione è motivata dal desiderio di fare acquisti più sostenibili, una buona ragione che guarda al futuro. In particolare, si tratta di una cifra in aumento visto che solo nel 2022, il 32% degli europei ha intrapreso questa strada.

      

Per continuare sempre su questa falsa riga, si afferma che ¼ dei consumatori scelgono l’usato per regalare prodotti vintage o alternativi. Gli stessi numeri valgono per chi decide di acquistare articoli da negozi o attività locali, altro punto a favore per la sostenibilità dello shopping. Nonostante gli incrementi descritti, c’è ancora un 35% delle persone che preferisce comprare prodotti nuovi. L’idea che “nuovo è meglio” perpetua nelle nostre società consumistiche, pertanto c’è ancora molto da fare.

     

Il riciclo dei regali

Di certo, la moda delle spese folli nel periodo dal black Friday alla Vigilia di Natale, non può essere eradicata in poco tempo, ma ci sono i giusti accorgimenti per provarci. Come? Con il riciclo dei regali indesiderati. Nello specifico 2/3 dei consumatori dichiarano di aver ricevuto articoli nuovi, che nel corso del tempo non hanno mai usato perché non di loro gusto. Di questi solo il 6% però ammette di averli buttati via, una percentuale che fa ben sperare o almeno incoraggia ad un pensiero positivo e di cambiamento.

       

Il 28% invece, li ha conservati con la certezza che non li avrebbe mai usati, mentre il 33% ha aspettato che diventassero utili.  Tuttavia, il 23% delle persone intervistate li ha rivenduti online, ed un buon 30% li ha regalati a sua volta. Sicuramente è una pratica che potrebbe non convincere tutti, ma senza dubbio è una scelta fondamentale per il pianeta. In questo modo, infatti, se trovassimo un nuovo proprietario per determinati prodotti, potremmo ridurre la futile produzione di rifiuti.

         

Il mercato

Per questo motivo nascono sempre più brand e mercati di re-commerce che consentono di dare una seconda vita agli oggetti. Si può dunque parlare di un circolo che può determinare anche il recupero di denaro nel periodo successivo alle vacanze, al quale nessuno si sottrae… anzi.

     

Se prima si fossero riciclati i regali, ci si sarebbero passati i vestiti tra cugini, ora fa gola a tutti l’idea di rivenderli e di trarne un profitto. Amche questa è innovazione sostenibile. Soprattutto se ci concentriamo sui movimenti che ci sono da qualche anno, è chiaro che si tratti di una pratica legata principalmente ai giovani per molteplici motivi quali:

  • il forte apprezzamento del regalo vintage;
  • il costo inferiore (anche fino al 70% rispetto al prezzo iniziale);
  • i pezzi unici;
  • il risparmio anche di risorse, energia e materiali.

     

Conclusioni

Se a non fossimo pervasi dalla voglia irrefrenabile di comprare articoli di ogni tipo, solo perché dobbiamo fare tanti regalini, sarebbe un mondo migliore. Il flusso di acquisti senza una logica non è una carta vincente per nessuno. Sicuramente, qualcuno riesce a fare bella figura con piccoli oggetti di basso costo, ma se ci pensiamo veramente non è una pratica utile. Come invece lo è la scelta sostenibile di un prodotto: perché a Natale il pensiero, se fatto col cuore ma anche con un punto di vista oggettivo, può essere un bel ricordo, un ottimo strumento di vita quotidiana e solo alla fine, dopo varie vite, diventare un rifiuto.

Anche così possiamo virare verso un’economia sostenibile.

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COP 28. Presentato il Global Stocktake che mette in disaccordo il mondo.

By : Aldo |Dicembre 12, 2023 |Efficienza energetica, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su COP 28. Presentato il Global Stocktake che mette in disaccordo il mondo.

A poche ore dal termine della COP 28, è stata pubblicata l’ultima bozza della presidenza che incontra il consenso di pochi. Tra Stati petroliferi e nazioni più virtuose, il dibattito si fa sempre più acceso attorno al tema più caldo: il “phase out” dei combustibili fossili.

    

“Phase out” o “phase down”

L’accordo di questa conferenza sembra essere lontano, per quanto invece sia vicino il termine temporale. Alla base delle continue discussioni, ritroviamo sempre lo stesso tema: l’uscita dai combustibili fossili. Purtoppo di fronte a tale necessità, paesi come l’Iraq e l’Arabia stessa si oppongono, portando avanti l’idea che serva una riduzione graduale.

    

Nello specifico i membri dell’Opec hanno ribadito il proprio “no” a citare l’uscita dai combustibili fossili nel testo finale della COP28. Insieme dichiarano che non sia il momento di abbandonare le fonti fossili perché una mossa simile sarebbe un danno per l’economia mondiale. Piuttosto punterebbero sulla tecnologia e il presidente Sultan Al Jaber, ha chiesto più volte di tenere in considerazione le sue “prospettive” e “preoccupazioni”. Mentre l’Iraq ha affermato che “la riduzione” e “l’eliminazione graduale dei combustibili fossili e dei sussidi, “distruggerebbero l’economia mondiale e aumenterebbero le disuguaglianze”.

    

Ovviamente il contrasto ad una richiesta globale ha generato e continua a scaturire lamentele dalla maggioranza. Tanto che una coalizione di attivisti per il clima si è riunita per chiedere ai leader mondiali tre cose fondamentali:

  • mantenere la linea per una transizione energetica giusta
  • concordare l’eliminazione rapida ed equa dei combustibili fossili
  • triplicare le energie rinnovabili entro il 2030

Il Global Stocktake

Ieri pomeriggio, il presidente emiratino Sultan Al-Jaber, ha presentato il cosiddetto Global Stocktake, che dovrà diventare la dichiarazione conclusiva del vertice. Si tratta di una bozza di 21 pagine (prima 27) che non fa gioire nessuno, o quasi.

Quest’ultima è caratterizzata da toni più sfumati, non comporta divieti ma “inviti”. Inoltre, fa sparire dal punto 39, il termine “eliminazione” riferito ai combustibili fossili; tuttavia, si parla per la prima volta di tagli. Le ore di negoziato non sono state facili ed hanno portato ad un risultato prevedibile ma non condiviso. La Proposta della presidenza viene presentata alla plenaria dei ministri e dei negoziatori dei quasi 200 Paesi presenti a Dubai. L’obiettivo condiviso da tutti è quindi arrivare al net zero entro il 2050, peccato però che i modi o i mezzi non siano accettati da tutti. Nonostante si parli di tagli sia alla produzione che dei consumi dei combustibili fossili, il «phase out» tanto atteso non compare da nessuna parte.

     

Quello che viene ribadito è invece il “phase down” (eliminazione graduale) del carbone non abbattuto (definizione ancora non accettata globalmente). In tale scenario il presidente continua a richiedere al mondo flessibilità per raggiungere il compromesso, come si augura anche il presidente dell’ONU Guterres. Un appello rivolto sia ai produttori di petrolio e gas (Arabia Saudita, Iraq e Russia) e sia a chi vorrebbe un testo molto più ambizioso.

    

Il documento proposto dalla presidenza esorta le parti ad “accelerare” nelle tecnologie a zero e basse emissioni, tra le quali è indicato anche il nucleare. Si citano anche le tecnologie di abbattimento e rimozione, comprese la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio. E infine la produzione di idrogeno a basso contenuto di carbonio, per potenziare la sostituzione delle tecnologie fossili ‘unabated’ nei sistemi energetici. Sicuramente passerà anche la proposta della triplicazione della capacità delle rinnovabili a livello globale entro il 2030. E il raddoppiamento del tasso medio annuo globale di miglioramento dell’efficienza energetica.

     

Ultime considerazioni

Negli ultimi giorni non sono bastati gli interventi dei vari delegati o leader politici per cambiare le sorti di questa conferenza. Per esempio, il Governo olandese ha promosso una coalizione internazionale (di cui l’Italia non è parte) per porre fine ai sussidi al fossile. Poi il capo negoziatore cinese per il clima, Xie Zhenhua si è espresso a favore della sostituzione con le rinnovabili. Tuttavia, non si è impegnato a sostenere una completa eliminazione (phase out) dei combustibili fossili affermando altresì che la Cina si impegnerà per trovare un compromesso.

    

Anche John Silk, ministro delle risorse naturali delle Isole Marshall si è espresso duramente

Non siamo venuti qui a firmare la nostra condanna a morte. Non accetteremo un risultato che porterà alla devastazione per il nostro Paese e per milioni se non miliardi di persone e comunità più vulnerabili».

Come detto in precedenza, l’unico passo positivo è l’obiettivo di triplicare la capacità globale dell’energia rinnovabile. Anche se, scompare un target numerico e non si indica rispetto a quale anno serve al triplicazione, quindi ci sono delle grandi lacune anche in questo. Inoltre, molte delle tecnologie citate e supportate, sono molto costose e non efficienti, quindi poco utili ad una transizione globale.

   

Il resto, che va dalla riduzione graduale dei fossili al rilancio del nucleare diventa un masso pesantissimo, un passo indietro più che uno stallo. La COP che doveva fare la differenza ha solamente creato un buco nell’acqua, favorendo gli stati dell’Opec e i loro affari.

  

Senza contare il fatto che è stata confermata Baku come città ospite della COP 29. Attualmente l’Azerbaigian, ricava 2/3 delle sue entrate da petrolio e gas dunque, le previsioni per il prossimo anno non sono delle più floride. Forse ci resta solo sperare in nuove politiche proattive decise singolarmente dagli stati di tutto il mondo.

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L’agroecologia può aiutarci a ridurre le emissioni di CO2.

By : Aldo |Dicembre 04, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’agroecologia può aiutarci a ridurre le emissioni di CO2.

È sorprendente vedere come quotidianamente vengano pubblicati studi riguardanti nuove soluzioni per la riduzione delle emissioni dei gas serra. Ancor più importante è scoprire costantemente quanto potere abbiamo nella lotta al cambiamento climatico.

Agroecologia

L’agroecologia non è una nuova scoperta ma un concetto presente già dal Novecento e si riferisce all’utilizzo di principi ecologici nella coltivazione. Dagli anni ’70 si è rafforzato includendo un insieme di tecniche per la coltivazione e di strumenti per la sua salvaguardia. I vantaggi di tale metodologia sono molteplici e vanno dalla conservazione e l’aumento di biodiversità, alla rigenerazione del suolo e la stagionalità delle colture.

La tecnica ha tuttavia un’accezione anche politica e sociale poiché presenta vantaggi e cambiamenti anche sotto questi aspetti. Per esempio, favorisce il cambiamento dei rapporti di potere nella società, valorizzando la dignità del lavoro. Inoltre, privilegia i mercati locali e il territorio rispetto al commercio mondiale.

Si torna a parlare dell’agroecologia poiché l’agricoltura industriale ha arrecato enormi e a volte irreversibili danni alla natura delle coltivazioni. Da anni si discute sul crollo della biodiversità, desertificazione dei suoli, inquinamento delle acque e aumento delle emissioni di gas serra. Pertanto, il concetto in questione promuove un pensiero basato su forme di agricoltura più solide a livello ecologico, biodiverse, resilienti, sostenibili e socialmente giuste.

L’intervista

In questo settore, Paolo Barberi è uno dei massimi esperti italiani. Non a caso coordina il Gruppo di Ricerca in Agroecologia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e coordina il Dottorato Internazionale in Agrobiodiversità. È co-fondatore e membro del Consiglio Direttivo di AIDA, Associazione Italiana di Agroecologia e detiene di molteplici titoli in ambito scientifico. La sua ricerca si contraddistingue dalle altre perché partecipativa, quindi si basa anche sulla relazione con gli agricoltori per comprendere domande e difficoltà del settore.  La “Repubblica” lo ha intervistato per parlare di come l’agroecologia risulti un ottimo alleato per la riduzione delle emissioni di CO2 attraverso esempi, risultati e vantaggi.

Attualità e monocolture

Il punto che chiarisce subito Barberi è la situazione attuale del settore agricolo. Le tecniche di coltivazione industriale e intensiva hanno riportato negli anni delle importanti criticità che favoriscono meccanismi controproducenti sia per l’uomo che per l’ambiente.  Dunque, sarebbe opportuno puntare sull’agricoltura rigenerativa, evitando le monocolture responsabili dell’impoverimento del suolo e dell’uso smodato di pesticidi, come il glifosato. In particolare, l’uso di fertilizzanti, combustibili fossili, liquami e deiezioni dei ruminanti determina il 20% delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea.

È necessario quindi un cambiamento radicale che consenta all’agricoltura, di ridare valore ai suoi prodotti, proteggendo gli ecosistemi, favorendo anche la decarbonizzazione del dell’atmosfera. Tutto ciò è possibile proprio grazie all’agroecologia e in primis all’eliminazione delle monocolture. Quest’ultime hanno monopolizzato la gran parte dei terreni dal periodo del primo colonialismo diventando anche uno strumento politico di dipendenza. Quando poi il colonialismo scemò, gli agricoltori continuarono con le monocolture soprattutto su terreni nudi, privi di altra vegetazione e questo non ha giovato alla natura.

Decarbonizzazione, stoccaggio e biodiversità

Infatti, quello che gli esperti consigliano ora è la coltivazione su suoli ricoperti di vegetazione (naturale o impiantata), per favorire due grandi processi. Il primo è il processo di decarbonizzazione e il secondo di stoccaggio di anidride carbonica. Questo è possibile perché un terreno vegetato durante tutto l’anno, consentirà un maggiore assorbimento di CO2 rispetto ad uno che resta nudo per mesi. In più, può assorbire in modo migliore l’acqua piovana, evitando allagamenti (per quanto possibile), risultando un terreno più funzionale e sano.

A riguardo, Barberi, riporta un esempio chiari dell’efficienza dell’agroecologia per quanto riguarda il secondo processo.  Il professore racconta di come abbia affiancato a Pisa un coltivatore di frumento duro e girasole ed afferma:

Nella fase intermedia tra le due colture abbiamo seminato la veccia vellutata (leguminosa) la cui biomassa favorisce lo stoccaggio di carbonio in un periodo in cui il terreno sarebbe rimasto inutilizzato, con relativo spreco della radiazione solare, fornendo in più azoto a beneficio della coltivazione che le succederà, quella del girasole. E non serve neanche più arare il terreno”.

O ancora

In due vigneti nel Chianti abbiamo misurato l’eventuale competizione per l’acqua tra vegetazione spontanea o impiantata e la vigna verificando che lo stress, che si registra solo in brevi periodi estivi, non incide sulla resa in uva e risulta addirittura vantaggioso per la qualità del vino. Questa evidenza smentisce la credenza comune che d’estate si debba lasciare il terreno nudo per evitare la competizione tra vite ed erbe spontanee.”

Senz’altro da questi esempi si evince come la diversificazione delle colture favorisca la decarbonizzazione quindi porti dei vantaggi in più ambiti. Infatti, analogamente sono importanti gli orti urbani che consentono di riqualificare aree industriali e periferiche delle nostre città, per gli stessi identici motivi.

Conclusioni

Di certo è fondamentale investire sulla consapevolezza del ruolo dei cittadini nell’indirizzare le strategie della grande distribuzione e dei produttori. Questo perché saranno loro a determinare i prezzi al dettaglio, consentendo o meno lo sviluppo sostenibile di cui abbiamo bisogno. In questo argomento è opportuno ricordare l’importanza della stagionalità dei prodotti, che sembra essere svanita nel nulla.

Alimenti fuori stagione che troviamo costantemente negli scaffali dei supermercati, aumentano i costi ambientali e le emissioni. Incrementando la concorrenza di prodotti a prezzi stracciati che tuttavia arrivano dall’altra parte del mondo.  L’agroecologia comprende tutte queste dinamiche con l’obiettivo di regolarizzare e rendere più sostenibili tutte le pratiche legate al mondo dell’agricoltura.

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Roma inaugura la prima CER che ha come centro una scuola.

By : Aldo |Novembre 27, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su Roma inaugura la prima CER che ha come centro una scuola.

Quando si parla di sensibilizzazione spesso si pensa alle scuole, o ad incontri e lezioni in aula rivolte ad un pubblico di vario tipo. La scuola è sicuramente un ente in cui si formano i ragazzi che possono essere parte attiva del cambiamento per il loro stesso futuro. Come nel caso della scuola di Roma, diventata il fulcro di una CER.

    

Le CER

Le comunità Energetiche Rinnovabili, sono una forma innovativa di produzione e condivisione di energia, per ridurre i costi e le emissioni di CO2. Tale sistema permette di coinvolgere tante realtà come i cittadini, attività commerciali, amministrazioni locali e piccole-medie imprese. Tuttavia, è importante la collaborazione tra due o più soggetti per la produzione di energia destinata all’autoconsumo, scambio e in caso di surplus, cessione alla rete.

    

La produzione condivisa, consentita tramite impianti che possono appartenere anche a terzi, comporta benefici sia economici che ambientali. Infatti, questi sistemi favoriscono nuove opportunità occupazionali per le piccole e medie imprese coinvolte nello sviluppo, gestione e manutenzione degli impianti. Proprio nella giornata di ieri, la Commissione Europea ha promosso il decreto del MASE per incentivare le comunità energetiche (Cer), sbloccando aiuti per 5,7 miliardi.

     

La CER a Roma

A Roma la prima CER è arrivata a dicembre del 2022, nel quartiere della Vittoria in viale Sant’Angelico ed è nominata “Le Vele”. L’obiettivo di tale sistema è quello di abbattere l’emissione di 41 tonnellate di CO2, equivalenti a 1.365 alberi piantati. Nello specifico la CER gode di un impianto di 90 Kw che produrrà̀ circa 120 mila kWh di energia pulita l’anno. Tutto questo grazie alla collaborazione di 3 soggetti ossia, il I municipio, Federconsumatori e l’Istituto Leonarda Vaccari.

     

Un altro record è quello che riguarda la prima CER nata intorno ad una scuola. L’Istituto Moscati di via Padre Semeria è il fulcro di questa comunità, grazie alla collaborazione tra VIII Municipio, RomaTre, Comune e associazioni di cittadini. La scuola ora rappresenta non solo un luogo di formazione ma anche un simbolo di sostenibilità e cooperazione tra cittadini, università ed altri enti.

    

La scuola nella CER

La CER dell’VIII Municipio ed approda nell’Istituto comprensivo Moscati di via Padre Semeria, sul tetto della quale sono stati installati dei pannelli fotovoltaici. L’istituzione dell’impianto garantisce un grande risultato che non riguarda solo il risparmio economico e una transizione energetica, ma un processo di partecipazione democratica.

    

Questo è solo uno il primo di una serie di progetti in fase di avvio a Roma. Il piano stato presentato nell’aula magna del Rettorato dell’università Roma Tre, con un workshop dal titolo “Comunità energetiche rinnovabili il ruolo delle amministrazioni locali”. Non a caso l’iniziativa è stata presentata come un laboratorio di interesse universitario e comunale, che può valorizzare maggiormente il patrimonio dei tetti pubblici. Inoltre l’energia prodotta può aiutare il quartiere ed è così che il programma diventa simbolo di cambiamento ambientale e sociale.

    

È importante ricordare che con tale progetto, la scuola sarà in grado di risparmiare sui costi dell’energia e di abbassare le emissioni grazie alle rinnovabili. In più, i profitti derivati dal piano, saranno investiti in attività di inclusione e di sostegno per famiglie in povertà energetica. Dunque, come detto in precedenza, l’iniziativa ha finalità educative, ambientali, economiche e sociali.

    

Iniziativa e cooperazione

La particolarità di questa idea è proprio la sua origine. Infatti il tema scuola è al centro del progetto proprio per volere dell’Associazione “ScuolaLiberaTutti” composta dai genitori degli studenti. Proprio l’associazione ha proposto all’VIII Municipio e alla scuola di costituire una Cer finanziata dall’organizzazione stessa. Il municipio che ha accolto l’idea è poi riuscito a trovare fondi pubblici per realizzare l’impianto fotovoltaico da 15 KW: ora manca solo la connessione.

   

In tutto questo vi è anche lo zampino dell’Università Roma Tre. L’ateneo ha osservando i movimenti, ha pensato di partecipare mettendo a disposizione i suoi edifici per realizzare altri impianti che serviranno per autoconsumo e produzione. Oltre ai benefici elencati precedentemente, l’università ha colto l’occasione per pensare ad ipotetici e futuri progetti didattici e master specifici. 

 

All’incontro ha partecipato anche Andrea Catarci, assessore alle Politiche del personale, al decentramento, partecipazione e servizi al territorio per la Città dei 15 minuti. L’assessore ha sicuramente portato un barlume di speranza nel tunnel della lenta burocrazia delle CER italiane e principalmente quelle romane. Catarci ha infatti dichiarato che Roma, in 3 anni, avvierà almeno una Cer in ogni municipio e coinvolgerà altre 300 scuole.

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La funivia delle mele: l’innovazione per limitare traffico e inquinamento.

By : Aldo |Novembre 22, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su La funivia delle mele: l’innovazione per limitare traffico e inquinamento.

Le nuove tecnologie fanno avanzare il mondo sotto tanti punti di vista. Di certo hanno facilitato molte attività ma non per questo determinano, a priori, un danno alla cultura e alle tradizioni di una popolazione.

    

Il consorzio Melinda

L’azienda Melinda è un consorzio che produce ogni anno circa 400.000 tonnellate di mele nelle valli di Non e Sole. È composta da oltre 4.000 famiglie di soci produttori, raggruppati in 16 cooperative, che vivono e coltivano il melo nelle Valli citate.

   

Queste coltivazioni sono rappresentano non solo il grande fulcro del Trentino. Infatti, alla fine dell’Ottocento, piantare alberi di melo si è rivelata la salvezza per la comunità della Valle di Non. In quegli anni si diffusero velocemente malattie che colpiscono gelsi e vite; dunque, molte famiglie sono costrette a emigrare: tante ma non tutte. Coloro che provarono a resistere si giocarono la carta della coltivazione di mele, una scommessa che risultò vincente.

   

Da lì, l’abbondanza dei raccolti supera presto il fabbisogno della comunità, quindi si passa all’esportazione, un’altra attività trionfante. Alla fine degli anni 30 del Novecento, il 40% della frutta trentina viene dalla Valle di Non e da qui parte il 70% dell’esportazione. Successivamente negli anni 60-70 è boom: il successo delle mele della Val di Non porta lavoro per tutti, benessere, ripopolamento dei paesi. Il consorzio è una punta di diamante del Bel Paese, ma oggi è anche una grande realtà sostenibile soprattutto dopo l’ultima trovata.

   

Il progetto PNRR

Il progetto di Melinda ha vinto il bando previsto dal Pnrr dedicato alle migliori idee per lo sviluppo della logistica agroalimentare. Con questa vittoria si classifica al secondo posto su un totale di cento proposte che hanno avuto accesso ai fondi. Il piano era già stato presentato al Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e delle Foreste e al Parlamento europeo come buona pratica di sostenibilità ambientale.

   

L’idea è quella della prima funivia in Italia, che possa trasportare le mele dell’azienda, riducendo emissioni di CO2, traffico e carburante. Il costo complessivo del programma è di 10 milioni di euro, di cui 4 arriveranno come contributo a fondo perduto dal PNRR

   

Si tratta di un impianto monofune ad agganciamento automatico a tre piloni con 11 piloni di sostegno con un dislivello di 87m. Tale sistema potrà trasportare ogni ora 460 contenitori impilabili o “bins”, alla modica velocità di 5 m/s lungo un viaggio a dir poco peculiare. Infatti, l’itinerario partirà dalla sala di lavorazione di Predaia e arriverà fino alla Miniera di Rio Maggiore; lì entrerà nelle cave estrattive di dolomia. Dopodiché prosegue per altri 430 metri all’interno di una galleria per raggiungere le celle ipogee: qui le mele entrano in un “frigorifero naturale”.

    

Impatto ambientale

Questo progetto ha degli importanti e validi sviluppi sostenibili, che apportano una rilevante innovazione nel Paese: ripartiamo proprio dalle celle. L’ambiente in esame ha una temperatura controllata nel cuore delle Dolomiti che permette di risparmiare il 30% di corrente elettrica rispetto a un magazzino tradizionale. Inoltre, elimina la necessità di dover costruire nuovi edifici in superficie.

    

Di certo, entro il 2024 in Val di Non, 40mila tonnellate di frutta non viaggeranno più lungo l’autostrada. In particolare, oggi sono necessari 10 camion che effettuano complessivamente 80 viaggi al giorno, trasportando ciascuno 36 bins. Nello specifico non si effettueranno più 6000 viaggi con i tir, togliendo dalla strada un traffico pari a 12000 km/anno, riducendo l’inquinamento in un ambiente molto delicato.

    

Nonostante ciò, Melinda è sostenibile da tempo, grazie a tanti accorgimenti che vanno a dalla riduzione delle emissioni, dell’energia e dell’acqua. Ma arriva anche alle coltivazioni biologiche, non intensive e alla salvaguardia della fauna che abita le valli del Trentino. Senza dubbio, questo nuovo programma potrà solo dare ancora più valore alla riqualificazione del centro visitatori al frutteto quale potrà partire un percorso dedicato.

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E se la CO2 diventasse una risorsa? Ecco i casi più virtuosi nel mondo.

By : Aldo |Novembre 20, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su E se la CO2 diventasse una risorsa? Ecco i casi più virtuosi nel mondo.

Il concetto di economia circolare non si affianca solo a determinati processi di produzione, ma riguarda un complesso sistema ideologico globale. Sarebbe necessaria la sua attuazione in più settori possibili, ma soprattutto sarebbe opportuna una sensibilizzazione della popolazione mondiale per definire il cambiamento.

   

La CO2

Generalmente si parla della CO2 con accezione negativa. Quello che ci raccontiamo sommariamente è che si tratta di un gas che sta aumentando nel mondo, causando non pochi danni alla popolazione. L’attuale lotta al cambiamento climatico è in primis volta alla riduzione di questo gas climalterante secondo vari metodi, processi dei singoli o delle aziende.

Ma quello che forse non si pensa tutti i giorni è che la CO2 potrebbe diminuire anche con attività produttive che la coinvolgono in maniera massiccia. Così l’anidride carbonica diventa una risorsa; come in altri casi è un elemento da eliminare che tuttavia può essere riusato senza creare altri danni all’ambiente.

Il movimento in atto propone quindi un’ampia gamma di soluzioni per contrastare il grande problema. Come capofila troviamo decine e decine di startup, provenienti da tutto il pianeta, che stanno rafforzando il settore della clean technology. Un ambito in forte crescita negli ultimi anni, che prevede grandi investimenti per la ricerca, che potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni mondiali del 10%.

    

Esempi di startup e innovazioni

Al momento le tecnologie sono le più disparate come le startup che lo studiano. Ma concretamente, come si può impiegare la CO2 considerandola una materia prima, una nuova risorsa? Di seguito riportiamo una serie di esempi virtuosi, di nuovi fronti della tecnologia e dell’arte del riuso.

   

  • La CO2 in serra. Climeworks è un’azienda svizzera leader nei processi di rimozione della CO2, grazie alle tecnologie usate come quella che descriviamo in questo esempio. La società ha un impianto in grado di catturare l’anidride carbonica e trasformarla in fertilizzante per le serre ortofrutticole. Questo è possibile grazie allo sfruttamento dell’energia termoelettrica e rinnovabile di un vicino inceneritore, che ne cattura la CO2 grazie a particolari filtri.
       
  • CO2nvert e l’etanolo. CO2nvert, una startup con sede ad Udine, si è impegnata nella trasformazione dell’anidride carbonica in etanolo, per diversi impieghi. Per esempio è stato usato come carburante per aerei o come elemento per la cosmetica, soprattutto per la creazione di profumazioni.  L’impresa conferma di usare solo fonti rinnovabili e in particolare riesce a rimuovere 8 kg di anidride carbonica per ogni kg di etanolo. Un valore pari a quello catturato da 65 alberi.
       
  • Air Protein e la carenza di cibo. Air Protein invece, si è basata sul problema delle emissioni derivato dal cibo e la sua mancanza in alcune aree del mondo. L’azienda è riuscita, con una tecnologia mutuata da un programma della NASA, ad aggiungere CO2 a minerali, acqua, ossigeno e azoto. Così facendo, Lisa Dyson e John Reed (i ricercatori del MIT) ha sintetizzato una farina ricca di proteine, quindi anche un’alternativa sostenibile alla carne.
        
  • Carbon Craft Design. In questo caso invece, si parla di edilizia, settore responsabile del 39% delle emissioni. La startup Carbon Craft Design dell’architetto indiano Tejal Sidanl, vuole partecipare alla riduzione dei livelli di inquinamento, soprattutto del suo Paese. Per questo ha inventato le “carbon tiles”, mattonelle formate con il carbonio nero estratto dall’inquinamento. Sono composte di scaglie e polvere di marmo impastate con la CO2 catturata con un filtro per il particolato.
       
  • Aria nell’alcol. Air Company, un’azienda che produce profumi, si trova ora in un nuovo business: quello dell’alcol o precisamente della vodka. L’impresa formata da Stafford Sheehan (ricercatore di chimica dell’Università di Yale) e Gregory Constantine responsabile marketing della vodka Smirnoff, ha una buona idea. I fondatori infatti sono riusciti a trasformare la CO2 in etanolo con l’aiuto di un catalizzatore metallico, messo in funzione con l’energia solare. Con una bottiglia della vodka Air Company da 750 ml si catturano di 340 grammi di anidride carbonica.
        
  • Le batterie italiane. Un’altra realtà italiana di spicco è Energy Dome: la prima azienda al mondo ad aver inventato una batteria di accumulo a base di anidride carbonica. Il progetto CO2 Battery è in grado di ridurre i costi (e l’impatto) delle materie prime utilizzate. Nello specifico si basa su una tecnologia che sfrutta le proprietà della CO2 con un processo termodinamico innovativo.
        
  • I gioielli della CO2. Tutti quanti già lo sanno: un diamante è per sempre, ma vale ancora di più se può ridurre le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera. Dunque, l’azienda in esame è l’americana Aether Diamonds, che intrappola l’aria inquinata e ne estrae la CO2 trasformandola in diamanti. Si tratta di un processo rivoluzionario e sostenibile che consente la crescita del diamante, un atomo alla volta, scongiurando l’utilizzo di combustibili fossili estratti.

       
    E poi ci sono ancora imprese che con l’anidride carbonica hanno creato dei biopolimeri per borse e sedie, chi invece ha pensato di unirla al calcestruzzo. La ricerca continua senza sosta lo studio delle più complesse tecnologie, pur di risolvere la quesitone climatica. Sicuramente questi sono degli esempi che dimostrano la quantità di possibilità concrete che abbiamo per migliorare il mondo.

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Città sostenibili: Bressanone diventa un modello di volontà ed efficienza.

By : Aldo |Novembre 14, 2023 |Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su Città sostenibili: Bressanone diventa un modello di volontà ed efficienza.
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Per rendere una città sostenibile è necessario sviluppare programmi efficaci che includano un cambiamento graduale della quotidianità. A volte ci si dimentica di alcune attività commerciali, di certi servizi necessari, ma poco a poco, con i giusti metodi si può arrivare al risultato previsto. Ecco un esempio.

   

Il modello Bressanone

Bressanone, in provincia di Bolzano, è la città più antica del Tirolo ed è nota per le sue numerose attrazioni, storiche, artistiche, culturali e ambientali. Documentata per la prima volta nel 1901, Bressanone gode di buone temperature che alimentano il turismo in ogni stagione, anche e soprattutto quello sportivo. Si parla di comprensorio sciistico ed escursioni, trekking estivo e snowboard invernale.

    

Questa città di 23.000 abitanti situata in uno scenario dalla bellezza mozzafiato sta attirando molte attenzioni anche per altri motivi. Non si tratta solo di paesaggi, storia e arte ma anche di temi “green”. A Bressanone, infatti, è iniziata una transizione ecologica, una rivoluzione per una maggiore sostenibilità che ha scaturito grandi risultati visibili a tutti.

     

L’obiettivo è quello di ridurre l’impatto sull’ambiente della località, nell’interesse della popolazione e delle generazioni future. I programmi sono stati sviluppati proprio dalle autorità locali che si sono fatte carico dell’impegno di preservare la città con una gestione sostenibile delle risorse naturali. Tra le varie iniziative ci sono progetti per la mobilità, un consumo opportuno dell’acqua, nuovi metodi di riscaldamento e tanto altro.

      

Fontanelle, festival e riscaldamento

Le autorità di Bressanone hanno intrapreso un percorso per migliorare la distribuzione d’acqua, il suo consumo e per renderlo più sostenibile. Infatti, nel 2019 è stata avviata la campagna “Refill Your Bottle”, con l’obiettivo di eliminare la plastica dalla montagna Plose. In questo modo gli stessi rifugi hanno bandito la plastica monouso (bicchieri, cannucce, bottigliette d’acqua) offrendo al contempo delle borracce in acciaio inox. Questo piano ha incentivato il consumo d’acqua per mezzo del refill delle borracce. Successivamente, nel 2021, la campagna è stata estesa a tutta la località, grazie alle targhette “Refill” su oltre 50 fontanelle di Bressanone e dintorni. Tale iniziativa ha garantito un approvvigionamento gratuito d’acqua potabile di alta qualità.

    

Ma non è finita, perchè questa importante risorsa ha una grande rilevanza per la comunità, tanto che dal 2017 organizza il Water Light Festival. Si tratta di un evento primaverile, che invita a una consapevolezza rispettosa della natura e a un uso sostenibile delle risorse idriche. Il tutto però è sempre rapportato alla cultura, alla tradizione locale e alla storia del territorio. Un ultimo passo importante sarà quello dell’abolizione della plastica nel parco acquatico Acquarena.

    

Ultimo ma non per importanza, un altro utilizzo dell’acqua nella località in esame. Si parla di riscaldamenti: infatti gli abitanti di Bressanone hanno deciso di affidarsi al teleriscaldamento, un metodo di riscaldamento che utilizza acqua calda invece del gas. Questa novità ha migliorato enormemente la qualità dell’aria e il bilancio di CO2.

    

Biciclette e parcheggi

Anche nel settore della mobilità sostenibile sono stati fatti grandi passi in avanti. Non a caso, l’efficiente rete di trasporti pubblici è stata potenziata, determinando un aumento costante del numero di utenti. Mentre per limitare gli spostamenti con mezzi propri sono nati dei garage di design che invogliano i clienti a scendere dall’auto e dimenticarla per tutto il tempo del soggiorno.

    

Anche in questo caso, la comunità ha saputo compensare la mancanza di auto con efficienti servizi di mobilità “attiva” in bicicletta e a piedi. Quindi sono stati ampliati la rete ciclabile, il prestito di e-bike ai residenti (eBike2Work) e l’educazione alla mobilità sostenibile. Mobilità integrata con l’adozione di Bicibox, parcheggi coperti e chiusi a chiave prenotabili via app, per parcheggiare la bicicletta in sicurezza.

    

Valorizzazione materie e rifiuti

Di certo, in una transizione come questa, non manca la raccolta differenziata che ha raggiunto il 75% della raccolta dei rifiuti. Mentre il restante 25% finisce all’inceneritore di Bolzano che poi immette il calore nella rete di teleriscaldamento. Il target è stato raggiunto grazie agli innovativi contenitori elettronici seminterrati, che consentono l’apertura del portello con una tessera magnetica nominale di identificazione. Il “bidone” ha un sistema di pesatura integrato che attribuisce a ogni utilizzatore l’esatto peso dei rifiuti gettati, per la relativa fatturazione. In tal modo c’è maggior consapevolezza della quantità di rifiuti non riciclabili prodotti.

    

Infine, è attiva la raccolta degli oli alimentari esausti prodotti dai privati e dalla ristorazione per evitare che finiscano nella rete fognaria. Quanto raccolto viene rigenerato per la produzione di biodiesel.

   

Dunque si può affermare che Bressanone abbia una popolazione lungimirante, che si impegna per le generazioni future. Una comunità che fa della sostenibilità un punto focale della vita quotidiana anche e soprattutto legata al divertimento e al tempo libero. Non a caso tutte le manifestazioni organizzate o supportate dal locale ufficio del turismo sono certificate “green event”. Quindi si tratta di una città che ha carpito il vero valore della transizione godendo e condividendo i benefici da essa derivati anche con gli altri.

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Il lusso nel turismo sostenibile. Lefay Resorts&Residences è l’esempio italiano.

By : Aldo |Ottobre 22, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il lusso nel turismo sostenibile. Lefay Resorts&Residences è l’esempio italiano.

Ad oggi qualsiasi attività deve approcciare ad una transizione verso la sostenibilità. Questo comprende anche il settore del turismo, che in Italia vale milioni di euro ogni anno.
Alcuni cambiamenti in questo senso prevedono importanti finanziamenti che non tutti possono permettersi. Tuttavia il settore del lusso, anche nell’ambito turistico può fare la differenza: ecco come.

   

Turismo sostenibile

Il turismo sostenibile è considerato come un approccio in contrapposizione rispetto all’overtourism. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo si tratta di un:

turismo consapevole del suo impatto sociale, economico e ambientale presente e futuro, in grado di soddisfare le esigenze dei visitatori, delle comunità locali, dell’ambiente e delle aziende”.

Il Global Sustainable Tourism Council (GSTC) stabilisce e gestisce gli standard globali per viaggi e un turismo sostenibili e repsonsabili, noti come i Criteri GSTC. Questi sono rivolti a due insiemi, quelli dei policy maker e ai manager delle destinazioni turistiche e quelli rivolti agli hotel e ai tour operator. I criteri sono divisi in quattro pilastri:

  • Gestione sostenibile
  • Impatti socioeconomici
  • Impatti culturali
  • Impatti ambientali

Poiché le destinazioni turistiche sono diverse per cultura, usanze e leggi, i criteri sono adatti ad ogni condizione e integrati con ulteriori specificità.  Questi sono la base con cui l’ente di Accreditamento per gli Organismi di Certificazione valuta le società e le imprese in esame.

   

L’esempio italiano

L’Italia, hotspot di biodiversità e casa di un grande patrimonio storico e artistico è sicuramente lo stato che dovrebbe sviluppare maggiormente questo tipo di turismo. Negli ultimi anni, molte città hanno migliorato questo aspetto tanto da essere riconosciute dal Global Sustainable Tourism Council, tra queste: Siena, Cagliari, La Valsugana.

   

L’Italia sta facendo dei grandi passi in avanti e per questo si può riportare l’esempio di una grande catena di lusso che fa da capofila. Lefay Resorts&Residences è una delle strutture alberghiere più citate nel settore lusso per il suo approccio sostenibile presente fin dalle origini dell’impresa. Alcide Leali, amministratore del gruppo, afferma che la famiglia non ha mai puntato a costruire un hotel o diventare albergatori. Pensavano invece di creare un concetto di ospitalità legato al benessere degli ospiti e quindi anche in armonia con l’ambiente circostante.

    

Lefay Resorts&Residences creò ben 2 strutture a cinque stelle: una a Gragnano (sul Lago di Garda nel 2008), una a Pinzolo (tra le Dolomiti nel 2019). L’approccio del gruppo consiste nell’utilizzo di risorse locali e rinnovabili per quanto possibile e nel limitare le emissioni e l’impatto delle loro attività. In entrambi i casi, l’azienda ha scelto accuratamente i materiali necessari e le tecnologie opportune per il raggiungimento della massima sostenibilità.

    

Le misure sostenibili.

L’azienda Lefay Resorts è la prima del settore ad aver siglato un accordo il ministero dell’Ambiente per progetti mirati alla neutralizzazione delle emissioni di CO2. La famiglia ha iniziato un percorso di compensazione per mezzo dell’acquisto di crediti CERs ancora prima che l’attuale norma fosse autorizzata.

   

Inoltre il gruppo redige da anni il Bilancio della Sostenibilità, per condividere in trasparenza i risultati raggiunti e gli obiettivi di miglioramento attesi nel futuro. Tra le misure riportate ci sono anche soluzioni per ridurre i consumi energetici, come l’uso di software per la gestione intelligente di luce e acqua. Il report indica che le strutture godono di pannelli solari e centrali a biomassa alimentate a cippato. Con queste scelte, e i 3 nuovi impianti fotovoltaici realizzati nel 2023, per il risparmio energetico, l’impresa ha evitato l’immissione di 75mila kg di CO2.

   

Materiali biodegradabili o compostabili a base di mais sostituiscono la plastica monouso e per quanto possibile si scelgono materiali locali. A Gragnano il gruppo ha scelto il marmo rosso di Verona e per il parquet, il legno di ulivo invece che l’iperbolico teak birmano. Qui è presente anche un impianto di cogenerazione (energia e riscaldamento) alimentato a gas metano. A Pinzolo troviamo legno che deriva dai boschi del territorio, quindi da alberi come la rovere e il larice. Mentre per quanto riguarda l’energia, si sfrutta il gas naturale liquefatto (il carburante fossile più pulito fra i disponibili), perché non sono presenti altre alternative.

    

Le certificazioni 

Tutti questi sforzi sono stati riconosciuti grazie alle certificazioni dall’ente certificatore TÜV SÜD (nel rispetto di quanto previsto dallo standard ISO 14064). Tale realtà ha convalidato l’implementazione del sistema di Gestione per la Qualità e l’Ambiente conforme agli standard ISO 14001 e ISO 9001. Questo riconoscimento specifico riguardava:

  • L’ideazione e sviluppo di soluzioni architettoniche per strutture ricettive innovative ed ecocompatibili;
  • Processi di management e sviluppo dei settori accoglienza e benessere.

   

Un’altra certificazione distintiva è la Green Globe, fondata su un protocollo appositamente ideato per le strutture turistiche. Si basa sulla verifica di ben 400 indicatori relativi alle aree: economica, sociale e ambientale. Infine, nel 2022 per raggiungere la carbon neutrality, Lefay ha acquistato i crediti Gold Standard e CER a sostegno dei progetti:

  • Clean Water Somali (Etiopia),
  • Dora-II Geothermal Power (Turchia),
  • Carotino e Melewar Palm Oil Mill (Malesia),
  • Pho Thong Solar (Thailandia).

L’impresa è impegnata anche nell’etica, soprattutto per migliorare quotidianamente le condizioni di lavoro degli impiegati e la relazione con clienti e stakeholder.

Sicuramente nel momento in cui gli incassi sono elevati, è più facile poter apportare modifiche e usare misure più dispendiose. Queste possono ridurre l’impatto ambientale delle strutture, migliorando contemporaneamente la permanenza degli ospiti. 

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