Clima

Olimpiadi a Tahiti: il “no” dei surfisti per proteggere la biodiversità.

By : Aldo |Novembre 03, 2023 |Acqua, Clima, Home |Commenti disabilitati su Olimpiadi a Tahiti: il “no” dei surfisti per proteggere la biodiversità.

Sport e ambiente sono due categorie che ultimamente vengono affiancate con una maggiore frequenza. In particolare, sono sempre più numerose le iniziative in cui gli sportivi svolgono attività di sensibilizzazione sul tema ambientale e della sostenibilità. Tuttavia, in un caso recente, questi due ambiti sono stati temi di discussione e proteste da parte di un’intera popolazione.

    

Teahupo’o

Teahupo’o è un villaggio che si trova nella costa sud-occidentale di Tahiti (Polinesia francese). È un noto paradiso che si divide tra terra e mare, nonostante, quest’ultimo sia artefice delle onde più pericolose al mondo. Non si tratta di onde alte (la più grande misura “solo” 3 metri) ma di tubi veloci e molto potenti, che attirano surfisti da tutto il mondo.

    

È superfluo dire che il turismo di questo posto è molto legato al surf. Le sue acque vennero scoperte nel 1986 e da lì in poco tempo divennero famose e uniche al mondo per la loro caratteristica. Si iniziò a diffondere il messaggio ed oggi ospita l’annuale Billabong Surf Pro Tahiti, tappa del Campionato Mondiale (WCT) della Association of Surfing Professionals. Il livello è talmente alto che durante questi campionati, la Marina francese proibisce a tutti di entrare in acqua, pena l’arresto.

   

L’arrivo delle Olimpiadi

Il surf è stato inserito il surf nel programma olimpico, solamente nella XXXII Olimpiade, quella di Tokyo 2020 (svoltasi nel 2021 causa COVID). Pertanto, nel 2024 rivedremo i surfisti di tutto il mondo competere in territorio francese molto lontano da Parigi. Proprio Teahupo’o è stata scelta come meta per lo svolgimento gli eventi del surf di Parigi 2024. La Francia non poteva scegliere luogo migliore di questo, peccato però, che la preparazione delle strutture olimpiche abbia già sollevato varie proteste.

    

Sicuramente, portare un evento così peculiare come le Olimpiadi, in un posto tanto distaccato dal resto del mondo non è facile. Ma ora è ancora più difficile proseguire con i lavori poiché la popolazione di Teahupo’o sta manifestando contro la realizzazione di una grande torre d’acciaio. Di cosa si tratta?

   

Nelle gare di surf svolte a Tahiti, i giudici sono sempre stati collocati in una piattaforma rialzata di legno in mezzo al mare. Questa posizione serve per poter osservare e giudicare adeguatamente le prestazioni degli sportivi in acqua. Ma la scelta della struttura (la sua composizione, altezza, grandezza) non è casuale ed è il motivo per il quale surfisti e cittadini di Teahupo’o hanno iniziato a protestare.

    

No alla torre di acciaio

La commissione olimpica e gli organizzatori delle Olimpiadi vogliono costruire una torre di 14 metri di acciaio per valutare da vicino le gare. Si tratta di una struttura necessaria come spiegato prima, che prevede una serie di standard da rispettare, per una migliore permanenza dei giudici. Nella torre ci saranno aria condizionata, internet ad alta velocità, toilette e servizi per garantire un minimo di comfort e sicurezza a giudici ed operatori. La richiesta di tali prestazioni richiede una struttura di un certo tipo, lavori di grande rilevanza e quindi un impatto maggiore sull’ambiente. Questa è la ragione alla base di proteste e manifestazioni da parte dei cittadini di Teahupo’o e dei surfisti di tutto il mondo.

   

Non sfidate Teahupo’o e la sua onda leggendaria. Il messaggio è chiaro ed è ovvio che non si riferisca solamente alle onde marine, ma anche ai movimenti coesi dell’intero popolo. Effettivamente la costruzione servirebbe per soli 3 giorni di competizione, ma i suoi impatti saranno molto più duraturi nel tempo. Al contrario della torre in legno usata in tutte le precedenti gare, a Teahupo’o che, veniva montata e poi successivamente smontata.

   

La struttura ideata dalla commissione olimpica ha bisogno di basi più solide e lavori che, impatteranno pesantemente sul reef e la barriera corallina dell’area. Potrebbe influenzare in modo particolare anche il delicato equilibrio di faglie, correnti e conformazioni sottomarine e quindi la formazione delle onde stesse. O almeno questo è quello che pensano i surfisti, le comunità di Tahiti e tutti coloro che si battono per lo stesso scopo. Una costruzione simile potrebbe modificare negativamente gli equilibri biologici di quel paradiso e disturbare sistemi ecologici rari e preziosi. La critica è rivolta anche verso le misure spropositate della nuova struttura, rispetto alla sua funzione.

    

Vivendo di surf (per turismo e abitudini), la comunità è conscia del fatto che una torre per i giudici servirà ma avanza una proposta. Anziché pensare a una nuova torre (di € 4 milioni) basterà utilizzare quella in legno ed eco-progettata vent’anni fa, che ha sempre funzionato. E soprattutto non arreca danni alla natura.

     

La controparte

Nonostante ciò, gli organizzatori spingono per la realizzazione dell’opera negando i rischi indicati finora da surfisti e dalle associazioni. Spiegano infatti che la nuova torre, la quale ospiterà giudici, medici e produzioni televisive, sarà pensata per avere un “basso” impatto sugli ecosistemi. In più, affermano che risulterà un valore aggiunto anche per le competizioni future e che possa avere altre funzioni nei prossimi anni. L’esempio usato è quello di alcune piattaforme offshore, le cui basi, nel tempo, sono diventate casa per coralli ed ecosistemi.

    

Purtoppo le 400 persone mobilitate non tranquillizzano i polinesiani sul futuro del loro immenso tesoro e la loro preoccupazione resta altissima. Anche se fosse a “basso impatto” come promette la commissione olimpica, il reef subirà un’influenza maggiore rispetto all’erezione della struttura in legno. È anche vero, che la torre in acciaio, comprende una serie di criteri e standard in ambito di sicurezza e salubrità dettate da un regolamento interno.

   

Nei prossimi mesi, vedremo se questa opposizione (pacifica) riesca a portare ad una soluzione concreta e opportuna per entrambe le parti. In ogni caso, si spera sempre che decisioni di questo tipo prendano sempre più in considerazione un punto così importante come la salvaguardia dell’ambiente.

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Arriva il Cinema In Verde all’Orto Botanico di Roma.

By : Aldo |Settembre 26, 2023 |Arte sostenibile, Clima, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Arriva il Cinema In Verde all’Orto Botanico di Roma.

Temi come la cura dell’ambiente, la sostenibilità e la sensibilizzazione dei cittadini sono sempre più citati e intrapresi in vari ambiti.
Sicuramente se ne parla a scuola, in politica, sul web ed ora anche in una rassegna cinematografica.

   

Cinema In Verde

A fine settembre si svolgerà il primo festival di cinema ambientale a Roma. Un’occasione unica per raccontare la difesa dell’ambiente e della natura attraverso film e tante altre attività ad essi correlate. Il principio è proprio quello di far aprire gli occhi con storie di inchiesta, di presa di coscienza, di ecosistemi che resistono.

   

L’iniziativa avrà luogo, in posto magico quale l’Orto Botanico di Roma, (Polo Museale della Sapienza) culla di biodiversità, istruzione e sensibilizzazione. La prima Università di Roma e Silverback (agenzia di comunicazione green) si affiancheranno in questa nuova avventura all’insegna del cinema “verde”.

   

L’evento che avrà inizio venerdì 28 settembre e terminerà domenica 1° ottobre, sarà promosso dall’Assessorato all’agricoltura, all’ambiente e al ciclo dei rifiuti. Mentre sarà patrocinato dall’Assessorato alla Cultura e dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Il Cinema In Verde è organizzato in collaborazione con FilmAffair, Zen2030 e Green Influencer Club, food partner Punto Mobile.

    

La sensibilizzazione

L’evento è stato definito “carbon neutral” grazie al lavoro svolto dalla società benefit Zen2030. Infatti, durante il festival, i consumi di molteplici ambiti saranno monitorati, registrati e tradotti in emissioni di CO₂eq. Si parla di consumi legati alle categorie energia, mobilità, trasporti, ristorazione, materiali, alloggi e rifiuti.

   

Oltre al monitoraggio e alla rendicontazione saranno attuate altre forme di compensazione e attenzione nei confronti dell’ambiente:

  • l’energia usata deriverà dalla rete elettrica dell’Orto Botanico che proviene da fonti rinnovabili;
  • verrà incentivato l’uso di mezzi sostenibili per l’arrivo al festival (mezzi pubblici, bicicletta, mobilità elettrica e condivisa). E per i partecipanti internazionali è stato consigliato il treno piuttosto che l’aereo;
  • é stata adottata una politica plastic free preferendo materiali a consumo a minor impatto ambientale. Molti materiali sono stati noleggiati e sono stati scelti fornitori locali, provenienti da Roma e dal Lazio;
  • l’offerta di ristoro è prevalentemente vegetariana, con coperti lavabili o totalmente compostabili;
  • a chiusura dell’evento le emissioni residue, ovvero quelle che non sarà stato possibile evitare, saranno compensate attraverso progetti certificati legati alla transizione energetica verso fonti rinnovabili.

Il festival

Per quanto riguarda la rassegna cinematografica, si prevede la proiezione di sei pellicole d’autore, all’interno di un’arena interna e una esterna. Tali film sono destinati a un pubblico vasto ed hanno come trama principale una storia godibile e interessante con un significato ambientale. Tuttavia, l’evento non consisterà nella sola visione di film, ma anche allo sviluppo di varie attività connesse ai due temi in esame.

   

Pertanto, è prevista una rassegna di film già usciti in sala che hanno risvegliato la nostra attenzione sui temi ambientali. Successivamente si affronteranno dibattiti a cui parteciperanno personaggi dello spettacolo come Paolo Virzì, Claudia Gerini, Andrea Pennacchi e della ricerca.

     

I sei film in concorso sono:

  • GREEN TIDE, di Pierre Jolivet;
  • THE DAM, di Ali Cherri;
  • THE HORIZON, di Emilie Carpentier;
  • AND THE BIRDS RAINED DOWN, di Louise Archambault;
  • PLUTO, di Renzo Carbonera;
  • BEATING SUN, di Philippe Petit.

La giuria sarà composta da

  • Laura Delli Colli, giornalista e scrittrice;
  • Thony, attrice e cantautrice;
  • Andrea Grieco, divulgatore e attivista;
  • Rossella Muroni, Nuove Ri-Generazioni;
  • Claudia Campanelli, giornalista e autrice;

Inoltre, sono stati organizzati workshop ogni mattina per capire come si pensa e si realizza un documentario ambientale. E come alla fine di ogni festival o concorso che si rispetti, il vincitore riceverà il primo premio Ginkgo d’oro. L’iniziativa consente così di veicolare dei messaggi fondamentali, di dare varie e nuovi spunti di riflessione sul tema e incrementare la sensibilizzazione. Non a caso, la citazione del regista Ingmar Bergman, scelta per questa iniziativa racchiude tutta l’anima del festival:

  

Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima”

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Le cozze potranno aiutarci nella riduzione delle microplastiche in acqua.

By : Aldo |Giugno 26, 2023 |Clima, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Le cozze potranno aiutarci nella riduzione delle microplastiche in acqua.

Spesso la natura che noi stessi dovremmo proteggere, ci regala delle soluzioni a problemi da noi creati.

Proprio per queste capacità sarebbe importante studiarla sempre meglio, usufruendone nel migliore dei modi possibili.

      

La scoperta della “natura”

È recente lo studio pubblicato nel Journal of Hazardous Materials che spiega come le cozze possono aiutarci nel ridurre le microplastiche in acqua.

L’analisi condotta dal Plymouth Marine Laboratory afferma che i filtratori, possano intrappolare le microplastiche, concentrandole nelle loro feci.

Nello specifico si tratta della cozza azzurra (Mytilus edulis), un mollusco filtrante e verace caratterizzato da un un guscio blu-nero.

In questo momento, la ricerca svolta ha dato ottimi risultati che tuttavia non sono la soluzione a questo grande problema, ma sicuramente un grande aiuto.

    

Gli step dell’analisi

I ricercatori hanno scelto queste cozze da un allevamento in Cornovaglia e le hanno sottoposte a vari test.

Nella prima prova i bivalvi vengono situati in un contenitore d’acciaio, nel quale viene pompata l’acqua carica di microplastiche.

Con questo primo test, gli studiosi hanno visto che i filtratori consumano circa due terzi delle microplastiche presenti nel serbatoio. Successivamente le secernono dal loro corpo attraverso le loro feci.

Dopo un primo successo, si è attuata una seconda prova in un porto locale, precisamente in un’insenatura soggetta ad inquinamento da imbarcazioni. Dunque, l’ambiente risulta altamente inquinato anche per le fuoriuscite di inquinanti o materiali legate a scarichi delle stesse imbarcazioni.

300 esemplari sono stati riposti in cestini disposti in vasche calate in acqua: ognuno di questi contenitori ha un setaccio per catturarne le feci. Intanto uno sbocco in un altro serbatorio permette all’acqua di ritornare nell’ambiente originale.

A quel punto, gli scienziati hanno confermato il fatto il che le feci con le microplastiche affondano rapidamente nel mare. Pertanto, risulta più facile raccoglierle, al contrario delle particelle sospese in acqua.

    

Le cifre della ricerca

È stato calcolato che 5 kg di cozze in un porto urbano possono raccogliere circa 240 (±145) microplastiche, ma è importante la loro localizzazione.

Perchè si, le cozze filtrano l’acqua dai contaminanti, ma allo stesso tempo le loro concentrazioni non possono eccedere nel piccol corpo dell’esemplare. Tale attenzione è fondamentale per non rovinare l’habitat e permettere una vita sana al bivalve.

In concreto con circa 3 miliardi di cozze, poste in prossimità di un estuario si potrebbe estrarre il 4% delle microplastiche che arrivano dai fiumi.

       

L’incertezza dello studio

I test hanno portato ad un risultato sorprendente: i bivalvi in esame sembrerebbero capaci di rimuovere circa un quarto di un milione di particelle all’ora.

Nonostante tale scoperta sia un passo in avanti, non risulta essere una soluzione definitiva, ma un processo da affiancare ad attività di maggiore impatto.

Questo perchè per fare la differenza serve una quantità immensa di individui in tante aree diverse. Si tratta più o meno di 2 milioni o più di cozze che filtrano 24 ore al giorno (costantemente) per trattare una baia del New Jersey.

Tale situazione è abbastanza irreale poiché le condizioni descritte non sono compatibili con la natura. D’altra parte, instaurando una grande quantità di bivalvi in una determinata area, si romperebbero gli equilibri dell’ecosistema scelto.

           

Le conclusioni

Questo studio dimostra come dei piccoli esseri, possano aiutarci nella lotta contro la plastica, dannosa per l’ambiente e per noi.

Sembra addirittura che da queste microplastiche si possa creare biofilm, così da rimuovere l’inquinante per trarne dei benefici, attuando anche in questo caso un’economia circolare.

Sicuramente serviranno ulteriori studi e test per poter dichiarare questa pratica come efficiente. Nell’attesa è importante ricordare che la prima azione di grande impatto resta sempre il cambio delle nostre abitudini nell’uso e consumo della plastica.

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Svizzera carbon neutral entro il 2050: sì al referendum.

By : Aldo |Giugno 26, 2023 |Arte sostenibile, Clima, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Svizzera carbon neutral entro il 2050: sì al referendum.

Quando si pensa ad una rivoluzione, molti pensano che il singolo non possa fare molto o che le sue azioni non avranno mai peso nel mondo.

Al contrario la Svizzera ha provato come gli ideali dei singoli, se uniti, posso cambiare le cose in positivo per un intero stato. 

     

Il primo caso in Europa

Domenica 18 giugno in Svizzera si è fatta la storia.

Il 42% degli aventi diritto ha partecipato al referendum per la carbon neutrality, diventando il primo caso in Europa. Il 60% dei cittadini ha votato a favore della nuova legge che prevede la riduzione del fossile e l’incremento della transizione con rinnovabili.

Nonostante la percentuale di affluenza fosse bassa, è bastata per promuovere e approvare la legge per la salvaguardia dell’ambiente. Nello specifico, il 59,1% ha votato a favore con una grande spinta dai cantoni di Ginevra (74,5%) e Basilea (73,3%).

Solo il 40,9% si è espresso contrario, una percentuale composta da 7 cantoni su 26 e il Partito popolare svizzero SVP (dunque l’opposizione di destra).

         

Come nasce il referendum

La vittoria di questo referendum dimostra quanto i cittadini svizzeri abbiano colto a pieno l’importanza del cambiamento necessario ad oggi.

Non a caso, con la coalizione di gruppi, attivisti e accademici venne proposta una legge sul clima, inizialmente bocciata perchè valutata troppo estremista.

Mentre la nuova legge punta a ridurre l’uso dei combustibili fossili quindi ad azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2050.

L’idea è quella di ridurre l’importazione di petrolio e gas, ed incentivare le rinnovabili e tutti quei comportamenti opportuni per raggiungere l’obiettivo prefissato.

   

Il disegno di legge presenta

  • un primo finanziamento di circa 2 miliardi di franchi svizzeri (per 10 anni). Serviranno a promuovere nuove pompe di calore e sistemi basati sulle rinnovabili per sostituire il riscaldamento a gas.
  • un secondo finanziamento di 1,2 miliardi di franchi svizzeri. Ppensati per le imprese impegnate verso una innovazione verde.

In questo caso, il disegno è diventato una legge federale e pertanto rende giuridicamente vincolanti i suoi obiettivi.

Quindi nel concreto si mira ad un miglior isolamento degli edifici o la sostituzione dei loro impianti di riscaldamento. In poche parole, da qui al 2033 gli stabili privati dovranno arrivare a coprire almeno la classe D.

Invece per il settore agricolo e degli inceneritori si promuovono tecnologie per la cattura e lo stoccaggio della CO2. Senz’altro servono ulteriori studi per efficientare le loro prestazioni, ma sono sempre un aiuto per il clima.

     

Difficoltà e dubbi

I cittadini della Svizzera sembrano quindi pronti ad impegnarsi in questo viaggio verso la neutralità da carbonio; tuttavia, sono usciti subito dubbi e perplessità.

I primi problemi sono associati all’approvvigionamento di elettricità da fonti rinnovabili soprattutto con l’aumento dei consumi (entro il 2050) di 30 terawattora.

Infatti, dalle ultime analisi, si stima che la capacità di solare ed eolico sia troppo bassa per coprire la mancanza necessaria in futuro.

Oltretutto, come in Italia, la burocrazia e la pianificazione rallentano qualsiasi tipo di lavoro correlato alle rinnovabili. Fortunatamente, ci sono stati dei passi in avanti e nel 2024, la Svizzera ospiterà il nuovo parco solare Ovra Solara Magriel.

       

Il motivo alla base del “SI”

Obiettivamente si può affermare che questa presa di coscienza degli svizzeri sia un grande salto di qualità. Un’analisi attenta e precisa del cambiamento climatico al quale sono sottoposti i cittadini e li preoccupa ha reso possibile questo grande ed importante incentivo legislativo.

Al momento, la Svizzera ha vissuto una primavera troppo calda che ha sciolto i ghiacciai a ritmi allarmanti. Negli ultimi 20 anni hanno perso 1/3 del loro volume a causa di temperature che sono aumentate più del 1,5° (limite IPCC).

Proprio per questo pericolo incombente, per la sensibilizzazione di tutti e il raggiungimento dei vari obiettivi, è stata istituita un’altra tassa. Si tratta di una minima del 15% per le multinazionali, con fondi da destinare alla transizione.

         

L’augurio dopo questo referendum è che la Svizzera possa essere un modello da seguire dagli altri stati europei e perchè no anche dal resto del mondo.

Rappresenta alla perfezione come i cittadini contano e possono stravolgere il corso degli eventi se uniti e migliorare il futuro di tutti.

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Greenhushing: quando le aziende più virtuose si nascondono.

By : Aldo |Giugno 19, 2023 |Arte sostenibile, Clima, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Greenhushing: quando le aziende più virtuose si nascondono.

La sostenibilità è un concetto che appartiene sempre di più alla quotidianità, al quale non si possono voltare le spalle.

Analogamente a tanti altri processi non sono mancate le truffe come quelle del greenwashing, ma ultimamente sta emergendo un comportamento opposto, abbastanza peculiare.

     

Greenhushing

Con il termine greenhushing si intende una forma di omissione (da parte di aziende, enti o società) delle buone pratiche sostenibili svolte da essa svolte.

Concretamente si tratta di aziende che sono realmente sostenibili, probabilmente anche tra le più virtuose, che decidono di non comunicare questo loro impegno. Tale comportamento definito “silenzio verde” si sviluppa dal timore che la loro comunicazione possa essere fraintesa.

Ossia, la paura è basata sul fatto che i clienti possano percepire la comunicazione del loro impegno nella sostenibilità, come greenwashing, perdendo quindi credibilità.

 

Sicuramente le truffe e le attività di facciata degli ultimi anni hanno reso i clienti molto più sensibili e attenti alla questione.

I consumatori sono molto più preparati e critici sul tema, dunque, aumentano sempre più le loro aspettative in tal senso.

    

Stime e sondaggi

Il centro di ricerca Up2You Insight, che aiuta le aziende a decarbonizzarsi ha svolto uno studio proprio su questo nuovo fenomeno.

Dalle analisi si evince che il 50% dei consumatori crede di poter fare la differenza anche singolarmente. Mentre l’80% si aspetta che siano le aziende cambino in virtù di una maggiore sostenibilità. Invece il dato che preoccupa di più è quello dei consumatori che sospettano che le aziende facciano greenwashing che ammonta al 60%.

   

In altro modo, il Global Sustainable Investment Review 2020 ha analizzato i cambiamenti relativi agli investimenti verdi e all’attenzione dei consumatori.

Lo studio ha riportato che gli investimenti tra il 2018-2020 sia cresciuto del 18% toccando i 35.300 miliardi di dollari in tutto il mondo).

Tuttavia, il report del 2022 spiega come solo il 19% degli acquirenti di prodotti di largo consumo sappia quali aziende siano concretamente impegnate nella sostenibilità.

    

Altre informazioni sono raccolte nello studio South Pole Net Zero and Beyond: A Deep-dive on Climate Leaders and What’s Driving Them.

L’analisi dichiara che nell’ultimo anno ¾ delle aziende intervistate hanno implementato i finanziamenti per azzerare le emissioni.

Oltretutto la maggior parte è rappresentata da aziende che non sono sulla retta via, ma hanno comunque ampliato il proprio team di sostenibilità.

Nonostante ciò, molte imprese non comunicano o pubblicano questo impegno. Precisamente quasi ¼, del 76% delle realtà con obiettivi net zero, ha deciso di non pubblicare i propri traguardi.

     

L’effetto negativo

Questo processo di omissione di informazioni, obiettivi e impegni delle varie realtà determina comunque un effetto negativo sul progresso di tale settore.

Infatti, come il greenwashing ha portato ad una maggiore diffidenza o ad una maggiore selettività dei clienti, anche il greenhushing rallenta la transizione verde. Così facendo si creano dei problemi nel confronto fra obiettivi imposti, quelli raggiunti, i vari impegni e attività volti al cambiamento, tra aziende.

   

Pertanto, nascondendo un punto di forza nel settore, non emergono le aziende sane e realmente sostenibili.

In tal modo è più difficile monitorare la sostenibilità delle filiere produttive e dei consumi, impedendo una sana comparazione tra le aziende. 

Inoltre non si incentiva la transizione necessaria, nè tantomeno gli obiettivi giusti da perseguire.

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Vaporetti e battelli ibridi o elettrici: la transizione ecologica di Venezia.

By : Aldo |Maggio 16, 2023 |Clima, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Vaporetti e battelli ibridi o elettrici: la transizione ecologica di Venezia.

In un precedente articolo abbiamo parlato delle iniziative della città di Venezia per quanto riguarda la cura dell’ambiente.

Oggi torniamo nello stesso comune, perchè oltre ai gondolieri subacquei che puliscono i canali, a Venezia arriva la transizione elettrica.

Il contorno di Venezia

La città sospesa sull’acqua è unica al mondo e con lei, lo stile di vita intrapreso dai suoi abitanti durante la storia.

Ovviamente con gli anni, passano le mode e aumentano le tecnologie ma Venezia sembra sempre rimasta in un mondo diverso.

Questa è forse una delle tante caratteristiche che la rende autentica e fortunatamente gli studiosi sono riusciti a non modificarla per mezzo dell’innovazione.

Dunque, privati, aziende pubbliche e poli universitari hanno collaborato per limitare i danni legati all’attività più diffusa a tra i canali: gli spostamenti.

           

L’elettrico, l’ibrido e il green

In una città qualsiasi, gli spostamenti emettono tonnellate di CO2, inquinando l’ambiente e creando traffico.

Analogamente succede nella città di Piazza San Marco, dove battelli e vaporetti con motori desueti, continuano le loro attività senza alcun freno.

Quotidianamente circolano 160 battelli molto pesanti, di cui la maggior parte presenta ancora un motore poco avanzato a livello tecnologico.

         

Le analisi degli ultimi anni confermano che inquinano ed emettono oltre a tonnellate di CO2, anche ossido di azoto, idrocarburi e pm10.

Pertanto il trasporto pubblico Actv ha un piano di investimenti per dotare di motori ibridi ben 50 mezzi della propria flotta.

Di pari passo sono stati brevettati motori elettrici anche per le imbarcazioni per il trasporto merci, come nel caso del nuovo mezzo Coop.

 

“Emilio” impatto zero

Si chiama così la nuova imbarcazione targata Coop Alleanza 3.0 che trasporterà le merci della grande catena in 2 punti vendita nel centro storico.

L’azienda bolognese ha annunciato il progetto Coop per le consegne fossil-free la settimana scorsa e ha mostrato “Emilio”.

      

Progettato e studiato da S.ca Snc Trasporti Marittimi Veneziani, si tratta di un battello a propulsione completamente elettrica (alimentata da un pacco di batterie).

Bastano solo 30/ 40 minuti per una carica completa ed un’autonomia di 3 ore, poi una volta scariche recuperano energia grazie al motore endotermico.

Quindi il mezzo autocaricabile al 100% potrebbe essere il primo di una lunga serie di cambiamenti della laguna veneta.

           

Innanzitutto, perchè con tale tecnologia la catena di supermercati, sarà in grado di risparmiare circa 40 tonnellate di CO2 all’anno. Ma l’obiettivo quello di risparmiare totalmente 200 tonnellate di emissioni, con almeno 5 mezzi.

Detto ciò, è necessario ricordare che “Emilio” trasporterebbe ben 50 tonnellate di merce ed è grande al punto poter passare solo nei canali più larghi.

   

Altre innovazioni 

Questa è solo la prima di tante innovazioni di Venezia che si prepara anche alle colonnine per la ricarica elettrica. Forse una mossa azzardata per le scarse imbarcazioni (specialmente private) dotate di motore elettrico, ma sempre un incentivo al cambiamento.

Si prospettano addirittura delle “paline” ovvero delle colonnine uguali per forma e colori ai pali di legno tipici della città.
             

Per ogni movimento o transizione serviranno sempre dei piccoli o grandi passi per ingranare il processo di cambiamento. Venezia ha fatto il suo.

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Rinnovabili spiccano il volo in Europa: nel 2022 hanno superato il gas.

By : Aldo |Febbraio 09, 2023 |Acqua, Arte sostenibile, Clima, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi |0 Comment

É iniziata la vera transizione ecologica dell’Europa. I dati parlano chiaro, possiamo solo aspettarci una grande rivoluzione.

La rivincita

Secondo lo studio “More renewables, Less inflation” di E3G ed Ember, le rinnovabili hanno fatto un grande passo in avanti! I dati affermano che nel 2022, eolico e solare hanno superato la generazione di energia per mezzo del gas, con un gap minimo ma essenziale.

Le energie verdi hanno prodotto il 22% dell’energia consumata a fronte del 20% del gas; un evento che segna una grande vittoria.

Il segno che lascia questo sviluppo mette in luce anche le prospettive di crollo delle fonti fossili nel 2023. Si pensa che il gas potrebbe scendere del 20% nel nuovo anno, il doppio rispetto al 2020.

Fattori vincenti

Sicuramente la guerra in Ucraina ha accelerato lo sviluppo e la produzione di energia sostenibile permettendo un’importante transizione energetica.

Un altro fondamentale fattore che ha reso possibile l’impennata delle rinnovabili è stato il clima. Sembra assurdo dirlo ma proprio le temperature miti protratte negli ultimi mesi dell’anno, hanno permesso agli europei di risparmiare in riscaldamenti.

Ma è importante anche sottolineare la volontà dei cittadini di muoversi nella stessa direzione, riducendo la domanda di energia a causa della crisi. 

 

Il solare

Il solare è uno dei principali protagonisti di questa storia, registrando l’aumento più rapido mai visto. La crescita del 24% nel 2022 ha evitato l’importazione di 70 miliardi di metri cubi di gas, consentendo di risparmiare 10 miliardi di euro.

Le cifre di cui parliamo hanno una grande rilevanza, dato che il vantaggio è stato possibile grazie all’azione di 20 paesi dell’Unione. Si tratta di 41 GW di nuova potenza fotovoltaica in Europa. Solar Power Europe pensa che questo sia solo l’inizio di una grande avanzata.

«Siamo fiduciosi che un’ulteriore crescita annuale del settore supererà tutte le aspettative, andando oltre i 50 gigawatt di nuova capacità nel 2023 e raggiungendo gli 85 GW nel 2026».

La Germania è in cima alla classifica, con una crescita di 8 GW, seguita da Spagna (7.5), Polonia (4.9), Paesi Bassi (4) e Francia (2,7).

 

L’eolico

Anche l’eolico è aumentato grazie a 15 GW di nuovi impianti eolici che determinano una crescita di 1/3 rispetto al 2021.  Troviamo nuovamente la Germania è in testa seguita da Svezia, Finlandia, Spagna e Francia, secondo il rapporto Wind Europe.

Di fatto questo è un grande passo in avanti che tuttavia risulta insufficiente per centrare gli obiettivi europei: ma è un buon punto di partenza.

Purtoppo un notevole problema resta sempre la burocrazia, nello specifico le autorizzazioni, che rallentano l’innovazione.  In Europa, infatti, sono bloccati 80 GW di progetti eolici e Giles Dickson, Ceo di WindEurope afferma che:

L’aumento del 33% delle nuove installazioni dimostra che l’industria eolica europea è all’altezza della sfida. Ma bisogna semplificare le procedure di autorizzazione e agevolare gli investimenti nella catena di approvvigionamento: fabbriche, lavoratori qualificati, reti, materie prime e navi.”

 

Carbone e gas

Arrivati a questo punto, si può pensare di abbandonare il carbone, poiché non ha aiutato a risanare il deficit energetico come ci si aspettava.  Effettivamente ha coperto 1/6 della lacuna energetica, con un aumento del 7%, che poteva essere maggiore se non fossero entrate in gioco le rinnovabili.

Nell’Unione l’uso del carbone è diminuito del 6% su base annua, soprattutto negli ultimi mesi del 2022, nonostante la grande importazione. In realtà l’Europa aveva acquistato 22 milioni di tonnellate di carbone in più nel 2022, ma ha usufruito solo di 1/3 di esse.

Mentre, a fronte del caro prezzi, sorprende che la produzione di gas sia rimasta invariata, producendo il 20% dell’elettricità europea nel 2022.  Nonostante Ember stimi un crollo del 20% della produzione elettrica da fossili, afferma che il gas potrebbe restare il materiale più costoso fino al 2025.

Come dimostrato dai dati, l’Europa ha ingranato la marcia ed è diretta alla sostenibilità.
Senza dubbio in questo nuovo anno, la transizione energetica europea accelererà senza precedenti verso un futuro più “verde”.

Secondo Dave Jones, head of data insights di Ember:

“La transizione energetica dell’Europa emerge da questa crisi più forte che mai”.

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cop27 insegna

La COP 27 si conclude con una piccola grande vittoria e il malcontento di molti (ma non proprio tutti).

By : Aldo |Novembre 21, 2022 |Clima, Consumi, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno emissioni |0 Comment
cop27 insegna

Si è conclusa, con 30 ore di “ritardo” la 27esima edizione della COP; tra malcontenti e piccole vittorie, analizziamo la Convenzione del 2022.

 

Sharm el-Sheikh

Nuovo anno, nuovo Stato ospitante; le uniche cose che non sono cambiate con gli anni sono gli obiettivi.

Le ambizioni di quest’anno non erano tanto diverse da quelle di Glasgow, destando la preoccupazione scienziati e attivisti, che prima dell’inizio prevedevano un flop totale.  

 

La plenaria finale, complicata e poco armonica, ha sforato di 30 ore la fine della convenzione, terminando domenica 20 novembre. Le cause di questo ritardo sono dovute a risultati poco chiari, disaccordi tra stati, conclusioni deludenti e obiettivi mancati.

Tra i temi più discussi, l’obiettivo 1,5°C correlato alle emissioni e il fondo “Loss and damage”.

Tenere la temperatura sotto 1,5°C

Sembra sempre più una “mission impossible” visto che gli stessi propositi  si rimandano da ormai 7 anni.

Il disaccordo di più stati è dettato dall’assenza di vincoli legati alle emissioni o all’utilizzo di combustibile fossile; non ci son obblighi per nessuno.

Si richiede principalmente la riduzione dell’uso del carbone per la produzione elettrica, non si parla della sua eliminazione, tantomeno un abbattimento delle conseguenti emissioni

 

Oltretutto, la mancanza di obblighi conduce ad una poca efficienza del patto visto il traguardo da raggiungere entro il 2030. Infatti, l’impegno sarà concretizzato quando le emissioni saranno ridotte del 43% entro il 2030, peccato che con gli attuali trend si tocchi solo lo 0,3%.

cop27

La vittoria chiamata “Loss and damage”

Il tema più discusso è diventato l’unica vittoria della convenzione: l’istituzione del fondo “Loss and damage”, precisamente ‘perdita e danno’.

 

Il fondo compensativo presuppone che gli Stati ricchi risarciscano quelli in via di sviluppo, per i danni causati dalla loro industrializzazione.  Il compito per la COP28 include la nascita di un comitato che deciderà quali paesi potranno attingere alle risorse del fondo e quali dovranno finanziarlo.

 

Anche questa modalità ha creato delle proteste poiché Usa, Europa, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, non intendono essere gli unici finanziatori. Perciò chiedono, che il fondo venga finanziato anche da altre potenze economiche, come la Cina. Inoltre sarà difficile rispettare l’impegno per i paesi d’occidente vista la crisi post pandemia e l’attuale guerra in Ucraina.

 

Al fine di ridimensionare l’accordo, Fran Timmermans (capo delegazione dell’UE) ha proposto ristori solo ai Paesi “più vulnerabili”. L’idea è frutto di un ragionamento più realistico che considera l’impossibilità di raccogliere i fondi per tutti i 100 Stati in via di sviluppo.

Punti di vista

Dopo la plenaria finale, sono sorti dubbi e critiche nei confronti del documento redatto. Proprio Timmermans affronta la discussione dichiarandosi deluso dalle decisioni prese:

 

“Siamo orgogliosi di aver contribuito a risolvere il problema del “Loss and damage”, ma sulle riduzioni delle emissioni qui abbiamo perso una occasione e molto tempo, rispetto alla Cop26 di Glasgow.

Anche il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si espone sul verdetto:

 

“Tuttavia, il nostro pianeta è ancora al pronto soccorso. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un problema che Cop27 non ha affrontato […]La Cop27 si conclude con molti compiti e poco tempo”.

Conclusioni

È ormai chiaro a tutti, che la 27esima edizione della convenzione, non abbia avuto un grande successo.

 

L’istituzione del fondo è una grande vittoria, anche simbolica visto che proprio in Africa ci sono 9 dei 10 paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici. É una vittoria di tanti, dei più deboli, che per la prima volta sono stati ascoltati veramente ottenendo quello di cui avevano più bisogno.

 

Non si può dire lo stesso riguardo le emissioni, che hanno deluso molti, tranne chi gode di questo accordo non vincolante. Come dichiarato dalla ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock:

 

“L’Europa e i paesi più colpiti si sono battuti per norme molto più vincolanti. Un’alleanza tra paesi ricchi di petrolio e grandi emettitori lo ha impedito e ha posto inutili ostacoli sulla strada di 1,5°C”.

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Halloween in costume… da bagno: le temperature da record in Italia.

By : Aldo |Ottobre 31, 2022 |Clima, Home |0 Comment

Ad Halloween, i termometri raggiungeranno i 27°C e la gente andrà al mare per un tuffo invece di mangiare caldarroste davanti al camino.

Il mese di ottobre.

In Italia, ottobre è caratterizzato da un clima mite, diviso idealmente in 2 fasi che prevedono il termine dell’estate e l’inizio dell’autunno vero e proprio.

La prima parte del mese determina la fine della bella stagione, con qualche grado in meno rispetto a settembre.

Mentre le ultime due settimane, sono più fresche perchè più vicine a novembre e all’inverno.

L’anomalia del 2022.

Quest’anno invece, l’estate è continuata fino alla fine di ottobre in modo anomalo, forse prevedibile.

I primi giorni di ottobre, anche se caldi, rientravano nella norma, mentre gli ultimi 15, hanno visto temperature insolite.

Si tratta di massime che variano tra i 25°C e i 27°C, cifre assurde, che ci permettono di iniziare novembre a mezze maniche.

Climate Shift Index per Ottobre 2022

(Il Climate Shift Index indica quanto il cambiamento climatico abbia alterato i livelli delle temperature in una specifica area)

Caldo da record prevedibile?

Probabilmente il record non poteva essere previsto, ma l’estate lunga 4 mesi potrebbe diventare una normalità in futuro.

Come affermato da Luca Mercalli in un’intervista per Rai News, il clima sta inviando segnali chiari ai quali non possiamo sottrarci.

Il climatologo mette in guardia i lettori dichiarando la necessità di un cambio repentino dei nostri piani d’azione contro i cambiamenti climatici.

Gli effetti.

La siccità si protrae e continua ad alterare i cicli e gli equilibri della natura.

Le zanzare hanno prolungato il loro periodo di riproduzione portando malattie tropicali in Europa, mentre le api soffrono.

L’agricoltura combatte la siccità, ma il caldo potrebbe causare una fioritura precoce delle piante che geleranno o bloccheranno la crescita appena le temperature si abbasseranno.

Tutto ciò avrà un grande impatto sulla produzione agricola e sui suoi prezzi.

Un esempio sono le zucche Made in Italy che per varietà, qualità e versatilità sono tra le migliori al mondo; per via del caldo hanno tagliato la loro produzione del 15%, aumentandone i prezzi.

Insomma, per quanto possa piacere l’idea di Halloween in costume… da bagno, non ci si può abituare a questa situazione; bisogna affrontare il problema principale.

I cambiamenti climatici sono sempre più intensi ed è importante rallentare il loro andamento, usando nel modo più efficiente tutte le tecnologie e i mezzi a disposizione.

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Pannelli solari nel campo fotovoltaico più grande d'Italia

Il parco fotovoltaico più grande d’Italia si trova in Puglia.

By : Aldo |Ottobre 12, 2022 |Clima, Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, obiettivomeno emissioni, obiettivomeno rifiuti |Commenti disabilitati su Il parco fotovoltaico più grande d’Italia si trova in Puglia.

Il parco fotovoltaico più grande d’Italia si trova in Puglia.

Pannelli solari nel campo fotovoltaico più grande d'Italia

L’Italia è un paese pieno di meraviglie, prima tra tutte il clima che ci permette di godere a pieno tutte le stagioni e di avere grandi vantaggi nella sostenibilità.

Proprio per questa caratteristica, un’azienda danese, la European Energy, ha creato il più grande parco fotovoltaico d’Italia, precisamente a Foggia.

Inaugurato a giugno del 2020, con un finanziamento di 94,5 milioni di euro, il parco è un gioiello di ingegneria, sostenibilità ma anche di cura del territorio e della sua storia.

“DIMENSIONI E POSIZIONE”

Si sviluppa per un’area di circa 1.500.000 metri quadrati, (l’equivalente di 200 campi da calcio), in costante aumento dalla fase di progettazione fino al 2021.

L’azienda danese ha dato un grande valore a quel terreno a livello paesaggistico, naturale ma anche storico.

Infatti, dopo un’indagine legata al parco, ha finanziato con 1 milione di euro gli scavi dai quali sono emersi reperti di una basilica e di un insediamento del neolitico.

“POTENZA”

 

Parlando di energia invece, possiamo affermare con piacere che i 275 mila moduli fotovoltaici sono di ultima generazione e sviluppano 103 MW di capacità.

Ciò significa che con la produzione annua di 150 GWh può soddisfare completamente le necessità di energia elettrica di una città di 200 mila abitanti.

Il parco fotovoltaico di Foggia è al primo posto in Italia per grandezza e potenza, seguito da quello di Montalto di Castro e quello di Rovigo.

È il 17° in classifica mondiale, dominata dalla Cina seguita dallo stato della California e dall’India.

L’European Energy, dopo gli ottimi risultati e la grande efficienza del progetto, si dichiara pronta ad investire ulteriori 800 milioni di euro per il mantenimento e il miglioramento del sistema.

La struttura concilia il rispetto della natura, del territorio e della storia con le nuove tecnologie.

Un mix perfetto, porta avanti l’idea di sostenibilità in un’area della nostra penisola, che forse non è valorizzata nel massimo delle sue potenzialità.

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