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Startup. Jelter unisce design, innovazione e educazione ambientale.

By : Aldo |Gennaio 02, 2024 |Acqua, Arte sostenibile, bastaplastica, Home |Commenti disabilitati su Startup. Jelter unisce design, innovazione e educazione ambientale.

Sebbene oggi esistano migliaia di corsi di laurea diversi, c’è un tema di cui si tratta in ogni singola facoltà. La sostenibilità è effettivamente un argomento che riguarda chiunque e pertanto se ne discute anche in settori non scientifici.

    

La sostenibilità di Jelter

La sostenibilità è un tema che riguarda sempre più le nostre vite. Si tratta di un’attenzione, un cambiamento, un nuovo approccio alla vita necessario per il bene di tutti, al punto che nessun settore può escluderlo. Si può definire come un connubio di materie di studio e di pratiche per uno scopo comune.

    

Un esempio diretto di tale unione è il progetto della startup Jelter, formata da 3 giovani studentesse dello IED (Istituto Europeo di Design) di Milano. Rebecca Raho, Emanuela Tarasco e Caterina Favella sono le 3 ventenni che hanno creato una startup dalla loro tesi di laurea in Product Design. Il piano delle giovani studentesse è peculiare perché nasce dall’unione del loro corso di studio e la loro attenzione e passione per l’ambiente. Questo ci fa capire come le nuove generazioni abbiano già sviluppato e fatto loro un pensiero critico sulla sostenibilità e sul rispetto del Pianeta Terra.

     

La boa medusa

La startup Jelter nasce nell’ottobre del 2022, proprio in concomitanza con la laurea delle tre fondatrici. Da quel momento le giovani hanno partecipato a convegni ed altri eventi portando il loro progetto in giro per l’Italia e non solo.  Il programma è focalizzato sulla produzione di una boa a forma di medusa pensata per frenare la proliferazione delle microplastiche nei mari. Si tratta di un sistema di filtraggio autosufficiente grazie all’installazione di pannelli solari, che all’interno ospita una pompa che consente il circolo dell’acqua. Così, passando nella boa, l’acqua viene filtrata e ne esce “pulita”.  Il primo prototipo è stato realizzato in 6 mesi, dopo i quali è stato testato nel mare di Fiumicino.

    

La peculiarità di tale prodotto è l’attenzione rivolta all’ambiente ma anche al design. Difatti, le ragazze si sono impegnate nella ricerca di un elemento adatto alla struttura che non inquinasse l’ambiente anche a livello paesaggistico. Quindi hanno pensato a forme, colori e strutture che avessero il minor impatto visivo, biologico, chimico sul mare. Non a caso hanno anche deciso di ancorare la boa al fondale per evitarne la dispersione.

    

Prototypes for Humanity 2023

Le tre studentesse hanno optato per un programma non solo incentrato sul prodotto ma anche sulla sensibilizzazione. La loro motivazione e l’interessa al cambiamento, hanno spinto Jelter a partecipare a programmi di grande calibro, come quelli legati alla COP28. Così si sono messe alla prova aderendo alla call Prototypes for Humanity 2023 rivolta ai neolaureati di tutte università per progetti innovativi ad impatto sociale. I vantaggi e le possibilità di tale iniziativa hanno spronato le ragazze a prendervi parte, puntando alla mobilitazione delle persone sul tema delle microplastiche nei mari. Sicuramente non è un’occasione di tutti i giorni poter partecipare ad una COP a vent’anni; dunque, a prescindere dal risultato possono ritenersi soddisfatte del loro operato.

    

L’educazione ambientale per il futuro

Certamente Jelter non è la prima startup pensata per proteggere il mare, per combattere la plastica o costituita da giovani menti. Tuttavia, il racconto della sua creazione, sottolinea quanto al giorno d’oggi sia importante l’educazione ambientale soprattutto se impartita già in tenera età.

    

Rebecca Raho, infatti, racconta di come sia riuscita ad unire il suo corso di studi con la passione e il rispetto per l’ambiente trasmesso dai suoi genitori. Afferma che i genitori le hanno tramandato la passione per l’arte e il design ma anche quella per il mare. È cresciuta in un ambiente in cui tali ambiti potevano essere uniti ed è questo quello che ha fatto lei una volta laureata. Poi ancora ricorda di quanto sia importante apportare dei cambiamenti anche minimi nelle proprie vite, eliminando abitudini sbagliate. Sono passi necessari per il bene del Pianeta soprattutto perché siamo tutti consapevoli di essere in pericolo, è una conoscenza all’ordine del giorno. E afferma

Il grande problema deriva dal fatto che, essendoci nati, continuiamo a darlo per scontato senza davvero renderci conto delle condizioni critiche in cui si trova.”

In conclusione

Jelter è il chiaro esempio di impegno a favore dell’ambiente delle nuove generazioni. Dimostra senza complessi ragionamenti, quanto la sostenibilità e la salvaguardia della Terra siano temi principali nella vita dei giovani. E ancora di più sottolinea quanto sia importante il lavoro di genitori ed insegnanti nell’educare i bambini e i ragazzi al rispetto di tutti e tutto.

   

Non è scontato che le tre studentesse si siano unite per proteggere i mari, poiché laureate in design potevano tentare qualsiasi altro tipo di progetto. Invece l’idea di poter fare la propria parte per salvare il mondo è sempre più sentita dai giovani e questo può essere solo un bene. D’altro canto, il futuro è in mano a loro, quindi se i più grandi (purtoppo) non si impegnano in questo senso, dovranno farlo gli adulti del futuro.

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Albero di Natale: come smaltirlo dopo le feste.

By : Aldo |Gennaio 01, 2024 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Albero di Natale: come smaltirlo dopo le feste.

Le feste natalizie sono terminate e come di consueto ci si appresta (chi più chi meno) a togliere gli addobbi in casa. Giardini e terrazzi non saranno più illuminati dalle mille lucine colorate e quel posto nel soggiorno occupato dall’albero di Natale sarà riempito da altro. Ma l’albero dove finisce dopo quel mese di lavoro?

     

Albero artificiale

Oggi abbiamo un’ampia scelta per i nostri addobbi natalizi; alberi veri, artificiali, di vari colori, con le luci incorporate, alti due metri o in miniatura. Sebbene qualsiasi modello doni un’atmosfera calorosa ed accogliente in ogni ambiente esso si trovi, sarebbe opportuno scegliere con attenzione anche in questo caso.  E bene si, anche l’acquisto del tanto amato albero può essere sostenibile a seconda del tipo, quindi se vero o artificiale e del suo smaltimento.

    

L’albero artificiale è sicuramente una scelta sicura, abbordabile, facile da gestire nella fase di allestimento, smontaggio e per tutta la durata delle feste. Ce ne sono di bianchi, blu, rossi, rosa e alcuni hanno i rami con dei piccoli led incorporati per illuminarlo senza ulteriori cavi. Come detto in precedenza le variabili sono molteplici ma tutte sono prodotte allo stesso modo.

    

Si tratta di elementi composti da plastica (pp e pvc, non riciclabile né biodegradabile) ed acciaio, risultando più leggeri di altri. Circa il 70% degli acquirenti li sceglie per la loro gestione: non devono essere annaffiati né mantenuti in condizioni particolari e non sporcano i pavimenti. Nonostante ciò, non possono essere riciclati in alcun modo e impiegano centinaia di anni per decomporsi: dove troviamo l’aspetto sostenibile?

    

Questi prodotti sono pensati per essere riusati nel tempo, almeno per 10 addirittura 20 anni per ridurre al minimo il loro impatto. Tuttavia, secondo i sondaggi, un albero artificiale viene riusato per meno del tempo minimo previsto, quindi per 5, 7 anni. Questo comportamento determina un elevato inquinamento non necessario ed evitabile.

 

Abeti veri

Se invece si sceglie l’abete vero, si favorisce la sostenibilità, soprattutto se acquistato da attività locali. L’unica decisione importante da prendere prima di pagare è la scelta tra un albero reciso oppure vivo, poiché potrebbe avere differenti seconde vite. Infatti, una volta terminate le feste, si passa alla fase dello smaltimento, per la quale si deve riporre molta attenzione per non rischiare di inquinare maggiormente. Questo è rilevante poiché nonostante si tratti di un albero naturale non significa che si possa gettare ovunque o a caso.

  

Per esempio, un albero reciso può essere impiegato per la produzione di compost o di ghirlande, accessori per la casa o sottobicchieri. Mentre l’albero non reciso può essere ripiantato. Spesso in America vengono usati per creare barriere contro l’erosione del suolo stabilizzando così coste di fiumi e laghi. Oppure ancora come rifugi e mangiatoie per i pesci sul fondo degli stagni. 

   

Considerare queste alternative è un buon metodo per rendere sostenibile lo smaltimento dei nostri addobbi. Tali accorgimenti sono importanti soprattutto perché l’albero se lasciato in discarica potrebbe inquinare più di quanto pensiamo. Jessica Davis, direttrice dell’Ufficio per la sostenibilità dell’Indiana University-Purdue spiega il motivo:

 

I materiali organici hanno bisogno di ossigeno per decomporsi, un gas scarsamente presente nei luoghi deputati allo smaltimento. Ciò implica che, quando la pianta finalmente si decomporrà, rilascerà metano, uno dei più potenti gas serra, che produce un effetto circa 25-30 volte maggiore rispetto a quello dell’anidride carbonica. Di certo è meglio evitare l’utilizzo del legno di abeti e i pini per accendere il fuoco, poiché contengono creosoto. Si tratta di un catrame altamente infiammabile, che produce fuliggine e può provocare incendi nei camini.”

 

L’impegno di Ikea

In questo ambito c’è chi è riuscito a fare la differenza e la fa da anni. Ikea, infatti, dal 2016 collabora con AzzeroCO2, società di Legambiente e Kyoto Club nell’ambito della Campagna Nazionale Mosaico Verde per riqualificare il territorio italiano. In particolare, ha intrapreso un percorso di circolarità e sostenibilità basato sulla rigenerazione di boschi e foreste.

    

Inizialmente, per ogni albero acquistato e restituito nei negozi Ikea, venivano destinati €2 alla campagna “Compostiamoci Bene”. L’iniziativa era centrata sulla riforestazione e sul recupero di aree in stato di abbandono o esposte al rischio idrogeologico. Nel 2018 con l’iniziativa Mosaico Verde, il gigante delle svedese ha piantato 3000 alberi in aree fragili o colpite da calamità. Ma il progetto non è finito qui.

     

Quest’anno Ikea, per ogni abete restituito, donerà €4 per realizzare un progetto di produzione e condivisione di energia pulita. Si tratta di un programma incluso nella campagna di Responsabilità sociale Energy Pop. Mira alla condivisione di energia prodotta da rinnovabili sui tetti di case popolari e cooperative sociali, grazie all’installazione di impianti fotovoltaici in quartieri fragili di Firenze.

 

Insomma, gli alberi di Natale sono simbolo delle festività, addobbarli a regola d’arte e postare loro foto ovunque è diventato un must. Nonostante ciò possiamo fare la differenza anche in questo caso, quindi nei prossimi giorni non portate tutto in discarica, siate creativi o lungimiranti. Lo fate per le vostre tasche e per il Pianeta.

 

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Il Natale 2023 sarà “di seconda” mano per il 64% degli europei.

By : Aldo |Dicembre 19, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il Natale 2023 sarà “di seconda” mano per il 64% degli europei.

Siamo in quel periodo dell’anno in cui le persone che si affrettano tra i negozi, tra le luci e i pacchetti. I regali sono il focus della maggior parte della gente: che siano per parenti, amici e compagni sono l’impegno da portare a termine entro il 24 dicembre. Ma come procede questa maratona durante la crisi che stiamo vivendo?

    

La crisi e la sostenibilità

Spesso, nella quotidianità delle persone viene esclusa la scelta sostenibile per i prezzi elevati che comporta. Per esempio, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo potrebbe essere difficile comprare un cappotto di 300 euro solo perché è sostenibile. Si, sicuramente durerà di più rispetto ad uno che ne costa 50 ed è fatto di materiali di qualità, ma nella mente resta impressa solo la grande cifra.

     

Non è raro che questo motivo emerga durante le discussioni sull’importanza di una transizione ecologica oe verso una vita più sostenibile. Tuttavia, sorprendentemente quest’anno si sta sviluppando un trend che continua a crescere, ossia la scelta dei regali di seconda mano o “second hand”. Secondo la nuova ricerca del gruppo di annunci online Adevinta, il 64% degli europei comprerà o ha già comprato prodotti di seconda mano per Natale.E proprio per tale ragione i mercati dell’usato dovrebbero aumentare a breve.

     

Le motivazioni e i meccanismi che portano a tale crescita sono proprio quelli dettati in precedenza. Il potere d’acquisto è diminuito notevolmente a causa del caro vita e quindi dall’inflazione, dunque, le persone sono portate a risparmiare sempre più. L’azienda che ha condotto l’indagine ha intervistato 5.000 consumatori europei in Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna.

    

Tra l’idea e l’azione

Nell’analisi, le domande più specifiche poste agli intervistati  danno un prospetto di quello che potrebbe essere una prossima tendenza. Quindi partendo dalle ragioni per cui una persona opta per il regalo di seconda mano abbiamo un 47% che ricorda la necessità di risparmiare. Dopodiché, il 37% delle persone dichiarano che tale decisione è motivata dal desiderio di fare acquisti più sostenibili, una buona ragione che guarda al futuro. In particolare, si tratta di una cifra in aumento visto che solo nel 2022, il 32% degli europei ha intrapreso questa strada.

      

Per continuare sempre su questa falsa riga, si afferma che ¼ dei consumatori scelgono l’usato per regalare prodotti vintage o alternativi. Gli stessi numeri valgono per chi decide di acquistare articoli da negozi o attività locali, altro punto a favore per la sostenibilità dello shopping. Nonostante gli incrementi descritti, c’è ancora un 35% delle persone che preferisce comprare prodotti nuovi. L’idea che “nuovo è meglio” perpetua nelle nostre società consumistiche, pertanto c’è ancora molto da fare.

     

Il riciclo dei regali

Di certo, la moda delle spese folli nel periodo dal black Friday alla Vigilia di Natale, non può essere eradicata in poco tempo, ma ci sono i giusti accorgimenti per provarci. Come? Con il riciclo dei regali indesiderati. Nello specifico 2/3 dei consumatori dichiarano di aver ricevuto articoli nuovi, che nel corso del tempo non hanno mai usato perché non di loro gusto. Di questi solo il 6% però ammette di averli buttati via, una percentuale che fa ben sperare o almeno incoraggia ad un pensiero positivo e di cambiamento.

       

Il 28% invece, li ha conservati con la certezza che non li avrebbe mai usati, mentre il 33% ha aspettato che diventassero utili.  Tuttavia, il 23% delle persone intervistate li ha rivenduti online, ed un buon 30% li ha regalati a sua volta. Sicuramente è una pratica che potrebbe non convincere tutti, ma senza dubbio è una scelta fondamentale per il pianeta. In questo modo, infatti, se trovassimo un nuovo proprietario per determinati prodotti, potremmo ridurre la futile produzione di rifiuti.

         

Il mercato

Per questo motivo nascono sempre più brand e mercati di re-commerce che consentono di dare una seconda vita agli oggetti. Si può dunque parlare di un circolo che può determinare anche il recupero di denaro nel periodo successivo alle vacanze, al quale nessuno si sottrae… anzi.

     

Se prima si fossero riciclati i regali, ci si sarebbero passati i vestiti tra cugini, ora fa gola a tutti l’idea di rivenderli e di trarne un profitto. Amche questa è innovazione sostenibile. Soprattutto se ci concentriamo sui movimenti che ci sono da qualche anno, è chiaro che si tratti di una pratica legata principalmente ai giovani per molteplici motivi quali:

  • il forte apprezzamento del regalo vintage;
  • il costo inferiore (anche fino al 70% rispetto al prezzo iniziale);
  • i pezzi unici;
  • il risparmio anche di risorse, energia e materiali.

     

Conclusioni

Se a non fossimo pervasi dalla voglia irrefrenabile di comprare articoli di ogni tipo, solo perché dobbiamo fare tanti regalini, sarebbe un mondo migliore. Il flusso di acquisti senza una logica non è una carta vincente per nessuno. Sicuramente, qualcuno riesce a fare bella figura con piccoli oggetti di basso costo, ma se ci pensiamo veramente non è una pratica utile. Come invece lo è la scelta sostenibile di un prodotto: perché a Natale il pensiero, se fatto col cuore ma anche con un punto di vista oggettivo, può essere un bel ricordo, un ottimo strumento di vita quotidiana e solo alla fine, dopo varie vite, diventare un rifiuto.

Anche così possiamo virare verso un’economia sostenibile.

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Stop al glitter in Europa: dal 15 ottobre sarà vietata la vendita.

By : Aldo |Ottobre 12, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Home, plasticfree |Commenti disabilitati su Stop al glitter in Europa: dal 15 ottobre sarà vietata la vendita.

Le microplastiche sono purtoppo ovunque, in grandi quantità e recano sempre più danni al pianeta, quindi è necessario limitarne la dispersione. Negli ultimi anni sono passate leggi molto specifiche per quanto riguarda la plastica ed ora ne arrivano di nuove.

   

Il glitter

Tutti o gran parte della popolazione mondiale ne ha fatto uso almeno una volta. Con il termine “glitter” si indica un vasto assortimento di piccolissimi frammenti delle dimensioni massime di 1 mm². Sono costituiti principalmente di copolimeri quasi impercettibili di lamine di alluminio, diossido di titanio, ossido di ferro, ossicloruro di bismuto e altri ossidi o metalli.  Questi minuscoli frammenti sono poi dipinti con colori iridescenti che riflettono la luce nello spettro visibile: da qui la magia dei brillantini.

    

Il periodo della sua creazione non è certo e varia tra il 1934 e il secondo dopo guerra. Non ci sono dubi invece sulla sua funzione: far brillare o rendere sfarzoso un oggetto o la propria pelle (per mezzo di cosmetici).  Nonostante ciò abbia contribuito a far “brillare” il pianeta, il glitter, come ogni altro tipo di microplastica è pericoloso per gli ecosistemi e per l’uomo.

    

I danni recati all’ambiente

Le microplastiche (categoria che include il glitter) sono arrivate ovunque. È di qualche mese fa la notizia che sono state ritrovate loro tracce anche nella placenta umana.  Inoltre, uno studio sulla rivista Aquatic Toxicology conferma la presenza di ben 8 milioni di tonnellate di glitter e altre microplastiche simili negli oceani. Una cifra assurda, che va oltre qualsiasi aspettativa e che va ridotta il prima possibile.

  

L’Unione Europea ha deciso dunque di bloccare il commercio di glitter sfuso e/o incluso in altri prodotti, per limitarne sempre più la dispersione in acqua e quindi nel mare.

   

Vietato il glitter dal 15 ottobre

Pertanto, dal 15 ottobre la UE vieta il glitter contro l’inquinamento da microplastiche. Questo significa che da domenica non si potranno più commercializzare prodotti con glitter come biglietti di auguri e creme per il trucco.  La restrizione riguarda tutte le microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti e che contengono sostanze chimiche pericolose per la natura. Elementi che si trovano anche in oggetti di vario tipo e impiego, o usati per l’edilizia, soprattutto di superfici sportive artificiali.

    

Con tale legge, si prova a limitare la dispersione in ambiente delle microplastiche di almeno il 30% entro il 2030. Tale settore determina un giro economico del valore di quasi 1 miliardo di euro all’anno, ma che ha un impatto molto pericoloso per tutto e tutti. Si pensi che solo in Europa si stima che ogni anno vengano rilasciate 42 mila tonnellate di microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti.

 

Il divieto è fondato su un’attenta analisi della consulenza scientifica dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA). Quest’ultima ha consigliato il divieto di polimeri sintetici inferiori a 5 mm che resistono alla degradazione, tra cui appunto il glitter e poi:

  • specifici prodotti per le unghie,
  • una serie di cosmetici “leave-on” come fondotinta, eyeliner, mascara, rossetti e smalti (di cui sarà rivisitata la composizione).
  • microsfere per l’esfoliazione,
  • componenti di detersivi, ammorbidenti,
  • fertilizzanti
  • materiale granulare usato per le superfici sportive.

Tuttavia, restano esclusi alcuni prodotti che contengono microplastiche ma non le rilasciano in natura, come materiali da costruzione e prodotti oggi utilizzati in siti industriali. Ovviamente anche per loro sono arrivate delle raccomandazioni, indicando la necessità che le industrie trovino delle alternative “green”.

 

L’effetto indesiderato

La legge che entrerà in vigore da domenica 15 ottobre ha spaventato chi dei glitter ha fatto una scelta di vita. Soprattutto in Germania si è verificato un processo inverso, ovvero un boom di vendite dei prodotti “brillanti”. Addirittura, si parla di “isteria da glitter”. Nel quotidiano Bild si racconta come alcuni VIP tedeschi stiano correndo per accaparrarsi più glitter possibile prima che non sia più reperibile sul mercato.

  

Comunque sia, questo passaggio è parte di un disegno più ampio che mira a diminuire la continua diffusione di prodotti polimerici in natura. È un programma parallelo allo sviluppo in corso per un Trattato globale sulla plastica.

Di certo non sarà facile vietare prodotti di ampio consumo ordinario, ma è un passo che va fatto per proteggere il pianeta e noi stessi.

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Comieco: aumenta la differenziata e calano i consumi di carta e cartone.

By : Aldo |Luglio 22, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Comieco: aumenta la differenziata e calano i consumi di carta e cartone.
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La raccolta differenziata resta uno dei temi principali se si parla di sostenibilità ed economia circolare.

In Italia continua ad essere un problema in alcune città e una virtù per altre, ma sicuramente negli anni, la situazione sta migliorando.

    

Il Rapporto Comieco

Il Comieco ha presentato recentemente il 28° Rapporto sulla raccolta, il riciclo e il recupero di carta e cartone, annunciando notizie positive per il settore.

Infatti, sembra che la raccolta differenziata della carta in Italia, stia migliorando sempre più anche se a piccoli passi.  Stando ai dati dell’analisi, la differenziazione dei rifiuti cartacei ammonta a 3 milioni 600 mila tonnellate, con una media nazionale pro-capite di oltre 61 kg.

   

Tale risultato descrive senza dubbio un miglioramento delle abitudini dei cittadini e anche ad una maggiore attenzione dei produttori agli imballaggi. Atteggiamenti virtuosi che possono effettivamente portare ad un cambiamento, pratico ma anche ideologico e d’immagine del Belpaese.

Non a caso proprio grazie alla sensibilizzazione dei cittadini e ai loro comportamenti, gli imballaggi in carta e cartone che hanno superato l’81% di riciclo. Questa una cifra importante poiché conferma il superamento degli obiettivi europei al 2025 e il progressivo avvicinamento ai target fissati per il 2030.

    

La crescita nelle regioni

Il Comieco detiene 972 convenzioni con 6.840 Comuni o loro gestori all’interno dell’Accordo Quadro Anci-Conai, pertanto, presenta studi complessivi della situazione italiana da 25 anni. Così è stato redatto un rapporto con cifre specifiche per ogni regione, descrivendo una situazione più o meno omogenea del Paese. Ovviamente non mancano eccezioni positive e negative, ma di certo si registra una tendenza crescente.

  

I dati riportano un +0,4% al Nord, ossia 8 mila tonnellate in più rispetto al 2021, con Valle d’Aosta, Lombardia ed Emilia-Romagna in crescita. Il loro ottimo lavoro compensa però il calo di Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige, mentre Friuli-Venezia Giulia e Liguria restano stabili.

Meglio il centro, che con +0,5% determina un aumento di 4 mila tonnellate per merito di Toscana e Umbria che portano a +12 mila tonnellate. Anche qui, Marche e Lazio non sono riuscite a migliorare anche a causa dei gravi problemi presenti a Roma.

Il sud invece sovrasta tutti con il suo +0,8% registra un aumento di quasi 8 mila tonnellate: la Campania resta stabile. Calano invece Sardegna e Abruzzo al contrario delle altre regioni che crescono ad un ottimo ritmo. Tuttavia, il caso meridionale, rappresenta una grande possibilità di sviluppo e di grande crescita del settore. Questo perchè proprio nel sud è disponibile oltre il 50% delle 800 mila tonnellate di carta e cartone che si stima finiscano ancora nell’indifferenziato.

           

C’è da dire anche, che spesso sono le grandi città ad ampliare le dinamiche nazionali, visti i numeri di abitanti che le contraddistinguono. Si pensi che solo i grandi agglomerati urbani rappresentano il 13% di tutti gli italiani e producono 4 milioni circa di tonnellate di rifiuti annui. Di questi vengono raccolti 1 milione e 800 mila tonnellate, di cui 500 mila sono di carta e cartone (esattamente il 14%).

     

Il contesto storico

La crescita positiva del campo è determinata anche da vari fattori dipesi da eventi che ultimamente hanno cambiato l’assetto del pianeta.

Dapprima la pandemia, seguita dalla guerra in Ucraina e l’intensificazione del cambiamento climatico. Sono questi gli eventi che hanno modificato in modo diverso il nostro mondo e che continueranno a farlo. Perciò i loro effetti sono stati tenuti in considerazione anche nella redazione del 28° Rapporto Comieco, proprio per spiegare meglio le differenze con gli anni precedenti.

   

In primo luogo, stiamo vivendo una crisi economica per cui sono calati gli acquisti e di conseguenza anche la produzione di rifiuti. Nonostante ciò, tale fenomeno non ha inciso sui volumi di raccolta differenziata della carta e del cartone.  È più probabile che la cosiddetta “policrisi”, abbia ridotto la produzione di rifiuti di un milione di tonnellate. Precisamente sembra che calo degli acquisti alimentari abbia inciso sulle vendite di imballaggi in carta e cartone.

   

Il Comieco, parte integrante dell’ente Conai, ha descritto con il suo studio annuale, una nuova realtà. L’Italia in questo settore, riesce a raggiungere gli obiettivi europei grazie ai comportamenti sostenibili dei cittadini e una migliore amministrazione.  

  

Sicuramente con controlli precisi e una continua formazione degli abitanti di ogni città, le cose potranno solo migliorare. Tuttavia, è fondamentale che a capo della gestione dei rifiuti ci sia un’organizzazione adeguata ed efficiente. In questo modo da non vanificare tutti gli sforzi e le azioni positive della popolazione.

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Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

By : Aldo |Maggio 09, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

La raccolta differenziata serve per il riciclo e la creazione di nuovi prodotti. La circolarità del sistema non è difficile da capire, ma forse complessa da portare a termine.

In questo campo infatti, la plastica resta uno dei punti interrogativi più grandi del settore.

         

Il Green Deal europeo

Dopo aver dichiarato l’emergenza climatica (nel 2019) il Parlamento europeo presenta il “Green deal” come un piano d’azione per attenuare l’impatto ambientale dell’Unione.

Tale strategia, vista come l’ultima e una delle più importanti iniziative dell’UE sul clima ha come obiettivo la neutralità climatica.
  

Il programma è basato sui punti cardine dell’agenda 2030, elevando la propria missione con obiettivi più ambiziosi. Un esempio, quello di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990).

Per quanto riguarda la plastica invece, si punta ad una riduzione complessiva di rifiuti del 37% attraverso il riutilizzo e il riciclaggio.

Ci sarà un cambio di rotta obbligatorio delle imprese che dovranno offrire un’etichettatura degli imballaggi riutilizzabili se non una loro riduzione (per quanto possibile).
    

L’obiettivo è quello di eliminare imballaggi monouso per gli alimenti, soprattutto nel campo della ristorazione e di altri prodotti nell’hotellerie.

Un ulteriore passo importante riguarda i tassi vincolanti di contenuto riciclato che le aziende dovranno includere negli imballaggi di plastica. Aumentando in tale modo il valore del materiale riciclato.

         

Il parere di Zero Waste

Nonostante ciò, secondo la rete Zero Waste Europe il riciclo della plastica non è esattamente sostenibile come si pensa.

Ovvero esistono due tecniche di riciclo per i polimeri: quello meccanico e quello chimico. Di norma si predilige il primo ma spesso non è efficace come il secondo, o non è adatto a tutti i tipi di rifiuti.

Questo rappresenta un problema poiché il metodo chimico prevede una maggiore emissione di CO2 legata ai vari step, soprattutto quelli termici.

Per rispettare le linee imposte dal patto europeo, il metodo meccanico sembra non bastare quindi si tratta di una situazione contraddittoria se considerata la sua sostenibilità.
     

Metodo chimico

Riguarda la decomposizione dei polimeri di cui è fatto il prodotto in questione. Si procede alla divisione per mezzo di calore, catalizzatori o agenti chimici.

Grazie a tali meccanismi si ottiene una grande quantità di materie prime che possono essere impiegate nuovamente, con le stesse caratteristiche della materia prima vergine.

Tale sistema detto anche di “riciclo avanzato” ed è attualmente l’unico metodo efficace per il trattamento dei rifiuti di plastica.
     

Tuttavia, le analisi svolte su questa metodologia di riciclo hanno sollevato dei grandi dubbi, poiché contraddicono la sostenibilità tanto proclamata del sistema.

Il report di Zero Waste Europe, afferma che il riciclo chimico serve solo in casi particolari e dovrebbe essere scelto esclusivamente dopo quello meccanico.

Unicamente i prodotti con materiali durevoli e degradati che non possono essere decomposti in altri modi, dovrebbero passare al riciclo avanzato.

Inoltre, l’intero processo richiede grandi quantità di acqua ed energia e immette nell’ambiente grandi quantità di sostanze chimiche, che inquinano l’ambiente.
         

Cosa fare?

Questo non vuol dire che si tratti di un sistema non sicuro o da evitare, ma da scegliere in maniera appropriata.

Per far si che ciò accada serve un’ampia campagna di prevenzione e precauzione, in primo luogo delle aziende, in modo da cambiare il problema all’origine.

Si ipotizza una maggiore attenzione al design e alla qualità del prodotto, per renderlo riciclabile con il metodo meccanico.

Oppure sarebbe auspicabile un miglior consumo delle risorse, tra le quali l’energia, se non altro prendere in considerazione il taglio netto della plastica.

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“Torello” trasforma 200kg di rifiuti in bioenergia in soli 15 minuti.

By : Aldo |Febbraio 05, 2023 |bastaplastica, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

I rifiuti aumentano e di pari passo aumenta la richiesta di tecnologie avanzate per smaltirli.
Sea Marconi ha lavorato per questo.

Torello

L’impianto, lungo 7 m e largo 1,5 m è in grado di trasformare rifiuti in bioenergia e bioprodotti riducendo costi e tempi.

La sfida di Torello o BioEnPro4TO è quella di riciclare 200kg di rifiuti convertendoli in energia elettrica e biofertilizzante, nell’arco di soli 15 minuti.  Di fatto, la sua caratteristica è quella di poter superare gli impianti tradizionali, che impiegano 90 giorni per lo stesso identico processo.

Il macchinario creato dalla Sea Marconi è stato avviato ad ottobre e presentato il 31 gennaio alla Lavanderia a Vapore di Collegno.

Secondo il fondatore della Sea Marconi, Vander Tumiatti, Torello potrebbe essere “una soluzione integrativa per la produzione di biogas”. Questo sarà possibile per tempi e costi abbattuti grazie alla termochimica e per il fatto che “non ha bisogno di grandi investimenti o infrastrutture”.        

 

Struttura e funzioni

BioEnPro4TO è essenzialmente un progetto di ricerca di elevato livello di maturità tecnologica (TRL7) che può trasformare rifiuti in energia e altro.

Converte parte organica dei rifiuti solidi urbani, le biomasse primarie o residuali (sfalci), i fanghi di depurazione delle acque reflue civili e materiali plastici.  Tutto ciò può diventare energia elettrica, termica, acqua sterilizzata, biostimolanti, biogas, biofertilizzanti, syngas, biochar.

È un sistema che tende all’impatto zero, soprattutto per le tecnologie utilizzate nella sua creazione.

Non a caso, gli scarti subiscono un processo di conversione termochimica, fondamentale per la trasformazione in energia, perchè scalda ma non brucia.

Tra l’altro, l’impianto è capace di comprendere 1500 tonnellate di rifiuti (per anno) garantendo 7500 ore di lavoro all’anno.

Impieghi

I benefici che Torello può offrire sono vari ed essenziali, come la riduzione dei rifiuti in discarica o la produzione di energia verde.

Con tale macchinario si potrebbero risolvere anche i problemi legati al trasporto di rifiuti, una questione molto sentita soprattutto nei centri più piccoli.

Infatti, sono proprio le piccole e medie comunità (fino a 250 mila abitanti) le prescelte per l’utilizzo del sistema.

Ne è un esempio Torino Ovest, dove si gestiscono 112,5 mila tonnellate di RSU (Rifiuto Solido Urbano) e circa 20 mila tonnellate di organico.

Oppure il Comune di Collegno, costretto a portare le sue mille tonnellate di fanghi di depurazione (all’anno) negli impianti di Bergamo e Brescia.

Con un sistema simile si ridurrebbe il bisogno di trasportare determinati materiali e si ridurrebbero i costi di smaltimento e trasporto.  

In aggiunta, l’unità principale di Torello è trasportabile con un camion e può essere installato senza troppe difficoltà.

Finanziamenti

Il programma è stato avviato verso la fine del 2018 grazie ai 6,9 milioni di euro finanziati dalla Regione Piemonte.  Così da creare nuovi posti di lavoro e ha permesso il deposito di 10 brevetti, ai quali hanno collaborato 11 enti, tra aziende e università.

Un’ulteriore punto a favore dell’impianto è il ritorno di investimento che supera qualsiasi altro sistema tradizionale. Si tratta di 1000 euro per tonnellata e un ritorno che potrebbe ammontare al 140%, rispetto al solito 15 o 20%.        

Come sottolinea il fondatore Tumiatti, la volontà è di “produrre di più e meglio, consumando di meno”.

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smart city

L’UE sceglie 9 città italiane tra le 100 smart cities a impatto zero entro il 2030.

By : Aldo |Gennaio 30, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

L’Europa continua ad impegnarsi e a presentare fatti. Per questo presenta 100 smart cities per il 2030.

Le città in Europa

L’Unione intraprende questa importante iniziativa di formare delle smart cities come esempi per il futuro.

La scelta e la selezione delle 100, deriva da vari studi per correlati ai consumi di energia, le statistiche demografiche e l’Agenda 2030.

Dalla ricerca emerge che, le città europee coprono solo il 4% della superficie dell’UE, tuttavia, ospitano il 75% della popolazione dell’unione.  Attualmente le città del mondo sono le responsabili del 65% dei consumi energetici globali e il 70% delle emissioni di CO2.

Per tale motivo la Commissione mira ad agire sugli ecosistemi urbani e a riportare un equilibrio ambientale nelle città. Anche sulla base dell’undicesimo obiettivo dell’Agenda 2030, con la missione di rendere le città sicure, resilienti e sostenibili.

Smart cities

A proposito di questi obiettivi, l’Europa ha selezionato 100 città incluse nella “Cities Mission”, parte del programma di Horizon Europe. Infatti, il piano prevede finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, da investire sulle future smart cities.

Delle 377 candidatesi, le 100 selezionate rappresentano il 12% della popolazione europea.

Si tratta di città che si impegneranno al fine di azzerare il loro impatto sul clima entro il 2030. In questo modo anticiperanno i traguardi stabiliti con il Green Deal europeo (entro il 2050), diventando dei modelli da seguire per gli altri centri abitati.

Il periodo di transizione va dal 2021 al 2027 e comprende 9 città italiane, quali: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino.

           

Azioni

I finanziamenti citati, ammontano a 360 milioni di euro, destinati alle spese iniziali per avviare la transizione ecologica (durante gli anni 2022-23).

Tutto quello in cui verte il programma concerne la ricerca e l’innovazione in tanti settori urbani. Mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e l’urbanistica verde, bioedilizia, la gestione dei rifiuti, sono solo alcuni dei campi in considerazione.

Ogni centro, dovrà comunicare le modalità con cui raggiungeranno gli obiettivi, nei Climate City Contracts, allegando la pianificazione del progetto e il piano di investimenti.

Oltre ai finanziamenti, le prescelte, riceveranno assistenza dalla piattaforma gestita da NetZeroCities e l’opportunità di networking nel quale includere anche i singoli individui.

Non a caso, il patto non vincolante consiglia di incrementare il rapporto tra i cittadini, le organizzazioni di ricerca e il settore privato.

         

Il responsabile del Green Deal europeo Frans Timmermans ha affermato:

“[…]le città sono spesso il fulcro dei cambiamenti di cui l’Europa ha bisogno per riuscire nella transizione verso la neutralità climatica[…]”.

Mentre la Presidentessa della Commissione EU, Ursula von der Leyen

“Ormai la transizione verde è iniziata in tutta Europa, ma c’è sempre bisogno di pionieri che si prefiggono obiettivi ancora più ambiziosi. Queste città ci indicheranno il cammino verso un futuro più sano e potranno contare su tutto il nostro appoggio[…]”

Il piano è chiaro: le nostre città come tutte le altre, dovranno lavorare duro per presentarsi nel 2030 con dei nuovi connotati.

Solo tra 7 anni potremmo vedere i risultati del progetto; nel frattempo ci troveremo tutti impegnati, in modalità diverse, al raggiungimento di tali obiettivi.

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encubator

Encubator: premia 7 startup e la loro innovazione contro la crisi climatica.

By : Aldo |Gennaio 18, 2023 |bastaplastica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menorifiuti |0 Comment

La crisi climatica si può affrontare in molteplici modi e per questa ragione c’è chi ha scelto di usare l’innovazione tecnologica.

Encubator

Encubator è un progetto volto alla realizzazione di una società più sostenibile, nel minor tempo possibile.
La sua missione è quella di far fronte al cambiamento climatico con l’innovazione tecnologica, in cui gli esperti dell’iniziativa ripongono una grande fiducia.
Il piano prevede quindi la premiazione di team che propongono nuove soluzioni per accelerare la transizione energetica e non solo.
Si parla anche dello sviluppo di programmi in grado di cambiare e migliorare le città dal punto di vista sostenibile.

         

Il programma

Il piano nasce dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, PoliHub e Politecnico di Milano ed è rivolto alle imprese giovanili.
Si tratta di startup, team di ricerca e realtà universitarie che presentano idee e soluzioni nell’ambito del “climate tech”. Tale settore comprende una lista completa di tutti quelli che sono i cambiamenti necessari per questa importante transizione.

         

Tra i tanti la produzione, distribuzione e la gestione energetica, le smart cities, l’agricoltura, l’economia circolare e lo smart tourism.

Il progetto è rivolto a team italiani, europei ed internazionali con un piano caratterizzato da un grado medio di maturità tecnologica (TRL).  Maggiore attenzione sarà data ovviamente ai programmi brevettabili o in corso di brevettazione.

         

Nella prima edizione sono stati esaminati 220 progetti, di cui 168 considerati compatibili; una successiva scrematura ha poi decretato i 15 possibili finalisti.
La giuria che ha portato avanti la selezione, si compone di un gruppo di esperti, imprenditori, istituti di ricerca e banche.

Le startup vincitrici

Tra le 7 imprese vincitrici non ci sono solo realtà italiane e si spazia da un settore all’altro con grande sorpresa.
La vincitrice assoluta è AraBat, impresa pugliese che estrae metalli preziosi dalle batterie a litio per mezzo di arance. Segue la svizzera Gaia Turbine, con una microturbina idroelettrica, per deflussi minimi con efficienza maggiore del 90%.

         

In ambito alimentare, l’emiliana Kinsect, con la produzione di farine di insetti da usare negli allevamenti.
Nel settore edilizio romano, abbiamo Reco2 che presenta dei nuovi sampietrini sostenibili; simile è la lombarda ReHouseit, per un cemento con un impatto ambientale minimo.

Infine troviamo altre 2 realtà lombarde: Volta Structural Energy, che sviluppa nuove batterie aerospaziali e H2go Technology, nel campo della transizione energetica.

         

Il premio

La Camera di commercio e gli altri gruppi, hanno stanziato complessivamente 280 mila euro per il programma.
Tra i 15 finalisti, solo 7 riceveranno un finanziamento di 40 mila euro da investire in 2 ambiti diversi. 25 mila nello sviluppo del proprio progetto, mentre 15 mila per usufruire del programma di accelerazione, gestito proprio da PoliHub, per 4 mesi.
Tale divisione è stata pensata di modo che le startup potessero crescere con una struttura solida anche a livello di business.
Nel premio, è compreso un network di aziende, mentor e investitori del mondo imprenditoriale, dell’energia e dell’economia circolare, con i quali confrontarsi nel Demo Day.

         

Encubator, non ha semplicemente realizzato il sogno di qualche gruppo di giovani, ha fatto molto di più.

Con il progetto e i finanziamenti che offre, può creare nuovi posti di lavoro e creare nuove idee.
Tuttavia, il programma fa sì che il mondo possa accogliere queste tecnologie ed usarle in modo efficiente, per una grande causa al giorno d’oggi.

         

Se si pensa che solo con la prima edizione sono spiccate 7 imprese di giovani, possiamo solo augurarci che nascano tanti altri progetti come questo.

Per il pianeta, i giovani e per il futuro, il loro.

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roma vetro

“Acqua di Roma” il progetto di Ama e CoReVe per ridurre la plastica.

By : Aldo |Dicembre 15, 2022 |Acqua, Arte sostenibile, bastaplastica, Consumi, Emissioni, Home, menorifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

Mercoledì 14 dicembre in Campidoglio, AMA e CoReVe hanno presentato la campagna “Acqua di Roma”

La campagna

La campagna attiva da giovedì 15 dicembre, ha due grandi missioni: la riduzione dei rifiuti e l’incentivo al consumo dell’acqua pubblica.

 

“L’acqua di Roma bevila nel vetro. Una buona abitudine che fa bene all’ambiente”.

 

Con tale iniziativa, si rivendica la qualità dell’acqua di Roma, sempre a nostra disposizione per mezzo di nasoni e fontane. Tuttavia, durante la conferenza è stata ricordata la siccità estiva e l’importanza di un consumo adeguato della risorsa più importante al mondo.

Per questo AMA e CoReVe hanno riproposto “l’acqua in vetro”: un’idea che riporta al passato pensando al futuro.

 

Il prodotto

La bottiglia, protagonista della campagna, è un mix di design, sostenibilità e praticità.

Il design vintage ci riporta indietro nel tempo, quando il latte veniva distribuito porta a porta. Cambia sicuramente il colore, in questo caso un verde… bottiglia, perchè composta da vetro riciclato.

La praticità invece, deriva dalla sua particolare leggerezza combinata ad una maggiore resistenza agli urti. La chicca è il collo largo, pensato per poterla lavare correttamente e riusare all’infinito anche per altre bevande o conserve.

 

La scelta del vetro

Gianni Scotti (Presidente di CoReVe) afferma che “Il vetro è principe della sostenibilità”, perchè può essere riciclato all’infinito riducendo le emissioni di CO2. Se non altro il suo riciclo diminuisce l’uso di materie prime vergini, un passo importante per un consumo efficiente delle risorse.

È senza dubbio un materiale sicuro per la conservazione degli alimenti e il mantenimento delle loro caratteristiche organolettiche.

Il settore della ristorazione è invece una certezza poiché comporta il 5% del suo riciclo, grazie alle aziende fornitrici che recuperano le bottiglie usate nei locali, settimanalmente.

Possiamo constatare anche il fatto che la bottiglia di vetro è un ottimo mezzo di marketing, usata come immagine pubblicitaria. In Italia, per esempio ogni azienda ha il suo produttore, proprio per rendere la bottiglia “iconica”.

Non a caso il Bel Paese è al terzo posto nella produzione di vetro, a livello mondiale.

 

L’investimento su Roma

Il progetto prevede la distribuzione di 100’000 bottiglie (donate da CoReVe) nel comune di Roma, partendo dai dipendenti comunali e municipali. Poi verranno rilasciate nei centri di raccolta, nelle biblioteche e nelle scuole per mezzo di lezioni di sensibilizzazione al tema.
Il pezzo è accompagnato da un sacchetto di carta riciclata, in cui sono riportati dati sul riciclo del vetro e lo slogan della campagna.

Con un investimento di 426’000 euro adibito al miglioramento della raccolta stradale del vetro, Roma aggiungerà 1200 campane alle 5000 già presenti.

Insomma, il vetro, usato in primo luogo dai Fenici, è un prodotto dalle mille risorse, ed è il perfetto rappresentante della sostenibilità. Attenzione però alla sua produzione e al suo trasporto: se questi ultimi hanno un impatto ambientale elevato, il vetro perde la sua qualità principale.

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